Consiglio di Stato Sez. VI n. 4166 del 9 luglio 2018
Urbanistica.Realizzazione di un soppalco

La realizzazione di un soppalco comporta ulteriore superficie calpestabile ed autonomi spazi, e rientra nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, dal momento che determina un aumento della superficie utile dell’unità con conseguente aggravio del carico urbanistico. L’orientamento che mitiga il principio innanzi ricordato e volto a ricondurre la realizzazione di un soppalco nell’ambito degli interventi edilizi minori, per i quali non è richiesto il permesso di costruire, qualora l’opera sia tale da non incrementare la superficie dell’immobile. si applica solo nel caso in cui lo spazio realizzato col soppalco consista in un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone

Pubblicato il 09/07/2018

N. 04166/2018REG.PROV.COLL.

N. 03274/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3274 del 2013, proposto da:
Astra S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pietro Trabucchi, Sara Trabucchi e Roberto Codini, con domicilio eletto presso lo studio Roberto Codini in Roma, via Gramsci, n. 28;

contro

Comune di Verona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Caineri, Fulvia Squadroni e Marcello Clarich, con domicilio eletto presso lo studio Marcello Clarich in Roma, viale Liegi, n. 32;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Veneto n. 1363 del 2012.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Verona;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2018 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Marcello Clarich e Luigia D'Amico, in sostituzione di Pietro Trabucchi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


1 – La società Astra è proprietaria di una casa di alto valore storico sita in Verona, via Capelletta n. 2.

2 - In data 31.3.1994, è stato compiuto un sopralluogo da parte di tecnici comunali da cui è emersa la realizzazione di opere edilizie in difformità dai titoli edilizi abilitativi.

3 – Per tale ragione, in data 21.1.1994, la Società ha presentato istanza di concessione in sanatoria per la realizzazione di un soppalco ed il cambio di destinazione d'uso con opere.

3.1 – Il Comune, in data 10.9.1996, ha respinto l’istanza. In particolare, dalla lettura del provvedimento si evince che l’intervento prevede: a) la sanatoria per la realizzazione di un soppalco, non ammessa dalla Variante n. 33 in quanto, configurandosi come aumento di superficie utile, eccede i limiti del restauro imposti dalla citata Variante; b) la sanatoria per il cambio di destinazione d'uso da residenza ad ufficio nell'unita immobiliare sita al primo Piano, che risulta in contrasto con l'art., 16 della Variante di cui sopra, il quale recita: "Sono ammesse nuove destinazioni d'uso non abitative esclusivamente ai piani terreno".

4 - La Società ha impugnato detto provvedimento avanti il TAR per il Veneto, che, con sentenza n. 1363 del 2012, ha rigettato il ricorso.

5 – La stessa ricorrente in primo grado ha appellato detta sentenza per i motivi di seguito esaminati.

6 – Con il primo motivo di appello si deduce l’errata valutazione dei documenti agli atti e dell’ordinanza impugnata, con conseguente errata decisione da parte del Giudice di primo grado.

6.1 - Più precisamente, l’appellante cesura il fatto che nella esposizione in fatto, il Tribunale ha scritto " in conseguenza della locazione dell'appartamento venivano realizzati alcuni interventi tra i quali un soppalco e ciò unitamente al mutamento di destinazione d'uso"; mentre, dai documenti agli atti, risulta che tutte le opere erano state fatte ai fini della locazione ad una famiglia, non del cambiamento della destinazione d'uso da residenza ad ufficio.

Non sarebbe inoltre corretta l'affermazione del TAR dove sostiene che, all'atto del sopralluogo, i tecnici comunali riscontravano come abuso la realizzazione del soppalco, mentre, in realtà, avrebbero indicato solo il cambio di destinazione d'uso.

Anche nella parte motiva della sentenza impugnata vi sarebbe un’errata deduzione, laddove si legge che l'amministrazione "ha riportato il parere negativo dell'USL", il quale èinvece favorevole, come si può leggere nel documento allegato al ricorso.

6.2 – Le censure innanzi elencate sono palesemente inconferenti ai fini della decisione, posto che: la Società ha presentato una istanza in sanatoria per la realizzazione di un soppalco e cambio di destinazione d'uso con opere; su tale istanza il Comune si è espresso negativamente con il provvedimento impugnato nel presente giudizio; la sanatoria è stata negata in considerazione del fatto che: a) la realizzazione di un soppalco, configurandosi come aumento di superficie utile, eccede i limiti del restauro imposti dalla Variante 33; b) la sanatoria per il cambio di destinazione d'uso da residenza ad ufficio nell'unita immobiliare sita al primo Piano risulta in contrasto con l'art. 16 della Variante.

Le considerazioni dell’appellante appaiono, pertanto, del tutto irrilevanti, essendo invero pacifico, in quanto riferito dalla stessa appellante, che la porzione di immobile, rispetto all’originaria destinazione abitativa, è stata poi adibita ad ufficio. Risulta altrettanto irrilevante quanto abbiano constato i tecnici comunale durante il sopralluogo effettuato dell’immobile, dal momento che la realizzazione del soppalco non è in discussione, ed è la stessa Società proprietaria a chiederne la sanatoria. A nulla rileva l’errato riferimento al parere dell’ASL, dal momento che le ragioni del diniego prescindono completamente dallo stesso, attenendo ad aspetti prettamente edilizi.

6.3 – Risulta perimenti infondata la censura secondo la quale il TAR avrebbe erroneamente argomentato nel senso che sono da negare, per effetto della variante n. 33 del Comune di Verona, nuove destinazioni d'uso non abitative, che non siano collocate al "primo piano" degli edifici, nonostante l'unità immobiliare di cui si discute sia proprio al primo piano.

Anche a tale riguardo, a prescindere dall’equivoco cui dà adito la sentenza, è sufficiente richiamare il provvedimento impugnato, il quale precisa come l'art. 16 della Variante 33 prevede che: “Sono ammesse nuove destinazioni d'uso non abitative esclusivamente ai piani terreno”, così che non può essere ammessa la sanatoria per il cambio di destinazione d'uso da residenza ad ufficio nell'unita immobiliare sita al primo piano.

7 - Con il secondo motivo di appello, si deduce che il Comune di Verona non avrebbe adeguatamente motivato in ordine al “soppalco”, dal momento che tale la violazione non è stata rilevata dai tecnici comunali in sede di sopralluogo. Inoltre, non sarebbe corretta la decisione impugnata, quando afferma che tutto l'intervento è stato fatto col fine di non utilizzare l'appartamento ai fini di civile abitazione.

7.1 – Il motivo è manifestamente infondato. Al riguardo, è sufficiente ribadire quanto innanzi già sottolineato, ovvero che è stata la stessa Società a presentare una istanza in sanatoria per la realizzazione di un soppalco ed il cambio di destinazione d'uso con opere. A fronte di tale istanza, il Comune si è determinato con il provvedimento oggetto di causa, escludendo la sanatoria per due ragioni chiaramente individuate.

8 – Con un diverso ordine di censure, l’appellante contesta la decisione impugnata nel punto in cui afferma che la realizzazione di un soppalco è motivo sufficiente per rientrare nella categoria delle ristrutturazioni edilizie, perché vi è un aumento di superficie. Viceversa, secondo la prospettazione della Società, il soppalco non sarebbe utilizzabile come luogo di soggiorno, non avendone le caratteristiche necessarie, pertanto, la sua realizzazione non sarebbe riconducibile al concetto di ristrutturazione.

8.1 – In generale, deve affermarsi che la realizzazione di un soppalco comporta ulteriore superficie calpestabile ed autonomi spazi, e rientra nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, dal momento che determina un aumento della superficie utile dell’unità con conseguente aggravio del carico urbanistico (cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, n. 4468 del 2014).

Il Collegio non disconosce l’orientamento che mitiga il principio innanzi ricordato e volto a ricondurre la realizzazione di un soppalco nell’ambito degli interventi edilizi minori, per i quali non è richiesto il permesso di costruire, qualora l’opera sia tale da non incrementare la superficie dell’immobile. Tuttavia, quest’ultima ipotesi si verifica solo nel caso in cui lo spazio realizzato col soppalco consista in un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone (cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, n. 985 del 2017).

8.2 – Nel caso di specie, dalle rappresentazioni fotografiche prodotte in causa, si evince che il soppalco in questione, seppur di modeste dimensioni, integra comunque un aumento di superficie fruibile, concretizzando la possibilità di accedervi in sicurezza per lo svolgendo del normale esercizio di calpestio e di posizionamento di carichi variabili.

Più precisamente, lo spazio che con lo stesso si ricava: a) risulta avere una altezza media tale da consentire ad una persona di accedervi comodamente; b) è protetto dal vuoto sottostante, così che può essere fruito in tutta sicurezza; c) gode di una illuminazione adeguata, essendo completamente aperto su un lato ed usufruendo della luce del locale sul quale si affaccia; d) è raggiungibile tramite una scala fissa munita di corrimano. Ne consegue che, su tale aspetto, la statuizione del TAR risulta assolutamente condivisibile.

9 – In definitiva, l’appello deve essere respinto, con condanna della Società appellante alla refusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, rigetta l’appello e condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite in favore dell’Amministrazione appellata, che si liquidano in complessivi €3.000,00, oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Carbone, Presidente

Francesco Mele, Consigliere

Dario Simeoli, Consigliere

Giordano Lamberti, Consigliere, Estensore

Oswald Leitner, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Giordano Lamberti        Luigi Carbone