Cass. Sez. III n. 39062 del 8 ottobre 2009 (Ud 21 mag 2009)
Pres. Grasso Est. Fiale Ric. Cioffi
Urbanistica. Restauro e risanamento conservativo
L’art. 3, 1° comma lett. c), del TU n. 380/2001 identifica gli interventi di restauro e risanamento conservativo come quelli "rivolti a conservare l‘organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell‘organismo stesso - ne consentano destinazioni d’uso con esso compatibili". Tali interventi, in particolare, possono comprendere: il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio; l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso; l’eliminazione di elementi estranei all’organismo edilizio. La finalità è quella di rinnovare l’organismo edilizio in modo sistematico e globale, ma essa deve essere attuata - poiché si tratta pur sempre di conservazione - nel rispetto dei suoi elementi essenziali "tipologici, formali e strutturali". Ne deriva che non possono essere mutati: la "qualificazione tipologica’ del manufatto preesistente, cioè i caratteri architettonici e funzionali di esso che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie; gli "elementi formali" (disposizione dei volumi, elementi architettonici) che distinguono in modo peculiare il manufatto, configurando l’immagine caratteristica di esso; gli "elementi strutturali", cioè quelli che materialmente compongono la struttura dell’organismo edilizio.
Pres. Grasso Est. Fiale Ric. Cioffi
Urbanistica. Restauro e risanamento conservativo
L’art. 3, 1° comma lett. c), del TU n. 380/2001 identifica gli interventi di restauro e risanamento conservativo come quelli "rivolti a conservare l‘organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell‘organismo stesso - ne consentano destinazioni d’uso con esso compatibili". Tali interventi, in particolare, possono comprendere: il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio; l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso; l’eliminazione di elementi estranei all’organismo edilizio. La finalità è quella di rinnovare l’organismo edilizio in modo sistematico e globale, ma essa deve essere attuata - poiché si tratta pur sempre di conservazione - nel rispetto dei suoi elementi essenziali "tipologici, formali e strutturali". Ne deriva che non possono essere mutati: la "qualificazione tipologica’ del manufatto preesistente, cioè i caratteri architettonici e funzionali di esso che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie; gli "elementi formali" (disposizione dei volumi, elementi architettonici) che distinguono in modo peculiare il manufatto, configurando l’immagine caratteristica di esso; gli "elementi strutturali", cioè quelli che materialmente compongono la struttura dell’organismo edilizio.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. GRASSI Aldo - Presidente - del 21/05/2009
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 1106
Dott. MULLIRI Guicla I. - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 34892/1994
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CIOFFI Vittoria, nata a Vico Equense il 23.12.1955;
avverso la sentenza 8.7.1994 della Corte di appello di Napoli;
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
Udito il Pubblico Ministero, Dott. PASSACANTANDO Guglielmo, il quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore, Avv.to Falcolini Enrico, il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza dell'8.7.1994, in parziale riforma della sentenza 17.5.1993 del Pretore di Sorrento:
a) confermava l'affermazione della responsabilità penale di Cioffi Vittoria in ordine ai reati di cui:
- alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c), (per avere realizzato in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, senza la necessaria concessione edilizia, lavori di adattamento ad uso residenziale di parte di un fabbricato su una superficie di mq. 128 - acc. in Vico Equense, il 25.8.1990);
- alla L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies;
b) con le già riconosciute circostanze attenuanti generiche ed essendo stati unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. c.p., confermava la pena inflitta nella misura di giorni
22 di arresto e L. 20.500.000 di ammenda, nonché l'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi;
c) concedeva all'imputata i doppi benefici di legge. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Cioffi, la quale ha eccepito:
- la carenza assoluta di prove in ordine all'affermazione di responsabilità;
- violazione di legge, in quanto i lavori eseguiti integrerebbero parzialmente "volumi tecnici" e costituirebbero comunque "interventi di manutenzione straordinaria, di consolidamento e di rinforzo della struttura portante dell'appartamento", sicché non sarebbero assoggettati al regime della concessione edilizia;
- la illegittima omissione della revoca del sequestro. Tenuto conto della domanda di "condono edilizio" presentata dalla ricorrente, L. n. 724 del 1994, ex art. 39, questa Corte - con ordinanza del 25.5.1995 - ha disposto la sospensione del procedimento ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 38. Secondo la documentazione del Comune di Vico Equense - depositata dal difensore in data 15.5.2009 - l'istanza di condono non è stata ancora evasa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente infondato.
1. I giudici del merito - con motivazione immune da vizi logico - giuridici - hanno ricondotto all'imputata l'edificazione illecita in oggetto in seguito a corretta valutazione della situazione concreta in cui venne svolta l'attività incriminata e la sua partecipazione alla realizzazione dell'opera medesima risulta correlata ad elementi gravi, precisi e concordanti e confermata dalla successiva presentazione dell'istanza di condono edilizio.
2. Nella vicenda in esame l'attività edilizia realizzata in concreto correttamente non è stata ricondotta alla manutenzione straordinaria, in quanto il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3, comma 1, lett. b), (con definizione già fornita dalla L. n. 457 del 1978, art. 31, comma 1, lett. b)) ricomprende in tale nozione "le
opere e le modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare e integrare i servizi igienico - sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d'uso".
Interventi siffatti devono essere comunque effettuati "nel rispetto degli elementi tipologici, strutturali e formali nella loro originaria edificazione" (vedi C. Stato, Sez. 5^: 25.11.1999, n. 1971 e 8.4.1991, n. 460). Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3, comma 1, lett. c) (con definizione già fornita dalla L. n. 457 del 1978, art. 31, comma 1, lett. c)) identifica, inoltre, gli interventi di restauro e risanamento conservativo come quelli "rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che - nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso - ne consentano destinazioni d'uso con esso compatibili. Tali interventi, in particolare, possono comprendere:
- il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio;
- l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso;
- l'eliminazione di elementi estranei all'organismo edilizio. La finalità è quella di rinnovare l'organismo edilizio in modo sistematico e globale, ma essa deve essere attuata - poiché si tratta pur sempre di conservazione - nel rispetto dei suoi elementi essenziali "tipologici, formali e strutturali".
Ne deriva che non possono essere mutati:
- la "qualificazione tipologica" del manufatto preesistente, cioè i caratteri architettonici e funzionali di esso che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie;
- gli "elementi formali" (disposizione dei volumi, elementi architettonici) che distinguono in modo peculiare il manufatto, configurando l'immagine caratteristica di esso;
- gli "elementi strutturali", cioè quelli che materialmente compongono la struttura dell'organismo edilizio.
Nella specie, invece, la superficie ed i volumi residenziali di un manufatto preesistente sono stati ampliati, non "conservati" (improprio deve perciò ritenersi anche il generico riferimento, in ricorso, al regime delle "pertinenze") ed è stata mutata la consistenza estetica ed architettonica, cioè la fisionomia dell'immobile e l'aspetto esteriore di esso nelle sue linee generali. "Volami tecnici" sono i volumi - non utilizzabili ne' adattabili ad uso abitativo - strettamente necessari a contenere ed a consentire l'eccesso di quelle parti degli impianti tecnici che non possono, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, trovare allocazione all'interno della parte abitativa dell'edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche. Nel caso che ci riguarda è stata accertata, invece, la realizzazione di locali ad uso abitativo.
Le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell'episodio e dell'attribuzione dello stesso alla persona dell'imputato non sono proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato motivazionale, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione del fatto, e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.
3. Il dissequestro del manufatto è stato disposto con la sentenza di primo grado.
4. La inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, per cui non può tenersi conto:
- della domanda di condono edilizio presentata dalla ricorrente;
- della prescrizione dei reati venuta eventualmente a scadere in epoca successiva alla pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione del gravame (vedi Cass., Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, rie. De Luca).
5. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2009
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. GRASSI Aldo - Presidente - del 21/05/2009
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 1106
Dott. MULLIRI Guicla I. - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 34892/1994
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CIOFFI Vittoria, nata a Vico Equense il 23.12.1955;
avverso la sentenza 8.7.1994 della Corte di appello di Napoli;
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
Udito il Pubblico Ministero, Dott. PASSACANTANDO Guglielmo, il quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore, Avv.to Falcolini Enrico, il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza dell'8.7.1994, in parziale riforma della sentenza 17.5.1993 del Pretore di Sorrento:
a) confermava l'affermazione della responsabilità penale di Cioffi Vittoria in ordine ai reati di cui:
- alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c), (per avere realizzato in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, senza la necessaria concessione edilizia, lavori di adattamento ad uso residenziale di parte di un fabbricato su una superficie di mq. 128 - acc. in Vico Equense, il 25.8.1990);
- alla L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies;
b) con le già riconosciute circostanze attenuanti generiche ed essendo stati unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. c.p., confermava la pena inflitta nella misura di giorni
22 di arresto e L. 20.500.000 di ammenda, nonché l'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi;
c) concedeva all'imputata i doppi benefici di legge. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Cioffi, la quale ha eccepito:
- la carenza assoluta di prove in ordine all'affermazione di responsabilità;
- violazione di legge, in quanto i lavori eseguiti integrerebbero parzialmente "volumi tecnici" e costituirebbero comunque "interventi di manutenzione straordinaria, di consolidamento e di rinforzo della struttura portante dell'appartamento", sicché non sarebbero assoggettati al regime della concessione edilizia;
- la illegittima omissione della revoca del sequestro. Tenuto conto della domanda di "condono edilizio" presentata dalla ricorrente, L. n. 724 del 1994, ex art. 39, questa Corte - con ordinanza del 25.5.1995 - ha disposto la sospensione del procedimento ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 38. Secondo la documentazione del Comune di Vico Equense - depositata dal difensore in data 15.5.2009 - l'istanza di condono non è stata ancora evasa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente infondato.
1. I giudici del merito - con motivazione immune da vizi logico - giuridici - hanno ricondotto all'imputata l'edificazione illecita in oggetto in seguito a corretta valutazione della situazione concreta in cui venne svolta l'attività incriminata e la sua partecipazione alla realizzazione dell'opera medesima risulta correlata ad elementi gravi, precisi e concordanti e confermata dalla successiva presentazione dell'istanza di condono edilizio.
2. Nella vicenda in esame l'attività edilizia realizzata in concreto correttamente non è stata ricondotta alla manutenzione straordinaria, in quanto il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3, comma 1, lett. b), (con definizione già fornita dalla L. n. 457 del 1978, art. 31, comma 1, lett. b)) ricomprende in tale nozione "le
opere e le modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare e integrare i servizi igienico - sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d'uso".
Interventi siffatti devono essere comunque effettuati "nel rispetto degli elementi tipologici, strutturali e formali nella loro originaria edificazione" (vedi C. Stato, Sez. 5^: 25.11.1999, n. 1971 e 8.4.1991, n. 460). Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3, comma 1, lett. c) (con definizione già fornita dalla L. n. 457 del 1978, art. 31, comma 1, lett. c)) identifica, inoltre, gli interventi di restauro e risanamento conservativo come quelli "rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che - nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso - ne consentano destinazioni d'uso con esso compatibili. Tali interventi, in particolare, possono comprendere:
- il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio;
- l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso;
- l'eliminazione di elementi estranei all'organismo edilizio. La finalità è quella di rinnovare l'organismo edilizio in modo sistematico e globale, ma essa deve essere attuata - poiché si tratta pur sempre di conservazione - nel rispetto dei suoi elementi essenziali "tipologici, formali e strutturali".
Ne deriva che non possono essere mutati:
- la "qualificazione tipologica" del manufatto preesistente, cioè i caratteri architettonici e funzionali di esso che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie;
- gli "elementi formali" (disposizione dei volumi, elementi architettonici) che distinguono in modo peculiare il manufatto, configurando l'immagine caratteristica di esso;
- gli "elementi strutturali", cioè quelli che materialmente compongono la struttura dell'organismo edilizio.
Nella specie, invece, la superficie ed i volumi residenziali di un manufatto preesistente sono stati ampliati, non "conservati" (improprio deve perciò ritenersi anche il generico riferimento, in ricorso, al regime delle "pertinenze") ed è stata mutata la consistenza estetica ed architettonica, cioè la fisionomia dell'immobile e l'aspetto esteriore di esso nelle sue linee generali. "Volami tecnici" sono i volumi - non utilizzabili ne' adattabili ad uso abitativo - strettamente necessari a contenere ed a consentire l'eccesso di quelle parti degli impianti tecnici che non possono, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, trovare allocazione all'interno della parte abitativa dell'edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche. Nel caso che ci riguarda è stata accertata, invece, la realizzazione di locali ad uso abitativo.
Le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell'episodio e dell'attribuzione dello stesso alla persona dell'imputato non sono proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato motivazionale, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione del fatto, e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.
3. Il dissequestro del manufatto è stato disposto con la sentenza di primo grado.
4. La inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, per cui non può tenersi conto:
- della domanda di condono edilizio presentata dalla ricorrente;
- della prescrizione dei reati venuta eventualmente a scadere in epoca successiva alla pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione del gravame (vedi Cass., Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, rie. De Luca).
5. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2009