Cass. Sez. III n. 11796 del 21 marzo 2023 (CC 23 feb 2023)
Pres. Ramacci Est. Mengoni Ric. Iesu
Urbanistica.Piano casa Regione Campania

Non può essere condivisa l’interpretazione della L.R. Campania 19\2009 secondo cui mentre l’art. 5 riguarderebbe immobili di natura residenziale (per i quali sarebbe incentivato il “rinnovamento”, con interventi di demolizione e ricostruzione, e con la possibilità di aumentare l'originaria volumetria), l’art. 6-bis avrebbe ad oggetto solo quelli di natura agricola (per i quali il proprietario avrebbe la possibilità di mutare la destinazione solo per adibirli ad uso residenziale del proprio nucleo familiare o per incentivare l'espansione di attività connesse all'azienda agricola), e che le due fattispecie si distinguerebbero per diverso interesse perseguito e per differente natura urbanistica dei beni oggetto dello stesso interesse. La relazione tra i due articoli si atteggia infatti in modo differente, nel senso che l’art. 6-bis trova applicazione sempre quando un intervento edificatorio coinvolga un'area agricola, ammettendolo nei limitati termini della modificazione della destinazione d’uso degli immobili o di loro parte, regolarmente assentiti, per le sole finalità previste; l’art. 5, invece, consente interventi di demolizione e di ricostruzione (con incremento di volumetria) all'interno dell'area nella quale l'edificio esistente è ubicato a condizione che questa non abbia destinazione diversa, ad esempio agricola, e dunque permette interventi con caratteri di ben più ampia portata, non ricorrendo quelle particolari esigenze di tutela del territorio, e di rispetto della relativa pianificazione, che possono coinvolgere aree con destinazione non residenziale, tra le quelle agricole.


RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 28/10/2022, il Tribunale del riesame di Napoli accoglieva l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso il decreto emesso il 25/7/2022 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nola, e per l’effetto disponeva il sequestro preventivo di un’area di cantiere di proprietà della Iesu s.p.a., con riguardo al reato di cui all’art. 44, comma 1, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
2. Propone ricorso per cassazione Giuseppe Iesu, quale legale rappresentante della Iesu s.p.a., deducendo i seguenti motivi, previa ricostruzione della vicenda cautelare:
- violazione e/o erronea applicazione dell’art. 44 citato, in combinato disposto con gli artt. 5 e 6-bis, l. Regione Campania 28 dicembre 2009, n. 19. Contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, l’art. 5 del “Piano Casa” introdurrebbe un regime speciale che consentirebbe di demolire e ricostruire – anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti – all’interno dell’area in cui l’edificio esistente è ubicato, con incremento volumetrico fino al 35%. L’evidente carattere eccezionale della norma, volta a rigenerare il vetusto patrimonio edilizio regionale, comporterebbe che l’operatività della stessa prescinda dalla destinazione urbanistica dell’area interessata, così che l’incremento volumetrico ben potrebbe intervenire su superfici – interne al medesimo lotto di proprietà sul quale insiste il fabbricato originario – con vocazione non edificatoria/residenziale, come nel caso in esame (nel quale l’edificazione ha riguardato zona agricola). I requisiti per poter usufruire dello stesso incremento, dunque, sarebbero altri, e in particolare: a) la natura residenziale dell’immobile oggetto di intervento, a prescindere dalla destinazione dell’area; b) il rispetto delle distanze minime e delle altezze massime; c) l’assenza di specifiche ipotesi di esclusione, tra le quali non rientrerebbe la diversa vocazione dell’area medesima, proprio alla luce del già richiamato regime speciale che giustificherebbe la deroga agli strumenti urbanistici vigenti. Proprio in questi termini, poi, si sarebbero già espresse la giurisprudenza amministrativa e quella penale, con pronunce che il ricorso richiama. In senso contrario, peraltro, non potrebbe valere l’art. 6-bis della stessa l.r. n. 19 del 2009, citato dal Tribunale, in quanto riferito ad un contesto del tutto diverso da quello in esame: mentre questa norma consentirebbe al proprietario dell’immobile (o a chi abbia titolo) in zona agricola di mutare la destinazione d’uso dello stesso o di una sua parte, anche – ma non necessariamente – con interventi di demolizione e ricostruzione, per le sole finalità indicate dalla norma (uso residenziale del nucleo familiare o incentivare l’espansione di attività connesse allo sviluppo integrato dell’azienda agricola), l’art. 5, per contro, mirerebbe a rinnovare il patrimonio edilizio, consentendo ai proprietari di fabbricati residenziali preesistenti – con interventi di demolizione e ricostruzione – di aumentare l’originaria volumetria (in senso verticale o orizzontale) all’interno dell’area nella quale l’edificio esistente è ubicato. Le due norme, dunque, perseguirebbero un diverso interesse, legato anche alla differente natura urbanistica del bene coinvolto (l’immobile nell’art. 6-bis, l’intera area nell’art. 5);
- il vizio di motivazione è poi dedotto anche con riguardo agli artt. 42 e 43 cod. pen., in riferimento alla buona fede dell’indagato. L’ordinanza impugnata non avrebbe valutato affatto il profilo soggettivo dello Iesu, che – sulla base di un permesso di costruire rilasciato al suo dante causa – avrebbe agito nella convinzione della piena legittimità dei titoli originariamente conseguiti e, quindi, dell’intervento in oggetto. Una carenza di elemento psicologico che emergerebbe ictu oculi e che, dunque, dovrebbe esser rilevata anche in questa sede cautelare.
I motivi sono stati sostenuti con successiva memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso risulta infondato; per la sua definizione, peraltro, il Collegio non terrà conto di quanto fatto pervenire il 22/2/2023 dal G.i.p. del Tribunale di Nola, ossia di un decreto di sequestro preventivo emesso il 20/2/2023 (dunque successivamente al provvedimento qui impugnato) nei confronti dello Iesu e di altri soggetti - in riferimento alla medesima vicenda - con riguardo ai reati di lottizzazione abusiva, falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici ed altro.
5. Occorre rilevare, in primo luogo, che la questione sottoposta a questa Corte riveste un carattere esclusivamente giuridico, in quanto i fatti che ne costituiscono il presupposto sono pacifici: la Iesu s.p.a. – in forza del permesso di costruire n. 771/2020 (annullato in autotutela il 28/9/2022, al pari degli effetti delle SCIA nn. 84/2021 e 112/2022) – ha eseguito la demolizione di un fabbricato residenziale nel Comune di Nola e, di seguito, la costruzione di più fabbricati, all’interno della medesima area, beneficiando dell’incremento volumetrico del 35% di cui all’art. 5, l. r. Campania n. 19 del 2009. La “peculiarità” della fattispecie, come affermato dal ricorrente, consiste nel fatto che l’area in oggetto è classificata in parte “B-residenziale”, in parte “E-agricola”, e la volumetria “premiale” è stata realizzata interamente su quest’ultima, con l’edificazione di 5 villette e di una palazzina a due piani.
 5.1. Tanto premesso, il tema concerne la legittimità di un tale intervento edilizio e, dunque, l’interpretazione dell’art. 5 in oggetto, al fine di accertare se la disciplina del “Piano Casa” della Regione Campania consenta di beneficiare dell’incremento volumetrico anche se questo sia eseguito sì all’interno dell’area in cui è ubicato l’edificio esistente, ma in una parte di essa che abbia ricevuto una destinazione urbanistica diversa, come, per l’appunto, quella agricola.
5.2. La risposta negativa fornita dal Tribunale del riesame è corretta.
6. La l.r. Campania n. 19 del 2009 è finalizzata, come da art. 1, comma 1: a) al contrasto della crisi economica e alla tutela dei livelli occupazionali, attraverso il rilancio delle attività edilizie nel rispetto degli indirizzi di cui alla legge regionale 13 ottobre 2008, n.13 (Piano territoriale regionale), e al miglioramento della qualità urbana ed edilizia utilizzando criteri di sostenibilità nella progettazione con particolare riferimento alle tecnologie passive ed ecosostenibili; b) a favorire l’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili, al miglioramento strutturale del patrimonio edilizio esistente e del suo sviluppo funzionale nonché alla prevenzione del rischio sismico e idrogeologico; c) a incrementare, in risposta anche ai bisogni abitativi delle famiglie in condizioni di particolare disagio economico e sociale, il patrimonio di edilizia residenziale pubblica e privata anche attraverso la riqualificazione di aree urbane degradate o esposte a particolari rischi ambientali e sociali assicurando le condizioni di salvaguardia del patrimonio storico, artistico, paesaggistico e culturale. A questi fini – prevede poi lo stesso art. 1, comma 2 - sono disciplinati interventi di incremento volumetrico e di superfici coperte entro i limiti di cui agli articoli successivi e interventi di riqualificazione delle aree urbane degradate di cui all’articolo 7, da attuare con procedure amministrative semplificate e sempre nel rispetto della salute, dell’igiene e della sicurezza dei luoghi di lavoro.
6.1. Per la realizzazione di tali scopi, il successivo art. 5 (Interventi straordinari di demolizione e ricostruzione) stabilisce, al comma 1, che, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, è consentito l’aumento, entro il limite del trentacinque per cento, della volumetria esistente degli edifici residenziali per interventi di demolizione e ricostruzione, da realizzarsi all’interno dell’area nella quale l’edificio esistente è ubicato, di proprietà del soggetto richiedente.
7. Ebbene, conformemente a quanto sostenuto dal Tribunale, questa previsione non può essere interpretata nel senso di consentire che l’intervento muti la destinazione urbanistica dell’area interessata, in tal modo superandola arbitrariamente, pena la facile elusione dei vincoli posti alla realizzazione di manufatti edili in funzione della corretta gestione del territorio. In altri termini, se il fine della legge n. 19 del 2009 è quello di “rigenerare” il patrimonio edilizio regionale, come affermato nel ricorso, lo stesso non può certo giustificare lo stravolgimento della pianificazione urbanistica precedentemente adottata, sulla base della quale sono stati eseguiti tutti gli interventi anteriori all’emanazione dello stesso “Piano Casa” e con i quali i successivi sono evidentemente chiamati ad armonizzarsi.
7.1. Ne consegue che la previsione derogatoria che apre l’art. 5 in oggetto deve essere interpretata in senso restrittivo, ossia limitato alla possibile deroga agli strumenti urbanistici che attengono alla realizzazione del nuovo immobile in sé (come le altezze o le distanze), non alla natura o alla destinazione dell’area interessata, dalle quali non è consentito prescindere.
8. Questa conclusione, peraltro, è sostenuta da vari riscontri.
8.1. In primo luogo, va sottolineato il comma 2 dello stesso art. 5, che indica a quali condizioni l’intervento di cui al comma 1 può essere eseguito; ebbene, ognuno dei casi previsti – lettere da a) a e) - si riferisce soltanto all’edificio esistente ed alle sue caratteristiche, non alla totalità dell’area al cui interno siede l’immobile. In particolare, si deve trattare: a) di edifici a destinazione abitativa ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettere b) e c), la cui restante parte abbia utilizzo compatibile con quello abitativo; b) di interventi che non modificano la destinazione d’uso prevalente degli edifici interessati; c) di edifici residenziali ubicati in aree urbanizzate, nel rispetto delle distanze minime e delle altezze massime dei fabbricati di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444; d) di edifici residenziali ubicati in aree esterne agli ambiti dichiarati in atti formali a pericolosità o rischio idraulico e da frana elevata o molto elevata; e) di edifici ubicati in aree esterne a quelle definite ad alto rischio vulcanico.
8.2. Analogamente, i commi da 3 a 8 – che riguardano, invece, gli edifici da realizzare, previa demolizione dei precedenti – richiamano le caratteristiche che gli stessi potranno o dovranno avere (numero, altezza, specifiche tecniche, materiali, destinazione d’uso, accatastamento, distanze), ancora senza alcun riferimento all’area su cui sorge il manufatto originario e, dunque, alla sua destinazione urbanistica, estranea alla previsione normativa in quanto insuscettibile di mutamento – che risulterebbe palesemente arbitrario - da parte del proprietario dell’immobile.
9. Le conclusioni raggiunte dal Tribunale trovano poi conferma anche nel comma 6-bis della stessa legge regionale, come correttamente affermato nell’ordinanza impugnata. La previsione, infatti, attiene proprio agli interventi edilizi da eseguire in zona agricola (come quella oggetto dell’incremento volumetrico in esame), nella quale sono “consentiti i mutamenti di destinazione d’uso di immobili o di loro parti, regolarmente assentiti, per uso residenziale del nucleo familiare del proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederli ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 o per attività connesse allo sviluppo integrato dell’azienda agricola, compreso strutture agrituristiche, che non determinino nuova edificazione e che non comportino consumo di suolo”.
9.1. Ebbene, contrariamente a quanto affermato nel ricorso, questa disposizione ribadisce in modo ulteriore il principio sostenuto dal Giudice del riesame, non lo contraddice; il legislatore regionale, infatti, ha voluto stabilire una disciplina specifica per le aree agricole, individuando in quali particolari termini – e a quali condizioni - queste possano concorrere a realizzare le finalità complessive dell'intervento normativo, di cui all'art. 1 già richiamato. L’art. 6-bis, dunque, esplicita il carattere peculiare delle zone agricole, in tal modo giustificando un differente trattamento rispetto alle altre e ribadendo la particolare cautela con la quale debbono essere consentiti interventi edilizi in aree dal particolare significato nel contesto complessivo della pianificazione del territorio, per come delineata precedentemente all’adozione del “Piano casa”.
9.2. Non può essere condivisa, dunque, la lettura della norma che offre il ricorso rispetto alla previsione dell’art. 5, ossia che mentre quest'ultima riguarderebbe immobili di natura residenziale (per i quali sarebbe incentivato il “rinnovamento”, con interventi di demolizione e ricostruzione, e con la possibilità di aumentare l'originaria volumetria), l’art. 6-bis avrebbe ad oggetto solo quelli di natura agricola (per i quali il proprietario avrebbe la possibilità di mutare la destinazione solo per adibirli ad uso residenziale del proprio nucleo familiare o per incentivare l'espansione di attività connesse all'azienda agricola), e che le due fattispecie si distinguerebbero per diverso interesse perseguito e per differente natura urbanistica dei beni oggetto dello stesso interesse. A giudizio di questa Corte, infatti, la relazione tra i due articoli si atteggia in modo differente, correttamente individuato nell’ordinanza, nel senso che l’art. 6-bis trova applicazione sempre quando un intervento edificatorio coinvolga un'area agricola, ammettendolo nei limitati termini della modificazione della destinazione d’uso degli immobili o di loro parte, regolarmente assentiti, per le sole finalità già sopra richiamate; l’art. 5, invece, consente interventi di demolizione e di ricostruzione (con incremento di volumetria) all'interno dell'area nella quale l'edificio esistente è ubicato a condizione che questa non abbia destinazione diversa, ad esempio agricola, e dunque permette interventi con caratteri di ben più ampia portata, non ricorrendo quelle particolari esigenze di tutela del territorio, e di rispetto della relativa pianificazione, che possono coinvolgere aree con destinazione non residenziale, tra le quelle agricole.
Il primo motivo di ricorso, dunque, deve essere rigettato, perché infondato.
10. La seconda censura risulta manifestamente infondata.
10.1. Come peraltro richiamato nella stessa impugnazione, e come da costante indirizzo di questa Corte, in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al "fumus" del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata; ne consegue che lo stesso giudice può rilevare anche il difetto dell'elemento soggettivo del reato, purché esso emerga "ictu oculi" (tra le molte, Sez. 3, n. 26007 del 5/4/2019, Pucci, Rv. 276015). Tanto premesso, la tesi avanzata dal ricorrente – aver versato in una condizione di assoluta buona fede, per aver confidato nella legittimità dei titoli originariamente conseguiti – costituisce un argomento di puro merito, proprio della sola fase della cognizione, che non può esser esaminato da questa Corte; l’assenza di colpevolezza, inoltre, non emerge dagli atti con assoluta immediatezza, e le considerazioni spese dallo Iesu  al riguardo risultano meramente assertive ed apodittiche, in ragione soltanto dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire (si ribadisce, poi annullato in autotutela) ad un soggetto diverso dal ricorrente.
11. L’impugnazione, pertanto, deve essere rigettata, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2023