Cass. Sez. III n. 39335 del 31 agosto 2018 (Ud 9 lug 2018)
Pres. Di Nicola Est. Ramacci Ric. Giuliano
Urbanistica.Opere in area sismica
Qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio amato, indipendentemente dalla natura dei materiali usati, dalla tipologia delle strutture realizzate, dalla natura pertinenziale o precaria, deve essere previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli e necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo, conseguendone, in difetto, l’applicazione delle relative sanzioni, sfuggendo a tale disciplina solo gli interventi di semplice manutenzione ordinaria.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Avellino, con sentenza del 3/7/2017 ha dichiarato Giovanni GIULIANO e Michele GIULIANO responsabili del reato di cui agli articoli 93 e 95 d.P.R. 380/01, condannandoli alla pena dell'ammenda, perché, senza la preventiva denuncia ed il preventivo deposito degli atti progettuali presso il competente ufficio del genio civile realizzavano le seguenti opere:
- aumento della originaria volumetria di un fabbricato precedentemente interrato, pari a 717,32 metri cubi;
- movimenti di terra con formazione di terrazzamenti a monte, per un'altezza complessiva di circa 6 metri il livellamento a valle dell'edificio;
- sbancamento del terreno lungo i lati dell'edificio, con conseguente aumento del carico urbanistico dovuto alla volumetria fuori terra del manufatto;
- spostamento dell'accesso al fondo autorizzato lungo il lato sud-est e rampa di accesso per una superficie di circa 1000 metri quadrati;
- apertura, lungo il lato est dell'edificio, di un vano porta di una finestra in ferro;
- apertura di due finestre in ferro lungo il lato ovest dell'edificio;
- eliminazione delle aperture posizionate nella parte a monte del fabbricato, con inserimento, nella muratura perimetrale su tale lato, di piastre metalliche;
- altezza interna del manufatto pari a m. 4,30, superiore rispetto a quella riportata nei grafici, pari a metri 4.
Fatti accertati in Manocalzati il 9/10/2013.
Avverso tale pronuncia i predetti propongono congiuntamente ricorso per cassazione tramite il difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2. Con un primo motivo di ricorso deducono la carenza dell'elemento materiale del reato di cui agli articoli 93 e 95 d.P.R. 380/2001, rilevando che l'articolo 65 del Testo Unico dell’edilizia statuirebbe che l'obbligo della prescritta denuncia in materia di normativa antisismica riguarda soltanto le opere in conglomerato cementizio armato, escludendo dal predetto obbligo tutti i lavori che non si sostanziano in tale tipologia.
Osservano che le opere erano tutte originariamente assentite e che il progetto era stato depositato presso il Genio Civile, con conseguente regolare realizzazione degli interventi strutturali, mentre le opere successivamente realizzate e descritte nel capo di imputazione non sarebbero state soggette ad analoga disciplina autorizzatoria, non rientrando tra le opere per le quali l'articolo 65 d.P.R. 380/01 richiede la denuncia al genio civile, trattandosi di opere non strutturali e non realizzate in conglomerato cementizio, né delle opere di cui all'articolo 93 dello stesso testo unico.
Osservano che lavori di sbancamento si sarebbero resi necessari al fine di impedire la tracimazione del terreno e per garantire la pubblica incolumità a seguito di eccezionali precipitazioni, come confermato da testi in udienza.
3. Con un secondo motivo di ricorso deducono la carenza dell'elemento soggettivo del reato di cui articoli 93 e 95 d.P.R. 380/01, osservando che le opere erano state eseguite per la necessità di contenere i movimenti di terra causati dalle forti precipitazioni dell'estate 2013 e che, nella fattispecie, poteva ravvisarsi un errore scusabile, essendo state espletate tutte le formalità richieste dalla legge sotto il profilo urbanistico e della osservanza della disciplina antisismica ed avendo le opere successive non interessato gli aspetti strutturali dell'edificio già realizzato, dovendosi così ritenere ingenerato nei prevenuti un ragionevole affidamento o, quantomeno, un'intima convinzione di avere osservato la legge.
4. Con un terzo motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione, rappresentando che il Tribunale avrebbe erroneamente valutato le risultanze documentali e fotografiche, ritenendo le opere realizzate soggette a titolo abilitativo, non essendo stata eseguita alcuna trasformazione radicale dell'originario intervento edilizio, mentre le opere di sbancamento si erano rese necessarie per ragioni contingenti.
5. Con un quarto motivo di ricorso lamentano il vizio di motivazione in relazione alla mancata declaratoria di prescrizione del reato, trattandosi di opere regolarmente assentite ed ultimate nel 2012 e non essendo quelle successivamente realizzate soggette a titolo abilitativo.
6.Con un quinto motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione in relazione a diniego delle circostanze attenuanti generiche, non avendo il Tribunale considerato la regolarizzazione delle opere realizzate.
Insistono pertanto per l'accoglimento dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
2. Occorre preliminarmente osservare che, secondo quanto è dato rilevare dalla sentenza impugnata e dal ricorso, unici atti ai quali questa Corte ha accesso, i fatti addebitati ai ricorrenti riguardano la realizzazione delle opere descritte nel capo di imputazione in violazione della disciplina antisismica.
Detti interventi hanno comportato, secondo quanto ritenuto dal giudice del merito, la emersione, previo sbancamento del terreno, di tre lati, precedentemente interrati, di un preesistente edificio regolarmente assentito, con la realizzazione di un piazzale di circa 1.000 metri quadrati, il terrazzamento della parete di terra rimasta alle spalle di uno di tali tre lati e fino ad un’altezza di sei metri e lo spostamento di una rampa di accesso la fondo.
3. Tale ricostruzione è contestata in ricorso, segnatamente nel primo motivo, sostenendosi, in sintesi, la regolarità delle opere perché originariamente assentite quelle relative alla realizzazione del manufatto originario e non soggette a titolo abilitativo quelle successive, in quanto riguardanti interventi non strutturali, non realizzati in cemento armato ed in parte resi necessari da improvvisi e significativi eventi atmosferici.
L’assunto è, tuttavia, manifestamente infondato, perché non tiene conto del consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, la quale ha ripetutamente delimitato l’ambito di applicazione della normativa sulle costruzioni in zona sismica con riferimento alla natura degli interventi realizzati.
Seppure, in un primo tempo, si sia affermato che la funzione di salvaguardia della pubblica utilità perseguita porta ad escluderne l’applicazione per gli interventi che non interessano la pubblica incolumità, quali quelli di manutenzione ordinaria o straordinaria del patrimonio edilizio già esistente (Sez. 3, n. 10188 del 10/7/1981, Filloramo, Rv. 150961), si è successivamente chiarito che la natura delle opere è irrilevante e ciò in quanto la violazione delle norme antisismiche richiede soltanto l'esecuzione di lavori edilizi in zona sismica (Sez. 3, n. 46081 del 8/10/2008, Sansone, Rv. 241783 ). Il principio è stato successivamente ribadito (Sez. 3, n. 34604 del 17/6/2010, Todaro, Rv. 248330).
Altrettanto inconferente è stata ritenuta la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, in quanto le disposizioni relative alla disciplina antisismica hanno una portata particolarmente ampia e si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità (cfr. Sez. 3, n. 24086 del 11/4/2012, Di Nicola, Rv. 253056; Sez. 3, n. 6591 del 24/11/2011 (dep. 2012), D'Onofrio, Rv. 252441; Sez. 3, n. 30224 del 21/6/2011, Floridia, Rv. 251284; Sez. 3, n. 23076 del 27/4/2011, Coppa, non massimata; Sez. 3, n. 33767 del 10/5/2007, Puleo, Rv. 237375; Sez. 3, n. 38142 del 26/9/2001, Tucci, Rv. 220269).
È stata inoltre ritenuta irrilevante la eventuale precarietà dell’intervento, attesa la natura formale dei relativi reati ed il fine di consentire il controllo preventivo, da parte della pubblica amministrazione, di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche (Sez. 3 n. 23076\2011, cit.; Sez. 3, n. 38405 del 9/7/2008, Di Benedetto, Rv. 241288; Sez. 3, n. 37322 del 3/7/2007, Borgia, Rv. 237842; Sez. 3, n. 48684 del 28/10/2003, Noto, Rv. 226561; Sez. 3, n. 33158 del 29/5/2002, Bianchini, Rv. 222254).
Per le stesse ragioni si è ritenuto non assuma neppure rilevo la natura pertinenziale dell'intervento (Sez. 3, n. 7353 del 3/5/1995, Catanzariti, Rv. 202079).
In un caso, riguardante la collocazione di cartellonistica autostradale, si è avuto modo di precisare ulteriormente che anche interventi apparentemente «minori» possono assumere concreto rilievo sul piano della pericolosità e che nella valutazione relativa a tale aspetto concorrono, con l'elemento dimensionale, anche altri elementi, quali, ad esempio, le modalità di collocazione del manufatto, la morfologia del sito, la pendenza del terreno, le modalità di realizzazione delle strutture di sostegno, ecc. in quanto suscettibili di accrescere il grado di pericolo per l'incolumità pubblica. Aggiungendo, altresì, che da tale valutazione non si può prescindere neppure per le zone in cui il grado di sismicità non sia particolarmente elevato (così Sez. 3 n. 24086\2012, cit.).
I richiamati principi sono stati successivamente ribaditi con riferimento a muri di semplice recinzione costruiti con "forati" (Sez. 3, n. 9126 del 16/11/2016 (dep. 2017), Aliberti, Rv. 269303) ed alla chiusura di una veranda mediante mattoni del medesimo tipo (Sez. 3, n. 48950 del 4/11/2015, Baio, Rv. 266033), escludendosi anche ogni possibilità di deroga per particolari categorie di opere stabilite da disposizioni amministrative regionali (Sez. 3, n. 19185 del 14/1/2015, Garofano, Rv. 263376).
Si è anche espressamente escluso che l’applicabilità della disciplina antisismica riguardi i soli edifici in cemento armato (Sez. 3, n. 48005 del 17/9/2014, Gulizzi e altro, Rv. 261155; Sez. 3, n. 34604 del 17/6/2010, Todaro, Rv. 248330, cit.)
4. La sentenza impugnata non è, dunque, errata sul punto, risultando, al contrario, perfettamente allineata ai principi sopra enunciati, mentre del tutto errate risultano le affermazioni contenute in ricorso.
Va conseguentemente ribadito che qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio amato, indipendentemente dalla natura dei materiali usati, dalla tipologia delle strutture realizzate, dalla natura pertinenziale o precaria, deve essere previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli e necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo, conseguendone, in difetto, l’applicazione delle relative sanzioni, sfuggendo a tale disciplina solo gli interventi di semplice manutenzione ordinaria.
5. Va peraltro osservato che, con argomentazioni in fatto pienamente coerenti ed, in quanto tali, non suscettibili di censura in questa sede, il Tribunale ha chiaramente escluso che la realizzazione degli interventi di cui al capo di imputazione si sia resa necessaria, come indicato in ricorso, al fine di rimediare alle conseguenze di rilevanti eventi atmosferici, ponendo in evidenza come la tipologia stessa degli interventi, quali la realizzazione di nuove aperture di porte e finestre e l’ampiezza degli spazi liberati, deponesse in senso decisamente contrario rispetto alla dichiarata provvisorietà ed urgenza delle opere, portando il giudice del merito ad escludere, del tutto ragionevolmente, il successivo reinterro del manufatto.
6. Anche la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato risulta correttamente ritenuta nel giudizio di merito, con conseguente manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso.
In particolare, la effettiva natura e consistenza degli interventi realizzati accertata in fatto dal giudice del merito evidenzia, di per sé, le precise finalità perseguite dai ricorrenti, essendo evidente l’intenzione di incrementare la volumetria utile del manufatto originario liberando dal terreno la parte interrata e dotandola di aperture atte a consentirne l’utilizzazione, così come gli interventi di sbancamento e realizzazione di un piazzale e modifica della rampa di accesso.
Del tutto indimostrato risulta, invece, l’asserito affidamento dei prevenuti circa la legittimità dell’intervento eseguito ed, anzi, lo stesso è platealmente smentito proprio da quanto evidenziato dal Tribunale, nonché dalla altrettanto insussistente situazione di emergenza che avrebbe giustificato la realizzazione delle opere.
7. Per le stesse ragioni risulta di macroscopica evidenza anche l’infondatezza del terzo motivo di ricorso.
8. Il quarto motivo di ricorso non merita miglior sorte, poiché sulla base del medesimo, errato, ragionamento i ricorrenti lamentano la mancata declaratoria di prescrizione del reato.
Essi assumono, infatti, che la decorrenza del termine andrebbe calcolata dalla data di ultimazione delle opere regolarmente assentite (anno 2012), non assumendo alcun rilievo quelle successive per le infondate ragioni di cui si è detto.
In realtà, come accertato in fatto, ancora una volta in maniera del tutto condivisibile, dal giudice del merito, all’atto dell’accertamento, avvenuto il 9/10/2013, le opere di cui al capo di imputazione erano ancora in corso di esecuzione, come dimostrato dalla documentata presenza di macchine operatrici e di materiale da costruzione, nonché dalla condizione dei luoghi, che presentavano ancora la installazione di impalcature a ridosso del fabbricato.
Il termine quinquennale, cui va peraltro aggiunto un periodo di sospensione per legittimo impedimento degli imputati, da calcolarsi a far data dal suddetto accertamento, non risulta ad oggi ancora interamente decorso.
9. Anche il quinto motivo di ricorso risulta manifestamente infondato, poiché, nel non riconoscere ai ricorrenti le circostanze attenuanti generiche, il Tribunale ha posto in evidenza l’assenza di “qualsivoglia profilo di meritevolezza” ad esclusione della mera assenza di precedenti penali, dimostrando, ancora una volta, perfetta aderenza ai principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, il riconoscimento delle attenuanti generiche presuppone la sussistenza di positivi elementi di giudizio e non costituisce un diritto conseguente alla mancanza di elementi negativi connotanti la personalità del reo, cosicché deve ritenersi legittimo il diniego operato dal giudice in assenza di dati positivi di valutazione (Sez. 3, n. 19639 del 27/1/2012, Gallo, Rv. 252900; Sez. 1, n. 3529 del 22/9/1993, Stelitano, Rv. 195339 ; Sez. 6, n. 6724 del 1/2/1989, Ventura, Rv. 181253).
10. I ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili e alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 2.000,00 per ciascun ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 (duemila) ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 9/7/2018