Cass. Sez.III n. 36560 del 24 settembre 2008 (Ud. 8 lug. 2008)
Pres. Onorato Est. Squassoni Ric.Brevi e altro
Urbanistica. Realizzazione di un campo da tennis

Per la realizzazione di un campo da tennis, che non comporta la creazione di nuovi volumi, è sufficiente la denuncia di inizio di attività, la cui mancanza non ha rilevanza penale.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente - del 08/07/2008
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 01750
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 011080/2008
ha pronunciato la seguente:



SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BREVI DORIANO, N. IL 09/04/1958;
PARTE CIVILE;
avverso SENTENZA del 21/05/2007 CORTE APPELLO di BRESCIA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. SQUASSONI CLAUDIA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. D\'Angelo G., che ha concluso per a.s.r. per prescrizione;
Udito, per la parte civile, l\'avv. PEDERSOLI Federico (Bologna);
Udito il difensore Avv. RIBAUDO Sebastiano (Roma).
MOTIVI DELLA DECISIONE
In parziale riforma della decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Brescia ha ritenuto Brevi Donano responsabile del reato previsto dal art. 81 cpv. c.p., D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 1, lett. c), T.U., D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163 e lo ha condannato alla pena di giustizia ed al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile (Comune di Bergamo), quantificati in euro cinquemila a titolo di nocumento morale.
Per giungere a tale conclusione, la Corte ha ritenuto in fatto che l\'imputato, quale direttore ed esecutore dei lavori, avesse edificato in zona tutelata un campo da tennis; in diritto, ha rilevato come l\'intervento necessitasse di permesso di costruire ed autorizzazione ambientale di cui il Brevi non era munito.
Per l\'annullamento della sentenza, l\'imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo violazione di legge, in particolare, rilevando:
- che l\'intervento era fattibile con Dia;
- che il danno risarcibile al Comune non era quello ambientale (di pertinenza dell\'Ente Parco), ma quello collegato alla sua funzione amministrativa edilizia;
- che nessun pregiudizio materiale o morale ha dimostro il Comune per la realizzazione di una opera "invisibile" e le censure sul punto dello appellante non sono state prese in considerazione. La prima deduzione del ricorrente è meritevole di accoglimento in quanto l\'intervento per cui è processo (che non ha creato nuovi volumi) è annoverabile tra quelli minori fattibili con denuncia di inizio di attività la cui mancanza non ha rilevanza penale; deriva che la sentenza in esame deve essere annullata ,sul punto, perché il fatto non sussiste.
Per il reato ambientale, la Corte rileva che si è maturato il periodo richiesto dagli artt. 157, 160 c.p.; di conseguenza, annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla contravvenzione prevista dal D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163, (ora D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181) perché estinta per prescrizione.
Questa conclusione comporta la caducazione dell\'ordine di rimessione in pristino dello originario stato dei luoghi impartito dal Tribunale. La Corte, a sensi e nei limiti dell\'art. 578 c.p.p., deve esaminare il ricorso agli effetti civili.
Per raggiungere il risultato di un equilibrato sviluppo degli interventi sul territorio ed evitare danni allo ambiente, la legge prevede che le modifiche nelle zone vincolata debbano svolgersi secondo le linee preordinate dalla autorità amministrava e previo controllo della stessa. La giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che il reato in esame, avendo funzione prodromica alla tutela del territorio, non richieda il danneggiamento, il deturpamento o l\'alterazione dei luoghi protetti.
Tuttavia, la condotta, per il principio di lesività sotteso ad ogni tipo di illecito, deve essere tale da porre in pericolo l\'interesse tutelato: pertanto, si devono escludere dalla necessità di autorizzazione gli interventi di minima entità inidonei, anche in astratto, a compromettere il paesaggio.
Tale non è il caso in esame dal momento che la edificazione, pur sottratta al regime concessorio, non era di inconsistente impatto ambientale e, pertanto, avrebbe dovuto essere sottoposta alla verifica della autorità preposta alla tutela del vincolo. La condotta omissiva dello imputato ha frustrato l\'interesse della Pubblica Amministrazione al controllo preventivo dello intervento nella zona protetta con conseguente danno morale per il Comune. Tale ente ha titolarità soggettiva a costituirsi parte civile anche in relazione al reato previsto dal D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163 per il disposto della L. n. 349 del 1986, art. 18, comma 3; a sensi di tale norma, l\'azione di risarcimento del danno ambientale, anche se esercitata in sede penale, è promossa dallo Stato nonché dagli enti territoriali sui quali incidono i beni oggetto del fatto lesivo. Ragioni di opportunità, stante la parziale soccombenza del ricorrente, inducono la Corte a compensare tra le parti le spese processuali.
P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata in ordine al reato urbanistico perché il fatto non sussiste ed in ordine a quello ambientale perché estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili e compensa le spese processuali tra le parti.
Così deciso in Roma, il 8 luglio 2008.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2008