Sez. 3, Sentenza n. 3350 del 29/01/2004 (Ud. 13/11/2003 n.01863 ) Rv. 227218
Presidente: Zumbo A. Estensore:
Fiale A. Imputato: Lasi. P.M.
Fraticelli M. (Conf.)
538003 EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - In totale difformità dal permesso di
costruire - Condizioni della specifica rilevanza e dell'autonoma utilizzabilità
- Individuazione.
CON MOTIVAZIONE
Massima (Fonte CED Cassazione)
In materia edilizia, al fine di ritenere configurata
l'ipotesi di difformità totale di un manufatto dal permesso di costruire,
nell'ipotesi di realizzazione di volumi oltre i limiti indicati nel progetto, e
per la quale i volumi realizzati devono costituire un organismo edilizio o una
parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile, la
specifica rilevanza può essere considerata sia in modo assoluto ed oggettivo
sia in relazione alla struttura realizzata, mentre per la autonoma utilizzabilità
non si richiede che la struttura sia fisicamente separata dall'organismo
edilizio assentito, ma soltanto che la stessa sia precisamente individuabile e
suscettibile di un uso indipendente.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. ZUMBO Antonio - Presidente - del 13/11/2003
1. Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - SENTENZA
2. Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 1863
3. Dott. GRILLO Carlo M. - Consigliere - REGISTRO GENERALE
4. Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 011548/2003
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LASI Saverio, n. a Cagliari il 27/6/1942;
avverso la sentenza 14-2-2003 della Corte di Appello di Cagliari;
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. Aldo FIALE;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Dr. FRATICELLI Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore avv.to Agostino Mario MELA, il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 14.2.2003 la Corte di Appello di Cagliari confermava la sentenza 2.10.2002 del Tribunale monocratico di quella città, che aveva affermato la responsabilità penale di Lasi Saverio in ordine ai reali di cui:
- all'art. 20, lett. c), legge n. 47/1985 (per avere realizzato la sopraelevazione di un fabbricato preesistente, in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, senza la necessaria concessione edilizia - acc. in località Baccu Mandara di Maracalagonis, il 9.6.1999);
- all'art. 163 D.Lgs. n. 490/1999 (per avere eseguito la sopraelevazione anzidetta senza la necessaria autorizzazione paesaggistica);
e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., lo aveva condannato alla pena complessiva di giorni 25 di arresto ed euro 12.000 di ammenda, concedendo entrambi i benefici di legge ed ordinando la demolizione delle opere abusive e la rimessione in pristino dello stato dei luoghi.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Lasi, il quale ha eccepito:
- violazione di legge, in quanto l'intervento da lui realizzato costituirebbe eventualmente "difformità parziale" ovvero "variazione non essenziale" rispetto ad un titolo abilitativo già in suo possesso (concessione in sanatoria dell'intero fabbricato, ottenuta per condono), ed integrerebbe, "al più, violazione della disposizione di cui alla lettera a) dell'art. 20" della legge n. 47/1985;
- violazione di legge per l'incongrua valutazione della deposizione resa dall'ingegnere Mei, già responsabile dell'ufficio tecnico comunale;
- vizio di motivazione in punto di affermazione della responsabilità.
Il difensore, con memoria del 7.11.2003, ha chiesto la sospensione del procedimento, per l'intervenuta presentazione al Comune di Maracalagonis (in data 3.11.2003) di richiesta di sanatoria (c.d. condono edilizio) ai sensi dell'art. 32 del D.L. 30.9.2003, n. 269. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere rigettato, poiché infondato. 1. I giudici del merito hanno accertato, in punto di fatto, che il Lasi:
- aveva presentato (ex art. 39 della legge n. 724/1994) domanda di condono per un fabbricato costruito abusivamente entro il 31.12.1993 ed in relazione a tale domanda aveva ottenuto, il 21.12.1994, l'autorizzazione paesaggistica e, il 24.6.1997, la concessione in sanatoria;
- nel giugno del 1999 era stato sorpreso ad eseguire un intervento edilizio sullo stesso fabbricato, consistente in una vera e propria sopraelevazione realizzata attraverso l'edificazione, sul lastrico solare preesistente, di muri perimetrali con apertura di finestre, e l'impostazione di un tetto a falda unica oltre due metri più in alto del livello di gronda.
Con la procedura di condono era stata autorizzata l'edificazione di un tetto con falde inclinate, che avrebbe dovuto completare il rustico del fabbricato ammesso alla sanatoria, mentre in realtà si era ricavata una volumetria aggiuntiva rispetto a quella effettivamente "sanata";
- l'eccesso di volumetria realizzato non era consentito dalle prescrizioni delle strumento urbanistico vigente e, per tale difformità, erano state respinte due richieste di concessione in sanatoria, rispettivamente presentate il 6.10.1999 ed il 19.2.2002, ai sensi dell'art. 13 della legge n. 47/1985;
- l'autorità regionale competente alla tutela del vincolo paesaggistico aveva espresso, in data 10.4.2002, parere di massima favorevole alla conservazione dell'opera abusiva. L'anzidetto accertamento di fatto ed il conseguente giudizio di responsabilità risultano dedotti, con motivazione esauriente e logica, dalla documentazione fotografica in atti e dalla deposizione resa dall'ingegnere Porcedda (attuale responsabile dell'ufficio tecnico del Comune di Maracalagonis: e succeduto da apposito sopralluogo. Razionalmente a tale deposizione è stata riconosciuta credibilità prevalente sugli imprecisi e lontani ricordi dell'ingegnere Mei.
2. Nella situazione dianzi descritta non è consentita la sospensione dei procedimento, ex art. 38 della legge n. 47/1985, in relazione alla domanda di sanatoria (c.d. condono edilizio) presentata ai sensi dell'art. 32 del D.L. 30.9.2003, n. 269 che espressamente richiama (commi 25 e 28), per quanto in esso non previsto, i capi 4^ e 5^ della stessa legge n. 47/1985 e l'art. 39 della legge 23.12.1994, n. 724.
Le opere realizzate, infatti, devono considerarsi non sanabili in forza di quanto disposto dall'art. 32, comma 27, lett. d), dei D.L. n. 269/2003, secondo cui le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria qualora "siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici".
Nelle aree sottoposte ai vincoli anzidetti solo nel caso di conformità agli strumenti urbanistici le opere abusive possono essere sanate, previo nulla-osta dell'autorità preposta al vincolo come disciplinato dal nuovo testo dell'art. 32 della legge n. 47/1985 nella formulazione introdotta dal comma 43 dell'art. 32 del D.L. n. 269/2003.
Nella specie, invece, si verte, come meglio verrà specificato di seguito, in tema di opere eseguite senza titolo abilitativo edilizio, in zona soggetta a vincolo paesistico preesistente, non conformi alle prescrizioni dello strumento urbanistico comunale vigente. Si applicano, pertanto, i principi fissati dalle Sezioni Unite di questa Corte Suprema - con la sentenza 24.11.1999, n. 22, ric. Sadini ed altra - secondo cui; ove i presupposti del condono edilizio vengano a risultare inesistenti, "non solo non può essere applicata la sanatoria ma neppure può ritenersi la sospensione del procedimento penale (con le ovvie conseguenze con riguardo alla prescrizione del reato) e ciò indipendentemente dal fatto che il giudice abbia disposto o negato la sospensione del procedimento, dovendosi nel primo caso ritenere la sospensione inesistente". 3. La difformità totale di un manufatto dalla concessione edilizia si delinea allorché le modifiche comportino un'alterazione del progetto originario nelle sue caratteristiche essenziali di struttura, aspetto estetico, architettura, destinazione e, nel caso in cui vengano realizzati volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto, allorquando i volumi realizzati in eccesso costituiscano "un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile" (art. 7, 1^ comma, della legge n. 47/1985 trasfuso nell'art. 31, 1^ comma, del T.U. n. 380/2001). La specifica rilevanza dei volumi va considerata sia in modo assoluto ed oggettivo sia in relazione alla struttura realizzata. L'autonoma utilizzabilità non impone che la struttura difforme sia fisicamente separata dall'organismo edilizio assentito ma soltanto che la struttura medesima sia precisamente individuabile e suscettibile di un uso indipendente, anche se l'accesso ad essa sia possibile esclusivamente attraverso lo stabile principale (vedi Cass., Sez. 3^: 14.7.1997, n. 6875, Ciotti; 2.7.1994, n. 7559, Di Bartolomeo; 23.4.1990, a 5891, Monaco).
Nella fattispecie in esame vi è stata alterazione dell'aspetto estetico e della sagoma dell'edificio (attenendo la nozione di sagoma, per giurisprudenza costante di questa Corte, alla conformazione planovolumetrica della costruzione ed al suo perimetro inteso in senso sia orizzontale sia verticale) nonché la creazione di una struttura autonomamente utilizzabile nel senso anzidetto. La fattispecie in esame, però, non può ricondursi al regime delle "difformità" rispetto alla concessione edilizia (oggi "permesso di costruire"), poiché il termine di raffronto non è integrato da un titolo abilitativo preventivo bensì da una concessione in sanatoria, che costituisce titolo strutturalmente e funzionalmente diverso, configurandosi come controllo successivo di un'opera già abusivamente eseguita (vedi, in proposito, Cass., Sez. 3^, 3.7.2003, Melis).
Si verte, conseguentemente, in tema di costruzione in assenza di concessione edilizia e non assume alcuna rilevanza il precedente rilascio del titolo sanante in relazione all'esecuzione di un intervento avente caratteristiche assolute di novità rispetto all'approvato progetto dei lavori di completamento strettamente necessari alla funzionalità delle strutture già realizzate. 4. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 568, 615 e 616 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2003.
Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2004