Consiglio
di Stato Sez. V sent. 3973 del 3 luglio 2003
Urbanistica ed Edilizia. Lottizzazione abusiva
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sul
ricorso in appello n. 6182/1997 proposto dal Comune di FONDI, in persona del
Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Liliana FARRONATO e Giuseppe
GAROFALO presso i quali è elettivamente domiciliato in Roma, via Ortigara 10,
CONTRO
CECATIELLO
Vincenzo, BALIVO Nicola, BALIVO
Mauro, BAIANO Carmine, BAIANO Anna e QUADRETTO Pasquale, costituitisi in
giudizio, rappresentati e difesi dall’avv. Antonio ROMANO con il quale
elettivamente domiciliano in Roma, via M. Mercati 51, presso l’avv. Ennio
Luponio,
per
l’annullamento
della
sentenza del TAR del Lazio, Sede di Roma, Sezione II ter,
24 settembre 1996, n. 1718;
visto
il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto
l’atto di costituzione in giudizio degli appellati;
viste
le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti
gli atti tutti di causa;
vista
l’ordinanza della Sezione n. 1496 del 28 luglio 1998, di accoglimento
dell’istanza di sospensione della sentenza appellata;
relatore,
alla pubblica udienza del 1° aprile 2003, il Cons. Paolo BUONVINO; udito
l’avv. Vincenzo COLACINO, per delega dell’avv. Giuseppe GAROFALO, per il
Comune appellante e l’avv. Antonio ROMANO per gli appellati.
Ritenuto
e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
F
A T T O
1)
- Con l’appello in epigrafe è impugnata la sentenza con cui il TAR ha accolto
il ricorso proposto dagli odierni appellati per l’annullamento
dell’ordinanza sindacale 16 settembre 1991, n. 172, con la quale il Comune di
Fondi ha disposto l’immediata sospensione di lavori consistenti in una
recinzione con pali in legno realizzata in località Salto, con le comminatorie
di cui all’art. 18, comma 7, della legge n. 47/1985, avendo ritenuto che dette
opere sostanziassero una lottizzazione abusiva.
Per
il TAR i fatti cui il Sindaco faceva riferimento nella propria ordinanza non
apparivano tali da configurare, nella specie, ipotesi di lottizzazione abusiva.
2)
- Per il Comune appellante la sentenza sarebbe erronea in quanto, al contrario,
sarebbero stati presenti tutti i requisiti previsti dal legislatore per
riconoscere la presenza di un abuso siffatto.
Si
sono ritualmente costituiti in giudizio gli appellati insistendo per il rigetto
dell’appello e la conferma della sentenza appellata.
Con
memorie conclusionali le parti ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.
D
I R I T T O
1)
- Con l’appello in epigrafe è impugnata la sentenza con cui il TAR ha accolto
il ricorso proposto dagli odierni appellati per l’annullamento di
un’ordinanza sindacale recante l’immediata sospensione di lavori, con le
comminatorie di cui all’art. 18, comma 7, della legge n. 47/1985, avendo
ritenuto che le opere sostanziassero una lottizzazione abusiva.
Per
il Comune appellante la sentenza sarebbe erronea in quanto sarebbero stati
presenti tutti i requisiti previsti dal legislatore per riconoscere la presenza
di un abuso siffatto.
2)
- L’appello è infondato.
Ai
sensi dell’art. 18 della legge n. 47 del 28 febbraio 1985, “si ha
lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate
opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi
in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o
adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la
prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta
attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in
lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla
natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il
numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in
rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la
destinazione a scopo edificatorio”.
Ebbene,
nella specie:
-
le opere eseguite erano, costituite da una semplice recinzione esterna (mt. 90 x
27) con pali in legno e rete metallica;
-
la presenza di picchetti in ferro posti in perpendicolare tra loro, se pure
indice, in prospettiva, di un riparto interno della superficie complessiva delle
aree acquistate, in forma indivisa, dagli originari ricorrenti, non appariva,
per converso, manifestazione di sicuri intenti edificatori per lotti, non
potendo tale semplice riparto far escludere, di per sé, la conservazione del
carattere agricolo dell’area in questione (ad esempio, a fini orticulturali);
-
salva e impregiudicata – con riguardo alla disciplina urbanistica all’epoca
vigente – ogni valutazione in merito all’esigenza o meno di titoli
edificatori per la realizzazione dei manufatti già realizzati, non è dato
ritenere che il predetto, non ancora realizzato, riparto interno, non
accompagnato da alcuna opera di natura edificatoria (inizio di scavo di
fondazioni, picchettatura del terreno con delimitazione della specifica area
edificatoria, deposito di materiali edilizi, avvio, seppure sommario, della
realizzazione di opere di urbanizzazione) possa concretizzare l’inizio di una
lottizzazione abusiva, a tal fine non essendo di per sé dirimente la sola
vicinanza con aree a vocazione turistica;
- il fatto che lungo il fosso che corre in fregio all’area sia
riconoscibile uno stradello non appare neppure indice – in assenza di alcuna
altra opera o scavo – dell’intento di realizzare, con lo stesso, una strada
di accesso ai presunti lotti abusivi;
-
l’immobile è stato oggetto di un acquisto pro indiviso da parte degli odierni
appellati, ma non è stato, successivamente, frazionato, ciò che, almeno allo
stato, non lascia trasparire elementi certi di lottizzazione abusiva;
-
in assenza di altri fattori determinanti, la semplice provenienza degli
acquirenti da altra provincia non appare significativa, non potendosi denegare
il diritto dei cittadini ad acquistare beni immobili in aree del territorio
diverse da quelle di naturale residenza.
In
definitiva, anche a voler considerare nel loro insieme le circostanze addotte
dal Sindaco a supporto della determinazione impugnata, la condotta degli
originari ricorrenti non lascia trasparire quegli elementi sintomatici che il
legislatore ha rivisto come segnali di sicuri intenti lottizzatori abusivi.
Fermo,
peraltro, l’onere del Comune di vigilare a che le aree (già restituite agli
interessati con ordinanza di accoglimento dell’istanza di sospensione della
sentenza appellata, subordinata, significativamente, alla rimozione, da parte
degli stessi, di quanto in concreto già realizzato) non vengano, in futuro,
interessate da alcuna opera o frazionamento giuridico nei sensi prefigurati dal
legislatore, tali da far riconoscere in essi l’avvio di una vera e propria
lottizzazione abusiva.
3)
- Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e, per l’effetto,
deve essere respinto.
Le
spese del grado possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
il
Consiglio di Stato, Sezione Quinta, respinge l’appello in epigrafe.
Spese
del grado compensate.
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma il 1° aprile 2003 dal Collegio costituito dai Sigg.ri:
AGOSTINO
ELEFANTE - Presidente
RAFFAELE
CARBONI - Consigliere
PAOLO
BUONVINO - Consigliere est.
GOFFREDO
ZACCARDI -Consigliere
MARZIO
BRANCA - Consigliere