Cass. Sez. III n. 6619 del 17 febbraio 2012 (Ud. 7 feb. 2012)
Pres. Squassoni Est.Ramacci Ric.Zampano
Urbanistica. Condono e circolare ministeriale
La circolare ministeriale n. 2699 del 7 dicembre 2005 con la quale è stata riconosciuta la condonabilità delle nuove costruzioni a destinazione non residenziale, esclusa invece dall'art. 32 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (conv. in legge 24 novembre 2003, n. 326), è atto interno alla P.A., che si risolve in un mero ausilio interpretativo e non esplica alcun effetto vincolante non solo per il giudice penale, ma anche per gli stessi destinatari, poiché non può comunque porsi in contrasto con l'evidenza del dato normativo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente - del 07/02/2012
Dott. GRILLO Renato - Consigliere - ORDINANZA
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - N. 273
Dott. RAMACCI Luca - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere - N. 29917/2011
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) ZAMPANO MARIO, N. IL 13/05/1963;
avverso l'ordinanza n. 2925/2007 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 08/03/2011;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
lette le conclusioni del PG inammissibilità del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d'Appello di Napoli, con ordinanza in data 8 marzo 2011, rigettava l'istanza con la quale ZAMPANO Mario chiedeva la revoca dell'ordine di demolizione ingiunto dal Procuratore Generale e relativo ad "un immobile di solo piano terra e copertura al lastrico solare, destinato a deposito" avente una superficie non residenziale di mq 105,90, riguardo al quale era intervenuta condanna con sentenza irrevocabile il 5 maggio 2003 ed era stata conseguita concessione in sanatoria per "condono edilizio" ai sensi della L. n. 326 del 2003. Avverso tale pronuncia il predetto proponeva ricorso per cassazione. Con un unico motivo di ricorso deduceva la violazione della L. n. 326 del 2003, art. 32, osservando che la Corte territoriale aveva erroneamente applicato tale disposizione ritenendo la non condonabilità delle nuove costruzioni a destinazione non residenziale, riconosciuta, invece, dalla circolare ministeriale n. 2699 del 7 dicembre 2005, pubblicata nella G.U. n. 52 del 3 marzo 2006, la quale, rispetto a tale tipologia di interventi, aveva addirittura escluso la sussistenza di limiti volumetrici previsti invece per le opere a destinazione residenziale.
Insisteva, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. In data 19 gennaio 2012 depositava in cancelleria motivi nuovi, rilevando che la Corte territoriale non avrebbe avuto il potere di disapplicare il titolo abilitativo rilasciato in sanatoria. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.
Va in primo luogo osservato che correttamente il Giudice dell'esecuzione ha proceduto alla valutazione del titolo abilitativo sanante esibito nel corso dell'udienza, seppure con un non corretto riferimento alla disapplicazione del provvedimento amministrativo. La giurisprudenza di questa Sezione ha infatti da tempo chiarito che il sindacato del giudice penale sul titolo abilitativo edilizio non costituisce esercizio del potere di disapplicazione, bensì doverosa verifica dell'integrazione della fattispecie penale (si vedano Sez. 3, n. 21487, 21 giugno 2006, contenente dettagliata ricostruzione dell'evoluzione della giurisprudenza sul tema; Sez. 3, n. 40425, 12 dicembre 2006, Sez. 3, n. 1894, 23 gennaio 2007; Sez. 3, n. 41620, 13 novembre 2007; Sez. 3, n. 35389, 16 settembre 2008; Sez. 3, n. 9177 2 marzo 2009; Sez. 3, n. 28225, 10 luglio 2008; Sez. 3, n. 14504, 2 aprile 2009; Sez. 3, n. 34809, 8 settembre 2009; Sez. 3, n.35391, 30 settembre 2010).
Il menzionato potere dovere del giudice in presenza dell'atto abilitativo illegittimo deve essere esercitato anche riguardo a provvedimenti amministrativi di sanatoria o condono, poiché il mancato effetto estintivo non è riconducibile ad una valutazione di illegittimità del provvedimento cui consegua la disapplicazione dello stesso, ma alla verifica della inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto dell'estinzione del reato in sede di esercizio del doveroso sindacato della legittimità del fatto estintivo, incidente sulla fattispecie tipica penale (Sez. 3, n. 23080, 10 giugno 2008;
conf. Sez. 3, n. 26144, 1 luglio 2008; Sez. 3, n. 12869, 24 marzo 2009: Sez. 3, n. 27948 8 luglio 2009; Sez. 3, n. 31479, 29 luglio 2008).
Le argomentazioni poste a sostegno dell'orientamento appena richiamato valgono, ovviamente, anche per quanto riguarda il giudizio di esecuzione, con riferimento al quale questa Corte ha precisato che il rilascio del titolo abilitativo conseguente alla procedura di "condono edilizio" non determina l'automatica revoca dell'ordine di demolizione, permanendo in capo al giudice l'obbligo di accertare la legittimità sostanziale del titolo sotto il profilo della sua conformità alla legge (Sez. 3, n. 39767, 11 novembre 2010; Sez. 3, n. 46831, 22 dicembre 2005).
Alla luce di tali principi emerge chiaramente il corretto operato del giudice dell'esecuzione, il quale ha doverosamente valutato il titolo abilitativo esibito non limitandosi a prenderne atto. Altrettanto corretto appare l'esito negativo di tale valutazione poiché le opere, come descritte nel provvedimento impugnato, non potevano beneficiare del condono edilizio.
Il D.L. n. 269 del 2003, art. 32, convertito nella L. n. 326 del 2003, limita infatti l'applicabilità del condono edilizio alle sole nuove costruzioni aventi destinazione residenziale. Anche sul punto questa Corte si è più volte espressa, chiarendo che la limitata efficacia della menzionata disposizione alle nuove costruzioni aventi destinazione residenziale è giustificata dal fatto che l'art. 32, comma 25, ultimo periodo si riferisce espressamente alle nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi (Sez. 3, n. 8067, 27 febbraio 2007; Sez. 3, n. 21679, 7 maggio 2004; Sez. 3, n. 14436, 24 marzo 2004; sez. 3, n. 3358, 29 gennaio 2004).
Va infine ricordato come nessuna rilevanza possa assumere il contenuto della circolare menzionata in ricorso.
La questione è già stata affrontata da questa Corte con specifico riferimento alla circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 7 dicembre 2005 n. 2699.
Richiamando, infatti, quanto già evidenziato dalle Sezioni Unite civili (SS. UU. civili n. 23031, 2 novembre 2007) si è affermato che la circolare interpretativa è atto interno alla pubblica amministrazione che si risolve in un mero ausilio interpretativo e non esplica alcun effetto vincolante non solo per il giudice penale, ma anche per gli stessi destinatari poiché non può comunque porsi in contrasto con l'evidenza del dato normativo (Sez. 3, n. 19330, 17 maggio 2011).
Alla luce delle considerazioni in precedenza svolte appare chiaro che il provvedimento impugnato è del tutto conforme a legge e la infondatezza delle censure mosse in ricorso è di macroscopica evidenza, in quanto la Corte territoriale ha correttamente considerato come non suscettibili di condono gli interventi realizzati perché rientranti nel novero delle nuove costruzioni a destinazione non residenziale.
Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità - non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 1.000,00. L'inammissibilità dei motivi principali si estende ai motivi nuovi, come previsto dall'ultima parte dell'art. 585 c.p.p., comma 4. P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2012.
Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2012