Cass. Sez. III sent. 614 del 23 settembre 2005 (c.c. 6 maggio 2005)
Pres. Zumbo Est. Onorato Ric. Formichetti
Urbanistica – Sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione
– Effetti della sanatoria o del condono
Nel caso in cui la sanatoria dell’abuso edilizio venga definita prima della scadenza del termine imposto al condannato per la demolizione, il giudice dell’esecuzione deve ritenere inutiliter datum l’ordine di demolizione imposto come condizione per la sospensione della pena, considerando quindi il condannato ammesso al beneficio senza condizione. Nel caso di sanatoria maturata dopo la scadenza del termine suddetto, il giudice dell’esecuzione deve revocare il beneficio della sospensione della pena non essendosi verificata nel termine la condizione cui il beneficio era subordinato, ma deve anche revocare, su istanza di parte, la sanzione amministrativa dell’ordine di demolizione dell’opera abusiva.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Camera di consiglio
Dott. ZUMBO Antonio - Presidente - del 06/05/2005
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 614
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 27193/2004
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FORMICHETTI Bruna, generalizzata in atti;
avverso la ordinanza resa il 6.3.2003 dal tribunale monocratico di
Rieti.
Visto il provvedimento denunciato e il ricorso;
Udita la relazione svolta in Camera di consiglio dal Consigliere Dott.
Pierluigi Onorato;
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso;
Osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
1 - Con ordinanza del 6.3.2003 il tribunale monocratico di Rieti, quale
giudice della esecuzione, revocava il beneficio della sospensione
condizionale della pena concesso a Bruna Formichetti con sentenza
23.5.2000 (irrevocabile il 17.1.2001) subordinatamente alla demolizione
della costruzione abusiva per la quale era intervenuta la condanna.
Ciò
sul presupposto che la Formichetti non aveva ottemperato
tempestivamente all'ordine di demolizione. A seguito della entrata in
vigore del D.L. 30.9.2003 n. 269, convertito con modificazioni nella
legge 24.11.2993 n. 326, (art. 32) in materia di cd. condono edilizio,
avendo la Formichetti presentato regolare domanda di condono, lo stesso
giudice, con ordinanza del 4.5.2004, sospendeva l'ordine di
demolizione, in ossequio al consolidato principio giurisprudenziale
secondo cui l'eventuale sanatoria amministrativa dell'abuso edilizio
contrasterebbe con l'ordine giudiziario di demolizione.
2 - Con
incidente di esecuzione la Formichetti chiedeva la revoca del
provvedimento 6.3.2003 con cui era stato revocato il beneficio della
sospensione condizionale.
Ma il giudice ha rigettato la richiesta,
con provvedimento del 1.7.2004, osservando in sostanza che il giudice
della esecuzione non può "ripristinare" il beneficio della
sospensione
della pena, intaccando così la sentenza già
passata in giudicato, ma
può solo intervenire sulla sanzione amministrativa della
demolizione
quando questa diventa inconciliabile con le determinazioni
dell'autorità urbanistica.
3 Avverso quest'ultimo provvedimento il difensore della Formichetti ha
presentato ricorso per Cassazione.
Sulla scia di alcune sentenze di questa corte, osserva che la sanatoria
edilizia renderebbe inutiliter datum l'ordine di demolizione e per
conseguenza farebbe cadere la condizione a cui era subordinato il
beneficio della sospensione condizionale. Insiste quindi per la revoca
del precedente provvedimento di revoca del beneficio, chiedendo
l'annullamento con rinvio della ordinanza impugnata.
4 - Il
Pubblico Ministero in sede chiede il rigetto del ricorso, osservando
che l'argomentazione del ricorrente avrebbe fondamento solo se non
fosse già scaduto il tempo in cui la condizione (la
demolizione) doveva
essere realizzata; e aggiungendo che detta condizione deve essere
necessariamente soddisfatta nel tempo determinato dal giudice, non
potendo restare incerta a tempo indeterminato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5 - Il ricorso è infondato e va respinto.
Il giudice dell'esecuzione, essendo entrato in vigore dopo la sentenza
irrevocabile di condanna il menzionato D.L. 30.9.2003 n. 269 (art. 32)
sul cd. condono edilizio, ed essendo stata presentata istanza di
sanatoria da parte della condannata, correttamente ha disposto la
sospensione dell'ordine di demolizione impartito con la sentenza,
conformandosi alla consolidata giurisprudenza di questa corte in tema
di abusi edilizi, secondo la quale l'ordine di demolizione, in quanto
sanzione amministrativa atipica disposta dall'autorità
giurisdizionale,
è sottratto alla regola del giudicato e può
essere riesaminato in sede
esecutiva in ragione delle determinazioni che l'autorità
amministrativa
competente assume o può assumere in ordine al manufatto
abusivo da
demolire. In base a tale principio, compete al giudice dell'esecuzione
valutare la compatibilità dell'ordine di demolizione con i
provvedimenti eventualmente assunti o assumibili
dall'autorità o dalla
giurisdizione amministrativa; con la conseguenza che egli deve disporne
la revoca in caso di contrasto insanabile, oppure la semplice
sospensione nel caso in cui possa ragionevolmente presumersi, sulla
base di elementi concreti, che tali provvedimenti stanno per essere
emessi in tempi brevi, non essendo peraltro sufficiente la mera
possibilità di una loro adozione (v. per tutte Cass. Sez.
3^, n. 23992
del 26.5.2004, Cena, rv. 228691). Perciò - si ripete - il
giudice
reatino ha legittimamente sospeso l'ordine di demolizione impartito con
la sentenza di condanna. Altrettanto legittimamente egli
potrà
revocarlo se e quando accerti che la procedura amministrativa di
sanatoria sia definitiva positivamente secondo i requisiti di tempo e
di contenuto previsti dalla normativa sul cd. condono edilizio.
6 -
Tuttavia, la revoca, e a maggior ragione la semplice sospensione,
dell'ordine di demolizione non significa affatto - come pretende il
ricorrente - che debba necessariamente conseguirne anche la revoca, o
comunque la inefficacia, della condizione a cui era stata subordinata
la concessione del beneficio della sospensione della pena. Pertanto non
possono condividersi le argomentazioni contenute in Cass. Sez. 3^, n.
3196 del 1.3.1999, c.c. 27.11.1998, Sacchetti (non massimata sul
punto), riprese anche in Cass. Sez. 3^, n. 23998 del 26.5.2004, c.c.
21.4.2004, Bonfante (non massimata), secondo cui la sanatoria
amministrativa dell'abuso edilizio ha come effetto diretto quello di
travolgere l'ordine giudiziario della demolizione e come conseguenza
connessa quella di caducare la condizione (demolizione) al cui
adempimento era subordinata l'operatività della sospensione
della pena.
Occorre infatti distinguere gli effetti che la sanatoria amministrativa
ha sull'ordine di demolizione come sanzione amministrativa atipica, che
il giudice penale deve disporre in via surrogatoria per ripristinare
l'ordine urbanistico violato, e gli effetti che la stessa sanatoria ha
sull'ordine di demolizione che il giudice può imporre
discrezionalmente
come condizione a cui subordinare il beneficio della sospensione della
pena. 6.1 - Invero, se l'ordine di demolizione disposto dal giudice
nella sentenza di condanna, come sanzione amministrativa, è
sottratto
alla regola del giudicato, l'ordine di demolizione apposto come
condizione al beneficio della sospensione della pena ai sensi dell'art.
165 c.p., è istituto formalmente e sostanzialmente
giurisdizionale che,
in ossequio alla regola del giudicato, non può essere
modificato in
sede esecutiva, se non nei casi tassativamente previsti o desumibili
dal sistema normativo.
Ne deriva che, quando la sentenza di
condanna per abusi edilizi abbia subordinato la concessione della
sospensione condizionale della pena ex art. 165 c.p. alla demolizione
della opera abusiva da parte del condannato, entro un termine
prefissato dal passaggio in giudicato della sentenza stessa, il mancato
adempimento dell'obbligo di demolizione entro il termine fissato
determina la revoca del beneficio, senza che abbia rilievo la
circostanza che l'opera sia concretamente suscettibile di sanatoria
amministrativa o che in seguito sia effettivamente sanata.
6.2 -
L'unica norma positiva che disciplina specificamente gli effetti della
sanatoria amministrativa sul giudicato penale è quella
dell'art. 38,
comma 3, legge 47/1985, richiamato dall'art. 32, comma 25, del citato
D.L. 269/2003, convertito in legge 24.11.2003 n. 326. Questa norma
prevede che, quando la sanatoria urbanistica dell'abuso (per effetto
dell'oblazione versata dal contravventore o per effetto di
provvedimento amministrativo dell'autorità competente) sia
intervenuta
dopo la sentenza definitiva di condanna, essa deve essere annotata nel
casellario giudiziale, con la conseguenza che della condanna non si
tiene conto ai fini dell'applicazione della recidiva e del beneficio
della sospensione condizionale della pena. In altri termini, la norma
prevede che la sanatoria fa cessare soltanto alcuni effetti penali
della condanna: più esattamente fa cessare la rilevanza
della condanna
stessa come fattore di recidiva e come elemento ostativo alla
concessione futura della sospensione condizionale della pena.
Giova
mettere in evidenza che i due istituti, quello della sanatoria
amministrativa dell'abuso e quello della sospensione condizionale della
pena, operano su piani essenzialmente diversi, giacché il
primo
risponde alla esigenza di legittimare a posteriore un'opera abusiva che
l'autorità amministrativa (ex artt. 36 e 45 D.P.R. 6.6.2001
n. 380) o
il legislatore (ex art. 32 legge 24.11.2003 n. 326) valutano come
compatibile o comunque tollerabile sotto il profilo urbanistico; mentre
il secondo risponde alla esigenza di politica criminale di concedere al
condannato la possibilità di sottrarsi alla pena in base a
una prognosi
positiva di un suo ravvedimento affidata alla valutazione discrezionale
del giudice. Orbene, in conformità alla ratio che ispira la
sospensione
condizionale della pena, essa va revocata quando, essendo stata
subordinata ex art. 165 c.p. all'adempimento di un obbligo, quale
quello della demolizione dell'opera abusiva, la persona condannata non
ottemperi all'obbligo nel termine prescritto dal giudice, a meno che la
stessa persona non provi di essere stata nella impossibilità
di
adempiere per caso fortuito o per forza maggiore (in questo senso, v.
ex multis Cass. Sez. 3^, n. 10672 del 5.2.2004, Raptis, rv. 227873).
Infatti, l'inadempimento colpevole dimostra che il condannato non era
meritevole del beneficio e che la prognosi condizionatamente favorevole
espressa sul suo conto non era fondata; mentre la sopravvenuta
impossibilità di adempiere, se e in quanto incolpevole, non
è indizio
atto a smentire quella prognosi.
A questa impossibilità materiale
deve essere equiparata la impossibilità giuridica di
adempiere, o più
esattamente la possibilità giuridica di non adempiere,
connessa a una
sanatoria amministrativa dell'abuso edilizio maturata prima della
scadenza del termine fissato dal giudice.
Infatti, la demolizione
imposta al condannato ai sensi dell'art. 165 c.p. come condizione del
beneficio della sospensione condizionale della pena risponde
all'esigenza tipica di questa norma di subordinare detto beneficio alla
eliminazione del danno criminale, cioè della lesione
dell'interesse
sostanziale e finale tutelato dalla norma penale.
Poiché nel reato
edilizio il danno criminale consiste nella lesione dell'assetto
urbanistico del territorio, la intervenuta sanatoria amministrativa
dell'abuso è oggettivamente idonea a eliminare questo danno,
soddisfacendo così l'esigenza sottesa all'art. 165 c.p., e
rendendo per
conseguenza inutile la demolizione imposta dal giudice come condizione
della sospensione condizionale della pena. In tal caso, ma solo in tal
caso, la condizione del beneficio risulta ex post inutiliter data, nel
senso che il condannato è ammesso al beneficio senza
condizione quando
nel termine prescritto per la demolizione intervenga sanatoria
dell'abuso edilizio, atteso che entro detto termine si è
comunque
realizzata l'eliminazione del danno criminale.
6.3 - Diverso invece
è il caso in cui la sanatoria amministrativa intervenga o
possa
intervenire soltanto dopo la scadenza del termine imposto per la
demolizione.
Scaduto questo termine senza che il condannato abbia
adempiuto alla condizione della demolizione, il giudice della
esecuzione deve soltanto constatare che la condizione non si
è
verificata e per conseguenza ritenere che il condannato non
è
meritevole del beneficio.
Quando poi la sanatoria sarà maturata
egli potrà e dovrà, su istanza di parte, revocare
la sanzione
amministrativa dell'ordine di demolizione, perché ormai
incompatibile
con le deliberazioni assunte dall'autorità urbanistica; ma
non potrà
revocare il beneficio della sospensione condizionale (in questo senso
anche sentenza Raptis succitata).
7 - In conclusione, in linea di diritto vanno affermati i seguenti
principi:
a) nel caso in cui la sanatoria dell'abuso edilizio venga definita
prima della scadenza del termine imposto al condannato per la
demolizione, il giudice dell'esecuzione deve ritenere inutiliter datum
l'ordine di demolizione imposto come condizione per la sospensione
della pena, considerando quindi il condannato ammesso al beneficio
senza condizione;
b) nel caso di sanatoria maturata dopo la
scadenza del termine suddetto, il giudice dell'esecuzione deve revocare
il beneficio della sospensione della pena, non essendosi verificata nel
termine la condizione a cui il beneficio era subordinato; ma deve anche
revocare, su istanza di parte, la sanzione amministrativa dell'ordine
di demolizione dell'opera abusiva.
In linea di fatto, nel caso di
specie, è pacifico che la Formichetti non ha effettuato la
demolizione
dell'opera abusiva nel termine prescritto dal giudice della cognizione,
sicché legittimamente il giudice della esecuzione ha
revocato il
beneficio della sospensione condizionale della pena che quel giudice
aveva subordinato alla demolizione.
8 - Consegue ex art. 616 c.p.p.
la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Considerato il contenuto dell'impugnazione, non si ritiene di comminare
anche la sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2005.
Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2005