Cass. Sez. III n. 42896 del 18 novembre 2008 (Ud. 24 ott. 2008)
Pres. Lupo Est. Lombardi Ric. Carotenuto
Urbanistica. Opere di urbanizzazione secondaria o infrastrutturali
In tema di reati edilizi, integra il reato previsto dall\'art. 44, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, la pavimentazione di una vasta area con tappeto bituminoso in assenza di permesso di costruire, in quanto tale attività edilizia rientra tra gli interventi di urbanizzazione secondaria ovvero infrastrutturali considerati come di "nuova costruzione" dall\'art. 3, comma primo, lettere e.2) ed e.3), del d.P.R. citato.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPO Ernesto - Presidente -
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere -
Dott. FIALE Aldo - Consigliere -
Dott. MARMO Margherita - Consigliere -
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.V., n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 3.12.2007 della Corte di Appello di
Napoli, con la quale, a conferma di quella del Tribunale di Torre
Annunziata in data 16.2.2006, venne condannato alla pena di mesi due
di arresto ed Euro 20.000,00, di ammenda, quale colpevole dei reati
di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c) e del D.Lgs n. 490
del 1999, art. 163, unificati sotto il vincolo della continuazione.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. LOMBARDI
Alfredo Maria;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott.
FRATICELLI Mario, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Napoli ha confermato la pronuncia di colpevolezza di C.V. in ordine ai reati di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c), e del D.Lgs n. 490 del 1999, art. 163, ascrittigli per avere eseguito lavori edili in zona sottoposta a vincolo paesaggistico senza concessione edilizia e senza l'autorizzazione dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo.
La Corte territoriale, respingendo i corrispondenti motivi di gravame, ha affermato che l'opera realizzata abusivamente dall'appellante non era suscettibile di sanatoria in applicazione della normativa sul condono edilizio, stante l'esistenza del vincolo paesaggistico, e che per l'esecuzione della stessa occorreva il rilascio della concessione edilizia.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi della motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico, articolato, mezzo di annullamento il ricorrente, premessa la descrizione dell'intervento edilizio posto in essere, concretatosi nella realizzazione di una pavimentazione costituita da misto granulometrico con sovrastante tappetino bituminoso su un'area di circa 4880 mq, deduce, in sintesi, che detta opera non rientra nella previsione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, lett. e6), sicchè la stessa non doveva essere assentita mediante il permesso di costruire, ma poteva essere realizzata mediante la sola presentazione della D.I.A..
Sul punto si afferma in particolare che l'opera ha natura pertinenziale in quanto destinata a parcheggio.
Con lo stesso mezzo di annullamento il ricorrente deduce altresì che la realizzazione dell'opera di cui alla contestazione doveva ritenersi avvenuta in data anteriore a quella dell'accertamento; che, inoltre, l'opera realizzata non rientra tra quelle suscettibili di sanatoria ai sensi della normativa sul condono edilizio e, pertanto, il giudice di primo grado non avrebbe dovuto sospendere il processo in applicazione di detta normativa, con la conseguenza che non poteva tenersi conto di tali sospensioni quale causa del mancato decorso del termine di prescrizione, che doveva essere dichiarata e che, comunque, chiede dichiararsi.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Il manufatto realizzato, invero, rientra tra le opere di trasformazione edilizia del territorio, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, lett. e), e, pertanto, doveva essere assentito mediante il permesso di costruire, ai sensi del successivo art. 10, e l'autorizzazione dell'amministrazione competente per la tutela del vincolo, essendo stato, peraltro, realizzato in zona agricola sottoposta a vincolo ambientale.
In particolare l'intervento rientra nell'ipotesi di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, lett. e), e, cioè, di realizzazione di intervento di urbanizzazione secondaria (lett. e2) ovvero di infrastruttura (e3) considerate le notevoli dimensioni della pavimentazione abusivamente posta in essere, come puntualmente evidenziato dai giudici di merito.
Pertanto, la sentenza impugnata ha correttamente affermato che l'intervento edilizio posto in essere doveva essere assentito mediante il rilascio del permesso di costruire, nonchè dell'autorizzazione dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo esistente.
E' appena il caso di rilevare che la deduzione del ricorrente circa la natura pertinenziale del manufatto è meramente assertiva e contrasta con le caratteristiche dell'opera e la destinazione agricola dell'area.
E' altresì manifestamente infondata la censura del ricorrente afferente alla mancata declaratoria di prescrizione del reato da parte della corte territoriale.
Invero, pur non tenendosi conto delle sospensioni del dibattimento disposte nel giudizio di primo grado in seguito all'entrata in vigore della normativa sul condono edilizio, il decorso della prescrizione risulta egualmente sospeso per il complessivo periodo di mesi quattro e giorni 28 a seguito del rinvio del dibattimento determinato dalla astensione degli avvocati dalla udienze dal 4.7.2007 al 2.12.2007, sicchè alla data della pronuncia da parte della corte territoriale non si era ancora verificata la prescrizione di reati.
Per completezza di esame si deve rilevare sul punto che questa Suprema Corte ha escluso l'applicabilità, ai processi in corso, delle disposizioni di cui alla L. n. 251 del 2005, sulla durata della sospensione del decorso della prescrizione con riferimento ai reati contravvenzionali, risultando in materia la disciplina della prescrizione dettata dalla normativa precedente complessivamente più favorevole (cfr. sez. 3^, 11.6.2008 n. 37271, Quattrocchi).
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'alt. 606 c.p.p., u.c..
L'inammissibilità del ricorso, da qualsiasi causa determinata, preclude a questa Corte la possibilità di rilevare l'esistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p., intervenute successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte:
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00, alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella Pubblica Udienza, il 24 ottobre 2008.
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2008