Cass. Sez. III n. 11574 del 20 marzo 2023 (CC 14 dic 2022)
Pres. Ramacci Est. Aceto Ric. Annunziata
Urbanistica.Estensione ordine di demolizione ad interventi successivi alla condanna

L’ordine di demolizione del manufatto abusivo, previsto dall'art. 31, comma nono, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, riguarda l'edificio nel suo complesso, comprensivo di eventuali aggiunte o modifiche successive all'esercizio dell'azione penale e/o alla condanna, atteso che l'obbligo di demolizione si configura come un dovere di "restitutio in integrum" dello stato dei luoghi e, come tale, non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari nonché le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo dell'originaria costruzione

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

        1. La sig.ra Patrizia Annunziata ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 01/02/2022 del Tribunale di Torre Annunziata che ha rigettato la richiesta di revoca dell’ingiunzione a demolire emessa dal pubblico ministero in esecuzione dell’ordine di demolizione e rimessione in pristino impartito con sentenza di applicazione pena del 10/06/2008 del medesimo Tribunale che aveva irrevocabilmente accertato l’abusiva esecuzione di quattro opere edilizie, meglio descritte nei capi di imputazione e nell’ordinanza stessa (pag. 1), in assenza di permesso di costruire e dell’autorizzazione (mai rilasciata) dell’autorità preposta al vincolo paesaggistico.
            1.1. Con unico motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione mancante o manifestamente illogica, sostenendo, al riguardo, l’illegittima estensione dell’ingiunzione ad opere non oggetto di contestazione nel processo penale, e dunque estranee al giudicato, autonome e indipendenti da quelle all’epoca realizzate (e per le quali è intervenuta condanna).

        2. Con motivi aggiunti specifica che uno dei fabbricati oggetto di ingiunzione è stato realizzato in epoca precedente al 1945 ed è quindi oggetto di particolare tutela storica ai sensi dell’art. 7, comma 6, delle NTA del  Piano  Territoriale  Paesistico dei Comuni Vesuviani, approvato con Decreto del Ministro per i BB.AA.CC. con D.M. 04.07.2002, pubblicato sulla G.U. del 18.09.2002 serie generale n.219.

        3. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge in questa fase di giudizio.

        4. Osserva il Collegio:
            4.1. costituisce insegnamento costante della Corte di cassazione (noto anche alla ricorrente) che l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, previsto dall'art. 31, comma nono, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, riguarda l'edificio nel suo complesso, comprensivo di eventuali aggiunte o modifiche successive all'esercizio dell'azione penale e/o alla condanna, atteso che l'obbligo di demolizione si configura come un dovere di "restitutio in integrum" dello stato dei luoghi e, come tale, non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari nonché le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo dell'originaria costruzione (Sez. 3, n. 6049 del 27/09/2016, dep, 2017, Molinari, Rv. 268831 - 01; Sez. 3, n. 38947 del 09/07/2013, Amore, Rv. 256431 - 01; Sez. 3, n.21797 del 27/04/2011, Apuzzo, Rv. 250389 - 01; Sez. 3, n. 2872 dell’11/12/2008, dep. 2009, Corimbi, Rv. 242163 - 01; Sez. 3, n. 10248 del 18/01/2001, Vitrani, Rv. 218961 - 01; Sez. 3, n. 33648 del 08/07/2022, n.m.; Sez. 3, n. 41180 del 20/10/2021, n.m.; Sez. 3, n. 30298 del 02/07/2021, n.m.; Sez. 3, n. 19112 del 10/06/2020, n.m.);
            4.2. in dichiarata applicazione di tale insegnamento, il Giudice dell’esecuzione, oltre ad aver stigmatizzato la parziale e non completa demolizione di alcune delle opere originariamente eseguite, ha ritenuto la natura accessoria e complementare di molti altri manufatti (analiticamente descritti alle pagg. 4 e 5 dell’ordinanza impugnata) realizzati successivamente alla sentenza indicata in epigrafe;
            4.3. la ricorrente, ad onta della “violazione di legge” genericamente dedotta, ne fa una questione di fatto contestando l’assunto del Tribunale in dichiarato dissenso valutativo delle conclusioni del CT del PM sulla cui scorta è stata adottata la decisione impugnata;
            4.4. la contraddittorietà denunziata, dunque, non è intrinseca al testo della motivazione ma estrinseca, siccome asseritamente non coerente con lo stato dei luoghi e le conclusioni del CT del PM che, a suo dire, non farebbe alcun riferimento alla natura accessoria delle ulteriori opere;  
            4.5. si tratterebbe, dunque, di un travisamento della prova che costituisce vizio che mina le basi fattuali del ragionamento del giudice rendendo inconciliabile la parte ricostruttiva del fatto con specifici atti del processo (art. 606, lett. e, cod. proc. pen.) e che impone, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, l’allegazione degli atti dei quali viene dedotta l’erronea o la mancata percezione da parte del giudice (Sez.5, n. 5897 del 03/12/2020, Rv. 280419 - 01; Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Rv. 276432 - 01; Sez. 2, n. 20677 dell’11/04/2017, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Rv. 265053; Sez. F. n. 37368 del 13/09/2007, Rv. 237302);
            4.6. orbene, la ricorrente non allega l’atto (a suo dire) travisato del quale richiama solo alcune parti senza così porre il Collegio nella condizione di valutare l’effettiva fondatezza dell’eccezione;
            4.7. viene addirittura postulata l’integrale demolizione delle opere oggetto di condanna che il Tribunale afferma non essere stata eseguita nella sua interezza;
            4.8. escluso il travisamento della prova, balza agli occhi la distonia tra il fatto posto dalla ricorrente a fondamento del ricorso e quello descritto dal Giudice laddove è noto che l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).

            4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso (che osta all’esame dei motivi aggiunti, peraltro fattuali, del tutto eterogenei rispetto all’iniziale devolutum, non proposti in sede di merito) consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 14/12/2022.