Cass. Sez. III n. 53388 del 23 novembre 2017 (Ud 8 giu 2017)
Presidente: Fiale Estensore: Andronio Imputato: Veloccia ed altro
Urbanistica.Atto amministrativo illegittimo

In materia di violazione dell'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, la non conformità dell'atto amministrativo alla normativa che ne regola l'emanazione, alle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico-edilizia e alle previsioni degli strumenti urbanistici può essere rilevata non soltanto se l'atto sia illecito, e cioè frutto di attività criminosa, ma anche nell'ipotesi in cui l'emanazione dell'atto medesimo sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge o nel caso di mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio del potere, non vertendosi in tali casi in una disapplicazione dell'atto amministrativo

RITENUTO IN FATTO

1. - Con ordinanza dell'8 novembre 2016, il Tribunale di Latina ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip dello stesso Tribunale, avente ad oggetto un complesso edilizio, in relazione ai reati di cui agli artt. 44, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 380 del 2001, 479 e 323 cod. pen.

2. - Avverso l'ordinanza gli indagati hanno proposto, tramite il difensore e con unico atto, ricorsi per cassazione, denunciando la violazione dell'art. 44, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 380 del 2001. Si sostiene, in particolare, che vi sarebbe una pluralità da interventi realizzati sulla base di una serie di permessi di costruire e che vi sarebbe, di conseguenza una serie di abusi edilizi, ma non un'operazione lottizzatoria unitaria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. - I ricorsi sono inammissibili, perché sostanzialmente diretti a lamentare la contraddittorietà e la manifesta illogicità del provvedimento impugnato, il quale risulta ampiamente e coerentemente motivato. Essi non si riferiscono alla mancanza della motivazione su profili essenziali ai fini della decisione, ma a valutazioni del Tribunale circa il compendio istruttorio; valutazioni comunque insindacabili in questa sede, perché non riconducibili alla categoria della violazione di legge ai sensi e per gli effetti dell'art. 325, comma 1, cod. proc. pen. (ex plurimis, ribadiscono che il ricorso per cassazione in tema di misure cautelari reali può riguardare solo la motivazione assente o meramente apparente del provvedimento impugnato, sez. 3, 10 luglio 2015, n. 39833; sez. 6, 10 gennaio 2013, n. 6589, rv. 254893).
Anche a prescindere da tali assorbenti considerazioni, deve in ogni caso rilevarsi che il Tribunale ha correttamente evidenziato - senza che vi siano nel ricorso puntuali contestazioni in proposito - che l'operazione posta in essere dagli indagati ho portato alla realizzazione di opere edilizie con finalità commerciale in zona agricola, sulla base di atti amministrativi palesemente illegittimi, a partire dalla iniziale concessione edilizia del 24 gennaio 2002, corredata dalla falsa dichiarazione della preesistenza dell'immobile al 1 settembre 1967. Del pari illegittima è l'autorizzazione edilizia del 30 dicembre 2002, perché la stessa presuppone l'abusiva destinazione commerciale di parte del fabbricato oggetto della precedente concessione, dando per esistente un cambio di destinazione d'uso in realtà mai realizzato legittimamente. Illegittimi sono anche i successivi titoli edilizi del 2003, 2004, 2008, 2009, 2010, 2011, 2012, 2013, 2014 aventi ad oggetto la realizzazione di opere necessarie all'uso dell'immobile come ristorante nonché varianti in corso d'opera. E del tutto destituita di fondamento risulta la tesi difensiva secondo cui vi sarebbe una prassi comunale di autorizzazione alla realizzazione di opere edilizie a fini commerciali in zone qualificate agricole dagli strumenti di pianificazione, perché tale prassi - anche ove effettivamente esistente - sarebbe palesemente contraria alla legge.
Deve richiamarsi in punto di diritto, la costante giurisprudenza di questa Corte, riferita proprio alle fattispecie di macroscopica illegittimità di atti amministrativi che formalmente consentano l'esercizio dell'attività edilizia. Deve, in particolare ribadirsi che, in materia di violazione dell'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, la non conformità dell'atto amministrativo alla normativa che ne regola l'emanazione, alle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico-edilizia e alle previsioni degli strumenti urbanistici può essere rilevata non soltanto se l'atto sia illecito, e cioè frutto di attività criminosa, ma anche nell'ipotesi in cui l'emanazione dell'atto medesimo sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge o nel caso di mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio del potere, non vertendosi in tali casi in una disapplicazione dell'atto amministrativo (ex plurimis, sez. 2, 26 giugno 2014, n. 31229, rv. 260367; sez. 3, 28 settembre 2006, n. 40425, rv. 237038).
Correttamente, dunque, il Tribunale ha - allo stato degli atti - qualificato la fattispecie che viene in rilievo quale lottizzazione abusiva materiale (coerentemente richiamando le definizioni fornite dalla giurisprudenza di legittimità: ex plurimis, sez. 3, 26 aprile 2007 n. 19732; sez. 3, 06 giugno 2008, n. 27739, rv. 240603; sez. 3, 18 settembre 2013, n. 42361, rv. 257731), in quanto attuata mediante una serie di opere, sulla base di titoli illegittimi, consistenti nell'originaria edificazione di un fabbricato residenziale in zona agricola, nel successivo ampliamento dello stesso con illegittimo mutamento di destinazione d'uso a fabbricato commerciale, nell'accorpamento ad esso di terreni agricoli su cui sono state edificate ulteriori opere. Né può essere in questa sede sindacata l'affermazione -ampiamente suffragata dagli accertamenti tecnici in atti - secondo cui le opere realizzate hanno una notevole consistenza, tale da determinare la trasformazione urbanistica dei terreni interessati, avendo comportato la realizzazione in zona agricola di un importante complesso commerciale destinato ad attività di ristorazione, che ha mutato il tessuto urbanistico richiedendo la necessità della esecuzione di nuove opere di urbanizzazione non previste nel programma dell'amministrazione comunale. La difesa non contesta, comunque, le affermazioni contenute nell'ordinanza impugnata circa la non configurabilità della buona fede degli indagati, motivate sul corretto rilievo che la destinazione agricola dei terreni sui quali si trova il fabbricato uso commerciale emergeva già all'atto dell'acquisto degli stessi. E tale rilievo rende irrilevante la circostanza che l'acquisto del fabbricato da parte di Veloccia Silverio sia avvenuto solo nell'anno 2007, perché le attività poste in essere dagli stessi indagati dopo quell'anno sono la logica continuazione dell'attività lottizzatoria abusiva mai esauritasi prima.

4. - I ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, 1'8 giugno 2017.