TAR Umbria Sez. I n. 181 del 24 marzo 2022
Beni culturali.Prescrizioni di tutela indiretta

In tema di prescrizioni di tutela indiretta del bene culturali previste dal d.lgs. n. 42 del 2004, l'art. 45 attribuisce all'Amministrazione la funzione di creare le condizioni affinché il valore culturale insito nel bene possa compiutamente esprimersi, senza altra delimitazione spaziale e oggettiva che non quella attinente alla sua causa tipica, consistente nel prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro, secondo criteri di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità.

Pubblicato il 24/03/2022

N. 00161/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00560/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 560 del 2018, proposto dai sig.ri Attilia Rossi, Giovanni Luchetti, rappresentati e difesi dall'avvocato Massimo Calcagnile, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alessandro Bovari in Perugia, via Fiume, 17;

contro

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Perugia, via degli Offici, 14;

per l'annullamento

– del Decreto della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale dell'Umbria del 13 giugno 2018, di tutela indiretta ai sensi dell'art. 45 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, notificato a mezzo raccomandata A/R il 3 agosto 2018, mediante il quale l'Amministrazione ha dettato prescrizioni di tutela indiretta: “nei confronti dell'area archeologica in cui sono ubicati il nucleo in conglomerato di un monumento funerario a torre di età romana, le strutture murarie in conglomerato pertinenti alle sostruzioni di una strada antica e una sepoltura a fossa di età romana”, catastalmente individuata al C.T. del Comune di Foligno (PG), fg. 136, p.lle 665 (parte), 702 (parte), 705 (parte) e 706 (parte);

– nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso o conseguente, allo stato anche non conosciuto


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2022 la dott.ssa Daniela Carrarelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. E’ controversa la legittimità del Decreto della Commissione regionale per il patrimonio culturale dell’Umbria del 13 giugno 2018 con il quale «nei confronti dell’area archeologica in cui sono ubicati il nucleo in conglomerato di un monumento funerario a torre di età romana, le strutture murarie in conglomerato pertinenti alle sostruzioni di una strada antica e una sepoltura a fossa di età romana, descritta nella citata relazione archeologica e indicata con quadrettatura nella allegata planimetria» sono state dettate, ai sensi dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004, le seguenti prescrizioni:

- divieto di elevare costruzioni di qualsiasi genere, anche a carattere provvisorio, che non siano inerenti alla tutela, protezione o valorizzazione delle strutture antiche o a lavori di scavo archeologico;

- divieto di eseguire sterri o movimenti di terra ed opere di sistemazione, anche agricola, che alterino l’assetto attuale;

- divieto di adibire l’area a discarica pubblica o privata, a parcheggi o ad altri usi in contrasto con l’attuale sistemazione a verde a carattere prevalentemente agricolo.

1.1. Riferiscono in punto di fatto i ricorrenti che in data 2 marzo 2016, la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio dell’Umbria notificava una comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale ai sensi degli artt. 10 e 13 d.lgs. n. 42 del 2004 e del procedimento di tutela indiretta ai sensi degli artt. 45-47 del medesimo decreto legislativo (prot. n. 1485 del 2 marzo 2016), con cui veniva data comunicazione dell’avvio del procedimento di tutela indiretta sull’area catastalmente individuata al C.T. del Comune di Foligno (PG), fg. 136, p.lle 665 (parte, per mq. 275), 702, 705 (parte, per mq. 8.280) e 706, per un’estensione complessiva di 22.183 mq.

I ricorrenti presentavano le proprie memorie partecipative, evidenziando, in estrema sintesi, come l’area da sottoporre a vincolo indiretto individuata dall’Amministrazione si presentasse ingiustificatamente estesa, in rapporto alle esigenze di conservazione, tutela e valorizzazione concretamente riscontrabili.

In data 30 giugno 2016, l’Amministrazione notificava il Decreto della Commissione regionale per il patrimonio culturale dell’Umbria del 28 giugno 2016 con il quale veniva dichiarata di interesse particolarmente importante ai sensi degli artt. 10 e 13 d.lgs. n. 42 del 2004: “l’area archeologica in cui sono ubicati il nucleo in conglomerato di un monumento funerario a torre di età romana, le strutture murarie in conglomerato pertinenti alle sostruzioni di una strada antica e una sepoltura a fossa di età romana” ed erano dettate prescrizioni di tutela indiretta sull’area sopra individuata.

Con ricorso n.r.g. 391/2016 i sig.ri Rossi e Lucchetti impugnavano il decreto, lamentando, in estrema sintesi, la carenza di motivazione e la sussistenza di gravi profili di contraddittorietà e irragionevolezza, per la manifesta sproporzione nell’individuazione dell’area da sottoporre a vincolo indiretto rispetto alle esigenze di conservazione, tutela e valorizzazione concretamente riscontrabili; il ricorso veniva parzialmente accolto con sentenza del T.A.R. Umbria del 1° settembre 2017 n. 556.

Nelle more, con decreto della Commissione regionale per il patrimonio culturale dell’Umbria del 29 marzo 2017, veniva assunta analoga iniziativa di tutela con riferimento all’area catastalmente individuata al C.T. del Comune di Foligno (PG), fg. 136, p.lle 665 (parte, per mq. 214), 705 (parte, per mq. 4.400), 83 (parte, per mq. 3.790), strada della Chiona (parte, per mq. 232), per un’estensione complessiva pari ad 8.636 mq.; per l’annullamento di tale Decreto è stato promosso dai ricorrenti apposito giudizio n.r.g. 261/2017 [definito nelle more con sentenza 10 settembre 2021 n. 624].

In data 19 gennaio 2018 con nota prot. 1294, la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio dell’Umbria inoltrava ai ricorrenti una nuova comunicazione di avvio del procedimento di tutela indiretta ai sensi degli artt. 45-47 del d.lgs. n. 42 del 2004 sull’area catastalmente individuata al C.T. del Comune di Foligno (PG), fg. 136, p.lle 665 (parte), 702 (parte), 705 (parte) e 706 (parte) di estensione ampiamente superiore ai 10.000 mq.

Gli odierni ricorrenti evidenziavano nelle proprie memorie partecipative come l’area individuata dall’amministrazione fosse, ancora una volta, ingiustificatamente estesa, in rapporto alle esigenze di conservazione, tutela e valorizzazione concretamente riscontrabili.

Con il citato Decreto della Commissione regionale per il patrimonio culturale dell’Umbria del 13 giugno 2018 è stata apposta la tutela indiretta ai sensi dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004 sull’area già individuata con la comunicazione di avvio del procedimento e sono state poste le richiamate prescrizioni di tutela.

1.2. I sig.ri Attilia Rossi e Giovanni Lucchetti, proprietari di una porzione dell’area interessata dal vincolo, con un unico ed articolato motivo in diritto hanno agito per l’annullamento del citato decreto di tutela indiretta del 13 giugno 2018, articolando censure per violazione dell’art. 45, d.lgs. n. 42 del 2004 e dell’art. 3, l. n. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, sviamento di potere. Il provvedimento gravato, nella parte in cui determina l’estensione dell’area sottoposta a vincolo indiretto, non preciserebbe in base a quali criteri si è provveduto all’individuazione di tale area, che risulterebbe ingiustificatamente estesa. Ciò nonostante con la sentenza del T.A.R. Umbria n. 555 [rectius 556] del 2017 avesse già indicato all’Amministrazione come l’onere motivazionale dovesse essere rafforzato “in riferimento alla tutela di tipo indiretto”, in ragione della “parziale deroga al principio di tipicità dell’azione autoritativa”, tenendo conto del principio di proporzionalità e della possibilità di scelte alternative meno onerose per il privato. L’Amministrazione, al contrario, riproducendo pedissequamente il contenuto della comunicazione di avvio del procedimento, non avrebbe tenuto conto delle osservazioni presentate ai sensi dell’art. 10 l. n. 241 del 1990.

Nel lamentate la mancata considerazione dell’intenso processo di antropizzazione che ha interessato l’area, tale da far venire meno le ragioni che avrebbero potuto giustificare l’imposizione di prescrizioni di tutela su un’area così estesa, la parte ricorrente ha rammentato le precedenti iniziative di tutela assunte dalla Soprintendenza archeologica dell’Umbria – sopra richiamate – che non hanno superato il vaglio di questo Tribunale amministrativo regionale.

Ad avviso di parte ricorrente, posto che l’unico bene da tutelare è costituito dal Mausoleo B, sarebbe tutto abnorme l’apposizione di un vincolo indiretto di profondità più che doppia rispetto quello già annullato, in assenza di ritrovamenti che lo giustifichino - essendo la situazione rimasta sostanzialmente invariata - anche in considerazione del fatto che le strutture richiamate dal provvedimento impugnato risultano ubicate esclusivamente sulla fascia di terreno finitima rispetto al monumento funerario e alla strada e sotto il livello di quest’ultima.

In definitiva, la parte ricorrente lamenta la violazione dei principi di proporzionalità ed adeguatezza per l’estensione del vincolo indiretto pari a 10.000 mq, che non risulterebbe neanche esattamente determinabile in virtù del provvedimento gravato.

2. Si è costituito formalmente in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

3. Rilevato che, nonostante la dichiarazione di parte ricorrente, agli atti del giudizio non risultava depositato il provvedimento gravato, con ordinanza n. 559 del 13 luglio 2021 è stato ordinato all’Amministrazione resistente il deposito agli atti del giudizio del gravato Decreto della Commissione regionale per il patrimonio culturale dell’Umbria del 13 giugno 2018; per il prosieguo della trattazione è stata fissata l’udienza pubblica dell’8 febbraio 2022.

4. L’Amministrazione ha adempiuto all’incombente istruttorio, depositando il provvedimento gravato ed i relativi allegati.

5. La difesa erariale ha depositato memorie in vista della trattazione in pubblica udienza, sottolineando che le evidenze architettoniche e funerarie emerse nel corso di due campagne di scavo condotte dalla Soprintendenza Archeologia dell’Umbria nel 2015 e 2016, funzionalmente integrate tra loro e con i due mausolei, hanno restituito significativi lineamenti di una porzione dell’agro antico tra i municipia di Fulginiae e Mevania; ciò ha determinato la necessità di attivare il procedimento diretto all’adozione dei necessari provvedimenti di tutela, procedimento nel cui contesto si inserivano i ricorsi riuniti e decisi con la sopra richiamata sentenza del 2017. In particolare con sentenza n. 556 del 2017, riunendo i ricorsi promossi in relazione alla tutela del Monumento B tra gli altri dagli odierni ricorrenti e respingendoli con riguardo ai profili di tutela diretta, forniva accoglimento alla richiesta di annullamento delle prescrizioni e della relativa area di tutela indiretta, fissate in rapporto allo stesso monumento e alle sue adiacenze contenute nel provvedimento del 28/6/2018, reputando che «le prescrizioni indirette in relazione non solo all’entità dei divieti quanto, soprattutto, all’estensione dell'area, appaiono obiettivamente sproporzionate rispetto alle esigenze di tutela». In ottemperanza alla suddetta sentenza e recependo le indicazioni contenute nella nota della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio prot. 29767 del 25 ottobre 2017, la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio dell’Umbria ha dato avvio al procedimento di tutela indiretta del monumento B e adiacenze, riducendo la fascia di rispetto di circa la metà, maggiormente, nel testo della stessa nota e all’interno della relazione archeologica, le motivazioni a fondamento della costituzione di un’area di vincolo indiretto e predisponendo, in allegato alla comunicazione, documentazione fotografica con visuali di percezione del mausoleo.

Conseguentemente, le motivazioni - ulteriormente ampliate - approvate nel corso della riunione del 17 maggio 2018 della Commissione regionale per il Patrimonio culturale dell’Umbria, sono confluite nel corpo del provvedimento finale, adottato in data 13 giugno 2018, di cui è andata altresì a costituire parte integrante, oltre alla relazione scientifica e alla planimetria, la documentazione fotografica delle visuali di percezione del monumento, georiferite in una foto zenitale in grande formato dell’areale preso in considerazione, che funge pertanto da quadro d’insieme.

Pertanto, con il provvedimento impugnato l’Amministrazione resistente, in ossequio alla sentenza T.A.R. n. 556 del 2017 ha riproposto un vincolo indiretto di dimensioni ridotte, ampliandone il corredo motivazionale e esplicitando, rendendole visivamente perspicue, le ragioni della necessità di preservare il decoro del bene tutelato tramite il godimento indisturbato di visuali ravvicinate, nel rispetto del prescritto canone di proporzionalità, così da realizzare appieno il valore sotteso all’art. 9 Cost. senza un irragionevole sacrificio dell’interesse del privato proprietario.

5.1. La parte ricorrente non ha svolto ulteriori difese.

6. All’udienza pubblica dell’8 febbraio 2022, uditi per le parti i difensori come specificato a verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. E’ controversa l’introduzione di un’area di tutela indiretta, ai sensi dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004, con relative prescrizioni, circostante al citato Monumento B e, quindi, all’apposizione del c.d. vincolo indiretto ai sensi dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004. Il giudizio si inserisce nell’ambito di una annosa vicenda relativa alla dichiarazione di notevole interesse pubblico di due monumenti funerati (Monumento A e Monumento B) posti lungo la via Flamenga nel Comune di Foligno, più volte portata all’attenzione di questo Tribunale amministrativo regionale.

7.1. L’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004, al primo comma dispone che «[i]l Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro».

Giova rammentare che per costante giurisprudenza «l’imposizione del “vincolo indiretto” disciplinato dall’art. 49 del d.lgs. n. 490 del 1999, e oggi dall’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004, costituisce espressione della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale solo quando l’istruttoria si riveli insufficiente o errata o la motivazione risulti inadeguata o presenti manifeste incongruenze o illogicità anche per l’insussistenza di un’obiettiva proporzionalità tra l’estensione del vincolo e le effettive esigenze di protezione del bene di interesse storico-artistico, e si basa sull’esigenza che lo stesso sia valorizzato nella sua complessiva prospettiva e cornice ambientale, onde possono essere interessate dai relativi divieti e limitazioni anche immobili non adiacenti a quello tutelato purché allo stesso accomunati dall’appartenenza ad un unitario e inscindibile contesto territoriale. Il c.d. “vincolo indiretto”, inoltre, non ha contenuto prescrittivo tipico, per essere rimessa all’autonomo apprezzamento dell’Amministrazione la determinazione delle disposizioni utili all’ottimale protezione del bene principale – fino all’inedificabilità assoluta –, se e nei limiti in cui tanto è richiesto dall’obiettivo di prevenire un vulnus ai valori oggetto di salvaguardia (integrità dei beni, difesa della prospettiva e della luce, cura delle relative condizioni di ambiente e decoro), in un ambito territoriale che si estende fino a comprendere ogni immobile, anche non contiguo, la cui manomissione si stimi potenzialmente idonea ad alterare il complesso delle condizioni e caratteristiche fisiche e culturali connotanti lo spazio circostante» (C.d.S., sez. VI, 3 luglio 2014, n. 3355, cfr. ex multis, C.d.S., VI, 23 maggio 2006, n. 3078).

Pertanto, in tema di prescrizioni di tutela indiretta del bene culturali previste dal d.lgs. n. 42 del 2004, l'art. 45 attribuisce all'Amministrazione la funzione di creare le condizioni affinché il valore culturale insito nel bene possa compiutamente esprimersi, senza altra delimitazione spaziale e oggettiva che non quella attinente alla sua causa tipica, consistente nel «prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro», secondo criteri di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità. Nel caso del vincolo indiretto lo scopo legale per cui il vincolo è previsto concerne «la cosiddetta cornice ambientale di un bene culturale: ne deriva che il limite di legittimità in cui si iscrive l'esercizio di tale funzione deve essere ricercato nell'equilibrio che preservi, da un lato, la cura e l'integrità del bene culturale e, dall'altra, che ne consenta la fruizione e la valorizzazione dinamica (Consiglio di Stato sez. VI 27 luglio 2015 n. 3669). ... l’imposizione del vincolo indiretto costituisce espressione della discrezionalità tecnica dell'amministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale solo quando l'istruttoria si riveli insufficiente o errata o la motivazione risulti inadeguata o presenti manifeste incongruenze o illogicità anche per l'insussistenza di un'obiettiva proporzionalità tra l'estensione del vincolo e le effettive esigenze di protezione del bene di interesse storico-artistico, e si basa sull'esigenza che lo stesso sia valorizzato nella sua complessiva prospettiva e cornice ambientale, onde possono essere interessate dai relativi divieti e limitazioni anche immobili non adiacenti a quello tutelato purché allo stesso accomunati dall'appartenenza ad un unitario e inscindibile contesto territoriale. Occorre peraltro che tale istruttoria e motivazione vengono adeguatamente svolte ed esplicate in sede di determinazione. Infatti, se è vero che l'imposizione dei vincoli in oggetto è conseguente ad una valutazione ampiamente discrezionale dell'amministrazione, questa soggiace a precisi limiti enucleabili nel generale concetto di logicità e razionalità dell'azione amministrativa (onde evitare che la vincolatività indiretta, accessoria e strumentale potesse trasformarsi in una vincolatività generale e indifferenziata); al principio di proporzionalità (congruità del mezzo rispetto al fine perseguito), alla specifica valutazione dell'interesse pubblico "particolare" perseguito ed alla necessità che nella motivazione provvedimentale sia chiaramente espressa l'impossibilità di scelte alternative meno onerose per il privato gravato del vincolo indiretto (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. VI 20 settembre 2005 n. 4866 e 8 settembre 2009 n. 5264)» (C.d.S., sez. VI, 11 maggio 2018, n. 2839).

8. Tanto premesso, il ricorso è infondato per le considerazioni che seguono.

8.1. In primo luogo, non corrisponde al vero l’affermazione per cui l’Amministrazione avrebbe ignorato le osservazioni prodotte dal ricorrente a seguito della comunicazione di avvio del procedimento. Emerge, infatti, dagli atti di causa che l’Amministrazione ha valutato i citati apporti procedimentali, formulando controdeduzioni trasmesse alla Commissione regionale per il patrimonio culturale con nota del 17 maggio 2018 prot. 9386, espressamente richiamata nel gravato decreto della Commissione regionale.

Inoltre, proprio in relazione alla “forte perplessità” espressa nelle proprie osservazioni dal sig. Luchetti rispetto all’individuazione dell’area da sottoporre a tutela indiretta, nel provvedimento si precisa «che le ragioni della individuazione e delimitazioni di un’area di tutela indiretta, in rapporto al sito e alle località in questione, illustrate nella allegata relazione archeologica, alla quale integralmente si rimanda … possono essere ulteriormente esplicitate, affermando che il monumento B, in una con le sue adiacenze, per il coacervo di messaggi di cui era portatore … si poneva in relazione inscindibile con le componenti naturali ed edificate dei luoghi circostanti, ancora oggi visibili da vari punti prospettici (come dimostrato ampiamente dalla documentazione fotografica di corredo alla succitata relazione archeologica) …».

Parimenti non risulta esservi incertezza sulla esatta estensione dell’area di tutela che interessa i terreni catastalmente individuati al C.T. del Comune di Foligno, fg. 136, p.lle 655 (parte), 702 (parte), 705 (parte), 706 (parte), così come individuata con una campitura quadrettata nella planimetria allegata tanto alla comunicazione di avvio del provvedimento che al provvedimento finale.

8.2. Alla luce della citata motivazione e della relazione archeologica ivi richiamata, che la integra per relationem, risultano altresì prive di pregio le censure svolte dalla parte ricorrente per difetto di istruttoria e di motivazione. Avuto riguardo alla citata sentenza n. 556 del 2017, le motivazioni poste a fondamento della riproposizione del vincolo indiretto – di estensione ridotta rispetto al precedente – sono state dall’Amministrazione ulteriormente esplicitate e ampliate rispetto agli atti pregressi.

Va, in particolare, evidenziato che la citata relazione archeologica del 2018, se da un alto riprende testualmente quella del 2016 con riguardo alle caratteristiche architettoniche del monumento, alle notizie storiche relative alla tipologia di manufatto di cui trattasi ed alla storia dei ritrovamenti archeologici nell’area circostante il mausoleo, dall’altro integra la precedente motivazione proprio con riferimento agli aspetti di inserimento del Monumento B nel contesto. Si legge, in particolare, che il Monumento B va qualificato quale «elemento identificativo del contesto agrario antico che lo circonda», tale che «esso, per il coacervo di messaggi di cui era portatore, diversamente calibrati a misura della distanza da cui veniva osservato, o semplicemente percepito, si poneva in relazione inscindibile con le componenti naturali ed edificate dei luoghi circostanti, ancora oggi percepibili da vari punti prospettici, e inquadrabili diacronicamente, nel loro insieme, come un momento di lunga durata della storia della campagna antica, la cui immagine è al presente pienamente riconoscibile e i cui lineamenti principali sono ancora oggi immutati». Alla relazione, come accennato, è allegata la documentazione fotografica relativa alle visuali di percezione del mausoleo da diversi punti prospettici situati nella campagna circostante, che individuano e rappresentano il quadro d’insieme nel quale il manufatto sottoposto a tutela diretta si trova oggi inserito, dimostrando i diversi punti dai quali lo stesso è osservabile o percepibile e la relativa distanza.

La relazione archeologica e l’allegata documentazione fotografica danno, dunque, ragione delle esigenze di tutela indiretta perseguite dall’Amministrazione resistente, tutela indiretta che, come evidenziato dalla giurisprudenza sopra richiamata, è finalizzata a preservare la complessiva prospettiva e la cornice ambientale del bene oggetto di tutela diretta, onde far sì che ne sia conservata, per quanto possibile, la “leggibilità”, anche diacronica, nell’ambito del contesto fisico e culturale che connota lo spazio circostante.

8.3. Quanto alla lamentata violazione del principio di proporzionalità, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di chiarire che «[q]uanto alle doglianze con cui si lamenta la eccessività del sacrificio imposto ai privati e l’erronea valutazione e comparazione degli interessi coinvolti, va considerata la sufficienza che l’Amministrazione dia adeguato conto della necessità di certe misure per tutelare la c.d. “cornice ambientale” del bene principale, come è nella specie: vi recede l’utilizzazione urbanistico-edilizia delle aree dei privati, il cui diritto di proprietà, del resto, è intrinsecamente assoggettato a limiti di varia natura e contenuto per ragioni di preminente interesse generale (cfr. Cons. Stato, VI, 3 luglio 2012, n. 3893, che ricorda che l’estensione dell’area da assoggettare a vincolo indiretto attiene alla stretta valutazione dell’amministrazione, che legittimamente può riferirlo non solo alla tutela diretta di un singolo bene culturale, ma anche di un intero insieme)» (C.d.S., sez. VI, 3 luglio 2014, n. 3355).

Nel caso in esame, alla luce di quanto sopra, l’imposizione del vincolo indiretto – che non può essere ricondotto ad una relazione matematica tra l’estensione del bene oggetto di tutela diretta e l’estensione del vincolo di tutela indiretta – si presenta idonea al raggiungimento del fine pubblico cui è preordinato ossia alla ridetta esigenza di garantire l’osservabilità o percepibilità del Monumento B. Lo stesso contenuto delle prescrizioni risulta sostenuto dalla necessità di evitare l’interposizione di ostacoli alle residue visuali di percezione del bene.

Né può diversamente opinarsi in considerazione della parziale antropizzazione dei dintorni, in quanto la presenza di eventuali costruzioni nelle prossimità di un’area di interesse archeologico non fa venir meno l’esigenza di apporre vincoli di natura diretta o indiretta, ma semmai contribuisce a rafforzarla, stanti le finalità cautelari e conservative di detta tutela (ex multis T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 22 giugno 2017, n. 7310; C.d.S., sez. VI, 16 luglio 2015 n. 3560; Id. 8 aprile 2015, n. 1779; Id. 3 aprile 2003 n. 1718; Id. 3 settembre 2001 n. 4591; Id. 28 dicembre 2000 n. 7034 e 30 novembre 1995 n. 1362) .

In definitiva, l’Amministrazione, nell’esercizio della discrezionalità che la legge le riserva risulta aver motivato in modo non illogico né contraddittorio circa le esigenze di tutela che hanno condotto all’imposizione del contestato vincolo indiretto ed alle relative prescrizioni.

Da quanto sopra discende, inoltre, l’infondatezza della censura di violazione di legge, apparendo il gravato provvedimento coerente con la previsione dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004.

10. Per quanto esposto, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna i ricorrenti alla refusione delle spese di lite in favore del Ministero resistente, liquidate in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Raffaele Potenza, Presidente

Enrico Mattei, Consigliere

Daniela Carrarelli, Referendario, Estensore