Cass. Sez. III n. 51599 del 15 novembre 2018 (UP 28 set 2018)
Pres. Di Nicola Est. Ramacci Ric. Mauracheea
Urbanistica. Mancata sospensione del procedimento da parte del giudice in pendenza di richiesta di sanatoria

La mancata sospensione del procedimento da parte del giudice in pendenza di richiesta di sanatoria, in assenza di una espressa previsione normativa e non configurandosi pregiudizi al diritto di difesa dell'imputato, potendo questi far valere l'esistenza o la sopravvenienza della causa estintiva nei successivi gradi di giudizio, non determina alcuna nullità

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'Appello di Catania, con sentenza del 16/1/2018 ha confermato la decisione con la quale, in data 19/9/2017, il Tribunale di quella città aveva affermato la responsabilità penale di Shrrimutee MAURACHEEA per i reati di cui agli articoli 44, lett. b), 64, commi 2 e 3, 65, comma 1, 71, comma 1, 93, comma 1, 94, comma 1 e 95 d.P.R. 380/01, per avere realizzato, in assenza del permesso di costruire e degli altri necessari titoli abilitativi, in zona sismica, opere edilizie consistenti nella sopraelevazione di un preesistente manufatto avente copertura ad una falda in legno e tegole, con piano di calpestio in lame inserite nelle pareti perimetrali e legno per una superficie di 35 mq ed un altezza al colmo di m. 3, completa di impianto idrico ed elettrico ed a cui si accede tramite scala interna ad una rampa in ferro, nonché una tettoia di metri quadri 8 con struttura in legno coperta da tegole (fatti accertati in Catania, il 28/6/2014.
Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge, sostenendo che le opere realizzate non sarebbero suscettibili di permesso di costruire, trattandosi, inequivocabilmente, di opere amovibili e, quindi, sottratte alla disciplina di cui all'articolo 10 del d.P.R. 380/2001.
Aggiunge, inoltre, che anche la realizzazione della tettoia, contrariamente a quanto affermato dai giudici del gravame, non sarebbe soggetta a permesso di costruire.
Osserva, infine, che per le opere in questione sarebbe stata presentata richiesta di sanatoria ed il relativo procedimento non sarebbe ancora esaurito, rilevando che il silenzio-rifiuto cui fa riferimento la Corte territoriale non si potrebbe configurare nella fattispecie, trattandosi di opere non rientranti nelle categorie previste dagli articoli 6 e 10 del d.P.R. 380/2001.
Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.


CONSIDERATO IN DIRITTO


1. Il ricorso è inammissibile, perché basato su motivi manifestamente infondati.

2. Va preliminarmente rilevato che le opere realizzate devono essere apprezzate nella loro interezza, trattandosi di intervento organicamente finalizzato alla sopraelevazione ed all’ampliamento di un preesistente edificio.
La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato, infatti, che l’attività edilizia deve essere considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti (Sez. 3, n. 30147 del 19/4/2017, Tomasulo, Rv. 270256; Sez. 3, n. 16622 del 8/4/2015, Pmt in proc. Casciato, Rv. 263473; Sez. 3, n. 15442 del 26/11/2014 (dep. 2015), Prevosto e altri, Rv. 263339; Sez. 3, n. 5618 del 17/11/2011 (dep.2012), Forte, Rv. 252125; Sez. 3 n. 34585 del 22/4/2010, Tulipani, non massimata; Sez. 3, n. 20363 del 16/3/2010, Marrella, Rv. 247175;  Sez. 3, n. 4048 del 6/11/2002 (dep. 2003), Tucci, Rv. 223365).

3. Ciò posto, occorre ricordare che l’art. 10, lett. a) del d.P.R. 380\01 individua, tra gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire, quelli di nuova costruzione, la cui descrizione viene fornita dall’articolo 3 dello stesso T.U. nella lettera e), ove si specifica che si intendono come tali tutti gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti (che riguardano, lo si ricorda, gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia).
La stessa disposizione specifica, poi, che sono comunque da considerarsi come interventi di nuova costruzione tutta una serie di opere singolarmente indicate in un elenco la cui natura è meramente esemplificativa e ricavata utilizzando le qualificazioni operate dalla giurisprudenza, come emerge dalla semplice lettura della della relazione illustrativa al T.U.
Ai suddetti interventi vanno poi aggiunti quelli eventualmente individuati con legge dalle regioni ai sensi del comma terzo del menzionato articolo 3 e che, pertanto, in relazione all’incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire.

4. La ricorrente ritiene tuttavia sottratte al regime del permesso di costruire le opere realizzate, assumendo che le stesse sarebbero “amovibili”.
L’affermazione, del tutto apodittica, è priva di fondamento, come emerge chiaramente dalla semplice lettura della descrizione degli interventi eseguiti contenuta nel capo di imputazione ed, in ogni caso, la eventuale amovibilità non assumerebbe comunque rilievo, essendo invece significativa la eventuale precarietà dell’intervento, comunque non sussistente nella fattispecie in esame.
Gli interventi edilizi precari, categoria già individuata dalla giurisprudenza e dalla dottrina con inequivocabile indicazione delle specifiche caratteristiche, sono ora espressamente menzionati dall’art. 6 del d.P.R. 380/01 che, nell’attuale formulazione, li descrive al comma 1, lett. e-bis) come opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, previa comunicazione di avvio lavori all'amministrazione comunale.
In precedenza, il testo unico dell’edilizia conteneva riferimenti indiretti, che riguardavano gli interventi di cui all’articolo 3, comma primo, lettera e.5 e quelli per le attività di ricerca descritti nell’articolo 6.
L’opera precaria, per la sua stessa natura e destinazione, non comporta effetti permanenti e definitivi sull’originario assetto del territorio tali da richiedere il preventivo rilascio di un titolo abilitativo e la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che l’intervento precario deve necessariamente possedere alcune specifiche caratteristiche: la sua precarietà non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dall'utilizzatore; sono irrilevanti le caratteristiche costruttive i materiali impiegati e l’agevole amovibilità; deve avere una intrinseca destinazione materiale ad un uso realmente precario per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo; deve essere destinata ad una sollecita eliminazione alla cessazione dell’uso (cfr. ex. pl. Sez. 3, n. 36107 del 30/6/2016, Arrigoni e altro, Rv. 267759;Sez. 3, n. 6125 del 21/1/2016, Arcese, non massimata; Sez. 3, n. 16316 del 15/1/2015, Curti, non massimata;  Sez. 3, n. 966 del 26/11/2014 (dep. 2015), Manfredini, Rv. 261636; Sez. 3, n. 25965 del 22/06/2009, Bisulca, non massimata).
Ciò posto, deve rilevarsi che la evidente natura non precaria dell’intervento e la necessità, per la sua realizzazione, del permesso di costruire, risultano adeguatamente apprezzati dai giudici del merito in considerazione delle caratteristiche e la destinazione delle opere, realizzate in sopraelevazione di un preesistente edificio, dotate di stabili impianti elettrico ed idrico con creazione di nuovi volumi con vani destinati ad uso abitativo ed adibiti a stanza da letto e bagno.

5. Per quanto attiene, poi, alla tettoia, la quale, come si è già detto, costituisce solo una parte del complessivo intervento, è appena il caso di osservare che la stessa compone comunque, nella fattispecie, una parte dell’edificio su cui è realizzata e rientrerebbe, in ogni caso, nel novero delle nuove costruzioni di cui al d.P.R. 380/01. Integra infatti il reato previsto dall'art. 44, lett. b), del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 la realizzazione, senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, sul lastrico solare di un edificio di un manufatto con struttura in legno con funzioni di tettoia fissato al suolo con piastre di ferro bullonate e appoggiato sul muro parapetto, intonacato e rifinito con cordolo in lastre di marmo e copertura con travi e doghe di legno, trattandosi di un'opera nuova avente una propria individualità fisica e strutturale, e non di un mero ampliamento di una struttura preesistente (Sez. 3, n. 29252 del 5/5/2017, Luongo, Rv. 270435. V. anche Sez. 3, n. 42330 del 26/6/2013, Salanitro e altro, Rv. 257290 ed altre prec. conf.).

6. Per ciò che concerne, infine, la procedura di sanatoria, del tutto correttamente la Corte del merito ha posto in evidenza che, avuto riguardo alla data di presentazione della stessa, doveva ritenersi verificato il silenzio-rifiuto.
Invero, come già ricordato (Sez. U, n. 15427 del 31/3/2016, Cavallo, Rv. 267042), l’art. 45 d.P.R. n. 380/01 stabilisce, al comma 1, che l'azione penale relativa alle violazioni edilizie rimane sospesa finché non siano stati esauriti i procedimenti amministrativi di sanatoria di cui all'art. 36.
Tale articolo dispone, all'ultimo comma, che sulla richiesta di sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale deve pronunciarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, poiché, decorso tale termine, la domanda si intende rifiutata.
Tale ultima evenienza configura, secondo un consolidato orientamento, una ipotesi di silenzio-rifiuto (Sez. 3, n. 17954 del 26/02/2008, Termini, Rv. 240234; Sez. 3, n. 33292 del 28/04/2005, Pescara, Rv. 232181; Sez. 3, n. 16706 del 18/02/2004, Brilla, Rv. 227960; Sez. 3, n. 10640 del 30/01/2003, Petrillo, Rv. 224353), al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego.
La mancata sospensione del procedimento da parte del giudice, inoltre, in assenza di una espressa previsione normativa e non configurandosi pregiudizi al diritto di difesa dell'imputato, potendo questi far valere l'esistenza o la sopravvenienza della causa estintiva nei successivi gradi di giudizio, non determina alcuna nullità (Sez. 3, n. 33292 del 28/04/2005, Pescara, Rv. 232181, non massimata sul punto) ed, inoltre, spiega i suoi effetti esclusivamente con riferimento agli interventi edilizi indicati nell’art. 36 del d.P.R. 380/01 e non anche ai reati esclusi dagli effetti estintivi determinati dal rilascio della concessione in sanatoria, quali quelli concernenti le violazioni della disciplina antisismica e sulle opere in conglomerato cementizio (cfr. Sez. 3, n. 38953 del 4/7/2017, Rizzo, Rv. 270792).
Si tratta di un principio pienamente condiviso dal Collegio che va pertanto ribadito in questa occasione assicurandone la continuità.

7. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità  consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 2.000,00

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 (duemila) in favore della Cassa delle ammende
Così deciso in data 28/9/2018