Valutazioni
critiche sulle più recenti proposte
normative in tema di tutela dell’ ambiente
Alberta Leonarda Vergine
Il
diritto sanzionatorio ambientale è , da sempre , terreno di scontro tra
orientamenti che sembrano attestati su fronti opposti, sostenuti da opinioni
assolutamente inconciliabili ( V. le polemiche tra “falchi” e “colombe”
dell’ecologia , per tutti AMENDOLA, La
tutela penale dall’inquinamento idrico. Manuale operativo, II ed. , 1993 ,
4 ss. e, prima ancora ,
AMENDOLA-BOTRE’, Italia inquinata, Roma,
1978 , passim; AMENDOLA, Inquinati
e inquinatori. Storia e cronaca della legge Merli,Roma, 1979, passim).
Personalmente
riteniamo che ,a parte due assai limitati schieramenti che vedono
irrimediabilmente tra loro contrapposti i sostenitori della depenalizzazione
“totale” dei reati ambientali (
intendendo per tale la pura e semplice abolizione delle ipotesi di reati
ambientali che , dopo tale intervento, diventerebbero comportamenti
assolutamente leciti , sul punto , criticamente, già a suo tempo v. BAJNO,
La tutela penale dell’ambiente nel diritto penale, Riv.trim.dir.pen.ec.,1990,
341 ;più recentemente v. VERGINE, L’Italia
ha sottoscritto La Convenzione europea per la tutela dell’ambiente mediante il
diritto penale, Dir. pubbl. comp. e europ., 2001, 413) ed i sostenitori
della penalizzazione altrettanto indiscriminata di ogni illecito riconducibile
all’ambito del diritto ambientale (inteso nel senso più ampio
dell’espressione),la più parte degli studiosi della materia condivida la
stessa ansia di efficace repressione dei comportamenti aggressivi del bene
ambiente, pur non condividendo completamente le soluzioni prospettate per
arrivare al medesimo traguardo (v. VERGINE , Valutazioni
in tema di tutela dell’ambiente nel diritto penale , Riv.trimdir.pen.ec., 1996,
1194 ; più in generale sulla questione depenalizzazione-decriminalizzazione v.
anche BRACCIALINI, Problemi e protagonisti
della depenalizzazione, in a cura di PEPINO, Garanzie ed effettività delle tecniche di tutela , 1993 , 113
laddove sostiene che “depenalizzare non significa sbaraccare il diritto
penale” ).
Esemplari
della cennata situazione le diverse reazioni che tra gli studiosi del settore si
sono avute dopo che, all’inizio
del 2003 , nel giro di soli
quindici giorni l’orizzonte del diritto sanzionatorio ambientale
nazionale e comunitario è stato squassato, almeno a prima lettura , da
proposte e scelte in materia ambientale di segno apparentemente così
diverso che da parte di taluno (DRAGANI, www.retemabiente.it/ra/ra_test/istituzioni)
si è addirittura parlato di “rotta di collisione“.
In
rapida successione : il 14 gennaio 2003 viene
presentato e illustrato alla stampa il ddL recante la riforma del codice penale
proposto dalla Commissione Ministeriale presieduta da Carlo Nordio
che contiene una sezione dedicata alla depenalizzazione e abrogazione dei
reati minori che coinvolge anche alcune violazioni in senso lato ambientali ; il
27 gennaio il Consiglio della Ue approva la decisione quadro 2003/80/GAI in base
alla quale i governi locali avranno tempo fino al gennaio 2005
per adottare misure più severe ( prevedere
reati ) per arginare alcune condotte lesive dell’ambiente
; il 28 gennaio 2003 è pubblicata la proposta (modificata) della
Direttiva relativa alla tutela dell’ambiente attraverso il diritto penale
votata dal Parlamento Europeo il 9.4.2002 il cui indirizzo è assolutamente
chiaro già solo leggendone il titolo ( vale la pena dar conto del fatto che,
alla fine di marzo 2003, la
Commissione Europea ha fatto ricorso alla Corte di Giustizia per
l’annullamento della decisione-quadro del Consiglio d’Europa in quanto il
Consiglio l’avrebbe adottata “senza tenere conto del fatto che era stata
presentata una proposta di direttiva sul medesimo argomento ; inoltre sono state
utilizzate come base giuridica le disposizioni del titolo VI del Trattato
dell’Unione relative alla cooperazione giudiziaria penale. La base giuridica
corretta – spiega una nota – per imporre agli Stati membri di prevedere
sanzioni penali contro le infrazioni nei confronti dell’ambiente è l’art.
175 del Trattato che istituisce la Comunità europea , che è il riferimento
consueto per tutte le materie ambientali” così in Il
sole24ore ,1.4.2003 ).
Ciò
posto, ci interroghiamo : veramente il legislatore ( della riforma)
italiano marcia in senso contrario a quello europeo ? Veramente il nostro
domani sembra si voglia sia connotato dalla assoluta impunità per gli
inquinatori? Veramente ci si sta avviando a “trasformare i grandi crimini
ambientali in sanzioni della stessa tipologia giuridica prevista per il
parcheggio della macchina in divieto di sosta” ( SANTOLOCI-MAGLIA, Reati
ambientali : depenalizzazione? RivistAmbiente
,2002,4,476 )?
Veramente
ci stanno proponendo di cancellare dalla vigente legislazione penale
“gli ultimi brandelli di norme a tutela dell’ambiente”
(SANTOLOCI-MAGLIA , Op.loc.cit.)?
Verifichiamo
con ponderata attenzione i contenuti delle singole proposte, prima di lasciarci
andare al catastrofismo oggi tanto
di moda, ma che ci pare sinceramente tanto eccessivo quanto improduttivo, quanto
meno con riferimento alle accennate iniziative.
E
ci sentiamo di assumere questo atteggiamento perché da tempo immemorabile
predichiamo , unitamente ad una ponderata depenalizzazione – non
“liceizzazione” tout court,
ribadiamo – di alcuni reati ambientali bagatellari , la penalizzazione , come
delitti si badi , non come innocue contravvenzioni , dei reati ambientali che
effettivamente pongano in pericolo , quando addirittura non danneggino le
risorse ambientali ( da ultimo v. VERGINE, A
proposito dell’art. 53 bis del d.lgs. 22/97, Riv.trim.dir.pen.ec.2001, p.
1023 ss.; VERGINE, Luci ed ombre della
legislazione ambientale, www.lexambiente.com
,2002 ).
Andando
per ordine cronologico guardiamo all’interno del progetto di depenalizzazione
dei reati minori ( e della Relazione che l’accompagna ) ed individuiamo quali
“gravi” ( ad avviso,almeno, dei più severi censori dell’iniziativa) reati
ambientali si propone vengano depenalizzati .
Una
prima annotazione di non marginale
rilievo : la Relazione di accompagnamento della proposta , redatta dal gruppo di
lavoro coordinato dal prof. Trapani , allude alla “obiettiva incertezza sulla
effettiva vigenza attuale di molte disposizioni penali “ dipendente anche
“dalla sciatta e deprecabile prassi legislativa” costituita dal malvezzo del
legislatore di non abrogare espressamente le norme che si sostituiscono , ma di
limitarsi ad un “semplice e generico riferimento alla loro incompatibilità
con la nuova normativa” ( in questi termini testuali la Relazione al Progetto di
depenalizzazione e abrogazione dei reati minori, in Diritto penale XXI secolo , 2003, p. 81 ss. , in specie 85.
Nell’evidente consapevolezza di questa “cattiva abitudine”, il DDL avente
ad oggetto “delega al governo per il riordino il coordinamento e
l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta
applicazione” approvato dal Senato , con ricorso al voto di fiducia, nel
maggio 2003, prevede al comma 3 dell’art. 1 che “i decreti legislativi di
cui al comma 1 rechino l’indicazione espressa delle disposizioni abrogate
a seguito della loro entrata in vigore”) , ciò posto,
non può non stupire l’infortunio in cui è incorsa la stessa
Commissione che ha fatto riferimento a un testo normativo ampiamente (e
recentemente) integrato e modificato e a norme espressamente abrogate dal
legislatore. Alludiamo al d.lgs. 230/95 che è stato ancora citato con la
“vecchia” rubrica , e non con l’attuale che fa riferimento
anche alla direttiva Euratom 96/29 , e che è stato ad oggi
massicciamente integrato modificato
e in alcune sue norme abrogato dal D.lgs. 241/00 , dal D.lgs.187/00, dal
D.lgs.151/01 e dal D.lgs.257/01 .
Ma
al di là di questa non certo marginale annotazione , esaminiamo i contenuti della proposta che , espressamente ,
la Relazione citata dice non si è voluto coinvolgesse le “grandi normative”
extra codicem «concernenti materie che, per la loro specialità e per la
stretta interrelazione con profili extrapenali, sono storicamente per lunga
tradizione estranee al sistema del codice penale e di cui comunque , in sede di
riforma, è indispensabile una trattazione organica : si pensi, per tutte, alla
materia della sicurezza e dell’igiene del lavoro o all’urbanistica e
all’edilizia» ( Relazione, cit. , p. 87 ) e, noi aggiungeremmo, alla
materia della gestione dei rifiuti e a quella della tutela delle acque ( che
,infatti, non sono interessate alla proposta di depenalizzazione). E subito
corre l’obbligo di segnalare un altro infortunio della Commissione ,
anch’esso non gravissimo ,ma che desta un qualche stupore : il primo
intervento proposto al Capo II dell’articolato Depenalizzazione di reati
previsti da leggi speciali , è proprio relativo al Decreto Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001 , n. 380
« recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia».
Comunque
, e sottolineato che l’intervento
proposto sul T.U. urbanistico è
relativo a contravvenzioni che il legislatore del 2001 si era ostinato a
prevedere come tali per poi punirle con la sola ammenda contenuta in tariffe che
definire esigue è eufemistico , possiamo verificare che , per quanto attiene
alla materia ambientale , sia pure in senso lato, la Commissione propone di
depenalizzare anzitutto alcune, non certo
allarmanti , previsioni della
ormai remotissima legge “antismog” ( rectius:
della parte di quella legge sopravvissuta alle abrogazioni implicite ed
esplicite conseguenti alla nuova disciplina
di parte della materia ad opera del d.P.R. 230/88 e successivi
provvedimenti integratori dello stesso , sul punto v. VERGINE, Scarichi
nell’aria (reati relativi), Dig./pen.vol. XIII , Torino ,1998, p.38 ss. )
che in nessun modo sono riconducibili alle fattispecie che il legislatore
comunitario suggerisce (impone) di penalizzare . Per esemplificare si propone di
depenalizzare la condotta di omessa denuncia al comando VVFF
, nel termine di 15 gg, di installazione o trasformazione o ampliamento
di un impianto termico ad oggi punita con la sola ammenda da € 15 a € 77 ,
ma al contempo si impone una sanzione amministrativa di € 300. Seguendo un principio generale enunciato nella
Relazione, per il quale « la sanzione minima non può essere comunque inferiore
a € 300 - misura di sanzione spesso utilizzata come pena fissa , specie
laddove l’ammenda originaria , sia pure considerata nel massimo , appaia
quantitativamente irrisoria» ( Relazione, cit. 90). Ed anche le altre
fattispecie che si propone vengano depenalizzate vedono la tariffa
amministrativa congruamente elevata rispetto alle originarie , incredibilmente
esigue quantificazioni .
Quanto
, invece , alle contravvenzioni di cui a due provvedimenti inerenti
l’imballaggio e l’etichettatura di sostanze
e preparati pericolosi ( rispettivamente il d.lgs. 52/1997 e il d.lgs.
285/98 ) , anche in questo caso si propone vengano depenalizzate due
contravvenzioni ad oggi punite con la sola ammenda, ma si chiede siano
sanzionate con una pena pecuniaria di entità maggiore della attuale ( almeno
per quel che concerne il minimo), e due contravvenzioni punite con la sola pena
detentiva , relative ai «casi di maggiore gravità» - ma pur sempre
consistenti in inosservanze relative a disposizioni attinenti imballaggi ed
etichettature – che si propone vengano punite con sanzioni amministrative di
una certa rilevanza .Va da sè che nessuna delle fattispecie prese in
considerazione dal legislatore della riforma è in qualche misura riconducibile
ai modelli di comportamenti che il legislatore europeo vuole penalizzati . Ma di
ciò meglio in seguito.
Per
quanto attiene alla normativa a difesa del mare ( sulla quale ci permettiamo
rinviare a BAJNO-VERGINE-MORANDI, Modelli
di incriminazione e indicazioni di riforma per la tutela del mare, in La
tutela del mare .Contributi per una discussione, Milano , 1992 , 70 ss.) si
propone la depenalizzazione di un comportamento meramente formale - omessa
annotazione sui “libri di cui all’art. 169 Cod. nav. “ di sversamento o
perdita di idrocarburi da nave e omessa sottoscrizione di ogni pagina del
registro degli idrocarburi - che non compromette la rilevanza penale , sotto
altro profilo e con riferimento a fattispecie delittuose del codice penale ,
delle «altre irregolarità nella
tenuta e compilazione di detti registri» ( così RAMACCI ,Brevi
considerazioni in materia di “reati ambientali” e previsioni di
depenalizzazione, RivistAmbiente , 2003, 4, 485 ; di contrario avviso PISA ,
Prospettive di una nuova depenalizzazione
: “il progetto Castelli”, Dir.pen.proc.,2003, 3, 270 che auspica,
proprio per questi comportamenti , “un inasprimento della sanzione penale”).
Quanto
alla già citata normativa in tema di radiazioni ionizzanti , riesce difficile
intuire quale sia stato il filo rosso che ha condotto il legislatore della
riforma a scegliere proprio quei comportamenti per trasferirli nell’ambito
degli illeciti amministrativi. Il settore è invero eccessivamente ricco di
contravvenzioni ( sul punto ci permettiamo di rinviare a VERGINE-GIROLETTI, Radiazioni
ionizzanti.Protezione della popolazione,di lavoratori e dei pazienti, Napoli,
2003, 69 ss.) , ma se proprio si voleva dedicarsi a questa tematica ,
curiosamente quanto ingiustificatamente non ritenuta meritevole dello stesso
trattamento di esclusione dagli interventi riservato agli altri testi
“complessi” della normativa
ambientale , forse era il caso di rivolgere l’attenzione esclusivamente a
quella pletora di contravvenzioni meramente formali che la “infestano” e
lasciare penalmente rilevanti , magari suggerendo addirittura di accentuarne la
severità del trattamento sanzionatorio - non
solo in termini aumenti di pena , ma anche di scelta di modelli
incriminatori - quelle relative ai
rifiuti radioattivi o all’inosservanza di obblighi di informazione e
attivazione in caso di contaminazione radioattiva in presenza di eventi che
comportino “un significativo incremento del rischio
di esposizione della popolazione” , le quali - al contrario ed
in assenza , nella Relazione, di indicazioni circa i criteri utilizzati a
sostegno delle scelte effettuate ( anche RAMACCI , op.cit., 484,
sottolinea l’inopportuno silenzio del legislatore della riforma sul punto ) -
si propone vengano punite con la sola sanzione amministrativa .
Ancora
, si propone la depenalizzazione di una fattispecie
relativa al contenuto di zolfo nel gasolio di non particolare interesse ,
iniziativa del tutto opportuna,
anche «in considerazione del successivo [ al d.lgs.97/92 del cui art. 3 si
propone la depenalizzazione] intervento del D.P.C.M. 7 settembre 2001 , n. 395
avente ad oggetto il recepimento della direttiva 99/32/CE relativa alla
riduzione del tenore dello zolfo in alcuni combustibili liquidi.» ( così
RAMACCI, op.ult.loc.cit.).
Valutazioni
analoghe possono essere fatte relativamente alla norma di cui al d.P.R. 485/82
relativa al contenuto di piombo nella benzina : invero la fattispecie prevede
sanzione detentiva congiunta con la pecuniaria , ma risultando ad
oggi detta norma quasi del tutto inapplicata
, più che di una proposta di depenalizzazione , nel caso si tratta di
una presa d’atto di una “depenalizzazione di fatto” della suddetta
previsione.
Anche
il comma 6 dell’art. 3 della L. 549/93 , che punisce chi non si attiene alle
misure imposte da leggi e regolamenti nelle attività di produzione , consumo,
importazione, esportazione, detenzione e commercializzazione di sostanze lesive
dell’ozono stratosferico , con arresto
e ammenda è stato oggetto di proposta di depenalizzazione . Si è fatto notare
( RAMACCI, op.cit., 484) che , anche a seguito di successivi interventi
legislativi di modifica ed integrazione della complessiva disciplina,«l’incidenza
della depenalizzazione sarebbe pressoché irrilevante» , ma che , proprio per
questo , sarebbe auspicabile il mantenimento della sanzione penale. Non
condividiamo totalmente l’asserto , e ci limitiamo a sottolineare come , anche
in questo caso , la condotta all’esame non sia comunque riconducibile a
nessuna di quelle di cui il legislatore europeo auspica la penalizzazione.
Infine
,due interventi di depenalizzazione relativi l’uno , il d.lgs. 275/01,
al commercio di specie animali e vegetali protette e l’altro ,la L.
157/92 , relativa alla protezione della fauna selvatica omeoterma e al prelievo
venatorio . Sia l’uno che l’altro sono probabilmente le condotte che più ci
ricordano alcune tra quelle che il legislatore europeo vorrebbe penalizzate e la
mancanza , nella Relazione, di qualsiasi indicazione che giustifichi la scelta
lascia quantomeno perplessi ( altri si sono dichiarati addirittura stupefatti «
si può contrastare con argomenti logici qualcosa di fantasticamente illogico?»
v.SANTOLOCI-MAGLIA, op.cit., 477) . Non sembra, infatti, molto coerente
con se stesso un legislatore che mentre chiede sia previsto come delitto ,e non
più solo contravvenzione, il maltrattamento di animali “si accinge a
trasformare in infrazione amministrativa l’abbattimento di una cicogna in un
parco nazionale o di un raro rapace in periodo di caccia chiusa” (SANTOLOCI-MAGLIA,
op.ult.loc.cit.). Del resto si tratta sempre dello stesso
legislatore che , contemporaneamente, chiede siano depenalizzate le
contravvenzioni ad oggi punite con tariffe penali estremamente limitate (v. Relazione,
cit.) e propone che sia introdotto il nuovo reato , contravvenzionale, punito
con arresto da venti giorni a tre mesi e con l’ammenda da 200 a 1000 euro , di
“esercizio reiterato della prostituzione in luogo pubblico o aperto al
pubblico”. “Ogni ulteriore commento è superfluo”(PISA, op.ult.cit.,271).
E
passiamo ora alle proposte del legislatore “europeo”.
Come
si è anticipato , le due iniziative non sono tra loro coordinate, anzi
la Commissione ritiene addirittura illegittima la decisione quadro ,
comunque va da sé che , come è stato tempestivamente segnalato (SETTI, Tutela
penale dell’ambiente : conflitto istituzionale tra gli organi dell’Unione?
Ambiente, 3, 2003, 245), le due stesse hanno un’origine comune anche se
poi vengono suggeriti percorsi diversi :«il punto di partenza ,è evidentemente
, comune agli organi dell’Unione: la tutela dell’ambiente non ha trovato in
Europa uno strumento sufficiente nelle numerose fonti normative di produzione
comunitaria , a causa della loro scarsa applicazione all’interno degli Stati
membri. Si ritiene , quindi, necessario che i singoli Stati puniscano più
severamente , attraverso lo strumento della sanzione penale, le violazioni delle
norme comunitarie poste a tutela dell’ambiente. La questione controversa si
incentra ,invece, sull’opportunità di imporre [ direttiva] o semplicemente
consigliare [decisione quadro] la tutela penale agli Stati » ( per un primo
esame delle due contrapposte iniziative v. SALAZAR-VENTURELLI, La
protezione dell’ambiente attraverso il diritto comunitario , ivi, 4, 335
ss. in specie 336).
Questa
non è certo la sede per esaminare la questione del presunto ( o reale )
conflitto istituzionale tra i due organi dell’Unione, nè chi scrive possiede
la specifica competenza per affrontare l’argomento , qui meritano piuttosto
d’essere esaminate le scelte penalistiche “di dettaglio” operate nei due
provvedimenti . Poichè « il progetto originario di direttiva prevedeva un
allegato che richiamava , in maniera tassativa, le disposizioni legislative
comunitarie la cui violazione sarebbe dovuta essere sanzionata penalmente [ ,ma]
il Parlamento ha introdotto una serie di emendamenti che hanno condotto alla
soppressione dell’allegato, limitandosi ad obbligare gli Stati a sanzionare
condotte già chiaramente vietate dall’acquis communautarire in materia
ambientale» ( SETTI , op.cit., 246) , esamineremo soltanto , e comunque
in modo estremamente rapido, i “suggerimenti
penalistici” della decisone quadro.
Anzitutto
le sanzioni penali da adottarsi dovranno essere “effettive, proporzionate e
dissuasive” (art. 5 comma 1) e per i casi più gravi “privative della libertà
personale che possano comportare l’estradizione” , in secondo luogo il
ventaglio delle sanzioni penali può essere arricchito da “altre sanzioni o
misure” .Tra queste , per le persone fisiche, il “divieto di esercitare
un’attività” che debba essere preventivamente autorizzata, o di “fondare,
gestire o dirigere una società o una fondazione allorché i fatti che hanno
indotto alla sua condanna inducano a temere che possa essere intrapresa
nuovamente un’iniziativa criminale analoga” (art. 5 , comma 2).
Ancora:
i reati dovranno essere puniti non solo quando commessi con dolo (art.2 :
“Reati intenzionali”) , ma anche quando commessi con colpa ( art. 3 :
“Reati di negligenza”, ove si fa riferimento alla “grave negligenza”,
espressione che taluno , BIANCHI, Reati
senza frontiere a tutela dell’ambiente,Ambiente , 2003, 545, ha inteso
come sinonimo di “colpa cosciente” ) e dovrà essere punito non solo
l’autore materiale , ma anche ogni concorrente sia materiale che morale ( art.
4 : “Partecipazione e istigazione ad un reato”).
Anche
le persone giuridiche dovranno poter essere dichiarate responsabili dei reati
commessi a loro vantaggio “da qualsiasi persona che agisca individualmente o
in quanto parte di un organo della persona giuridica ,la quale detenga una
posizione dominante in seno alla persona giuridica” (art. 6) e punite con
“sanzioni effettive,proporzionate e dissuasive” (art. 7) tra le quali si
suggeriscono : “l’esclusione dal godimento di vantaggi o aiuti pubblici”,
il “divieto temporaneo o permanente di esercitare l’attività” ,
“l’obbligo di adottare misure specifiche al fine di evitare le conseguenze
di condotte analoghe a quelle che anno condotto alla responsabilità penale”
(art. 7).
La
decisione vincola poi gli Stati ad adottare “ i provvedimenti necessari per
definire la sua competenza giurisdizionale “con riferimento
a questi reati ambientali quando commessi “interamente o in parte nel
suo territorio , anche se gli effetti si sono verificati interamente altrove; a
bordo di una nave o aeromobile battente la sua bandiera; a vantaggio di una
persona giuridica residente nel territorio, da un suo cittadino , se il reato è
punibile a norma del diritto penale luogo in cui è stato commesso o se tale
luogo non rientra in nessuna competenza giurisdizionale” (art. 8).
Infine
: “ciascuno Stato membro , che in virtù della propria legislazione non
estrada ancora i propri cittadini” deve adottare “i provvedimenti necessari
a stabilire la propria competenza giurisdizionale per i reati (ambientali….)
commessi da un suo cittadino al di fuori del proprio territorio” e “ove uno
dei propri cittadini sia sospettato di avere commesso in un altro Stato membro
un reato (ambientale),non procede ancora alla estradizione di questa persona
verso l’altro Stato membro unicamente a motivo della cittadinanza” deve
sottoporre “il caso al giudizio delle autorità nazionali competenti ai fini
di un’eventuale azione penale” (art.9).
Quanto
ai comportamenti che dovrebbero
essere perseguiti penalmente,sia quando commessi, come si è già detto,
con dolo sia quando commessi con colpa , individualmente o in concorso
tanto materiale che morale , essi sono : le attività di “scarico, emissione
od immissione nell’aria , nel suolo o nelle acque di sostanze o radiazioni
ionizzanti che causino morte o
lesioni gravi alla persona” (art. 2 , lett.a) ; le attività di scarico,
emissione o immissione “illecite” di sostanze o radiazioni ionizzanti
nell’aria , nel suolo o nelle acque che ne provochino o ne possano provocare
“il deterioramento durevole o sostanziale” o che causino morte o lesioni
gravi alla persona, o ancora “provochino danni rilevanti a monumenti protetti,
ad altri beni protetti, al patrimonio, alla flora, alla fauna” (lett.b);
“l’eliminazione, il trattamento, il deposito, il trasporto, l’esportazione
o l’importazione illeciti di rifiuti , compresi i rifiuti pericolosi, che
provochino o possano provocare la morte o lesioni gravi alle persone o danni
rilevanti alla qualità dell’aria , del suolo o delle acque, alla fauna o alla
flora (lett.c); “il funzionamento illecito di un impianto in cui sono svolte
attività pericolose che provochi o possa provocare , all’esterno
dell’impianto , la morte o lesioni gravi alle persone
danni rilevanti alla qualità dell’aria , del suolo o delle acque, alla
fauna o alla flora” (lett.d); “la fabbricazione, il trattamento, il
deposito, l’impiego,il trasporto, l’esportazione,l’importazione illeciti
di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose che provochino
o possano provocare la morte o lesioni gravi alle persone
danni rilevanti alla qualità dell’aria , del suolo o delle acque, alla
fauna o alla flora” (lett.e); “il possesso , la cattura, il danneggiamento,
l’uccisione o il commercio illeciti di esemplari di specie protette animali o
vegetali o di parte di esse, quantomeno ove siano definite dalla legislazione
nazionale come minacciate di estinzione” (lett.f); “il commercio illecito di
sostanze che riducono lo strato di ozono (lett.g).
Anche
solo una superficiale lettura dei disposti - lett. a) lett.e)
- agevolmente consente di comprendere come
il legislatore sopranazionale pretenda che il presidio penale operi
qualora l’attività di scarico , immissione o emissione di sostanze o
radiazioni ionizzanti , anche se legittima , e tanto più se illegittima ,
provochi morte o lesioni gravi.
In
altri termini , il modello proposto non è quello “classico” del nostro
sistema sanzionatorio ambientale organizzato sulla assenza di autorizzazione o
sul superamento di limiti di accettabilità , ma quello che vede la condotta di
scarico (emissione e/o immissione) quale causa
( effettiva o potenziale , quindi reati di danno o di pericolo concreto ) di
morte , lesioni (gravi) o danni permanenti alle risorse tutelate.
L’iniziativa
non può che vederci concordi , già in tempi non sospetti ( riassuntivamente v.
VERGINE , Ambiente nel diritto penale
(tutela dell’), Dig.pen.,vol. IX , Torino, 1995 ) avevamo inutilmente
proposto analoghe tipologie di incriminazioni. Ed è anche di tutta evidenza che
, se non altro con riferimento alle condotte causali di morte e/o lesioni ,
anche in assenza di una previsione di delitto ambientale specifico ,
tranquillamente oggi sono contestabili i reati di omicidio e lesioni dolosi o
colposi causate da condotte quali quelle indicate nella decisione quadro ( per
tutte v. le incriminazioni di cui al proc.pen. 115/98 R.G. Tribunale di Venezia,
conclusosi con la sentenza n. 173 del 22.10.2001 . depositata il 29.5.2002 , ai
più noto come il Processo di Porto Marghera) .
Né
il contenuto della decisione quadro si discosta molto da quello di cui alla
Convenzione del Consiglio di Europa sulla protezione dell’ambiente mediante il
diritto penale sottoscritta dall’Italia nel settembre 1999 ( sul punto v.
VERGINE, L’Italia ha sottoscritto,cit.).
Non
nutrirei molta preoccupazione, pertanto, per la presunta , almeno a nostro
avviso, rotta di collisione tra intendimenti del legislatore europeo e
intendimenti del legislatore della riforma del codice penale e della
depenalizzazione ed abrogazione dei reati minori . Molta maggiore preoccupazione
, invece, desta in chi scrive ( ma non solo , molti studiosi si sono già
dichiarati perplessi su questo testo ed anche assai di recente alcuni componenti
la Commissione Ambiente della Camera dei Deputati hanno scritto al Presidente
della Repubblica una lettera con la quale lo invitano a valutare detta legge
“con autorevole attenzione “ vista” la delicatezza estrema della
situazione che riveste il bene ambientale” , per il testo completo v. www.tutoambinete.it/comm/delegaciampi.html
) il contenuto della c.d. “ legge delega ambientale”.
Del
DDL in questione (31) , infatti, già
lascia un po’ perplessi , per usare ancora un eufemismo, la scelta di
ricorrere “alla legge delega e, poi, al voto di fiducia riducendo il dibattito
parlamentare su questioni di primaria importanza” (32) ,
quale , tra le altre , quella ambientale, ai
minimi termini .Ancora più perplessi lascia la opzione a favore della redazione
dei testi ad opera di una mega-commissione di 24 esperti “scelti tra
professori universitari, dirigenti apicali di istituti pubblici di ricerca ed
esperti di alta qualificazione nei settori e nelle materie oggetto della
delega” ( art. 1 ,comma 11) assistiti da una segreteria tecnica composta da 20
unità (art.1, comma 12) , scelta questa che fa temere , con qualche serietà ,
un ricorso indiscriminato al “Manuale Cancelli” per la individuazione dei
componenti le due “unità operative” (33).
Ma
calando nel concreto , lascia addirittura desolati verificare che nella realtà dei fatti nulla il legislatore
ha voluto “innovare” nel settore che ci occupa ( e preoccupa) ; né in
generale , né, tanto meno, nel non certo soddisfacente sistema sanzionatorio.
In altri termini, nessuna delle sensate proposte che da anni si vanno formulando
in argomento viene accolta , rectius:
può venire accolta . Al contrario : è proprio la scelta di ricorrere ad un
Testo unico che “tarpa le ali” alla fantasia innovatrice del legislatore
posto che “ pur nel controverso dibattito dottrinale, i caratteri qualificanti
del testo unico sono da rinvenirsi proprio nell’intento di unificare e
coordinare leggi vigenti , e riguardanti la medesima materia, ma formalmente
distinte : proprio l’assenza di forza sostanzialmente novativa, o comunque la
limitazione alle integrazioni necessarie alla realizzazione del coordinamento
della disciplina materiale , giustifica l’assegnazione (dei testi unici) al
genere delle consolidazioni” ( così RIGANO ,Il
fenomeno della decodificazione nel quadro del sistema costituzionale delle fonti
del diritto , Relazione al Convegno “Politica criminale e riforma della parte speciale tra
“codificazione” e “decodificazione””, Teramo 7-9 giugno 2001 , in
corso di pubblicazione, p. 6 del dattiloscritto) . A conferma : il disposto
dell’art. 1 , comma 8, lett. i) laddove si afferma che , anche se i decreti
legislativi emanandi dovranno offrire “garanzia di una più efficace tutela in
materia ambientale anche mediante il coordinamento e l’integrazione della
disciplina del sistema sanzionatorio, amministrativo e penale” è altrettanto
vero che dovranno restare “ fermi (…) i limiti di pena e l’entità
delle sanzioni amministrative già stabiliti dalla legge” .
(1)
Dimentichiamoci ,
quindi , per il prossimo futuro di una più meditato assetto incriminatorio che
veda utilizzato anche il modello delittuoso (ancora di recente nel Rapporto
Ecomafia 2003 , L’illegalità ambientale in Italia e il ruolo della criminalità
organizzata ,Legambiente , 9 aprile 2003 , si è sottolineato come la
fattispecie delittuosa , unica nel panorama sanzionatorio ambientale, di cui
all’art. 53 bis del D.lgv.22/97 abbia dato ottimi frutti se non altro in
prospettiva di possibilità di utilizzazione di strumenti di indagine altrimenti
preclusi dalla previsione degli illeciti solo nella forma delle contravvenzioni
, v. in specie p.29 ss.) ; dimentichiamoci la previsione di un ventaglio di
sanzioni accessorie quali la sospensione dell’attività o la temporanea
chiusura dell’insediamento produttivo che possiedono , più delle sanzioni
detentive o pecuniarie , poderosa efficacia disincentivante la ri-commissione
dei reati ; dimentichiamoci l’implementazione del novero dei reati che , se
commessi nell’interesse dell’ente , diano origine , ex
d.lgv. 231/01 , a responsabilità per le persone giuridiche con i reati
ambientali ( come in realtà avrebbe dovuto essere fin dall’origine se il
D.lgv. 231/01 avesse rispettato i contenuti della legge delega , sul punto cfr.
VERGINE , A proposito , loc.cit.).
Nulla
muterà nello sconfortante panorama del diritto punitivo ambientale : solo un
po’ più di ordine nella selvaggia foresta delle attuali, troppe e
disordinate, previsioni
sanzionatorio (v.
GIUNTA, Ideologie punitive e tecniche di
normazione nel diritto penale dell’ambiente, Riv.tri.dir.pen.ec., 2002,
859 che ribadisce come quella
ambientale sia una “disciplina vieppiù disorganica” ). Un po’ poco , in
verità , anche per chi , tempo addietro (v. VERGINE, Ambiente
nel diritto penale, cit. , 676 e successivamente VERGINE , Valutazioni
,cit. 1216) non
giudicava negativamente la proposta di redazione di un codex ambientale in quanto il primo sostenitore di questa iniziativa a chiare lettere aveva
precisato che detto codex non
avrebbe potuto , meglio : dovuto”limitarsi a rappresentare un testo unico
della legislazione vigente ( necessariamente integrato anche da normazioni
relative a settori di intervento ad oggi trascurati , seppur da sempre ritenuti
meritevoli di tutela penale)” , ma si sarebbe dovuto proporre “ anche quale
materiale di elaborazione di una strategia di interventi – per vero ancora
tutta da definire – anche attraverso il confronto e la comparazione con tutte
le legislazioni straniere necessariamente chiamate in corresponsabilità di
tutela”( così BAJNO, Problemi
attuali del diritto penale ambientale, Riv.trimdir.pen.ec.,1988, 456 ; ma già
prima in Ambiente(tutela dell’) nel
diritto penale, Dig./pen., I , Torino, 1987 e successivamente in La
tutela dell’ambiente, cit., 343).
Nulla
muterà , e quindi sempre più lontana deve considerarsi l’auspicata
“rivoluzione copernicana” del diritto penale ambientale
che “consisterebbe nel
passaggio – anzi : nell’inversione- dalla concezione del mondo
antropocentrica – o per precisione , antropocentrica forte – attualmente
dominante , alla concezione geocentrica”( Così PLANTAMURA,Principi
, modelli e forme per il diritto penale ambientale del terzo millennio,
Rivtrim.dir.pen.ec. 2002 ,1027 ).
E
completamente deluse debbono considerarsi le speranze di chi , con respiro
magari meno ampio ( e forse più realistico) , ancora recentemente insisteva
sulla “opportunità di rafforzare l’attuale modello ‘debole’ di tutela
penale dell’ambiente”( così GIUNTA , Ideologie
punitive , cit., 857).
Ma
c’è anche di peggio : una ulteriore fonte di gravi preoccupazioni sono
le modificazioni - che si introducono
, con anomalo procedimento , attraverso la
legge delega per la redazione di un testo unico che non dovrebbe innovare
l’esistente normativo , ma solo coordinarlo -
di vigenti disposti specifici , in specie , ad esempio , quelle di cui al
comma 27 relativo ai rottami ferrosi e non ferrosi provenienti dall’estero
riconosciuti a tutti gli effetti materie prime secondarie derivanti da
operazioni di recupero se dichiarati come tali , o quelle di cui al comma 29
laddove si introducono, tra l’altro, le
definizioni di “materia prima secondaria per attività siderurgiche e
metallurgiche” ( lett. a) e si
propongono nuove “esclusioni” dall’operatività del c.d. Decreto Ronchi
quale quelle del “combustibile
ottenuto da rifiuti urbani e speciali non pericolosi” (lett.b) . Le cui
conseguenze in campo penale non sfuggono neppure ad un distratto lettore e che
entreranno in vigore, se come è molto probabile il testo approvato dal Senato
sarà confermato negli stessi termini alla Camera,
contestualmente alla stessa legge delega . Con ciò creando un
“nuovo” assetto sanzionatorio per il periodo che intercorrerà tra quel
momento e l’entrata in vigore del testo unico i cui redattori , per di più
,di quel nuovo assetto dovranno necessariamente tener conto , con buona pace
della “assenza di forza novativa” che dovrebbe caratterizzare un testo unico
correttamente redatto.
In
conclusione : quest’ultima iniziativa governativa – molto più che non le
proposte della Commissione Nordio - costituisce una ennesima occasione
colpevolmente (volutamente ?) perduta per rendere moderno, efficace e
effettivamente funzionale il sistema preventivo e repressivo delle aggressioni
ambientali come da più parti e con sempre maggior vigore si va domandando
(ancora da ultimi GIUNTA , Ideologie
punitive , cit., 845 ; PLANTAMURA,Principi
, modelli e forme, loc.cit. ; e in precedenza, ex
plurimis, STORTONI, L’ambiente:
aspetti penali della legislazione europea, Riv.trim.dir.pen.ec. ,1998 , 887
; MANNA, Realtà e prospettive della
tutela penale dell’ambiente in Italia,ivi, 1998 , 859 ; PATRONO, I
reati in materia ambientale , ivi , 2000 , 685 ; VERGINE , Luci
ed ombre , loc.cit.) , e questa iniziativa sì che sembra porsi in aperto
contrasto con le direttive europee in argomento.