Cass. Sez. III n. 15061 del 8 aprile 2008 (ud. 03 mar. 2009)
Pres. Lupo Est. Sarno Ric. Rebuffo
Alimenti. Somministrazione di sostanze vietate

Il giudice della condanna per uno dei reati posti a tutela degli alimenti è competente all\'irrogazione delle sanzioni pecuniarie previste per gli illeciti amministrativi connessi oggetto di contestazione, data la loro natura strumentale rispetto alla violazione penale. (Fattispecie di condanna per il reato di cui all\'art. 5, L. n. 283 del 1962, per la somministrazione di desametasone a bovini avviati alla macellazione, in cui la Corte ha ritenuto legittima l\'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per gli illeciti diretti a reprimere la somministrazione della sostanza farmacologicamente attiva senza autorizzazione e per finalità diverse da quelle consentite).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 03/03/2009
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - N. 493
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 027118/2008
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) REBUFFO ANTONIO N. IL 08/04/1948;
avverso SENTENZA del 24/12/2007 TRIBUNALE di CUNEO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SARNO GIULIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. PASSACANTANDO Guglielmo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Mirate Aldo.
OSSERVA
Con la sentenza in epigrafe il tribunale di Cuneo condannava Rebuffo Antonio alla pena dell\'ammenda per i reati di cui alla L. n. 83 del 1962, art. 5, lett. a) e art. 6, comma 4 perché avviava alla macellazione un manzo proveniente da allevamento da lui condotto trattato con desametasone e artt. 56 e 515 c.p. perché, avviando alla macellazione il predetto bovino, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a consegnare alla società Gianello Francesco e co. sas il suddetto animale diverso per qualità da quella dichiarata nella documentazione di accompagnamento - mod. 4/RPV - in cui si attestava l\'assenza di trattamenti; nonché alla sanzione amministrativa di Euro 28000,00 per le violazioni del D.Lgs. n. 119 del 1992, art. 36, comma 1; D.Lgs. n. 146 del 2001, art. 7; D.Lgs. n. 336 del 1999, art. 3, comma 1, lett. a), art. 32, comma 1. In questa sede deduce il ricorrente:
1) violazione della L. n. 83 del 1962, art. 5, lett. a) e art. 6, comma 4; artt. 56 e 515 c.p.; D.Lgs. n. 193 del 2006, art. 108, comma 2; D.Lgs. n. 146 del 2004, art. 2, comma 1, art. 190 c.p.p.;
inosservanza di leggi processuali, manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla perizia non avendo il giudice di merito inteso accertare - pur sollecitato dalla difesa - se il trattamento legittimamente effettuato circa 93 giorni prima avesse lasciato tracce nel fegato dell\'animale anche oltre il periodo indicato per la normale metabolizzazione del prodotto;
2) violazione della L. n. 83 del 1962, art. 5, lett. a) e art. 6, comma 4; artt. 56 e 515 c.p.; D.Lgs. n. 193 del 2006, art. 108, comma 2; D.Lgs. n. 146 del 2004, art. 2, comma 1, art. 190 c.p.p.;
inosservanza di leggi processuali, manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla perizia essendo risultata dagli accertamenti analitici svolti in prima istanza una positività nella misura di 52 ng mentre all\'esito della perizia del dott. Vincenti la positività accertata era di 1600 ng e imponendo tale discrasia una valutazione dei metodi di prelievo effettuato secondo il consulente della difesa in violazione delle normative dettate da PMR 2004 in difetto della omogeneizzazione del campione prelevato prima della formazione delle aliquote.
Si rileva, inoltre, che non avrebbe avuto senso una massiva somministrazione prima della macellazione trattandosi di bovino in procinto di essere macellato;
3) violazione della L. n. 83 del 1962, art. 5, lett. a) e art. 6, comma 4; artt. 56 e 515 c.p.; D.Lgs. n. 193 del 2006, art. 108, comma 2; D.Lgs. n. 146 del 2004, art. 2, comma 1 regolamento CE 508/99;
erronea applicazione della legge penale; manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla affermazione che in caso di superamento del limite di 2 ng il trattamento illecito è presunto per legge non essendovi alcuna disposizione al riguardo e prevedendo il regolamento CE il limite di 2ng/kg e non 2ng/g;
4) violazione della L. n. 83 del 1962, art. 5, lett. a) e art. 6, comma 4; artt. 56 e 515 c.p; D.Lgs. n. 193 del 2006, art. 108, comma 2; D.Lgs. n. 146 del 2004, art. 2, comma 1, L. n. 689 del 1981, artt. 16, 18 e 24 manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla mancata motivazione della sanzione amministrativa e alla mancata notificazione della contestazione.
In udienza il difensore del ricorrente eccepiva anche l\'intervenuta prescrizione del reato di cui alla L. n. 83 del 1962 dovendosi ritenere per il favor rei, in assenza di elementi certi in ordine al tempo della somministrazione del farmaco, che la stessa fosse stata effettuata se non prima del termine dei 90 giorni - il che avrebbe reso addirittura lecita la condotta - quantomeno a ridosso di esso. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
1) In ordine alla questione oggetto del primo motivo occorre anzitutto premettere che non può esser dedotto come vizio della sentenza, con ricorso per cassazione, la mancata assunzione di una perizia richiesta dalla parte, stante la tradizionale considerazione della perizia quale mezzo di prova rientrante nel potere discrezionale di disposizione del giudice, come tale estranea al tipico contraddittorio tra le parti in tema di diritto alla prova e giustificata solo in caso di necessità di indagini postulanti specifiche competenze tecniche (Sez. 1^, n. 11538 del 23/10/1997 Rv. 209137).
È inoltre pacifico che il giudice può scegliere, tra le varie tesi prospettate dai periti e dai consulenti di parte, quella che maggiormente ritiene condivisibile, purché illustri le ragioni della scelta operata attraverso un percorso logico congruo che il giudice di legittimità non può sindacare nel merito (ex plurimis Sez. 4^, n. 46359 del 24/10/2007 Rv. 239021).
Orbene, il giudice di merito si è certamente attenuto a tali indicazioni rilevando in motivazione che, alla luce di quanto affermato nella perizia espletata dal prof. Vincenti, perito d\'ufficio, doveva comunque escludersi la compatibilità di entrambi i valori di concentrazione di desametasone, ossia 52 e 1600 ng/g, riscontrati sui due campioni esaminati, con un trattamento farmacologico con Rapison a 93 giorni di distanza; che l\'elevatissima concentrazione di desametasone riscontrata nel fegato della manza poteva trovare giustificazione in una presunta somministrazione di tale principio farmacologico entro 3-4 giorni immediatamente precedenti alla macellazione e che, infine, le ipotesi suggerite dal prof. Tassinari, consulente di parte, di una possibile patologia a livello epatico della bovina, ovvero di un metabolismo alterato di essa, non avevano trovato alcun riscontro nella istruzione dibattimentale.
2) Le considerazioni che precedono valgono a confutare anche le doglianze espresse nel secondo motivo di ricorso.
Il dato obiettivo evidenziato in sentenza è, infatti, come detto in precedenza, quello della incompatibilità di entrambi i valori di concentrazione di desametasone, ossia 52 e 1600 ng/g riscontrati sui due campioni esaminati, con un trattamento farmacologico a 93 giorni di distanza.
Si tratta di un elemento importante che il tribunale spiega - facendo proprie le considerazioni del perito - con una somministrazione dolosa risalente a pochi giorni prima dell\'accertamento motivata dall\'utilità ad aumentare proditoriamente il peso dell\'animale per evidenti vantaggi commerciali all\'atto della macellazione, stante il notorio attuale aumento vertiginoso del prezzo.
Diviene irrilevante, pertanto, l\'esame delle ragioni della divergenza riscontrata che, comunque, il tribunale tiene correttamente a precisare non essere infrequente alla luce di quanto evidenziato dal perito d\'ufficio e che in ogni caso si sarebbe potuta effettivamente chiarire, come esattamente indicato dai giudici di merito, con l\'analisi di revisione ove richiesta.
3) La questione oggetto del terzo motivo è priva di rilevanza. Vero è che il regolamento CE citato nel motivo di ricorso indica come limite il valore di 2 ng/kg per il fegato dei bovini, ma la presenza di 2ng/g accentua e non elide certamente la pericolosità della concentrazione del farmaco trattandosi all\'evidenza di dato ben superiore al consentito.
Quanto alla eccezione di prescrizione sollevata in udienza, essa - alla luce delle considerazioni che precedono - è da ritenersi infondata.
Si ribadisce al riguardo, infatti, che il tribunale, con motivazione logica e congruente ha ritenuto che la somministrazione sia stata effettuata 3 o 4 giorni prima dell\'accertamento ed a tale epoca nessuno dei reati contestati poteva essere ritenuto prescritto risalendo, secondo la contestazione, l\'accertamento alla data dell\'8.11.2004.
4) Per quanto concerne il quarto motivo di ricorso, si muovono in realtà due doglianze diverse.
La prima concerne l\'omessa motivazione del provvedimento con cui viene irrogata la sanzione amministrativa, anche in relazione alla entità della sanzione medesima.
La seconda, invece, attiene alla mancata notificazione della contestazione della violazione amministrativa prima del processo, circostanza questa che avrebbe anche pregiudicato la possibilità di accedere alla definizione in misura ridotta.
Al riguardo si premette che all\'imputato era stata contestata:
violazione del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 119, art. 36, comma 1, perché somministrava al manzo indicato nel capo A) desametasone, sostanza glicorticoide farmacologicamente attiva, non contenuta in una specialità medicinale autorizzata;
violazione del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 146, art. 7 (in relazione all\'art. 2, comma 1, lett. b) perché allevava il manzo indicato nel capo A), senza osservare la disposizione di cui al punto 18 dell\'allegato al D.Lgs. n. 146 del 2001 cit., in quanto somministrava a tale animale il desametasone a fini diversi da quelli terapeutici o profilattici e al di fuori dei trattamenti zootecnici previsti dalla direttiva comunitaria 96/22/CE;
violazione del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 336, art. 3, comma 1, lett. a) e art. 32, comma 1, perché somministrava al manzo indicato nel capo A) animale presente nell\'allevamento da lui condotto, desametasone, da considerarsi sostanza ad effetto anabolizzante secondo la circolare del Ministero della Sanità n. 14 del 29.09.2000;
e che il tribunale ha ritenuto provata la responsabilità dell\'imputato in ordine a tutti gli illeciti indicati. Ciò posto, non vi è dubbio che la ritenuta sussistenza di trattamenti illeciti sui bovini di allevamento attraverso la somministrazione di desametasone in periodo non consentito implichi necessariamente la declaratoria di responsabilità anche per gli illeciti di natura amministrativa contestati, stante la natura strumentale di essi rispetto alle violazioni penali in quanto in particolare diretti a reprimere la somministrazione di sostanza farmacologicamente attiva senza autorizzazione e, comunque, per finalità diverse da quelle consentite.
E del resto se così non fosse verrebbe meno in radice la possibilità per il giudice penale di pronunciarsi sulla sussistenza dell\'illecito amministrativo.
Per quanto concerne la quantificazione della entità della sanzione il giudice di merito ha evidentemente considerato, alla luce delle considerazioni sviluppate nel corpo della motivazione, la gravità dell\'accaduto rapportabile in termini logici, come detto, a determinazione dolosa del ricorrente.
Venendo poi alla doglianza relativa alla notificazione della contestazione, il ricorrente richiama il disposto della L. n. 689 del 1981, art. 14 secondo cui "La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa" ed eccepisce in questa sede che l\'insorgere del procedimento penale avrebbe impedito la notificazione, con conseguente possibilità di estinzione delle violazioni amministrative mediante pagamento in misura ridotta. Omette tuttavia in questa sede il ricorrente di considerare che, nel caso in cui l\'illecito amministrativo versi, come nella specie, in situazione di connessione obiettiva con un reato, è alla L. n. 689 del 1981, art. 24 che occorre fare riferimento.
Quest\'ultima disposizione prevede, infatti, che:
"Qualora l\'esistenza di un reato dipenda dall\'accertamento di una violazione non costituente reato, e per questa non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il giudice penale competente a conoscere del reato è pure competente a decidere sulla predetta violazione e ad applicare con la sentenza di condanna la sanzione stabilita dalla legge per la violazione stessa. Se ricorre l\'ipotesi prevista dal precedente comma, il rapporto di cui all\'art. 17 è trasmesso, anche senza che si sia proceduto alla notificazione prevista dall\'art. 14, comma 2 alla autorità giudiziaria competente per il reato, la quale, quando invia la comunicazione giudiziaria, dispone la notifica degli estremi della violazione amministrativa agli obbligati per i quali essa non è avvenuta.
Dalla notifica decorre il termine per il pagamento in misura ridotta. Se l\'autorità giudiziaria non procede ad istruzione, il pagamento in misura ridotta può essere effettuato prima dell\'apertura del dibattimento". (omissis).
La ratio della disposizione è evidente ed è quella di considerare equipollente alla notifica ex art. 17 quella dell\'atto di citazione a giudizio e di consentire, conseguentemente, l\'accesso alla definizione agevolata anche dopo la citazione in mancanza di contestazione nella fase che precede il giudizio medesimo. Il che tuttavia non risulta essersi verificato nella specie. Al rigetto del ricorso consegue l\'onere per il ricorrente del pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 3 marzo 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2009