Cass. Sez. III n. 17278 del 7 maggio 2007 (Ud 21-03-2007)
Pres. Papa E. Est. Squassoni C. Imputato: Rosafio.
(Rigetta, App. Lecce, 3 luglio 2006)
EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Costruzione abusiva - Ordine di sospensione dei lavori - Termine di giorni 45 per l'adozione dei provvedimenti definitivi - Scadenza - Rilevanza sull'ordine di sospensione - Esclusione.

L'ordine di sospensione dei lavori edilizi abusivi, disposto dall'autorità comunale ex art. 27 d.P.R. n. 380 del 2001, ha effetto sino alla emanazione dei provvedimenti definitivi, indipendentemente dallo scadere del termine di giorni quarantacinque fissato nel citato art. 27, trattandosi di un termine ordinatorio che ha il solo scopo di sollecitare la P.A. all'adozione dei provvedimenti definitivi.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 21/03/2007
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 00909
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - N. 000371/2007
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ROSARIO CARLO, N. IL 09/08/1953;
avverso SENTENZA del 03/07/2006 CORTE APPELLO di LECCE;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SQUASSONI CLAUDIA;
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IZZO Gioacchino, che ha concluso per inammissibile il ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza 23 giugno 2006, il Tribunale di Lecce ha ritenuto Rosario Carlo responsabile del reato previsto dall'art. 81 c.p., L. n. 47 del 1985, art. 20, comma 1, lett. b (per avere realizzato privo di concessione edilizia interventi consistiti in un muro di recinzione, un piazzale, una costruzione con copertura in lamiera zincata, un pollaio e lo spianamento di un terreno e per avere proseguito l'attività edificatoria nonostante l'ordinanza sindacale di sospensione) e l'ha condannato alla pena di giustizia concedendo il beneficio di cui all'art. 163 c.p. subordinato alla demolizione delle opere abusive; in parziale accoglimento dello appello, la Corte territoriale di Lecce ha ridotto la pena confermando nel resto. Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno escluso che le opere avessero la caratteristica della precarietà ed hanno eliminato la condanna per lo spianamento del terreno in quanto non contestato nel capo di imputazione.
Per l'annullamento della sentenza, l'imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:
- che la recinzione del terreno sia per la attuale normativa (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22) sia per quella vigente all'epoca del fatto (D.L. n. 398 del 1993, art. 4) è effettuabile tramite Dia;
- che le due strutture avevano le caratteristiche della precarietà, provvisorietà, temporaneità e facile rimovibilità sicché non necessitavano di concessione;
- che, non essendovi condanna per lo spianamento del terreno, tale intervento doveva essere eliminato dalle condizioni poste a sensi dell'art. 165 c.p.;
- che l'ordine di sospensione dei lavori aveva perso efficacia dal momento che, nel termine di 45 giorni, non erano stati notificati i provvedimento sanzionatoli definitivi.
Le deduzioni non sono meritevoli di accoglimento.
Non necessitano di concessione edilizia (ora permesso di costruire) i manufatti di assoluta ed evidente precarietà destinati a soddisfare esigenze contingenti, specifiche, cronologicamente determinate ed a essere rimossi dopo l'uso; la natura precaria di un manufatto non dipende dal tipo di materiali usati o dalla tecnica costruttiva o dalla facile rimovibilità della struttura, ma dalla destinazione oggettiva della opera.
Ora i manufatti in oggetto per il loro utilizzo, ben descritto dai Giudici di merito (e sul quale il ricorrente non ha formulato censure), non erano destinati ad essere eliminati dopo il momentaneo uso e, di conseguenza, non possono essere qualificati precari. Per quanto concerne la edificazione del muro (la cui funzione era di recinzione e non di contenimento) non risulta dal testo delle sentenze dei Giudici di merito, ne' è dedotto dal ricorrente, che fosse a servizio di un edificio preesistente; pertanto, non sussistono elementi per considerarlo come una opera pertinenziale e, come tale, non soggetta ad autorizzazioni.
Nè è sostenibile che il muro avesse una minima incidenza sullo assetto del territorio stante le sue peculiari caratteristiche (rilevanti dimensioni, materiali usati) per cui la conclusione della Corte territoriale sul punto non merita censure.
Relativamente allo ordine di sospensione dei lavori, si osserva che trattasi di un provvedimento cautelare che, a sensi della L. n. 47 del 1985, art. 4, comma 3 (ora D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 27 e 3), ha durata fino alla emanazione dei provvedimenti definitivi repressivi che devono essere adottai e notificati entro quarantacinque giorni dalla comunicazione dell'ordine; il termine, al cui mancato rispetto non è collegata la sanzione di decadenza, è meramente ordinatorio. Pertanto, non è sostenibile la tesi che l'ordine perda di efficacia allo scadere del termine anzidetto che ha solo la funzione di sollecitare la Pubblica Amministrazione alla adozione di tempestivi provvedimenti definiti. Per quanto riguarda lo spianamento del terreno, i Giudici hanno ritenuto che tale attività andasse eliminata tra le illecite in quanto non contestata nel capo di imputazione; il ricorrente ha rilevato come questa statuizione avesse una ricaduta sugli obblighi imposti ex art. 165 c.p.. Ora il Tribunale ha subordinato la concessione della sospensione condizionale della pena alla demolizione dei "manufatti abusivi". La statuizione è chiara e limitata alle opere edili erette illegittimamente che figuravano nel capo di imputazione; pertanto, la Corte territoriale non era tenuta ad esplicitare che l'ordine in oggetto non si estendeva alla attività di spianamento (in relazione al quale era emettibile un ordine di restituzione in pristino dello originario stato dei luoghi e non di demolizione).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2007.
Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2007

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 21/03/2007 Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 00909 Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - N. 000371/2007 ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: ROSARIO CARLO, N. IL 09/08/1953; avverso SENTENZA del 03/07/2006 CORTE APPELLO di LECCE; visti gli atti, la sentenza ed il ricorso; udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SQUASSONI CLAUDIA; udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IZZO Gioacchino, che ha concluso per inammissibile il ricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE Con sentenza 23 giugno 2006, il Tribunale di Lecce ha ritenuto Rosario Carlo responsabile del reato previsto dall'art. 81 c.p., L. n. 47 del 1985, art. 20, comma 1, lett. b (per avere realizzato privo di concessione edilizia interventi consistiti in un muro di recinzione, un piazzale, una costruzione con copertura in lamiera zincata, un pollaio e lo spianamento di un terreno e per avere proseguito l'attività edificatoria nonostante l'ordinanza sindacale di sospensione) e l'ha condannato alla pena di giustizia concedendo il beneficio di cui all'art. 163 c.p. subordinato alla demolizione delle opere abusive; in parziale accoglimento dello appello, la Corte territoriale di Lecce ha ridotto la pena confermando nel resto. Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno escluso che le opere avessero la caratteristica della precarietà ed hanno eliminato la condanna per lo spianamento del terreno in quanto non contestato nel capo di imputazione. Per l'annullamento della sentenza, l'imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando: - che la recinzione del terreno sia per la attuale normativa (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22) sia per quella vigente all'epoca del fatto (D.L. n. 398 del 1993, art. 4) è effettuabile tramite Dia; - che le due strutture avevano le caratteristiche della precarietà, provvisorietà, temporaneità e facile rimovibilità sicché non necessitavano di concessione; - che, non essendovi condanna per lo spianamento del terreno, tale intervento doveva essere eliminato dalle condizioni poste a sensi dell'art. 165 c.p.; - che l'ordine di sospensione dei lavori aveva perso efficacia dal momento che, nel termine di 45 giorni, non erano stati notificati i provvedimento sanzionatoli definitivi. Le deduzioni non sono meritevoli di accoglimento. Non necessitano di concessione edilizia (ora permesso di costruire) i manufatti di assoluta ed evidente precarietà destinati a soddisfare esigenze contingenti, specifiche, cronologicamente determinate ed a essere rimossi dopo l'uso; la natura precaria di un manufatto non dipende dal tipo di materiali usati o dalla tecnica costruttiva o dalla facile rimovibilità della struttura, ma dalla destinazione oggettiva della opera. Ora i manufatti in oggetto per il loro utilizzo, ben descritto dai Giudici di merito (e sul quale il ricorrente non ha formulato censure), non erano destinati ad essere eliminati dopo il momentaneo uso e, di conseguenza, non possono essere qualificati precari. Per quanto concerne la edificazione del muro (la cui funzione era di recinzione e non di contenimento) non risulta dal testo delle sentenze dei Giudici di merito, ne' è dedotto dal ricorrente, che fosse a servizio di un edificio preesistente; pertanto, non sussistono elementi per considerarlo come una opera pertinenziale e, come tale, non soggetta ad autorizzazioni. Nè è sostenibile che il muro avesse una minima incidenza sullo assetto del territorio stante le sue peculiari caratteristiche (rilevanti dimensioni, materiali usati) per cui la conclusione della Corte territoriale sul punto non merita censure. Relativamente allo ordine di sospensione dei lavori, si osserva che trattasi di un provvedimento cautelare che, a sensi della L. n. 47 del 1985, art. 4, comma 3 (ora D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 27 e 3), ha durata fino alla emanazione dei provvedimenti definitivi repressivi che devono essere adottai e notificati entro quarantacinque giorni dalla comunicazione dell'ordine; il termine, al cui mancato rispetto non è collegata la sanzione di decadenza, è meramente ordinatorio. Pertanto, non è sostenibile la tesi che l'ordine perda di efficacia allo scadere del termine anzidetto che ha solo la funzione di sollecitare la Pubblica Amministrazione alla adozione di tempestivi provvedimenti definiti. Per quanto riguarda lo spianamento del terreno, i Giudici hanno ritenuto che tale attività andasse eliminata tra le illecite in quanto non contestata nel capo di imputazione; il ricorrente ha rilevato come questa statuizione avesse una ricaduta sugli obblighi imposti ex art. 165 c.p.. Ora il Tribunale ha subordinato la concessione della sospensione condizionale della pena alla demolizione dei "manufatti abusivi". La statuizione è chiara e limitata alle opere edili erette illegittimamente che figuravano nel capo di imputazione; pertanto, la Corte territoriale non era tenuta ad esplicitare che l'ordine in oggetto non si estendeva alla attività di spianamento (in relazione al quale era emettibile un ordine di restituzione in pristino dello originario stato dei luoghi e non di demolizione). P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 21 marzo 2007. Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2007