Cass. Sez. III n. 42895 del 18 novembre 2008 (Ud. 24 ott. 2008)

Pres. Lupo Est. Lombardi Ric. Benigni

Urbanistica. Immobile abusivo demolito ed estinzione del reato per sanatoria

In tema di tutela penale del territorio, ai fini di ottenere l\'estinzione del reato edilizio per sanatoria ai sensi dell\'art. 45 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, l\'imputato che abbia provveduto alla demolizione del manufatto abusivamente realizzato ha l\'onere di provare documentalmente che l\'opera fosse conforme agli strumenti urbanistici vigenti all\'epoca della sua realizzazione.


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPO Ernesto - Presidente -

Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere -

Dott. FIALE Aldo - Consigliere -

Dott. MARMO Margherita - Consigliere -

Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

Sul ricorso proposto dal:

Avv. GIULIANI Alessandro, difensore di fiducia di B.E.,

n. a (OMISSIS);

avverso la sentenza in data 31.3.2008 della Corte di Appello di

Firenze, con la quale, in parziale riforma di quella del Tribunale di

Pistoia, sezione distaccata di Monsummano Terme, in data 23.2.2007,

venne condannato alla pena di giorni quindici arresto ed Euro

20.000,00, di ammenda, pena detentiva sostituita con quella

pecuniaria corrispondente, quale colpevole del reato di cui al D.P.R.

n. 380 del 2001, art. 44, lett. b).

Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;

Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. LOMBARDI

Alfredo Maria;

Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott.

FRATICELLI Mario, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della

sentenza.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze ha confermato la pronuncia di colpevolezza di B.E. in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), ascrittogli per avere realizzato un manufatto, occupante la superficie di mq. 69,67, senza il permesso di costruire.

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l'appellante aveva dedotto che l'opera di cui alla contestazione non necessitava del rilascio del permesso di costruire, trattandosi di un manufatto precario, destinato a soddisfare esigenze temporanee; che inoltre il reato doveva ritenersi estinto in considerazione della conformità dello stesso agli strumenti urbanistici, anche se non risultava più suscettibile di sanatoria per essere stato demolito in esecuzione del corrispondente ordine emesso dall'autorità amministrativa.

La sentenza, su richiesta dell'appellante, ha, però, sostituito la pena detentiva con quella pecuniaria corrispondente e revocato il beneficio della sospensione condizionale della stessa.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi della motivazione.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un unico, articolato, mezzo di annullamento il ricorrente, denunciando violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10 e art. 44, lett. b) della L. n. 47 del 1985, artt. 13 e 22, artt. 531 c.p.p., nonchè contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato e dai verbali di prova, ripropone le questioni afferenti alla natura precaria del manufatto ed alla sua suscettibilità di sanatoria già dedotte dinanzi ai giudici di merito.

In particolare sul primo punto si osserva che i giudici di merito hanno travisato le risultanze delle deposizioni testimoniali in ordine alla temporaneità delle esigenze che l'opera era destinata a soddisfare, in quanto adibita a ricovero temporaneo di due suini che l'imputato, imprenditore nel settore della carni, voleva tenere per sè, destinandoli a soddisfare le esigenze alimentari della sua famiglia, dopo averli cresciuti, mentre esulava dalla funzione del manufatto la destinazione a soddisfare esigenze aziendali in campo agricolo; destinazione che i giudici di merito hanno escluso per essere l'opera ubicata in prossimità dell'immobile destinato ad abitazione ed in quanto il B. non svolgeva l'attività di imprenditore agricolo.

In ordine alla suscettibilità di sanatoria del manufatto abusivo si osserva che i giudici di merito hanno aderito all'indirizzo interpretativo di questa Corte, secondo il quale la demolizione della opera non osta alla esplicazione dell'effetto estintivo del reato previsto della L. n. 47 del 1985, artt. 13 e 22, allorchè si accerti la sua conformità agli strumenti urbanistici, ma non lo hanno applicato correttamente.

Si deduce sul punto che dalla deposizione dell'arch. D. era emerso che il manufatto era conforme agli strumenti urbanistici allora vigenti, sicchè i giudici di merito avrebbero dovuto disporre la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale in appello finalizzata ad ulteriori accertamenti sul punto, considerata la insufficienza probatoria in ordine alla esistenza di una causa estintiva del reato.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Sul primo punto la sentenza impugnata ha correttamente applicato i principi di diritto reiteratamente enunciati da questa Suprema Corte, secondo i quali la precarietà dell'opera non deve essere desunta dalla natura dei materiali adoperati e dalla più o meno agevole possibilità di rimuoverla, ma dalla destinazione a soddisfare esigenze temporanee.

Nella valutazione del citato requisito, peraltro, si deve prescindere dalla temporaneità della destinazione subiettivamente data al manufatto dal suo costruttore e valutare l'opera medesima alla luce della sua obiettiva ed intrinseca destinazione naturale, indipendentemente dalla facilità o meno della sua futura demolizione, (sez. 3^, 22.4.1982 n. 4141, Cilia; sez. 3^, 23.7.1994 n. 8316,; sez. 3^, 18.10.1999 n. 11839 e giurisprudenza successiva conforme).

Orbene, la corte territoriale ha correttamente escluso, in applicazione del citato indirizzo interpretativo, la natura precaria del manufatto di cui alla contestazione in considerazione delle sue dimensioni e caratteristiche strutturali.

Peraltro, la valutazione dell'inattendibilità dell'assunto dell'imputato circa la temporaneità delle esigenze che l'opera era destinata a soddisfare, desunta anche dalle già rilevate notevoli dimensioni della stessa, non può formare oggetto di censura in sede di legittimità.

Sul secondo punto la sentenza ha aderito all'indirizzo interpretativo, secondo il quale l'estinzione del reato di costruzione abusiva, per effetto del combinato disposto della L. 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 13 e 22, si verifica anche a favore di chi abbia demolito il manufatto sempre che si tratti di costruzione che se non demolita avrebbe potuto ottenere la concessione in sanatoria.

In tal caso l'accertamento e la certificazione di conformità effettuata dal Sindaco ai sensi del citato art. 13 tiene luogo della sanatoria rilasciata per i manufatti ancora esistenti, (sez. 3^, 200335011, Ducoli, RV 226162).

La sentenza ha, però, escluso la ricorrenza dell'effetto estintivo del reato in applicazione delle disposizioni citate, attualmente del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 45, avendo rilevato che non è stato prodotto alcun certificato di conformità urbanistica del manufatto demolito.

Orbene, sul punto deve affermarsi che incombe sull'imputato, che invoca il citato effetto estintivo del reato, produrre prova rigorosa e documentale della conformità dell'opera agli strumenti urbanistici vigenti all'epoca della sua realizzazione, analogamente a quanto implicitamente prescritto dalla norma con riferimento al permesso di costruire in sanatoria.

Sicchè i giudici di merito hanno correttamente ritenuto insussistenti le condizioni di operatività dell'effetto estintivo del reato per le ragioni indicate dall'imputato, in assenza della prova rigorosa della conformità dell'opera agli strumenti urbanistici; nè doveva essere disposto alcun supplemento istruttorio sul punto.

Neppure, infine, può essere contestata in sede di legittimità la valutazione del contenuto delle dichiarazioni dell'arch. D., dal cui tenore i giudici di merito hanno desunto l'inesistenza di uno dei presupposti necessari per un eventuale provvedimento di sanatoria del manufatto abusivo.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 606 c.p.p., u.c..

Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

P.Q.M.

La Corte:

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00, alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, nella Pubblica Udienza, il 24 ottobre 2008.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2008