Cass. Sez. III n. 15017 del 21 aprile 2021 (UP 10 dic 2020)
Pres. Marini Est. Zunica Ric. Pagano
Urbanistica.Disciplina antisismica e costruzione ubicata all’interno di una proprietà privata

In tema di contravvenzioni antisismiche, la disciplina prevista dal Testo Unico dell’edilizia trova applicazione anche nel caso in cui la costruzione si trovi all’interno di una proprietà privata, in quanto la disciplina in esame è volta a tutelare dagli effetti delle azioni sismiche la “pubblica incolumità”, rientrando in tale concetto anche il possibile danno al singolo individuo e quindi allo stesso proprietario del manufatto. Né appare dirimente l’obiezione secondo cui la chiusura della tettoia sarebbe avvenuta con una struttura “leggera”, perché le disposizioni previste dagli art. 83 e 95 del d.P.R. n. 380 del 2001 si applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica, la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità e per le quali si rende pertanto necessario il controllo preventivo da parte della P.A., a prescindere dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente dell’intervento

RITENUTO IN FATTO

            1. Con sentenza del 11 giugno 2019, il Tribunale di Messina condannava Pietro Pagano e Francesco Domenico Russo alla pena di 700 euro di ammenda ciascuno (pena condizionalmente sospesa solo per l’imputato Russo), in quanto ritenuti colpevoli del reato di cui agli art. 110 cod. pen. e 93, 94 e 95 del d.P.R. n. 380 del 2001, a entrambi contestato per avere, in concorso tra loro, Pagano quale committente e proprietario e Russo in veste di tecnico asseverante, avviato, in zona sismica, i lavori per la realizzazione di una tettoia con struttura metallica, successivamente chiusa con pannelli coibentanti e vetro, senza averne dato preventivo avviso al Genio Civile, e per averli eseguiti in difetto di autorizzazione del medesimo Ufficio, fatti commessi in Santa Teresa di Riva in un arco temporale compreso tra il 6 maggio e il 25 ottobre 2016, dovendosi precisare che il giudizio di colpevolezza degli imputati veniva in particolare circoscritto dal Tribunale ai soli “lavori di chiusura della tettoia originariamente aperta”.
         2. Avverso la sentenza del Tribunale siciliano, Pagano e Russo, tramite il loro comune difensore di fiducia, hanno proposto due distinti ricorsi per cassazione, sollevando due motivi, tra loro perfettamente sovrapponibili.
         Con il primo, la difesa censura la formulazione del giudizio di colpevolezza dei ricorrenti, osservando che i lavori indicati nell’imputazione erano stati svolti in maniera del tutto regolare, avendo Pagano, quale proprietario dell’immobile, conferito incarico all’ing. Russo di predisporre la documentazione necessaria per la realizzazione di una tettoia aperta da realizzare nel cortile interno di un fabbricato di proprietà del primo, venendo a tal fine presentata, il 9 maggio 2016, una s.c.i.a. cui era allegata una relazione tecnica da cui si evinceva che, per la tettoia, la cui successiva chiusura, peraltro regolarmente dichiarata, non aveva comportato pregiudizi alla statica dell’immobile, non era necessaria la preventiva autorizzazione ai fini sismici in virtù della disposizione di servizio n. 235 emessa dall’Ufficio del Genio Civile di Messina in data 26 agosto 2008, valutazione questa confermata in dibattimento dal funzionario del Genio civile Maurizio Alderucci.
Di tali risultanze probatorie il Giudice monocratico non avrebbe tenuto conto, ignorando in particolare la circostanza che la chiusura della tettoia era avvenuta in conformità all’art. 20 della legge regionale n. 4 del 2003 e comunque era stata realizzata con struttura precaria costituita da pannelli coibentati e vetro.
Sarebbe significativo del resto che, come riferito dal teste Alderucci, all’Ufficio del Genio civile di Messina non è stato neppure aperto un fascicolo sul fatto per cui si procede, semplicemente perché per il Genio civile non c’era alcuna irregolarità, atteso che per una tettoia di 19 mq. come quella in esame non occorreva alcuna autorizzazione, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, che ha criticato ingiustificatamente la disposizione di servizio n. 235 del 2008 del Genio civile.
Parimenti ignorate erano rimaste inoltre le dichiarazioni del teste Cosentino, tecnico comunale, il quale ha precisato che anche per l’Ufficio abusivismo edilizio del Comune di Santa Teresa non vi era alcuna irregolarità, atteso che la tettoia era stata chiusa con una struttura leggera, per cui la pratica era stata archiviata senza alcun rilievo critico, come confermato peraltro non solo dall’imputato Francesco Domenico Russo, che ha chiarito i termini tecnici della vicenda, ma anche dal teste Francesco Pagano, responsabile dell’Area tecnica del Comune.
Il Tribunale avrebbe inoltre errato anche nel ritenere configurabile il pericolo per la pubblica incolumità di cui all’art. 83 del d.P.R. n. 380 del 2001, atteso che alcun pericolo era ravvisabile nel caso di specie, non giustificando la consistenza morfologica e strutturale dell’opera, per le sue dimensioni esigue e il tipo di materiali adoperati, le verifiche preventive richieste dalla normativa antisismica.
         Con il secondo motivo, infine, viene dedotta l’inosservanza dell’art. 535 cod. proc. pen., sollecitandosi l’annullamento della condanna al pagamento delle spese processuali, stante l’asserita illegittimità della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono infondati.
1. Premesso che i motivi di ricorso sono suscettibili di essere trattati in maniera unitaria, essendo evidentemente la condanna al pagamento delle spese processuali correlata ex lege all’affermazione della penale responsabilità degli imputati, deve osservarsi che quest’ultima non presenta vizi di legittimità.
Ed invero il Tribunale ha compiuto un’adeguata disamina degli elementi probatori raccolti, richiamando in particolare gli esiti del sopralluogo eseguito il 2 novembre 2016 dal Responsabile dell’Ufficio Antiabusivismo del Comune di Santa Teresa di Riva, il quale, con l’ausilio di personale della Polizia Municipale locale, si era recato a seguito di un esposto presso un immobile di proprietà di Pietro Pagano.
Qui, nel cortile interno, era stata realizzata una tettoia chiusa e non collegata ad alcun lato al fabbricato, avente la parte inferiore in muratura, la parte superiore chiusa con vetri e struttura leggera in alluminio e la copertura composta da pannelli coibentati, essendosi dunque in presenza di una struttura non amovibile.
Dalla documentazione acquisita durante il sopralluogo emergeva che il proprietario, in data 9 maggio 2016, tramite l’ing. Francesco Domenico Russo, aveva presentato una s.c.i.a., allegando una relazione tecnica di asseverazione, mentre il successivo 18 agosto veniva comunicato l’inizio dei lavori di chiusura della tettoia, lavori che al momento del sopralluogo risultavano completati, peraltro dopo il pagamento degli oneri dovuti, venendo la pratica archiviata dagli uffici comunali, in quanto priva di irregolarità dal punto di vista urbanistico.
Tanto premesso, il Giudice monocratico ha ritenuto configurabile, a carico sia proprietario che del tecnico che aveva curato la pratica edilizia, il reato di cui agli art. 93, 94 e 95 del d.P.R. n. 380 del 2001, in base al rilievo secondo cui, una volta realizzata la chiusura della tettoia, l’opera, ricadente in un’area dichiarata sismica, necessitava dell’autorizzazione prevista dalla normativa di settore.
A tal proposito il Tribunale si è confrontato con la disposizione di servizio n. 235 del 2008 a firma dell’ing. Gaetano Sciacca, Capo Ufficio del Genio civile di Messina, che, pur avendo solo valore interpretativo, aveva indicato una serie di interventi minori per i quali non era necessaria l’autorizzazione dell’Ufficio, orientando in tal modo la prassi nel periodo in cui è rimasta in vigore, cioè dal 2008 al 2018.
Orbene, ha osservato il giudice monocratico, l’elenco delle opere minori per le quali non era previsto il regime autorizzatorio includeva, nell’ambito delle tettoie al piano terra, come quella in esame, solo quelle aperte e con determinate caratteristiche strutturali, tra cui quella del collegamento a un edificio; quest’ultimo requisito difettava già nella tettoia originariamente predisposta, ma il dipendente del Genio civile Maurizio Alderucci, escusso in dibattimento, aveva riferito che la prassi del suo Ufficio era quella di soprassedere rispetto all’osservanza di tale elemento, per cui, in relazione all’edificazione della tettoia aperta, non è stato ritenuto sussistente il reato contestato almeno sotto il profilo soggettivo, stante l’esistenza di una prassi diffusa, per quanto discutibile.
Viceversa, con riferimento alla successiva chiusura della tettoia, è stata ritenuta ravvisabile la contravvenzione di cui agli art. 93, 94 e 95 del d.P.R. n. 380 del 2001, trattandosi di un intervento non ricompreso nell’elenco delle opere minori di cui alla circolare interpretativa, che dunque avrebbe richiesto le opportune verifiche previste dalla normativa antisismica, a nulla rilevando la collocazione dell’opera in un cortile interno, non eliminando ciò i rischi sismici, tanto in più in considerazione dell’indipendenza strutturale della tettoia dal fabbricato principale.
       2. Ciò posto, l’impostazione seguita dal Tribunale appare immune da censure, in quanto scaturita da una valutazione attenta e non irrazionale sia del materiale probatorio disponibile sia delle fonti normative di riferimento, comprese quelle di rango inferiore come la disposizione di servizio del Genio civile, la cui interpretazione complessiva non è risultata illogica, a ciò dovendosi aggiungere che, alla luce delle richiamate premesse fattuali, il giudizio sulla configurabilità del reato risulta coerente con la condivisa affermazione della giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, n. 14432 del 29/02/2008, Rv. 239664), secondo cui, in tema di contravvenzioni antisismiche, la disciplina prevista dal Testo Unico dell’edilizia trova applicazione anche nel caso in cui la costruzione si trovi all’interno di una proprietà privata, in quanto la disciplina in esame è volta a tutelare dagli effetti delle azioni sismiche la “pubblica incolumità”, rientrando in tale concetto anche il possibile danno al singolo individuo e quindi allo stesso proprietario del manufatto.
Né appare dirimente l’obiezione difensiva secondo cui la chiusura della tettoia sarebbe avvenuta con una struttura “leggera”, avendo questa Corte più volte precisato che le disposizioni previste dagli art. 83 e 95 del d.P.R. n. 380 del 2001 si applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica, la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità e per le quali si rende pertanto necessario il controllo preventivo da parte della P.A., a prescindere dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente dell’intervento (cfr. Sez. 3, n. 48950 del 04/11/2015, Rv. 266033, Sez. 3, n. 9126 del 16/11/2016, dep. 2017, Rv. 269303 e Sez. 3, n. 4567 del 10/10/2017, dep. 2018, Rv. 273068).
Allo stesso modo, non è decisiva la circostanza che l’immobile sia risultato regolare dal punto di vista urbanistico, presentando il reato contestato, che incentra la sua essenza nella verifica del rispetto della normativa antisismica, una sua autonomia, tale da poter essere ritenuto sussistente, ove se ne ravvisino i relativi presupposti, pur in presenza di un’opera risultata conforme agli strumenti urbanistici vigenti.
       3. In conclusione, stante l’infondatezza delle doglianze sollevate, in buona parte ripropositive di temi già superati nella sentenza impugnata con argomenti non illogici, i ricorsi devono essere rigettati, con conseguente onere per ciascun ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
      Così deciso il 10/12/2020