Cass. Sez. III n. 7400 del 25 febbraio 2020 (UP  13 nov 2019)
Pres. Izzo Est. Corbetta Ric. Di Bonito
Urbanistica.Reati edilizi e decisioni della Corte EDU

In tema di reati edilizi, non sussiste alcun diritto "assoluto" all’inviolabilità del domicilio, desumibile dalle decisioni della Corte EDU, tale da precludere l'esecuzione dell'ordine di demolizione di un immobile abusivo, finalizzato a ristabilire l'ordine giuridico violato


RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata ordinanza, la Corte d’appello di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di Vincenzo Di Bonito ad aggetto sospensione e/o la revoca dell’ordine di demolizione emesso dalla Procura Generale presso la Corte di appello di Napoli.

2. Avverso l’indicata ordinanza, Vincenzo Di Bonito, per mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione affidato a undici motivi.
2.1. Con i primi tre motivi, trattati congiuntamente, si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., l’inosservanza  e l’erronea applicazione degli artt. 31 l. n. 47 del 1985 e 39 l. n. 724 del 1994, l’illegittimità del diniego della revoca o della sospensione dell’ordine di demolizione, in pendenza di un’istanza di rilascio di concessione in sanatoria. Assume il ricorrente che la Corte territoriale non avrebbe considerato che le istanze di condono ai sensi della l. n. 724 del 1994 sarebbero in via di pronta definizione, di talché l’ordine di demolizione sarà incompatibile con il provvedimento di sanatoria che la P.A. emetterà a breve. La Corte territoriale, inoltre, non avrebbe accertato se la domanda di condono sia divenuta improcedibile ai sensi dell’art. 39, comma 4, l. n. 724 del 1994, avendo il responsabile dell’u.t.c. di Monte Procida riferito che la procedura è stata solo sospesa.
 Sotto altro profilo, ad avviso del ricorrente sarebbe errata la motivazione laddove si è affermata l’illegittimità del frazionamento attuato con la presentazione di due differenti domande di condono per opere realizzate dal medesimo soggetto, avendo erroneamente applicato l’art. 39, commi 1 e 5, l. n. 724 del 1994, che si riferiscono all’unità immobiliare e non all’intero fabbricato.
2.2. Con il quarto motivo si eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione alla l. n. 68 del 1988. Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe considerato che il pagamento dell’oblazione estingue i reati di cui all’art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001, con conseguente revoca dell’ordine di demolizione.
2.3. Con il quinto e sesto motivo, esposti congiuntamente, si lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001 , 173 cod. pen., 117, comma 1, Cost., con riferimento all’art. 4 del protocollo 7 della CEDU. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe considerato che l’ordine di demolizione deve essere comunicato alla P.A. per l’ulteriore prosieguo e, nel caso in esame, sono decorsi ventisei anni dalla realizzazione dell’abuso, di talché, stante la natura sanzionatoria dell’ordine medesimo, trova applicazione l’art. 173 cod. pen.; in caso contrario, si deduce l’illegittimità costituzionale dell’art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001 per contrasto con gli artt. 117, comma 1, in relazione alla’art. 7 CEDU, e 25 Cost.
2.4. Con il settimo motivo si censura la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’art. 8 CEDU. Il ricorrente richiama la decisione della Corte EDU del 21/04/2016 nella vicenda Ivanova vs. Bulgaria, evidenziando come il ricorrente stia per ottenere il titolo abilitativo e la demolizione del manufatto comporterebbe la vanificazione dei ventisei anni di sacrifici.
2.5. Con l’ottavo motivo si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. con riferimento all’art. 38 l. n. 47 del 1985. Riprendendo le argomentazioni addotte a sostegno del quarto motivo, sostiene il ricorrente che l’oblazione interamente corrisposta, come nel caso in esame, estingue i reati edilizi, ai sensi dell’art. 38 l. n. 47 del 1985 - come modificato dall’art. 6 d.l. 12/01/1988, n. 2, convertito con modificazioni dalla l. 13 /03/1988, n. 68 – norma da ritenersi speciale rispetto all’art. 183, comma 1, cod. pen.  
2.6. Con il nono motivo si eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. con riguardo agli artt. 31, comma 9 d.P.R. n. 380 del 2001, 117, comma 1, 111 e 24 Cost., 4 del protocollo 7 e 8 CEDU. Il ricorrente, nella sostanza, riprende la argomentazioni dedotte con il quinto e con il sesto motivo, ribadendo la natura sanzionatoria dell’ordine di demolizione, a cui pertanto si applicherebbe la disciplina di cui all’art 173 cod. pen. in tema di prescrizione.
2.7. Con gli ultimi due motivi, dedotti congiuntamente, si lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. con riguardo agli artt. 8 CEDU, 32 Cost., 117, con riferimento all’art. 8 CEDU, 111 e 24 Cost. Il  ricorrente riprende le argomentazioni di cui al settimo motivo, ribadendo che l’ordine di demolizione violerebbe il diritto alla casa sancito dall’art. 8 CEDU.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza di tutti motivi.

2. I primi tre motivi sono manifestamente infondati in relazione a tutti i profili dedotti.

3. Va ricordato che, in tema di reati edilizi, la revoca o la sospensione dell'ordine di demolizione delle opere abusive, di cui all'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001, in conseguenza della presentazione di un’istanza di condono o sanatoria successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, presuppone l'accertamento da parte del giudice dell'esecuzione della sussistenza di elementi che facciano ritenere plausibilmente prossima la adozione da parte della autorità amministrativa competente del provvedimento di accoglimento  (Sez. 3, n. 9145 del 01/07/2015 - dep. 04/03/2016, Manna, Rv. 266763). In particolare, il giudice dell'esecuzione è tenuto a esaminare i possibili esiti ed i tempi di conclusione del procedimento amministrativo e, in particolare: a) il prevedibile risultato dell'istanza e la sussistenza di eventuali cause ostative al suo accoglimento; b) la durata necessaria per la definizione della procedura, che può determinare la sospensione dell'esecuzione solo nel caso di un suo rapido esaurimento  (Sez. 3, n. 47263 del 25/09/2014 - dep. 17/11/2014, Russo, Rv. 261212).

4. Orbene, nel caso di specie è frutto di una mera illazione che il titolo abilitativo sarebbe di prossima emanazione, non trovando alcun riscontro nella deposizione del responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Pozzuoli, esaminato all’udienza del 09/04/2019, il quale ha affermato che le pratiche di condono sono state sospese nel 2006 poiché vi erano stati ulteriori provvedimenti in relazione a successivi abusi realizzati dal Di Bonito, che, nel 2006, aveva realizzato al piano seminterrato un miniappartamento e al piano rialzato il frazionamento e un terrazzino in un balcone di 4 m. per 4 m. Peraltro, come si dirà a breve, la Corte territoriale ha accertato la non sanabilità degli abusi, in quanto la complessiva volumetria dell’opera supera la soglia di legge.

5. A tal proposito, questa Corte ha sempre interpretato l’art. 39, comma 1, l. n. 724 del 1994, nel senso che ogni edificio deve intendersi come un complesso unitario che fa capo ad un unico soggetto legittimato e le istanze di oblazione eventualmente presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono esser riferite a una unica concessione in sanatoria, che riguarda quest'ultimo nella sua totalità. Ciò in quanto la ratio della norma è di non consentire l'elusione del limite legale di consistenza dell'opera per la concedibilità della sanatoria, attraverso la considerazione delle singole parti in luogo dell'intero complesso edificatorio (Sez. 3, n. 1454 del 25/11/1998 - dep. il 04/02/1999, Valio, Rv. 212382; Sez. 3, n. 8584 del 26/04/1999, La Mantia, Rv. 214280; Sez. 4, n. 36794 del 24/01/2001, Murica, Rv. 220592; Sez. 3, n. 16550 del 19/02/2002, Zagaria, Rv. 223861; Sez. 3, n. 20161 del 19/04/2005, Merra, Rv. 231643; Sez. 3, n. 12353 del 02/10/2013 - dep. 17/03/2014, Cantiello, Rv. 259292).
6. Dalle considerazioni che precedono, ne discende che non è ammissibile il condono edilizio di una costruzione interamente abusiva, quando la richiesta di sanatoria sia presentata frazionando l'unità immobiliare in plurimi interventi edilizi, in quanto è illecito l'espediente di denunciare fittiziamente la realizzazione di plurime opere non collegate tra loro, quando invece le stesse risultano finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e sono a esso funzionali, sì da costituire una costruzione unica (Sez. 3, n. 20420 del 08/04/2015 - dep. 18/05/2015, Esposito, Rv. 263639). Il riferimento oggettivo all'unicità della nuova costruzione interamente abusiva impedisce, perciò, che il limite di 750 metri cubi possa essere aggirato mediante il frazionamento delle sue singole parti, altrimenti si eluderebbe la finalità della legge che era (ed è) quella di sanare abusi modesti.
Ancora di recente, si è affermato che in materia di condono edilizio disciplinato dalla l. n 724 del 1994, ai fini dell’individuazione dei limiti stabiliti per la concedibilità della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario qualora faccia capo ad un unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle separate unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad un'unica concessione in sanatoria, onde evitare l'elusione del limite legale di consistenza dell'opera. Qualora, invece, per effetto della suddivisione della costruzione o della limitazione quantitativa del titolo abilitante la presentazione della domanda di sanatoria, vi siano più soggetti legittimati, è possibile proporre istanze separate relative ad un medesimo immobile (Sez. 3, n. 44596 del 20/05/2016 - dep. 24/10/2016, Boccia, Rv. 269280: fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto inapplicabile il condono, essendo emerso che l'immobile era stato interamente realizzato ed era di proprietà di un unico soggetto).

7. Nel caso in esame, il giudice dell’esecuzione si è attenuto ai principi ora richiamati, correttamente evidenziando come la presentazione separata (e non per l’intero immobile) di due distinte domande di condono abbia consentito l’aggiramento del limite di 750 mc., dal momento che la volumetria dell’unità immobiliare abusiva è pari a complessivi 1.300 mc.

8. Il quarto e l’ottavo motivo, esaminabili congiuntamente stante la stretta correlazione giuridica tra le questioni dedotte, sono manifestamente infondati.
8.1. Per costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità – con la quale il ricorrente non si confronta - il pagamento completo e nei termini della somma versata a titolo di oblazione per la definizione dell'illecito edilizio secondo la procedura straordinaria del condono - mentre, ricorrendo gli altri presupposti di legge, determina l'estinzione dei reati edilizi rispetto ai quali non sia ancora intervenuta sentenza di condanna definitiva, a norma dell’art. 38, comma 2, l. n. 47 del 1985 (cfr. Sez. 3, n. 36985 del 29/09/2011, Midili, Rv. 251399; Sez. 3, n. 3582 del 25/11/2008, dep. 2009, Cassaro e a., Rv. 242737; Sez. 3, n. 6160 del 14/04/1998, Floris, Rv. 210962) - non determina invece, ove sia intervenuta sentenza di condanna, né l'estinzione del reato, né l'automatica caducazione dell'ordine di demolizione (Sez. 3, n. 24665 del 15/04/2009, Murgia, Rv. 244076; Sez. 3, n. 2144 del 06/06/1995, Imperato, Rv. 203631).
8.2. In tal caso, in base al disposto dell’art. 38, comma 3, l. n. 47 del 1985 - richiamato dall’art. 32, comma 25, d.l. n. 269 del 2003 - il pagamento dell'oblazione comporta soltanto l'esclusione degli effetti penali della condanna ai fini dell'applicazione della recidiva e della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, mentre è soltanto il rilascio del provvedimento amministrativo di sanatoria che può valere a far revocare la sanzione accessoria dell'ordine di demolizione impartito dal giudice penale.
E, nel caso di specie, il rilascio del provvedimento in sanatoria non è stato rilasciato e nemmeno lo sarà, stante l’accertata non condonabilità degli abusi.

9. Il quinto, il sesto e il nono motivo sono manifestamente infondati.
9.1. Anche in tal caso, il ricorrente omette di confrontarsi con il consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale l’ordine di  demolizione ha natura amministrativa, configurandosi, appunto, quale sanzione accessoria oggettivamente amministrativa, sebbene soggettivamente giurisdizionale, esplicazione di un potere autonomo e non alternativo al quello dell'autorità amministrativa, con il quale può essere coordinato nella fase di esecuzione (ex multis, Sez. 3, n. 55295 del 22/09/2016 - dep. 30/12/2016, Fontana, Rv. 268844; Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013, Russo, Rv. 258518; Sez. 3, n.37906 del 22/5/2012, Mascia, non massimata; Sez. 6, n. 6337 del 10/3/1994, Sorrentino Rv. 198511; si veda anche Sez. U, n. 15 del 19/06/1996 - dep. 24/07/1996, P.M. in proc. Monterisi, Rv. 205336).
9.2. Stante la natura amministrativa dell’ordine di demolizione, si è, coerentemente, negata l'estinzione della sanzione per il decorso del tempo, ai sensi dell'art. 173 cod. pen., la quale si riferisce alle sole pene principali, e comunque non alle sanzioni amministrative (Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015 - dep. 15/12/2015, P.M. in proc. Delorier, Rv. 265540; Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015, Formisano, Rv. 264736; Sez. 3, n. 43006 del 10/11/2010, La Mela, Rv. 248670); ed altresì è stata negata l'estinzione per la prescrizione quinquennale delle sanzioni amministrative, stabilita dall'art. 28 l. 24 novembre 1981, n. 689, in quanto riguardante le sanzioni pecuniarie con finalità punitiva, mentre l'ordine di demolizione integra una sanzione "ripristinatoria", che configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio (Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015 - dep. 09/09/2015, Formisano, Rv. 264736; Sez. 3, Sentenza n. 16537 del 18/02/2003, Filippi, Rv. 227176).
9.3. Sulla scorta di tale ricostruzione, è stata perciò dichiarata, e va qui ribadita, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 117 Cost., dell'art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 per mancata previsione di un termine di prescrizione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna, in quanto le caratteristiche di detta sanzione amministrativa - che assolve ad una funzione ripristinatoria del bene leso, configura un obbligo di fare per ragioni di tutela del territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l'autore dell'abuso - non consentono di ritenerla "pena" nel senso individuato dalla giurisprudenza della Corte EDU, e, pertanto, è da escludere sia la irragionevolezza della disciplina che la riguarda rispetto a quella delle sanzioni penali soggette a prescrizione, sia una violazione del parametro interposto di cui all'art. 117 Cost. (Sez. 3, n. 41475 del 03/05/2016 - dep. 04/10/2016, Porcu, Rv. 267977).

10. Il settimo motivo e gli ultimi due, esaminabili congiuntamente in considerazione dell’omogeneità delle questioni sollevate, sono manifestamente infondat1.
10.1. Questa Corte ha già affermato che, in tema di reati edilizi, non sussiste alcun diritto "assoluto" all’inviolabilità del domicilio, desumibile dalle decisioni della Corte EDU, tale da precludere l'esecuzione dell'ordine di demolizione di un immobile abusivo, finalizzato a ristabilire l'ordine giuridico violato (Sez. 3, n. 18949 del 10/03/2016 - dep. 06/05/2016, Contadini e altro, Rv. 267024). In motivazione, la Corte ha osservato che dalla giurisprudenza CEDU si ricava, al contrario, l'opposto principio dell'interesse dell'ordinamento all'abbattimento - in luogo della confisca - delle opere incompatibili con le disposizioni urbanistiche. Invero, nel noto caso Sud Fondi c. Italia del 20 gennaio 2009 la Corte EDU ha affermato che l'interesse dell'ordinamento è quello di abbattere l'immobile abusivamente realizzato, sottolineando i giudici europei come sia sufficiente, per ripristinare la conformità rispetto alle disposizioni urbanistiche dei lotti interessati, "demolire le opere incompatibili con le disposizioni pertinenti", anziché procedere alla confisca dei medesimi. Proprio da tale inciso è quindi evidente come la stessa Corte EDU consideri del tutto legittimo il ricorso alla sanzione ripristinatoria della demolizione che, in quanto rivolta a ristabilire l'ordine giuridico violato, prevale sul diritto (rectius, interesse di mero fatto) all'abitazione dell'immobile abusivamente realizzato.
10.2. Nella stesso si colloca una decisione più recente, in cui si è affermato che l'esecuzione dell'ordine di demolizione di un immobile abusivo non contrasta con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di cui all'art. 8 CEDU, posto che, non essendo desumibile da tale norma la sussistenza di alcun diritto "assoluto" ad occupare un immobile, anche se abusivo, solo perché casa familiare, il predetto ordine non viola in astratto il diritto individuale a vivere nel proprio legittimo domicilio, ma afferma in concreto il diritto della collettività a rimuovere la lesione di un bene o interesse costituzionalmente tutelato ed a ripristinare l'equilibrio urbanistico-edilizio violato (Sez. 3, n. 24882 del 26/04/2018 - dep. 04/06/2018, Ferrante, Rv. 273368).
10.3. In un caso del genere, le posizioni giuridiche soggettive trovano sì espressione nell'art. 8 CEDU (a tenore del quale “Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza”), così come negli artt. 14 e 15 Cost., ma esse non afferiscono al caso di specie, nel quale l'ordinamento intende non violare in astratto il diritto individuale di un soggetto a vivere nel proprio domicilio legittimo, bensì riaffermare in concreto il diritto collettivo a rimuovere la lesione di un bene (del pari) costituzionalmente tutelato, quale il territorio, eliminando le conseguenze dell'abuso riscontrato e così ripristinando quell'equilibrio già sopra richiamato.
10.4. Del pari, non può esser qui neppure invocata la sentenza della Corte EDU 21/04/2016, n. 46577/15 (Ivanova e Cherkezov c/Bulgaria), secondo la quale il diritto all'abitazione di cui al citato art. 8 - tra cui dovrebbe annoverarsi, nella lettura del ricorrente, anche l'abitazione abusiva - richiede una valutazione di proporzionalità, da parte di un Tribunale imparziale, tra la misura della demolizione e l'interesse del singolo al rispetto del proprio domicilio, decisione resa in una vicenda di totale assenza di abitazione e in una situazione integrante lo stato di necessità, quindi nemmeno comparabile con quella dedotta dal ricorrente.

11. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 13/11/2019.