Consiglio di Stato Sez. V sent. 6029 del 10 ottobre 2006
Discarica e Valutazione di Impatto Ambientale
REPUBBLICA
ITALIANA
N.6029/06REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 108+278
REG:RIC.
Il
Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale, Quinta
Sezione
ANNO
2006
ha
pronunciato la seguente
decisione
sui ricorsi in appello
proposti da:
1) (procedimento
108/2006)
dalla PROVINCIA DI ROMA, in persona del presidente, dottor Enrico
Gasbarra,
difesa dagli avvocati Antonio Fancellu e Massimiliano Sieni e
domiciliata in
Roma, via 4 Novembre 119/A, presso l’avvocatura provinciale;
contro
le società a
responsabilità
limitata ECOFER AMBIENTE e ITALFERRO, con sede in Roma, costituitesi in
giudizio in persona dell’ingegnere Valerio Fiori, legale
rappresentante di
entrambe, difese dall’avvocato Sandro Amorosino e domiciliate
presso di lui in
Roma, via Ciro Menotti 24;
e
nei confronti
- della regione LAZIO, non
costituita in giudizio
- del comune di ROMA, in
persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso
dall’avv. Marco
BRIGATO, domiciliato in Roma alla via del Tempio di Giove 21;
- dei signori Spina CIANETTI, Carlo GIUNCHI,
Giulio SELVAGGI,
residenti in Roma, costituitisi in giudizio con gli avvocati Carlo e
Marco
Selvaggi e domiciliati in Roma, via Nomentana 76
- del signor Armando PONZI
(residenza non indicata),
non costituito in giudizio
- della società
SA.LI.MA. di Ponzi Carla (sede non
indicata), non costituita in giudizio
-
delle imprese ALTOBELLI LUIGI,
con sede in Borgo San Michele Latina (Luigi Altobelli),
società in accomandita
semplice AUTOCOLLATINA, con sede in Roma (Tiziana Splendori),
CALÒ ROBERTO, con
sede in Roma (Anselmo Calò), società a
responsabilità limitata RULLO TEC.E.R.,
con sede in Roma, società a responsabilità
limitata ECO RICICLA 2000, con sede
in Roma (Marcello Bellachioma), società a
responsabilità limitata EURODEMOLIZIONI,
con sede in Roma (Giorgio Amadori), società a
responsabilità limitata FE.RO.M.,
con sede in Roma (Bartolomeo Casagrande), società a
responsabilità limitata
MARTINELLI ROTTAMI, con sede in Roma (Renato Pozzi), società
in nome collettivo
PARABELLA, con sede in Roma (Marcello Bellachioma), PEPE VINCENZO, con
sede in
Roma (Vincenzo Pepe), società in nome collettivo PETRINI
ANTONIO & C., con
sede in Roma (Sergio Petrini), della società a
responsailità limitata
AUTODEMOLITORI ROMA NORD, con sede in Roma (Maurizio Petrini), della
società a
responsabilità limitata AUTODEMOLITORI EUR MAGLIANA, con
sede in Roma (Marcello
Bellachioma), costituitisi in giudizio in persona dei legali
rappresentanti,
sopra indicati tra parentesi, difesi dagli avvocati Lazzaro Di Trani e
Lucio V.
Moscarini e domiciliate presso il secondo in Roma, via Sesto Rufo 23
- delle società
a
responsabilità limitata D.A.R.,
F.LLI LUPOLI, STATION SERVICE s.n.c., AUTODEMOLITORI ROMA SUD (sedi non
indicate), non costituite in giudizio
- del COMITATO DI DIFESA
DEL
TERRITORIO DEL DIVINO AMORE, con sede in Roma, non costituito in
giudizio
- del signor Francesco
EVANGELISTI, titolare dell’azienda agricola La Collinetta,
con sede in Roma,
non costituito in giudizio
- dei signori Gualtiero
BOSSI, Tiziana CESCHIN, Massimo DE SANTIS, Sergio CAPONI, Emilio
CAPONI, Bruno
SAVIANTONI, Luciano AGOSTINI, Angelo BOTTARO, Luciana IZZI, Enzo
CHIATTELLI,
Marina D’ALESIO, Paolo CIARLANTINI, Rita Patrizia PERILLI,
Anna Maria BORGESE,
Sara ANTONUCCI (residenze non indicate), non costituiti in giudizio;
con
l’intervento
della società a
responsabilità limitata EKOROMA, con sede in Roma, in
persona del signor Lauro
Paladini, difesa dall’avvocato Francesco Castiello e
domiciliata presso di lui
in Roma via Giuseppe Cerbara 64;
2) (procedimento
278/2006)
dai signori Spina
CIANETTI, Carlo
GIUNCHI, Giulio SELVAGGI e Stefano AMBROSETTI e dall’azienda
agricola LA
COLLINETTA, difesi e domiciliati come indicato sopra;
contro
- le società
ITALFERRO
ed
ECOFER AMBIENTE, costituitesi in giudizio rappresentate, difese e
domiciliate
come indicato sopra
- le imprese ALTOBELLI LUIGI,
AUTOCOLLATINA,
AUTODEMOLITORI EUR MAGLIANA, AUTODEMOLITORI ROMA NORD, AUTODEMOLITORI
ROMA SUD,
CALÒ ROBERTO, D.A.R., ECO RICICLA 2000, EURODEMOLIZIONI
F.LLI LUPOLI, FE.RO.M.,
MARTINELLI ROTTAMI, PARABELLA, PEPE VINCENZO, PETRINI ANTONIO &
C, RULLO
TEC.E.R., STATION SERVICE, costituitesi in giudizio rappresentate,
difese e
domiciliate come indicato sopra
- AUTODEMOLITORI PIETRALATA
2 (sede
non indicata), non
costituita in giudizio;
e
nei confronti
- del PRESIDENTE DEL
CONSIGLIO DEI MINISTRI e dei MINISTERI DELL’AMBIENTE E DELLA
TUTELA DEL
TERRITORIO, DELLA SALUTE, DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE, non
costituiti in giudizio
- della regione LAZIO, non
costituita in giudizio
- della PROVINCIA DI ROMA,
costituitasi in giudizio rappresentata, difesa e domiciliata come
indicato
sopra
- del comune di ROMA,
costituitosi in giudizio in persona del sindaco Walter Veltroni, difeso
dall’avvocato Marco Brigato e domiciliato in Roma, via Tempio
di Giove 21,
presso l’ufficio dell’avvocatura comunale;
- dei signori CAPPONI,
CESCHIN, DE SANTIS, OCCHIONI, ROSSI, SAVIANTONI, TREZZA, Andrea e
Venanzio
VIRGILI, non costituiti in giudizio;
- COMMISSARIO DELEGATO PER
L’EMERGENZA AMBIENTALE NEL TERRITORIO
DELLA REGIONE LAZIO, non costituito in giudizio;
con
l’intervento
- della società
EKOROMA,
rappresentata, difesa e domiciliata come indicato sopra
- del signor Sergio
SPIZZICHINI, residente in Roma, difeso dagli avvocati Carlo e Marco
Selvaggi e
domiciliato in Roma, via Nomentana 76;
per la riforma
della sentenza
2005 n. 11218, notificata il 28 novembre
2005, con la quale il tribunale amministrativo regionale per il Lazio,
sezione
prima-ter, ha respinto il ricorso contro il provvedimento 4 aprile 2003
n. 28,
adottato dall’assessore all’ambiente della regione
Lazio in qualità di soggetto
attuatore, contenente autorizzazione all’esercizio di una
discarica da
realizzare in località Falcognana al km 15,300 della via
Ardeatina, e ha
annullato il decreto 25 marzo 2004 n. 36 del soggetto attuatore, di
revoca del
suo decreto n. 28 del 2003.
Visto il ricorso
in appello 108/2006, notificato tra il 23 e il 27 dicembre 2005,
depositato il
5 gennaio 2006 e nuovamente depositato il 28 gennaio 2006;
visto l’atto
d’intervento della società Ekoroma, notificato il
25 e 26 gennaio 2006 e
depositato il 6 febbraio 2006;
visti il
controricorso delle società Ecofer Ambiente e Italferro,
depositato il 23
gennaio 2006, e la loro successiva memoria difensiva del depositata il
21
febbraio 2006;
visto il
controricorso dei signori Cianetti, Giunchi e Selvaggi, depositato il
27
febbraio 2006;
visto il ricorso
in appello 278/2006, notificato il 29 e 30 dicembre 2005 e depositato
il 13
gennaio 2006;
visti i
controricorsi delle società Ecofer Ambiente e Italferro,
depositato il 27
gennaio 2006, della provincia di Roma, depositato il 27 gennaio 2006,
del
comune di Roma, depositato il 30 gennaio 2006, e delle imprese
Altobelli ed
altre sopra indicate, depositato il 26 maggio 2006;
visto l’atto
d’intervento della società Ekoroma, notificato il
25 e 26 gennaio e depositato
l’1 febbraio 2006;
visto l’atto
d’intervento del signor Spizzichini, notificato il 2 e
depositato il 7 febbraio
2006;
viste le
ulteriori memorie difensive presentate dalle parti;
visti gli atti
tutti delle cause;
relatore,
all’udienza dell’11 luglio 2006, il consigliere
Raffaele Carboni, e uditi
altresì gli avvocati Sieni, Amorosino, Selvaggi, Brigato,
Moscarini, Di Trani e
Castiello;
ritenuto in
fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
La società
Italferro esercita attività di recupero del metallo delle
carcasse degli
autoveicoli demoliti, e conferiva un composto denominato fluff (parola
inglese
che significa lanugine), essenzialmente costituito dalla gommapiuma,
non
recuperabile, contenuta negli autoveicoli, in una discarica in comune
di
Malagrotta. Ecofer Ambiente (d’ora in poi anche solo: Ecofer)
è una società
appositamente costituita da Italferro allo scopo di progettare e
realizzare una
nuova discarica per lo smaltimento per il fluff in una cava non
più coltivata
di pozzolana in comune di Roma, al km 13,500 della via Ardeatina.
Quest’ultima
società il 23 luglio 2003 aveva presentato al commissario
regionale delegato
per l’emergenza dei rifiuti di Roma il progetto della
discarica “monouso”, cioè
appunto solo per il fluff, nella località predetta, e la
domanda di
autorizzazione a realizzarla e ad esercitarla. La predetta
autorità, dopo avere
espletato l’istruttoria ed acquisito i vari pareri
prescritti, con provvedimento
4 aprile 2003 n. 28 aveva autorizzato quanto richiesto, con la
prescrizione di
conformarsi alla direttiva europea sulle discariche (direttiva 1999/31/CE) recepita con decreto legislativo 13
gennaio
2003 n. 36.
L’autorizzazione
è stata impugnata dai signor Cianetti, Selvaggi, Giunchi e
Ponzi, quest’ultimo
anche quale legale rappresentante della società SA.LI.MA. di
Ponzi Carla, con
ricorso al tribunale amministrativo regionale per il Lazio
(procedimento di
primo grado 3202/2004). Premesso di abitare o aver sede in
prossimità dell’area
destinata a discarica, i ricorrenti hanno dedotto: 1) che non
c’erano le
condizioni per far luogo alla dichiarazione dello stato di emergenza
socio-ambientale, e che quindi l’atto era viziato da
incompetenza del soggetto
attuatore; 2) che erano state violate le norme sullo svolgimento del
procedimento per l’autorizzazione; 3) che non era stata
acquisita la relazione
sulla valutazione d’impatto ambientale (d’ora in
poi: VIA); 4) che non erano
stati valutati i requisiti di idoneità del sito, la
vicinanza a corsi d’acqua e
ad abitazioni e la destinazione urbanistica di zona e la
conformità al piano
regionale di gestione dei rifiuti; 5) che non erano stati esaminti i
pareri
resi durante il procedimento.
Sono intervenuti
in giudizio, in adesione al ricorso, due comitati per la difesa del
territorio,
l’azienda agricola La Collinetta, avente sede in
prossimità dei luoghi, e i
signori Ceschin, De Santis, Rossi, Ambrosetti, Caponi, Saviantoni,
Agostini,
Occhioni, Trezza e Andrea e Venanzio Virgili, anch’essi
residenti nei pressi.
Il 5 gennaio
2004 l’amministrazione provinciale di Roma con nota n. 247/A
aveva
rappresentato al commissario che la discarica era stata erroneamente
classificata, e che, di conseguenza, non erano state osservate le norme
previste dalla legge per la categoria conferente. Il responsabile del
procedimento, per conto del commissario delegato, tenuto conto delle
obiezioni
della provincia, il 2 febbraio 2004 ingiunse a Ecofer di limitarsi a
recintare
l’area e il 17 marzo le comunicò l’avvio
del procedimento di revoca. Il vice
commissario delegato, con decreto 25 marzo 2004 n. 36, ha revocato
l’autorizzazione concessa col decreto n. 28 del 2003.
Ecofer con
ricorso al tribunale amministrativo regionale per il Lazio
(procedimento di
primo grado 6304/2004) ha impugnato il provvedimento di revoca,
deducendo i
motivi che si possono riassumere come segue.
1) e 2)
All’avviso di
avvio
del procedimento non erano allegate le note del comune e della
provincia di
Roma, alle quali si faceva riferimento, e nell’avviso non si
faceva menzione
delle repliche del commissario-soggetto attuatore alle osservazioni
della
provincia.
3) Le deliberazioni degli
enti territoriali richiamate nel provvedimento hanno valore di atti
politici e
non di provvedimenti amministrativi.
4) La deliberazione del
Consiglio regionale richiamata nel provvedimento, che era una semplice
sollecitazione al riesame, aveva erroneamente affermato che la zona
è
classificata dal piano regolatore generale del comune di Roma come zona
agricola vincolata.
5) L’atto di
revoca
è
viziato da contraddittorietà con i precedenti atti della
medesima autorità, e
da mancata considerazione degli elementi acquisiti
nell’istruttoria
dell’autorizzazione.
La ricorrente ha
chiesto anche il risarcimento dei danni.
In giudizio sono
intervenuti, in adesione al ricorso, Italferro e numerosi imprenditori,
individuali e societari, interessati alla demolizione degli autoveicoli
(Altobelli Luigi, Autocollatina, Calò, DAR, Eco Ricicla,
Eurodemolizioni,
Lupoli, FE.RO.M., Martinelli Rottami, Oarabella, Pepe vincenzo, Petrini
Antonio, Rullo TEC.E.R., Station Service, Autodemolitori Roma Nord,
Autodemolitori Eur Magliana e Autodemolitori Roma Sud). Sono
intervenuti, in
opposizione al ricorso, i ricorrenti nel procedimento 3202/2004
nonché i
signori Ceschin, De Santis, Sergio ed Emilio Caponi, Saviantoni,
Agostini,
Bottaro, Izzi, Chiattelli, D’Alesio, Ciarlantini, Perilli,
Borgesi e Antonucci.
Il tribunale
amministrativo regionale, riuniti i due giudizi ed esperita
istruttoria, con la
sentenza indicata in epigrafe ha respinto il ricorso 3202/2004 contro
l’autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio
della discarica, e ha
accolto il ricorso 6304/2004 contro la revoca
dell’autorizzazione. In particolare
ha giudicato infondati i motivi del ricorso contro
l’autorizzazione, quanto al
primo motivo perché l’impossibilità di
smaltire i rifiuti legittima lo stato di
emergenza di cui all’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992
n. 225, quanto al
secondo motivo perché lo stato di emergenza consentiva di
omettere
l’acquisizione della VIA, specie essendo stata accertata dai
competenti organi
regionali la compatibilità del progetto con
l’ambiente; e ha rilevato la
regolarità del progetto e la sua conformità con
tutte le norme di tutela
dell’ambiente e di distanza dalle acque e dalle abitazioni.
Ha poi accolto il
ricorso contro la revoca dell’autorizzazione, sia
perché l’avviso di avvio del
procedimento di revoca aveva assegnato termini irrisori per le
controdeduzioni
e aveva comunicato i documenti si sostegno all’avvio del
procedimento quanto i
termini per controdeduzioni erano già scaduti; sia
perché il soggetto attuatore
aveva acriticamente recepito le sollecitazioni, di tipo non tecnico,
alla
revoca dell’autorizzazione. Infine ha respinto la domanda di
Ecofer di
risarcimento dei danni, con la motivazione che non erano provati il
dolo o la
colpa dell’amministrazione.
La provincia di
Roma appella deducendo un unico motivo, relativo sia al rigetto del
ricorso
3202/2004 sia all’accoglimento del ricorso 6304/2004, nel
quale confuta le
conclusioni e lamenta le carenze della relazione della perizia fatta
eseguire
dal tribunale amministrativo regionale, aggiungendo che il giudice di
primo
grado ha errato nel respingere il terzo motivo concernente la mancanza
di VIA.
È intervenuta
Ekoroma, che dichiara di svolgere occasionalmente attività
di smaltimento dei
rifiuti per conto di Ecofer, opponendosi all’accoglimento
dell’appello della
provincia.
Altro appello è
stato proposto dalla signora Cianetti e dagli altri autori del ricorso
di primo
grado contro l’autorizzazione, deducendo i motivi che si
possono riassumere
come segue.
(Contro il rigetto del
ricorso 3202/2004)
1) I ricorrenti con il
primo
motivo del ricorso di primo grado non hanno inteso negare che lo stato
di
emergenza possa essere dichiarato anche nel caso
d’impossibilità di smaltire
rifiuti, bensì che tale possibilità è
esclusa per i rifiuti da demolizione di
automezzi, i quali abitualmente vengono smaltiti senza
difficoltà; in
particolare, lo smaltimento del fluff non ha nesso con eventi
calamitosi.
2) Il giudice di primo
grado
ha errato nel respingere il terzo motivo, relativo alla mancanza di VIA.
3) Il giudice di primo
grado
ha errato nel respingere il quarto motivo, con cui ci si doleva anche
della
difformità dalle norme del piano regionale di gestione dei
rifiuti, risultando
dagli atti di causa che l’istruttoria
dell’amministrazione era stata
inconsistente, e che sono state violate le distanze dagli insediamenti
abitativi.
(Contro
l’accoglimento
del
ricorso 6304/2004)
4) Il giudice di primo
grado
ha errato ad accogliere il ricorso contro la revoca
dell’autorizzazione, che
era inammissibile «perché diretto contro il
provvedimento adottato dal Soggetto
Attuatore in forza della delega dello Stato alla persona e non alla
carica».
5) «La
giurisprudenza
applica con larghezza la norma che impone la comunicazione di avvio del
procedimento, pertanto la sentenza sotto questo profilo è
erronea e se ne
chiede la riforma».
6) La motivazione della
sentenza implica la qualificazione del provvedimento come atto
d’annullamento,
laddove esso è una revoca dell’autorizzazione, per
una diversa valutazione
discrezionale dell’interesse pubblico.
Sono intervenuti
Ekoroma, la quale eccepisce l’inammissibilità
dell’appello 278/2006 per la
genericità della censura contro il capo della sentenza
relativo all’avvio del
procedimento di revoca; e il signor Spizzichini, proprietario di
terreni
agricoli e titolare di un’impresa zootecnica confinanti con
l’area della
discarica, propugnando invece l’accoglimento
dell’appello.
All’udienza del
13 giugno 2006 la causa è stata rinviata per acquisire i
fascicoli d’ufficio
delle cause di primo grado.
DIRITTO
I due appelli,
proposti contro la stessa sentenza, vanno riuniti ai sensi
dell’articolo 335
del codice di procedura civile.
L’appello
278/2006 proposto dai signori Cianetti,
Giunchi, Selvaggi e Ambrosetti e dall’azienda agricola La
Collinetta,
ricorrenti di primo grado contro l’autorizzazione alla
realizzazione della
discarica, è inammissibile per la parte in cui viene
impugnato l’accoglimento
del ricorso di Ecofer contro la revoca dell’autorizzazione:
il giudice di primo
grado ha annullato la revoca tra l’altro con la motivazione,
di per sé idonea a
sorreggere la pronuncia d’annullamento, che nella
comunicazione d’avvio del
procedimento l’amministrazione aveva assegnato a Ecofer
termini irrisori per le
controdeduzioni e che i documenti (occorrenti a Ecofer per le
controdeduzioni)
erano stati inviati all’interessata quando i termini erano
scaduti. Gli
appellanti non hanno censurato tale motivazione il capo della sentenza,
essendosi limitati ad affermare che la giurisprudenza applica con
larghezza la
norma che impone la comunicazione di avvio del procedimento.
Per quanto
riguarda il rigetto del ricorso contro
l’autorizzazione alla realizzazione della discarica,
è decisiva la
verificazione disposta dal giudice di primo grado ed eseguita dal
dottor Guido
Moteran, geologo dipendente dell’Azienda per
l’Ambiente e il Territorio in
servizio presso il dipartimento per la difesa del suolo del ministero
dell’ambiente. Quanto alle distanze dalle abitazioni il
verificatore ha
accertato, dopo aver fatto eseguire misurazioni, che rispetto alle
località
Falcogna, definito centro abitato, le vasche della discarica distano m
1235,41,
rispetto alla località Sprecamore, definita nucleo abitato,
la distanza è di m
1499,58, rispetto alle località Falcognana di Sotto e
Falcogna di Sopra,
definite come nuclei di case sparse, la distanza è,
rispettivamente, di m 734,
28 e di m 603,61; tutte distanze superiori a quelle di 1200 m dai
centri
abitati e di 6000 m dalle case sparse stabilite dal piano
degl’interventi di
emergenza del settore dello smaltimento dei rifiuti solidi pubblicato
nella Gazzetta
Ufficiale 15 novembre 2002 n. 268, in base al quale è stata
autorizzata la
discarica, e tenendo presente la definizione di “case
sparse” intese “non come
singole abitazioni ma come nuclei abitativi”, contenuta nel
piano medesimo.
Quanto alle singole case, per le quali nell’autorizzazione
è stata prescritta,
su richiesta dell’Azienda sanitaria locale competente, una
distanza di 200 m,
la distanza minima è di m 415,93, relativa alla
proprietà dell’azienda agricola
La Collinetta.
Gli appellanti fanno
presente che
con la
sentenza istruttoria il tribunale amministrativo regionale aveva
chiesto di
conoscere se fossero state rispettate le prescrizioni del piano
regionale dei
rifiuti, approvato con deliberazione del Consiglio regionale del Lazio
10
luglio 2002 n. 112, e, come motivo d’appello (pagine da 15 a
19 dell’atto
d’appello), sostengono che tale indicazione costituisce cosa
giudicata e
impediva al primo giudice di tener conto delle distanze stabilite dal
piano
degl’interventi d’emergenza; e che alcune delle
distanze stabilite dal primo
dei due piani (il quale, come ha evidenziato anche il verificatore,
contiene
indicazioni contraddittorie) sono state violate. Il motivo è
inconsistente:
l’oggetto dell’istruttoria è il fatto,
ossia, nel caso in esame, la distanza, e
non si vede come l’indicazione, al perito, di una piuttosto
che di un’altra di
riferimento possa costituire cosa giudicata e impedire
l’accertamento dei
fatti. Gli appellanti aggiungono (pagina 19) che che il piano regionale
speciale non è applicabile perché è
destinato (soltanto) all’attuazione del
programma di raccolta differenziata dei rifiuti. I due piani regolano
invece la
stessa materia, e il piano speciale è successivo a quello
ordinario, e in ogni
caso la realizzazione della discarica in questione è stata
prevista dal
programma di emergenza dei rifiuti, sicché è
naturale che le distanze siano
quelle ivi previste. Infine gli appellanti ripiegano (pagina 22) sulla
tesi che
le distanze dalla discarica ai centri abitati dovevano essere misurate
con
riferimento non già alle case (più vicine),
bensì al cartello stradale che
indica l’inizio del centro abitato; e la tesi è
immotivata e priva di
consistenza, e oltretutto introduce criteri di misurazione differenti
per i
centri abitati, da una parte, e i gruppi di case sparse e le singole
case
dall’altra.
Il verificatore ha anche
concluso
per il
rispetto delle distanze dai corsi d’acqua e della falda
acquifera anche in
relazione al grado di permeabilità del terreno, e gli
appellanti al riguardo si
limitano all’affermazione, che il Collegio non ha nessun
motivo di ritenere
attendibile, che un episodio d’assorbimento
dell’acqua durante un sondaggio,
riferito dal perito e da lui giudicato non rilevante, è
invece determinante
perché è indice di fratturazioni «che
sono indice di sussistenza di un
requisito, espressamente indicato come fattore escludente di qualsiasi
discarica».
Gli appellanti rinnovano
poi la
censura di
difetto d’istruttoria, perché il rispetto delle
varie distanze è stato
accertato per la prima volta dal verificatore, confermando che non era
stata
eseguita un’adeguata istruttoria. La censura è
infondata, perché l’istruttoria
amministrativa non è fine a se stessa, ma è
finalizzata ad acquisire la
cognizione dei fatti rilevanti ai fini
dell’applicabilità delle norme; quando
risulti che queste ultime sono state rispettate, non ha neppur senso
denunciare
una carenza d’istruttoria, ed è arbitrario
affermare che l’autorità non ha
preso cognizione di presupposti che, in fatto, sussistono.
Resta da esaminare,
dell’appello 278/2006,
soltanto il motivo di mancata allegazione, alla domanda autorizzazione
alla
realizzazione della discarica, della valutazione d’impatto
ambientale (VIA). Il
primo motivo d’appello, infatti, è una espressa
ammissione della legittimità
dello stato
di
emergenza nel caso d’impossibilità di smaltire
rifiuti
(esclusi però, precisano gli appellanti, i rifiuti da demolizione di
automezzi, che a loro giudizio vengono smaltiti senza
difficoltà).
La mancata allegazione della VIA è anche l’unico
motivo dell’appello 108/2006 della provincia di Roma, che per
il resto è una
generica confutazione
della verificazione fatta eseguire dal tribunale amministrativo
regionale.
La VIA è
prevista in via generale dalla legge 8 luglio 1986 n. 349, istitutiva
del
ministero dell’ambiente, il cui articolo 6 «In
attesa dell’attuazione
legislativa delle direttive comunitarie in materia di impatto
ambientale»
demanda a un decreto del presidente del Consiglio dei ministri
d’individuare le
categorie di opere in grado di produrre rilevanti modificazioni
dell’ambiente.
I progetti di tali opere devono essere «comunicati, prima
della loro
approvazione, al ministro dell’ambiente, al ministro per i
beni culturali e
ambientali e alla regione territorialmente interessata»
(comma 2). Il comma 3
dispone che «Il ministro dell’ambiente, sentita la
regione interessata, di
concerto con il Ministro per i beni culturali e ambientali, si
pronuncia sulla
compatibilità ambientale nei successivi novanta
giorni» salvo proroga. Il decreto
legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, di attuazione delle direttive
91/156/CE sui
rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi
e sui
rifiuti di imballaggio, all’articolo 27 disciplina la
procedura per
l’approvazione dei progetti di smaltimento o di recupero di
rifiuti, anche
pericolosi, disponendo al comma 1 che «Ove
l’impianto debba essere sottoposto
alla procedura di valutazione di impatto ambientale statale ai sensi
della
normativa vigente, alla domanda è altresì
allegata la comunicazione del
progetto all’autorità competente ai predetti fini
e il termine di cui al comma
3» (per la valutazione del progetto dell’impianto)
«resta sospeso fino
all’acquisizione della pronuncia sulla
compatibilità ambientale ai sensi
dell’articolo 6, comma 4, della legge 8 luglio 1986 n.
349». La legge 24
febbraio 1992 n. 225, istitutiva del Servizio nazionale della
protezione
civile, all’articolo 5, intitolato “Stato di
emergenza e potere di ordinanza”,
prevede che, al verificarsi degli eventi previsti
dall’articolo 2 (eventi che
richiedono l’intervento della protezione civile) il Consiglio
dei ministri
delibera lo stato d’emergenza (comma 1) e provvedere
all’attuazione
del’interventi di emergenza «anche a mezzo di
ordinanze in deroga a ogni disposizione
vigente, e nel rispetto dei princìpi gnerali
dell’ordinamento giuridico»; il
comma 4 prevede che per l’attuazione degli interventi
d’emergenza il presidente
del Consiglio dei ministri o, per sua delega, il ministro per il
coordinamento
della protezione civile, possa avvalersi di commissari delegati; e
infine il
comma 5 dispone «Le ordinanze emanate in deroga alle leggi
vigenti devono
contenere l’indicazione delle principali norme e devono
essere motivate».
Nel caso in
esame, lo stato di emergenza per i rifiuti per Roma e provincia
è stato
dichiarato con decreto del presidente del Consiglio dei ministri 19
febbraio
1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 23 febbraio 1999 n. 44 e
prorogato
con decreto 15 dicembre 2000 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 23
dicembre
2000 n. 299; il ministro dell’Interno, delegato al
coordinamento della
protezione civile con decreto del presidente del Consiglio dei ministri
10
novembre 1998, con propria ordinanza 23 giugno 1999 n. 2992, pubblicata
nella
Gazzetta Ufficiale 1 luglio 1999 n. 152, ha nominato il presidente della regione Lazio
commissario delegato
per la predisposizione di un piano di interventi di emergenza nel
settore della
gestione dei rifiuti e per la realizzazione degli interventi necessari
per far
fronte alla situazione di emergenza, con potere esclusivo di approvare
i
progetti di discariche. L’articolo 13
dell’ordinanza autorizza il commissario a
derogare a numerose disposizioni di legge (sempre nel rispetto dei
princìpi
generali dell’ordinamento giuridico), tra le quali
l’articolo 6 della legge n.
349 del 1986, ossia alla disposizione che prevede
l’acquisizione della VIA (con
la precisazione, che qui non interessa, «ferma restando
l’acquisizione del
parere del ministero dei beni e delle attività culturali,
ove necessario»).
Risulta chiaro,
perciò,
che la censura di
mancata acquisizione della VIA è infondata. In ogni caso,
nel corso
dell’istruttoria amministrativa sono stati acquisiti: la
pronuncia di
compatibilità ambientale 5 novembre 2002 della Direzione
regionale
dell’ambiente e della protezione civile, il parere favorevole
dell’Agenzia
regionale per la protezione ambientale del 19 dicembre 2002 e il parere
favorevole 2 aprile 2003 del dipartimento per la difesa del suolo e il
servizio
geologico.
Il motivo
pertanto è infondato, come lo sono, in conclusione, gli
appelli.
Il Collegio
peraltro stima equo, considerata la materia del contendere, compensare
integralmente tra le parti le spese di giudizio.
Per
questi motivi
riunisce gli appelli
indicati in epigrafe e li respinge e compensa le spese di giudizio.
Così deciso in
Roma l’11 luglio 2006 dal collegio costituito dai signori:
Emidio Frascione
presidente
Raffaele Carboni
componente,
estensore
Chiarenza Millemaggi
Cogliani
componente
Nicola Russo
componente
Michele Corradino
componente
Rifiuti. Discarica e V.I.A.
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