Cass. Sez. III n. 45467 del 28 ottobre 2016 (Cc 14 apr 2016)
Presidente: Rosi Estensore: Riccardi Imputato: Ferrara e altro
Beni ambientali.Sequestro preventivo e periculum in mora

In tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, il "periculum in mora" idoneo a fondare la cautela reale, non si esaurisce con la consumazione del reato, in quanto il rischio di offesa al territorio e all'equilibrio ambientale perdura in stretta connessione con l'utilizzazione del bene. (Fattispecie relativa alla trasformazione di un'area boschiva sottoposta a vincolo paesaggistico e destinazione della stessa ad uso agricolo).

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 12 novembre 2015 il Tribunale di Taranto rigettava l'istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo, emesso dal Gip del medesimo Tribunale, di una vasta area di proprietà di L.A., sulla quale operavano l'azienda agricola (OMISSIS), gestita dalla figlia, F.A., e la società "Energia Alternativa Ionica s.r.l.", in relazione ai reati di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), ed ai reati di cui all'art. 635 c.p., comma 2, n. 3 e 5, e art. 734 c.p., per aver realizzato, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, lavori di trasformazione da terreno boschivo in terreno soggetto a periodica lavorazione, mediante attività di sradicamento della macchia mediterranea, spietramento e fresatura delle rocce, spianamento di superfici naturalmente scoscese, innalzamento di rete metallica di recinzione, posa in opera di un manufatto in cemento costituito da una grotta alla sommità di una vistosa scalinata a due rampe, in tal modo distruggendo irreversibilmente la macchia mediterranea esistente.

2. Avverso tale provvedimento ricorrono per cassazione F.A. e L.A., con due distinti ricorsi parzialmente sovrapponibili (in quanto coincidenti, al di là di irrilevanti differenze formali, nei quattro motivi comuni), deducendo, rispettivamente, la prima quattro motivi di gravame, e la seconda sette motivi, qui enunciati, ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.

2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione apparente in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti: lamentano che l'ordinanza impugnata abbia erroneamente valutato la presenza risalente nel tempo, sull'area sottoposta a sequestro, di numerosissimi alberi di ulivo, come desumibile dagli atti di compravendita risalenti al 1991 e 1992, dai quali emerge la destinazione ad uliveto di diverse particelle di terreno; inoltre, al 1996 risale il verbale di furto di 150 alberi di ulivo secolari, ed al 2001 risale l'incendio di macchia mediterranea, di incolto, e di varie piante di ulivo (nelle particelle 186 e 187).

L'affermazione del Tribunale, secondo cui l'incendio avrebbe potuto interessare particelle definite negli atti pubblici come "pascolo cespuglioso", sulle quali, dall'altro, potevano esserci gli ulivi oggetto di furto, sarebbe, dunque, contraddittoria.

Con riferimento alle opere di trasformazione del terreno, deduce che esse risalgono ad un periodo sicuramente precedente al 2010, dovendo precedere le operazioni di lavorazione del terreno; inoltre, la recinzione dei terreni era stata oggetto di d.i.a. del 23/07/2008, e, conformemente al certificato di esenzione paesaggistica rilasciato dal Comune di Taranto, non è stata realizzata in zona sottoposta a vincolo, non necessitando, dunque, di autorizzazione paesaggistica. Infine, il manufatto adibito a luogo di culto consiste in una piccola grotta naturale nella quale è stata collocata una statuina della Madonna di Lourdes, e la scalinata è stata ricavata in occasione dei lavori realizzati tra il 2000 ed il 2009.

2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione apparente in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti: lamentano che l'ordinanza impugnata abbia individuato la permanenza dei reati contestati nella coltivazione e nella cura dei terreni precedentemente trasformati, condotte precedenti a quella oggetto di rilevanza penale (la trasformazione ed il conseguente danneggiamento), in assenza di lavori in corso; tale profilo emergerebbe da tutti gli accertamenti eseguiti, che attestano l'ultimazione dei lavori di trasformazione contestati.

2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione apparente in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti: lamentano che l'ordinanza impugnata non abbia dimostrato un legame chiaro ed univoco tra i beni oggetto di sequestro ed il reato per il quale si procede, avendo il sequestro coinvolto anche zone non vincolate; inoltre, il PPTR (Piano Paesaggistico Territoriale Regionale) è stato approvato dalla Regione Puglia nel novembre del 2013, e, dunque, tutti gli interventi, realizzati prima di tale epoca, non possono ritenersi in violazione di tale strumento di pianificazione.

In ogni caso, si deduce che, oltre ad alcune particelle rientranti nell'ambito di valore "C" (valore distinguibile), secondo le definizioni del Piano Urbanistico Territoriale Tematico, altre particelle rientrerebbero nell'ambito di valore "E" (valore normale), sulle quali sarebbero consentite trasformazioni ed interventi edilizi.

2.4. Violazione di legge in ordine alla sussistenza del periculum in mora: lamentano che le opere e le strutture sequestrate, per le caratteristiche d'utilizzo che le contraddistinguono (recinzione, strada, grotta e terreno), non protraggano l'offesa al bene tutelato, non implicando la necessità di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, con conseguente aggravamento del carico urbanistico; l'erronea individuazione della permanenza del reato paesaggistico si sarebbe, dunque, riflesso sull'enucleazione del periculum, senza considerare che le condotte sono state ultimate nel 2009; le condotte di uso e godimento del bene non possono integrare automaticamente l'aggravamento delle conseguenze del reato. Il triplice profilo è stato articolato, nel ricorso L., in tre motivi (il n. 4, il n. 5 ed il n. 6).

2.5. Con memoria pervenuta il 08/04/2016 le ricorrenti proponevano motivi aggiunti, sostanzialmente ribadendo l'insussistenza del fumus commissi delicti, per la risalenza nel tempo delle trasformazioni del terreno e l'esistenza di ulivi secolari; deducevano che le qualità catastali attestate negli atti di compravendita dovevano ritenersi reali, in assenza di elementi contrari, e nella vigenza del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 30 sugli obblighi di denuncia delle variazioni dei redditi agrari.

3. Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto il rigetto dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. E' pacifico che in materia cautelare reale il ricorso per cassazione contro ordinanze di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (ex plurimis, Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele).

Al riguardo, nella nozione di "violazione di legge" per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell'art. 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all'art. 606 c.p.p., lett. E) Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710).

Peraltro, la motivazione apparente e, dunque, inesistente è ravvisabile soltanto quando sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente (Sez. 5, n. 24862 del 19/05/2010, Mastrogiovanni, Rv. 247682).

Tanto premesso, nel ribadire che non possono essere censurati in tale sede i presunti vizi di motivazione del provvedimento impugnato, sotto il profilo della pretesa contraddittorietà della motivazione, trattandosi di motivi esulanti dal perimetro valutativo di questa Corte, ai sensi dell'art. 325 c.p.p., va osservato che tutte le censure sollevate dalle ricorrenti si esauriscono in una critica alla valutazione degli elementi fattuali (l'epoca della presenza di ulivi, la progressiva trasformazione dei terreni) posti a fondamento del sequestro e del provvedimento impugnato, e nella sollecitazione ad una rivalutazione del merito non consentita in sede di legittimità.

3. Soffermandosi sui profili di diritto valutabili nella prospettiva della violazione di legge, va evidenziato che l'ordinanza impugnata appare immune da censure in ordine all'affermazione della sussistenza del fumus commissi delice al riguardo, motivando analiticamente in merito alle medesime doglianze riproposte con il presente ricorso, l'ordinanza impugnata ha osservato, in ordine alle condotte di trasformazione progressiva del terreno coperto da macchia mediterranea, che, dalla lettura degli atti di compravendita, emergeva che soltanto di 5 delle 21 particelle in sequestro veniva indicata come qualità catastale la destinazione ad uliveto; e gli stessi verbali riguardanti l'incendio ed il furto non identificavano le particelle interessate.

Con apprezzamento di fatto immune da censure, ed insindacabile in questa sede, inoltre, l'ordinanza impugnata ha sottolineato che l'attività di trasformazione da macchia mediterranea in area agricola non è stata limitata all'impianto di vasti uliveti, ma, altresì, allo spietramento del suolo con fresatura meccanica delle rocce affioranti, al livellamento artificiale di superfici naturalmente scoscese, finalizzato all'apertura di tratturi e strade a servizio dei collegamenti interni tra le varie particelle.

Al riguardo, l'epoca e la riferibilità di tali opere di trasformazione veniva desunta anche dalla presentazione, da parte di L., di una domanda di autorizzazione paesaggistica in sanatoria del 12/03/2015, sulla quale veniva espresso parere di non compatibilità paesaggistica.

La richiesta di autorizzazione paesaggistica in sanatoria del 12/03/2015, del resto, concerneva altresì la recinzione, eseguita in maniera difforme rispetto a quanto assentito con d.i.a. del 2008; e tale difformità integra il fumus sufficiente a fondare il vincolo reale.

Anche con riferimento al manufatto adibito a luogo di culto, l'ordinanza impugnata evidenzia l'edificazione, in conglomerato cementizio, di una piccola grotta adibita a cappella privata, raggiunta tramite una vistosa scalinata a due rampe.

3.1. In ordine al profilo della consumazione dei reati e della cessazione della permanenza, va rammentato che, conformemente agli analoghi principi affermati in relazione ai reati urbanistici, il reato di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1, qualora sia realizzato attraverso una condotta che si protrae nel tempo, come nel caso di realizzazione di opere edilizie in zona sottoposta a vincolo, ha natura permanente e si consuma con l'esaurimento totale dell'attività o con la cessazione della condotta per qualsiasi motivo (ex multis, Sez. 3, n. 24690 del 18/02/2015, Mancini, Rv. 263926; Sez. 3, n. 43597 del 09/09/2015, Fiorentino, Rv. 265261: "In tema di tutela penale del paesaggio, il reato previsto dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis ha natura permanente e si consuma con la definitiva ultimazione dei lavori ovvero con l'interruzione della condotta per qualsiasi motivo (nella specie, l'intervento del sequestro) (...)").

Ebbene, nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso in merito all'epoca risalente della trasformazione dei terreni, è stato evidenziato che la lenta trasformazione da terreno boschivo in terreno agricolo è stata accertata mediante esame (a cura del Corpo Forestale) delle aerofotogrammetrie relative agli anni dal 2010 al 2014, dalle quali si evinceva che le aree soggette a trasformazione aumentavano di anno in anno.

3.2. In ordine alla sussistenza dei vincoli, l'ordinanza impugnata ha analiticamente individuato le particelle tutelate come "boschi", e le particelle inserite in ambito di valore C; per le sette particelle rientranti nell'ambito di valore "E" (alla stregua del PUTT), l'ordinanza ha evidenziato che tre di esse risultano essere state percorse dall'incendio del 2006, e, dunque, non sono ammissibili interventi prima del decorso di 15 anni.

L'epoca degli interventi e delle trasformazioni, accertata essere in corso ancora nel 2014, alla stregua dell'esame delle aerofotogrammetrie, priva di pregio la doglianza difensiva relativa all'inapplicabilità del PPTR approvato dalla Regione Puglia nel novembre del 2013.

3.2. Infine, quanto alla sussistenza del periculum in mora, va ribadito il principio secondo cui, in tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva integra il requisito dell'attualità del pericolo indipendentemente dall'essere l'edificazione ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio e all'equilibrio ambientale, a prescindere dall'effettivo danno al paesaggio e dall'incremento del carico urbanistico, perdura in stretta connessione con l'utilizzazione della costruzione ultimata (Sez. 3, n. 42363 del 18/09/2013, Colicchio, Rv. 257526; ex multis, Sez. 3, n. 5954 del 15/01/2015, Chiacchiaro, Rv. 264370; Sez. 3, n. 24539 del 20/03/2013, Chiantone, Rv. 255560).

Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, dunque, il periculum in mora idoneo a fondare la cautela reale non coincide con la consumazione del reato, nè si esaurisce in esso: sebbene i reati contestati, fondanti il titolo cautelare sotto il profilo del fumus, siano stati consumati con la trasformazione del suolo, e la loro destinazione ad area agricola, nondimeno la disponibilità della cosa pertinente al reato può protrarre le conseguenze di esso (art. 321 c.p.p.) anche successivamente, già solo, nel caso di specie, per l'alterazione del paesaggio e la distruzione della macchia mediterranea oggetto del vincolo.

Del resto, sul rilievo che difetta il presupposto del "periculum in mora" per il sequestro preventivo di un immobile abusivo sito in zona paesaggisticamente vincolata, ove sia utilizzato compatibilmente agli interessi tutelati dal vincolo ambientale (Sez. 3, n. 40486 del 27/10/2010, Petrina, Rv. 248701), va osservato che l'utilizzo dell'area impresso dalle ricorrenti con l'attività agricola e con l'installazione di un impianto fotovoltaico è del tutto estraneo agli interessi tutelati dal vincolo ambientale, ed eccentrico rispetto alla tutela della macchia mediterranea.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 1.500,00: infatti, l'art. 616 c.p.p. non distingue tra le varie cause di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di inammissibilità dichiarata ex art. 606 c.p.p., comma 3, sia nelle ipotesi di inammissibilità pronunciata ex art. 591 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascuna ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2016