Il
nostro ordinamento non conosce ancora forme di responsabilità diretta delle
persone giuridiche in materia di illeciti ambientali, pur avendo da qualche mese
recepito il principio secondo cui societas
delinquere potest (art 11 legge n. 300 del 2000 e d.lg. n. 231 del 2001).
Da
un lato non ha ancora avuto seguito il d.d.l. 3360 di iniziativa governativa
presentato il 14 aprile 1999 (“Introduzione nel codice penale di disposizioni
in materia di delitti contro l’ambiente”).
Tale
disegno di legge proponeva di introdurre un nuovo titolo VI-bis nel codice
penale (Delitti contro l’ambiente).
In
particolare venivano previsti i
delitti di Inquinamento ambientale (art 452 bis), Distruzione del patrimonio
naturale (art 452 ter), Traffico illecito di rifiuti (art 452 quater), Frode in
materia ambientale (art 452 quinquies).
Non
ha avuto miglior sorte la bozza di disegno di legge (1997) della Commissione
“Ecomafia” presieduta dal prof. Manna, che all’art 2 introduceva sanzioni
amministrative pecuniarie ed interdittive a carico delle persone giuridiche in
relazione alla commissione dei suddetti reati.
Si
richiedeva che gli illeciti fossero stati commessi “anche a causa
dell’omissione, dolosa o colposa, da parte degli organi dell’impresa, delle
misure di sorveglianza necessarie per impedire la violazione dei doveri che
incombono al titolare e la cui osservanza sia prescritta da norma penali”.
Tuttavia
va evidenziato lo spiraglio aperto dalla legge n. 300 del 2000.
- L’introduzione del principio “societas delinquere potest” nell’ordinamento italiano
Con
la legge 29/9/2000 n. 300 lo Stato italiano ha provveduto a ratificare e a dare
esecuzione alla Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle
Comunità europee (26/7/1995), alla Convenzione relativa alla lotta contro la
corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli
Stati membri dell’Unione europea (26/5/1997) e alla Convenzione O.C.S.E. sulla
lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni
economiche internazionali (17/12/1997).
Il Parlamento ha inserito nel corpo della stessa legge (art 11) una delega al Governo per la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (eccetto lo Stato e gli enti pubblici che esercitano pubblici poteri) e delle società, associazioni od enti privi della personalità giuridica che non svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
Oltre
agli altri reati specificamente indicati, il decreto delegato avrebbe dovuto
prevedere “la responsabilità in relazione alla commissione dei reati in
materia di tutela dell'ambiente e del territorio, che siano punibili con pena
detentiva non inferiore nel massimo ad un anno anche se alternativa alla pena
pecuniaria, previsti:
-
dalla legge 31 dicembre 1962, n. 1860 (Impiego pacifico dell'energia
nucleare);
-
dalla legge 14 luglio 1965, n. 963 (Disciplina della pesca marittima);
-
dalla legge 31 dicembre 1982, n. 979 (Disposizioni per la difesa del
mare);
-
dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni (Norme in
materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e
sanatoria delle opere edilizie);
-
dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni,
dalla legge 8 agosto 1985, n. 431 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone
di particolare interesse ambientale);
-
dal decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203
(Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203
concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici
agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai
sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, numero 183);
-
dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette);
-
dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95 (Attuazione delle
direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE relative alla eliminazione degli olii usati);
-
dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 (Attuazione della
direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del
suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura);
-
dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 (Attuazione delle direttive
89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di
radiazioni ionizzanti);
-
dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive
modificazioni (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui
rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio);
-
dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela
delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE
concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva
91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai
nitrati provenienti da fonti agricole);
-
dal decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (Attuazione della
direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti
connessi con determinate sostanze pericolose);
-
dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 (Attuazione della direttiva
96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento);
-
dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle
disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma
dell'articolo 1 della L. 8 ottobre 1997, n. 352)”.
La
delega non è stata tuttavia attuata in modo completo.
-
Il d.lg. 8 giugno 2001 n. 231
Il
legislatore delegato ha optato infatti per una soluzione “minimalista”,
limitando la responsabilità dell’ente ai soli reati di corruzione,
concussione, indebita percezione di erogazioni in danno dello Stato o di enti
pubblici, truffa in danno dello Stato o di enti pubblici, truffa aggravata per
il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica in danno dello Stato
e di enti pubblici.
Successivamente il d.l. n. 350 del 2001, convertito con legge n. 409 del 2001 ha inserito in quel corpus normativo l’art 25 bis che consente la punibilità dell’ente in relazione alla commissione dei delitti previsti dal codice penale in materia di falsita' in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo (precisamente: artt. 453; 454; 455; 457; 459; 460; 461; 464 c.p.).
Infine,
in attuazione della delega contenuta nella legge 366 del 2001 (Riforma del
diritto societario), il Consiglio dei Ministri ha approvato l’11 gennaio 2002,
uno schema di decreto legislativo che estende la responsabilità amministrativa
delle società ad una numerosa serie di reati c.d. societari previsti dal codice
civile, contestualmente riformulati.
Il
sistema attualmente in vigore prevede una responsabilità della persona
giuridica derivante dal reato della persona fisica.
Meglio
ancora, lo stesso fatto storico diventa oggetto di due distinte valutazioni (E.
Musco): costituisce un reato per la persona fisica e un illecito amministrativo
per la persona giuridica.
Gli
enti – forniti o meno di personalità giuridica – rispondono infatti in
relazione ai reati commessi “nel loro interesse o a loro vantaggio” dai
soggetti di vertice (c.d. imputazione oggettiva del reato), sempre che non
abbiano adottato ed efficacemente attuato – prima della commissione dei reati
- appositi “modelli di organizzazione e gestione” idonei a prevenire il
rischio della commissione di reati del tipo di quello verificatosi (c.d.
imputazione soggettiva del reato).
Si
parla quindi di responsabilità amministrativa, di illeciti amministrativi, di
sanzioni amministrative.
Tuttavia
è opinione comune che si tratti di responsabilità penale vera e propria, non
qualificata come tale per evitare un aperto scontro frontale con il principio di
personalità della responsabilità penale di cui all’art 27 Cost.
All’interprete
attento non potrà sfuggire la “truffa delle etichette”: ci si trova di
fronte ad una responsabilità derivante da un fatto di reato, accertata dal
giudice penale nell’ambito del procedimento penale (artt 34 e 36 d.lg. n.
231), nel quale l’ente è equiparato all’imputato (art 35 d.lg. n. 231).
In
questa ricostruzione sostanziale si dovrà considerare in particolare il
principio di autonomia della responsabilità dell’ente (art 8 d.lg.), in
relazione al quale potrà darsi un processo penale senza persona fisica: si
pensi, ad esempio, alle ipotesi in cui il processo continui nei confronti
dell’ente una volta uscito di scena l’amministratore con il patteggiamento
(o con le cause di estinzione del reato diverse dall’amnistia).
Ad
avviso di chi scrive l’introduzione di una responsabilità punitiva diretta
degli enti potrebbe rivelarsi particolarmente fruttuosa nel campo della tutela
dell’ambiente.
Si
tenga conto che il legislatore ha optato decisamente per la “tecnica del
bastone e della carota”, prevedendo sanzioni gravose e dissuasive, ma aprendo
significative vie d’uscita in caso di condotte riparatorie del danno e delle
conseguenze pericolose del reato (art 12 d.lg).
Tali
comportamenti potranno portare ad una riduzione della sanzione pecuniaria e
all’esclusione delle più invasive sanzioni interdittive (le quali possono
essere applicate anche in via cautelare).
-
Gli strumenti internazionali sulla responsabilità dell’ente in materia di
illeciti ambientali
Come
spesso è accaduto in passato, l’Italia finirà per introdurre importanti
riforme sul traino delle normative internazionali che la vincolano, più che di
propria iniziativa preceduta dal necessario approfondimento.
Sul
punto va menzionata innanzitutto la Proposta della Commissione europea relativa
alla tutela dell’ambiente attraverso il diritto penale.
La
rilevanza dell’approccio penale al settore degli illeciti ambientali ci viene
tra l’altro ricordata da un recente articolo (Corrado V. Giuliano, “La
proposta di direttiva europea sui reati ambientali”, pubblicato su questa
Rivista), il quale evidenzia che nella lista dei reati che consentiranno in un
futuro prossimo il mandato di arresto europeo, sono inseriti “i crimini contro
l’ambiente, compreso il traffico di specie animali minacciate ed il traffico
illecito di specie ed essenze vegetali minacciate”, il “traffico illecito di
beni culturali, comprese antichità ed opere d’arte” (Proposta di decisione
quadro del Consiglio relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di
consegna tra Stati membri del 25 settembre 2001).
L’11 febbraio 2000, la Danimarca ha presentato un’iniziativa volta ad
instaurare una cooperazione giudiziaria e di polizia per combattere i reati
gravi contro l’ambiente .
Gli Stati membri dovranno rendere punibile ogni condotta, intenzionale o
posta in essere per negligenza grave, che violi la disposizioni comunitarie
volte a tutelare l’ambiente, tra cui, in particolare, le disposizioni
concernenti: lo scarico non autorizzato di certe sostanze (idrocarburi, oli
usati o fanghi derivanti dalla depurazione delle acque) nelle acque;
l’emissione di una determinata quantità di sostanze pericolose
nell’atmosfera, sul suolo, o in acqua; il trattamento, il trasporto, il
deposito, l’eliminazione di rifiuti pericolosi; lo scarico di rifiuti nel
suolo o nelle acque e la gestione abusiva di una discarica; il possesso, la
cattura e il commercio di specie animali e vegetali protette; il deterioramento
dell’habitat protetto; il commercio di sostanze che riducono lo strato di
ozono.
Le sanzioni penali dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive.
Esse si applicheranno in caso di violazione delle disposizioni comunitarie, o di
complicità o incitamento alla violazione. Inoltre, in casi gravi, le persone
fisiche potranno essere sottoposte a pene detentive.
Gli Stati membri possono prevedere le diverse sanzioni applicabili alle
persone fisiche e giuridiche, e, segnatamente: alcune sanzioni pecuniarie,
l’interdizione dalle sovvenzioni pubbliche, l’interdizione permanente o
temporanea dall’esercizio di attività commerciali, la liquidazione
giudiziaria.
Gli Stati membri saranno tenuti ad adottare le necessarie disposizioni
legislative, amministrative e regolamentari entro il 1 settembre 2003.
Lo strumento internazionale più completo, ma non ancora ratificato dall’Italia, è a tutt’oggi la Convenzione europea sulla protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale (Consiglio d’Europa, Strasburgo, 4 novembre 1998).
Tale convenzione prevede l’introduzione di criminal or administrative sanctions or measures on legal persons on whose behalf è stato commesso un reato tra quelli indicati negli artt 2 e 3, by their organs or by members thereof or by another representative (art 9).
Tale responsabilità non esclude la responsabilità penale della persona
fisica.
Gli
artt. 2 e 3 prevedono rispettivamente le intentional
offences e le negligent offences.
Tra
le prime vengono elencate le seguenti condotte:
a.
the discharge, emission or introduction of a quantity of substances or
ionising radiation into air, soil or water which:
i. causes death or serious injury to any person, or
ii. creates a significant risk of causing death or serious injury to any
person;
b.
the unlawful discharge, emission or introduction of a quantity of
substances or ionising radiation into air, soil or water which causes or is
likely to cause their lasting deterioration or death or serious injury to any
person or substantial damage to protected monuments, other protected objects,
property, animals or plants;
c.
the unlawful disposal, treatment, storage, transport, export or import of
hazardous waste which causes or is likely to cause death or serious injury to
any person or substantial damage to the quality of air, soil, water, animals or
plants;
d.
the unlawful operation of a plant in which a dangerous activity is
carried out and which causes or is likely to cause death or serious injury to
any person or substantial damage to the quality of air, soil, water, animals or
plants;
e.
the unlawful manufacture, treatment, storage, use, transport, export or
import of nuclear materials or other hazardous radioactive substances which
causes or is likely to cause death or serious injury to any person or
substantial damage to the quality of air, soil, water, animals or plants,
when committed intentionally.
Le seconde consistono nella realizzazione colposa di alcune delle
fattispecie appena menzionate, in particolare quelle indicate dalla lettera a)
alla lettera e).
Inoltre l’art 4 prevede altre ipotesi di illecito penale o amministrativo che devono essere adottate:
a
the unlawful discharge, emission or introduction of a quantity of
substances or ionising radiation into air, soil or water;
b
the unlawful causing of noise;
c
the unlawful disposal, treatment, storage, transport, export or import of
waste;
d
the unlawful operation of a plant;
e
the unlawful manufacture, treatment, use, transport, export or import of
nuclear materials, other radioactive substances or hazardous chemicals;
f
the unlawful causing of changes detrimental to natural components of a
national park, nature reserve, water conservation area or other protected areas;
g
the unlawful possession, taking, damaging, killing or trading of or in
protected wild flora and fauna species.
Le sanzioni penali (art 6) dovranno tenere conto della gravità degli
illeciti in questione, comprendendo pene detentive e pecuniarie, oltre al
ripristino dell’ambiente (reinstatement
of the environment).
Viene poi prevista la confisca, pure nella forma per equivalente, secondo
un indirizzo ormai diffuso a livello internazionale: si pensi allo stesso d.lg.
n. 231 che prevede la confisca obbligatoria del profitto del reato comunque
derivato alla persona giuridica.
- Ultimi sviluppi
In
relazione all’argomento in esame va menzionata infine la recente istituzione
della Commissione parlamentare di inchiesta in materia di attività illecite
connesse al ciclo dei rifiuti (legge 31 ottobre 2001 n. 399).
Questa
Commissione
ha il compito di svolgere indagini atte a far luce sul ciclo dei rifiuti, sulle
organizzazioni che lo gestiscono, sui loro assetti societari e sul ruolo svolto
dalla criminalità organizzata, con specifico riferimento alle associazioni di
cui agli articoli 416 e 416-bis c.p.;
di individuare le connessioni tra le attività illecite nel settore dei rifiuti
ed altre attività economiche, con particolare riguardo al traffico dei rifiuti
tra le diverse regioni del paese e verso altre nazioni; di verificare
l’attuazione delle normative vigenti e le eventuali inadempienze da parte dei
soggetti pubblici e privati destinatari delle stesse; di verificare i
comportamenti della pubblica amministrazione centrale e periferica, al fine di
accertare la congruità degli atti e la coerenza con la normativa vigente; di
verificare le modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti
da parte degli enti locali e i relativi sistemi di affidamento.
Ad
avviso di chi scrive, la Commissione, che procede alle indagini e agli esami con
gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria,
In
particolare potrà “proporre soluzioni legislative e amministrative ritenute
necessarie per rendere più coordinata e incisiva l’iniziativa dello Stato,
delle regioni e degli enti locali e per rimuovere le disfunzioni accertate anche
attraverso la sollecitazione al recepimento di normative previste in direttive
comunitarie non introdotte nell’ordinamento italiano ed in trattati o accordi
internazionali non ancora ratificati dall’Italia”
In
questo settore la corresponsabilizzazione degli enti è pertanto particolarmente
avvertita a livello internazionale: il lavoro della Commissione d’inchiesta
potrebbe costituire un ulteriore catalizzatore verso un’estensione
dell’ambito di operatività del d.lg. 231 del 2001.
L’intervento
del legislatore in materia ambientale dovrebbe essere specialmente improntato a
quella funzione “promozionale” del diritto penale che, lungi dall’essere
meramente accessoria rispetto a quella propriamente punitivo-retributiva,
consentirebbe il consolidamento e la diffusione della cultura del rispetto della
natura, in quanto tale ed in quanto “luogo” ove si svolge la vita e
l’attività dell’essere umano.
(Maurizio
Arena)