Cass. Sez. III n. 28784 del 21 giugno 2018 (Ud 16 mag 2018)
Presidente: Sarno Estensore: Ramacci Imputato: PG in proc. Amente ed altri
Urbanistica.Lottizzazione abusiva e non sanabilità immobili

In presenza di una lottizzazione abusiva deve escludersi la possibilità di sanatoria, disciplinata dall'art. 36 del Testo Unico dell'edilizia (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), delle opere realizzate in assenza di titolo abilitativo conseguente ad accertamento di conformità,  dal momento che dette opere sono senz’altro non conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, sicché le stesse non sono sanabili, così come la lottizzazione abusiva.



RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 27 novembre 2017 ha accolto l'appello proposto nell'interesse di Annarita AMENTE , Elena CICALA, Gabriele CICALA, Crescenzo GRANATA, Luigi MARCONE, Alfredo SMARRAZZO, Fioravante SMARRAZZO, Antonio D'ANDREA, Francesca DI FALCO, Loris FANARA, Roberto DI CELMO e Giuseppe FAIOLA avverso i provvedimenti 12 Maggio 2016 e 10 luglio 2014, con i quali la Corte d'Appello di Roma aveva rigettato l'istanza di revoca del sequestro di opere edilizie emesso il 20 luglio 2008.
Specifica il tribunale che la procedura incidentale riguarda gli appelli proposti dai terzi interessati proprietari di immobili sottoposti a sequestro nell'ambito di un procedimento penale nel quale sono stati imputati Marcello Moretti e Martino di Marco per il reato di lottizzazione abusiva.
Avverso tale pronuncia ricorre il procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Roma, deducendo quanto di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2. Con un unico motivo di ricorso denuncia la violazione di legge.
Richiamate preliminarmente le motivazioni di precedenti ordinanze con le quali il Tribunale del riesame aveva rigettato gli appelli proposti dai ricorrenti per la restituzione delle opere in sequestro, rileva che i giudici avrebbero valorizzato, sulla base di principi fissati da questa Corte, atti formati ed emessi dal Comune di Fondi in epoca successiva al decreto di sequestro preventivo del 20 luglio 2008 e, segnatamente, il Piano Particolareggiato approvato dal Comune di Fondi in data 11 ottobre 2013, con deliberazione numero 357; la stipula, in data 20 dicembre 2013, della convenzione tra il Comune di Fondi e Giuseppe FAIOLA per la cessione gratuita delle aree a standard ed, inoltre, il rilascio di permessi a costruire numero 3110 e 3111 del 19 maggio 2014.
Osserva,  inoltre, che i giudici dell'appello avrebbero erroneamente ritenuto che l'adozione del Piano particolareggiato ed il successivo rilascio dei permessi a costruire, dei quali sarebbe stata apoditticamente affermata la ammissibilità in relazione ai piani urbanistici vigenti, consentirebbero di ritenere sussistenti profili di legittimità incompatibili con il mantenimento della misura cautelare reale.
Fatte tali premesse, il ricorrente rileva che l’ordinanza impugnata avrebbe completamente disatteso le motivazioni poste alla base della sentenza di annullamento con rinvio emessa da questa Corte il 27 settembre 2016 ed aggiunge che il Tribunale avrebbe preso atto dei permessi di costruire senza svolgere alcuna verifica e senza considerare la sussistenza o meno dei requisiti richiesti dalla legge per il rilascio dei permessi di costruire in sanatoria.
Aggiunge che la legittimità dei permessi di costruire rilasciati in precedenza sarebbe già stata messa in dubbio precedentemente sulla base del contenuto degli atti del procedimento, come peraltro riscontrato anche dalla giurisprudenza di questa Corte.
Rileva, pertanto, l’inesistenza dei requisiti richiesti dall'articolo 36 del d.P.R. 380\01 per il rilascio di permessi di costruire in sanatoria, segnatamente per la mancanza del requisito della doppia conformità.
Insiste pertanto per l'accoglimento del ricorso.
Le difese hanno presentato memorie a sostegno delle proprie ragioni.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.

2. Occorre preliminarmente osservare che tanto il provvedimento impugnato che il ricorso, unici atti ai quali questa Corte ha accesso, non forniscono una esaustiva indicazione della complessiva ed articolata vicenda processuale e delle risultanze fattuali e documentali sui quali essi si fondano, i cui contenuti vengono dati per noti, con richiami spesso generici, così come i ripetuti riferimenti alle precedenti pronunce di questa Corte vengono effettuati in maniera talvolta incompleta.

3. Fatta tale premessa, osserva il Collegio come nel provvedimento impugnato si specifichi che, nel caso in esame, sono stati presi in considerazione due procedimenti riuniti, relativi a distinte procedure.
Il primo procedimento, indicato con il numero 967\2017, trae origine dalla sentenza di annullamento con rinvio emessa da questa Corte il 27 settembre 2016 ed avente ad oggetto le ordinanze emesse dal medesimo Tribunale il 17 marzo 2016 ed il 20 Giugno 2016 su istanza del FAIOLA. L'ordinanza del 17 marzo 2016, viene specificato, era stata pronunciata a seguito di annullamento con rinvio del precedente provvedimento, datato 25 novembre 2014, con cui il Tribunale non aveva accolto l'appello proposto avverso l'ordinanza con la quale la Corte d'Appello di Roma, il 10 luglio 2014, aveva rigettato l'istanza di dissequestro avanzata dal medesimo FAIOLA. L'ordinanza del 20 giugno 2016 aveva invece ad oggetto analogo provvedimento di rigetto, pronunciato dalla Corte d'Appello il 12 Maggio 2016.
Il procedimento numero 488 del 2016, promosso da altri terzi interessati, era stato invece rinviato da precedente udienza, in attesa della pronuncia di questa Corte sulle richiamate ordinanze.
Ritenuta quindi la connessione tra i due procedimenti, il Tribunale, riprodotta testualmente la motivazione della menzionata sentenza di questa Corte, ha dato atto di alcuni eventi ritenuti sopravvenuti rispetto all'adozione dei provvedimenti impugnati.
Segnatamente, il Tribunale pone in evidenza la deliberazione numero 357 dell'11 ottobre 2013 - con la quale la giunta comunale di Fondi, dato atto dell' adozione del Piano Particolareggiato nel rispetto del vigente Piano Regolatore Generale e del rilascio dei pareri, tra i quali quello paesaggistico, aveva approvato definitivamente il piano, contestualmente autorizzando il dirigente del settore a rappresentare il comune nella stipula della convenzione - nonché la convenzione, stipulata il 20 dicembre 2013, tra il Comune di Fondi ed il FAIOLA per la cessione gratuita delle aree standard, oltre al rilascio di permessi di costruire (n. 3110 e 3111) sugli immobili di proprietà del predetto il 19 maggio 2014.
Il Tribunale osserva, poi, che rispetto a tali atti non risulterebbero profili di illegittimità neppure dedotti dal Pubblico Ministero e rileva che la contestazione mossa gli imputati, per la quale era intervenuta condanna, era attinente alla realizzazione di una lottizzazione in assenza del piano particolareggiato, senza che venisse presa in considerazione l'eventuale ipotetico rilascio di concessioni illegittime.

4. In definitiva, nell’ordinanza impugnata si ritiene che l'adozione del Piano particolareggiato ed il successivo rilascio di permessi a costruire, dei quali si attesta la conformità ai piani urbanistici vigenti (piano regolatore generale e piano particolareggiato), non consentono di ritenere sussistenti profili di illegittimità tali da giustificare il mantenimento della misura cautelare reale.
Così definita la posizione del FAIOLA, l’ordinanza perviene ad analoghe conclusioni riguardo agli altri appellanti, dando peraltro conto del fatto che, a seguito dell'adozione del Piano Particolareggiato, costoro avevano stipulato con il Comune di Fondi una convenzione per la cessione gratuita delle aree e, dopo il versamento degli oneri concessori dovuti, dei quali viene dato conto nel permesso di costruire in sanatoria, il Comune di Fondi aveva rilasciato il permesso di costruire numero 3257, relativo a 33 villette a schiera già realizzate in forza di una concessione numero 4416 del 2002, rilevando che, anche in questo caso, non erano stati prospettati, né erano emersi, profili concreti di illegittimità degli atti amministrativi.

5. Si è detto, in precedenza, che il Tribunale ha richiamato il contenuto della decisione di questa Corte emessa il 27 settembre 2016 (sentenza n. 53352/2016, depositata il 15/12/2016) la quale, come si ricava dalla motivazione, riguardava l'ordinanza emessa il 17-21 marzo 2016 dal Tribunale di Roma, Sezione per il riesame, decidendo in sede di rinvio dopo l'annullamento di precedente provvedimento da parte di questa Corte e l’ordinanza, emessa il 20-23 giugno 2016,  con la quale il medesimo Tribunale aveva rigettato l'appello proposto dallo stesso FAIOLA avverso il rigetto di un'ulteriore istanza di restituzione dei beni immobili di sua proprietà.
La precedente sentenza di annullamento, non espressamente indicata, dovrebbe essere quella n. 36366/2015 del 16 giugno 2015, depositata il 9 settembre 2015.
Va osservato, per quel che qui rileva, che tale ultima decisione dava atto del fatto che il Tribunale aveva ritenuto l'illegittimità dei permessi in sanatoria ottenuti dal ricorrente soltanto perché ancorati a due precedenti concessioni del 2002 formate dal dirigente della Ripartizione Urbanistica del Comune di Fondi, condannato per concorso in lottizzazione abusiva per aver fornito il determinante contributo consistente nel rilascio di tali titoli abilitativi, ritenendo significativo il fatto che i due permessi in sanatoria (si tratta dei già menzionati permessi nn. 3110 e 3111 del 19 maggio 2014) non facessero alcun riferimento a tale illegittimità né alla sussistenza di un accertamento in sede giudiziaria.
La Corte riteneva tale motivazione apparente, perché sostanzialmente basata su un mero sillogismo, avendo il Tribunale omesso di procedere, seppure in via incidentale, alla doverosa verifica della correttezza dell’ iter procedimentale seguito dalla pubblica amministrazione sulla scorta della documentazione prodotta dal ricorrente (indicata come la già menzionata delibera della giunta municipale dell'11 ottobre 2013 con cui era stata adottata la variante del Piano Particolareggiato di zona, la convenzione per la cessione gratuita di aree standard al patrimonio comunale e l'appendice alla cessione).
Nel giudizio di rinvio, come rappresentato nella successiva sentenza n. 53352/2016, il Tribunale riteneva illegittima la procedura seguita dall’amministrazione comunale, in quanto "nulla si dice, negli atti amministrativi e nel piano particolareggiato delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, le quali permettono di qualificare il quartiere come stabilizzato", rilevando, inoltre,  che non risultavano addossati al FAIOLA gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria della lottizzazione abusivamente realizzata.
Richiamati quindi alcuni principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte e dei quali si dirà appresso, la sentenza n. 53352/2016 ha ritenuto, ancora una volta, meritevole di censura il provvedimento del Tribunale, osservando che lo stesso non dava corretta applicazione ai principi richiamati e sosteneva il rigetto dell’appello con argomentazioni ritenute, da un lato, “eccentriche rispetto al percorso di verifica delineato dalla giurisprudenza di legittimità (come il ‘dover dar conto delle ragioni del rilascio pur in pendenza di procedimento penale sulle precedenti concessioni’)” e, dall’altro, “non coerenti al dettato normativo, che menziona l'impegno a partecipare pro quota agli oneri di urbanizzazione e non la diretta realizzazione delle opere di urbanizzazione, peraltro postulando l'obbligo del privato di realizzare le opere di urbanizzazione necessarie prima e a prescindere dalla verifica delle determinazioni adottate dall'ente al riguardo”.
La sentenza riteneva, in definitiva, che “il pur evocato impegno a verificare la procedura amministrativa si è sviluppato sulla base di criteri di analisi non congrui”.

6. In due precedenti occasioni, dunque, l’annullamento dei provvedimenti emessi dal Tribunale era conseguenza della mancata verifica incidentale della legittimità dei provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione ritenuti determinanti per la revoca del vincolo cautelare reale.

7. Altre pronunce di questa Corte che hanno riguardato la sentenza in esame, sulla base di quanto contenuto in ricorso e nel provvedimento impugnato, sono quella n. 33910/2010, emessa il 17 giugno 2016 e depositata il 20 settembre 2010 e quella n. 25541/2012, emessa il 27 marzo 2012 e depositata il 28 giugno 2012, che non prendono tuttavia in esame aspetti della vicenda rilevanti in questa sede, sebbene la sentenza n. 25541/2012 dia espressamente conto del fatto che il Tribunale del riesame aveva evidenziato come, dalla sentenza di condanna, fosse risultato che tutte le costruzioni, oggetto di abusive concessioni, erano il frutto di un unico programma edificatorio, condiviso dalla società  SO.RE.RO (poi divenuta I.C.F.) e dal FAIOLA.

8. Ciò posto, va chiarito che, per quanto si è potuto fin qui rilevare, le questioni che vengono in rilievo nella fattispecie in esame riguardano gli effetti conseguenti al rilascio dei permessi di costruire in sanatoria ed alla approvazione del Piano Particolareggiato sugli immobili realizzati e sui terreni abusivamente lottizzati, dovendosi peraltro considerare che, sempre per ciò che emerge dal ricorso e dal provvedimento impugnato, la sussistenza della lottizzazione abusiva non viene posta in discussione ed, anzi, risulta accertata nel giudizio di merito.
La questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza di questa Corte in alcune decisioni, i cui contenuti pare opportuno richiamare, con l’ulteriore precisazione che qui non rilevano quelli afferenti alla sanatoria per “condono edilizio”, non applicabile nella fattispecie, che va tenuta distinta dalla sanatoria per "accertamento di conformità" ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 (già art. 13 della legge n. 47 del 1985), nell’alveo della quale paiono riconducibili i permessi di costruire n. 3110 e 3111 menzionati nel ricorso e nel provvedimento impugnato (sulle differenze tra i due istituti v. Sez. U, n. 15427 del 31/03/2016, Cavallo, Rv. 267042, non massimata sul punto).

9. In una prima pronuncia (Sez. 3, n. 12471 del 16/11/1995, P.G. in proc. Besana ed altri, Rv. 203276), veniva posta in evidenza la irrazionalità della confisca conseguente alla lottizzazione abusiva  nel caso in cui l'autorità amministrativa, cui compete istituzionalmente il governo del territorio, nell'autonomo esercizio del potere ad essa devoluto dalla legge, abbia ritenuto di dovere successivamente autorizzare l'intervento lottizzatorio e ciò in quanto tale provvedimento sanante,  pur non determinando l’estinzione del reato, non può essere impedito o vanificato da una sanzione amministrativa con esso incompatibile irrogata dal giudice penale, non potendo questi sottrarre alla pubblica amministrazione poteri legislativamente attribuitegli, con la conseguenza che la confisca eventualmente disposta deve essere revocata dallo stesso giudice che l'ha ordinata quando (o nei limiti in cui) risulti incompatibile con un provvedimento adottato dall'autorità amministrativa (conf. Sez. 3, n. 35219 del 11/4/2007, Arcieri e altri, Rv. 237372; Sez. 3, n. 47272 del 30/11/2005, Iacopino ed altri, Rv. 232998; Sez. 3, n. 1966 del 5/12/2001 (dep. 2002), Venuti ed altri, Rv. 220851. V. anche Sez. 3, n. 4373 del 13/12/2013 (dep. 2014), Franco e altro, Rv. 258921; Sez. 3, n. 43591 del 18/2/2015, Di Stefano e altri, Rv. 265153).
Successivamente si precisava che, nel caso in cui una lottizzazione sia eseguita senza autorizzazione o in totale difformità da quella inizialmente disciplinata nell'originario piano approvato, il successivo rilascio dell'autorizzazione in sanatoria non estingue il reato già commesso, poiché tale causa di estinzione non era espressamente prevista dalla legislazione edilizia allora vigente, menzionando l’art. 22 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 unicamente la concessione in sanatoria e non essendo detta disposizione applicabile analogicamente, poiché la norma di esclusione della punibilità in astratto è suscettibile soltanto di interpretazione estensiva, venendo ad incidere sull'eliminazione di fattispecie previste dal legislatore e, quindi, sul potere riservato a quest'ultimo (Sez. 3, n. 2408 del 12/1/1996, Antonioli ed altro, Rv. 204712)
Il principio affermato nella sentenza Besana veniva in seguito ribadito (Sez. 3, n. 11436 del 15/10/1997, Sapuppo ed altri, Rv. 209395), ponendo motivatamente in rilevo la identità della natura giuridica della confisca disposta dal giudice in caso di lottizzazione abusiva e della demolizione giudiziale delle opere abusive disposta dal giudice (con l’unica differenza, in questo ultimo caso, del necessario presupposto della condanna), dando conto del fatto che la legge, in entrambe le materie, presuppone la necessità di coordinare gli interventi del giudice penale con l'esercizio dei poteri spettanti sulle medesime materie all'autorità amministrativa, dal momento che il primo non può sottrarre alla seconda l'esercizio dei poteri attribuiti dalla legge. Si poneva tuttavia in evidenza la necessità di una rigorosa verifica della incompatibilità tra confisca (o demolizione) e provvedimento amministrativo postumo sulla base del sistema normativo vigente in materia urbanistica.
La sentenza Sapuppo prendeva in considerazione le possibili conseguenze della situazione in precedenza descritta, affermando che l'autorizzazione successiva della lottizzazione è indubbiamente incompatibile con la confisca, perché l'autorità amministrativa competente, riconoscendo ex post la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici generali vigenti sul territorio, intende evidentemente lasciare il terreno lottizzato alla disponibilità dei proprietari, rinunciando implicitamente ad acquisirlo al patrimonio indisponibile del comune, mentre analoga situazione di incompatibilità non è riscontrabile tra la confisca del terreno lottizzato e la concessione in sanatoria della costruzione abusiva (e meno che mai la semplice domanda di sanatoria col versamento dell'oblazione), poiché la concessione edificatoria legittima soltanto l'opera edilizia che ne è l'oggetto, ma non comporta alcuna valutazione di conformità di tutta la lottizzazione alle scelte generali di pianificazione urbanistica, ricordando come fosse stato precedentemente affermato che anche il rilascio di una pluralità di concessioni edilizie nell'area interessata da una lottizzazione abusiva non rende comunque lecita un'attività che tale non è, poiché la concessione non ha una funzione strumentale urbanistica di pianificazione dell'uso del territorio (si richiamava, a tale proposito, Sez. 3, n. 6160 del 21/4/1989, Greco, Rv. 181117).
Si prendeva poi in considerazione il caso relativo ad opere abusivamente costruite sul terreno lottizzato, che pure sono oggetto di confisca obbligatoria, osservando che ove tali opere venissero sanate sotto il profilo edilizio con provvedimento amministrativo, espresso o tacito, (riferendosi dunque, nel caso specifico, ad ipotesi di condono edilizio), la relativa confisca dovrebbe essere revocata, in quanto incompatibile con la valutazione dell'autorità amministrativa.
Nello stesso senso, sempre con riferimento alla sanatoria per condono edilizio, si pronunciava altra successiva sentenza, richiamando espressamente la procedura di cui agli artt. 29 e 35, comma 13, della legge n. 47/1985 (Sez. 3, n. 8557 del 20/12/2002 (dep. 2003), Cicchella A, Rv. 224167).
Prendendo però in esame il diverso caso della sanatoria per conformità di cui al previgente art. 13 della legge 47/1985 ed ora considerata dall’art. 36 del d.P.R. 380\01, in una successiva decisione si richiamava l’attenzione sul fatto che la sanatoria conseguente all’accertamento di conformità richiede, quale presupposto, che l'opera abusiva sia "conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'intervento sia al momento di presentazione della domanda", affermandosi, in maniera netta, che in presenza di una lottizzazione abusiva, non poteva (vigente la legge del 1985) e non può attualmente aversi un positivo accertamento di duplice conformità, in quanto i manufatti realizzati senza titolo abilitante sicuramente non possono considerarsi conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, con la conseguenza che non solo la lottizzazione abusiva non è sanabile, ma neppure possono ritenersi sanabili le opere, per la evidente carenza del primo dei due parametri temporali di riferimento (Sez. 3, n. 38064 del 18/6/2004, Semeraro, Rv. 230039).
In seguito la sentenza Semeraro, richiamando quanto in precedenza affermato dalla sentenza Sapuppo  ed in altre decisioni ad essa conformi, distingue la situazione della sanatoria per doppia conformità da quella conseguente a condono edilizio, ribadendo la possibilità, soltanto in tale ultimo caso, di una “sanatoria” delle opere abusivamente realizzate in attuazione del fine lottizzatorio e nell'ambito della lottizzazione previa valutazione globale dell'attività lottizzatoria secondo il meccanismo previsto dagli arti. 29 e 35, comma 13, della legge n. 47/1985, venendosi in tal caso a porsi la necessità, per il giudice penale, di valutare in concreto i presupposti della confisca, limitatamente alle opere edili sanate (principi ribaditi successivamente. V. Sez. 3, n. 12350 del 2/10/2013 (dep. 2014), Pandiani e altro, Rv. 259890; Sez. 3, n. 9982 del 21/11/2007 (dep. 2008), Quattrone, Rv. 238983; Sez. 3, n. 28532 del 23/6/2009, Longo Carla e altri, Rv. 244441; Sez. 3, n. 23154 del 18/5/2006, Scalici, Rv. 234476; Sez. 3, n. 39916 del 1/7/2004, Lamedica ed altri, Rv. 230085, mentre Sez. 3, n. 9446 del 21/1/2010, Lorefice, Rv. 246341 esclude anche tale possibilità).

10. I principi appena richiamati, pienamente condivisi dal Collegio, hanno posto inequivocabilmente in evidenza le diverse situazioni che possono verificarsi a seguito di provvedimenti adottati successivamente all’intervento lottizzatorio o alla realizzazione di immobili abusivi.
Viene quindi salvaguardato, in primo luogo ed in via generale, il potere della pubblica amministrazione di una valutazione positiva a posteriori degli interventi eseguiti, evidenziando la necessità di coordinamento tra pronuncia del giudice penale e provvedimento amministrativo, con conseguenze diverse.
Tale verifica di compatibilità tra i due provvedimenti, lo si ricava dalla sentenza Sapuppo, non può risolversi in una mera presa d’atto dell’esistenza di un provvedimento della pubblica amministrazione incompatibile con quanto disposto dal giudice penale, richiedendosi, al contrario, una effettiva verifica della incompatibilità che deve necessariamente tenere conto dell’intero complesso normativo che regola la materia urbanistica.

11. Verificata dunque l’incompatibilità con le modalità indicate, diversi sono gli effetti che ne conseguono.
Riguardo alla lottizzazione abusiva, le richiamate decisioni sono unanimi nel considerare, in maniera del tutto condivisibile, che la positiva valutazione dell’amministrazione successiva all’intervento lottizzatorio non produce effetti estintivi del reato ma impedisce la confisca dei terreni abusivamente lottizzati.
Quanto al destino delle opere realizzate sulle aree, si è pure visto che viene operata una distinzione tra le ipotesi in cui è applicabile la disciplina del condono edilizio e quella in cui tale eccezionale procedura di sanatoria non è applicabile, dovendosi fare invece riferimento alla ordinaria procedura di sanatoria conseguente ad accertamento di conformità.

12. In quest’ultimo caso deve quindi farsi rifermento, per ciò che concerne la realizzazione delle opere, a quanto chiaramente affermato nella sentenza Semeraro, i cui contenuti sono pienamente condivisi dal Collegio, dovendosi pertanto ribadire il principio secondo il quale in presenza di una lottizzazione abusiva deve escludersi la possibilità di sanatoria, disciplinata dall'art. 36 del Testo Unico dell'edilizia (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), delle opere realizzate in assenza di titolo abilitativo conseguente ad accertamento di conformità,  dal momento che dette opere sono senz’altro non conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, sicché le stesse non sono sanabili, così come la lottizzazione abusiva.

13. Ciò posto, va rilevato che, nel caso in esame il Tribunale ha valorizzato, ai fini della decisione, alcuni “eventi” (la delibera di giunta con la quale veniva approvato il piano particolareggiato ed il rilascio dei permessi di costruire in sanatoria) definiti come “sopravvenuti” ai provvedimenti di rigetto emessi dalla Corte di appello.
Tale affermazione, salvo errore nella riproduzione delle date, si pone però in contraddizione con quanto indicato in premessa dallo stesso Tribunale, che indica tali provvedimenti come emessi il 12/5/2016 ed il 10/7/2014, mentre la delibera di giunta è indicata come emessa l’11/10/2013 ed i permessi in sanatoria rilasciati il 19/5/2014.
Altro cedimento logico nella motivazione, che evidenzia una non corretta lettura delle disposizioni richiamate da parte del Tribunale, deve rilevarsi nell’affermazione secondo la quale “nemmeno il giudice di primo grado aveva ritenuto illegittimi i permessi di costruire rilasciati in precedenza”, poiché dal tenore del brano di motivazione testualmente riprodotto sembra emergere esattamente il contrario e, cioè, che il giudice del merito avesse ritenuto irrilevante la questione concernente la conformità dell’intervento edilizio agli strumenti urbanistici “alla luce dell’assenza di qualunque autorizzazione per la trasformazione urbanistica posta in essere, non essendo sufficienti a tal fine i permessi di costruire”, ritenendo quindi determinante ed assorbente la circostanza appena ricordata, tanto che subito dopo vengono richiamate le singolari modalità di rilascio dei titoli abilitativi e la necessità della preventiva emissione dell’autorizzazione di cui all’art. 30 d.P.R. 380\01.

14. Va poi rilevato che, come correttamente osservato in ricorso, il Tribunale non ha considerato la sussistenza o meno dei presupposti per il rilascio dei permessi di costruire e, segnatamente la necessaria doppia conformità delle opere richiesta dall’art. 36 d.P.R. 380\01.
Invero, alla luce del principio affermato in precedenza in richiamo alla sentenza Semeraro, l’opera realizzata su area abusivamente lottizzata inevitabilmente dovrebbe essere priva della conformità al momento della sua realizzazione, proprio in ragione della trasformazione urbanistica effettuata attraverso l’intervento lottizzatorio.

15. In ogni caso, la verifica della conformità andava comunque effettuata, seppure in via incidentale e non poteva comunque essere ritenuta sulla base di una successiva modifica dello strumento urbanistico, come sembra aver fatto il Tribunale richiamando l’intervenuta approvazione del Piano Particolareggiato, poiché in tale ipotesi verrebbe a configurarsi una ipotesi di sanatoria giurisprudenziale o impropria - ritenendo sanabili opere che, non conformi alla disciplina urbanistica ed alle previsioni degli strumenti di pianificazione, lo siano divenute successivamente – la cui legittimità è stata esclusa dalla più recente giurisprudenza di questa Corte (cfr., anche per i richiami ai precedenti, Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci e altro, Rv. 260973. Conf. Sez. 3, n. 7405 del 15/1/2015, Bonarota, Rv. 262422).

16. Anche il riferimento all’approvazione del Piano Particolareggiato si palesa come il risultato di una apodittica attribuzione di effetti in qualche modo determinanti rispetto alla pregressa situazione e tali da far venir meno la necessità del vincolo reale.
Si è già detto che l’approvazione del piano non rileva ai fini dei una eventuale sanatoria ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 380\01, ma anche per ciò che concerne la accertata lottizzazione deve rilevarsi che non possa ritenersi immediatamente rilevante.
Ciò perché dovrebbe comunque considerarsi la conformità dello stesso rispetto al complesso delle disposizioni in materia urbanistica in generale ed, in particolare, rispetto alle previsioni del Piano Regolatore generale, sebbene alla luce di quella funzione integrativa e non più meramente attuativa, attribuitagli più recentemente, tanto da individuarlo come autonomo strumento urbanistico nei termini illustrati in una precedente pronuncia di questa Corte (Sez. 3, n. 4911 del 14/7/2016 (dep. 2017), Scarpa, Rv. 269261).
L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio per nuovo esame, da effettuarsi alla luce dei principi dianzi richiamati.


P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo esame.
Così deciso in data 16/5/2018