TAR Veneto, Sez. II, n. 125, del 31 gennaio 2014
Urbanistica.Condono di opera precaria

Anche se non è ammissibile il condono di un’opera precaria, nulla impedisce che l’Amministrazione, anziché rigettare immediatamente l’istanza, possa accoglierla e disporne la rimozione in un tempo differito, sancendo così la legittimità di un uso temporaneo e contingente dell’area, utilizzo temporaneo inevitabilmente ritenuto inidoneo, di per sé, ad incidere sul carico urbanistico del territorio di riferimento. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00125/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00393/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 393 del 2013, proposto da: 
Costruzioni Dalla Libera S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Dal Pra', con domicilio presso la Segreteria di questo Tribunale ai sensi dell’art. 25 del Codice del Processo Amministrativo;

contro

Comune di Castelcucco, rappresentato e difeso dagli avv. Livio Viel, Maurizio Visconti, con domicilio eletto presso Maurizio Visconti in Venezia, Dorsoduro,1057;

per l'annullamento,

della ordinanza di riduzione in pristino n. 1/2003 adottata dal Responsabile del Servizio Edilizia ed Urbanistica il 14/1/2013.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Castelcucco;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2014 il dott. Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Il Comune di Castelcucco verificava, sull’area di proprietà della ricorrente - classificata quale area agricola -, l’esistenza di un deposito recintato da una rete metallica con pali in legno infissi al suolo, all’interno del quale erano stati posizionati due cumuli di materiale, di cui uno di ghiaione (circa 800 mc) ed uno di terreno vegetale (circa 800mc).

Sempre all’interno di detta area risultavano esistenti varie attrezzature di cantiere (gru, box ufficio, betoniera, grata per vagliatura del terreno).

Si constatava, altresì, che la ditta proprietaria aveva presentato, in data 23/07/2004, un’istanza di condono ex art. 32 L. n. 326/2003, avente ad oggetto il solo deposito di materiali riconducibili ai cumuli di terreno, abuso quest’ultimo qualificato dalla medesima ditta come un illecito edilizio riconducibile alla tipologia di abuso n. 6 “Opere non valutabili in termini di superficie e di volume”.

Il Comune di Castelcucco, constatando come la domanda di condono riguardasse opere differenti da quelle descritte nel verbale, riteneva che nell’area fosse in atto una stabile e radicale trasformazione urbanistica con mutamento di destinazione d’uso da “agricola in produttiva”, ipotesi quest’ultima che configurava la fattispecie di cui alle lettere e) dell’art. 3 del Dpr 380/2001 nella parte in cui subordina detti interventi al rilascio del permesso di costruire.

Ne seguiva l’emanazione, dapprima dell’ordinanza del 12/03/2012 di sospensione dei lavori e, successivamente, del provvedimento di riduzione in pristino del 14/01/2013 n.1, impugnato nel presente ricorso.

Con detto ultimo provvedimento si ordinava la demolizione/rimozione delle opere e dei materiali sopra descritti “ripristinando lo stato dell’area in conformità a quanto rappresentato nella documentazione fotografica allegata all’istanza di condono edilizio, senza ulteriori depositi, né impianti o attrezzature atte a lavorazioni di qualsiasi tipo”.

Nel corso del giudizio si costituiva il Comune di Castelcucco, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto infondato.

Nelle successive memorie, per quanto riguarda le ulteriori opere edilizie non comprese nell’istanza di condono sia, l’Amministrazione quanto il ricorrente, davano atto della loro avvenuta rimozione.

All’udienza del 15 Gennaio 2014, uditi i procuratori delle parti costituite, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è in parte infondato e in parte improcedibile così come di seguito precisato.

1.1 In primo luogo va premesso che il provvedimento impugnato contiene due ambiti di incidenza, in quanto riferiti (il primo) all’istanza di condono e, ancora, (il secondo) alla demolizione delle rimanenti opere, circostanza quest’ultima che consente una differenziata trattazione dei profili di illegittimità, analogamente a quanto posto in essere dalla parte ricorrente.

1.2 Per quanto riguarda la conclusione del procedimento relativo alla presentazione dell’istanza di condono, va rilevato come l’Amministrazione comunale, pur prevedendone l’accoglimento, ha ordinato la necessità di procedere allo smaltimento dei cumuli di terra entro un periodo di tempo da concordare o, comunque, entro il termine massimo di sei mesi.

1.3 Dal contenuto di detto provvedimento è possibile evincere che i due cumuli di terreno e ghiaia, rappresentati nelle fotografie allegate all’istanza di condono, erano stati ritenuti dall’Amministrazione dei manufatti dal carattere precario, destinati ad essere smaltiti.

Detta interpretazione è confermata dal fatto che l’istanza di condono era stata presentata con riferimento alla tipologia 6 della disciplina di cui si tratta nella parte in cui prevede la sanatoria di “opere non valutabili in termini di superficie o di volume”.

Ciò premesso il ricorrente sostiene che l’istanza di condono avrebbe dovuto essere accolta senza la prescrizione delle opere oggetto della domanda di sanatoria.

2. Detta argomentazione non può essere accolta.

2.1 Sul punto risulta dirimente constatare l’esistenza della circostanza sopra citata, in base alla quale era stata la stessa parte ricorrente a qualificare le opere di cui si tratta quali “opere non valutabili in termini di superficie e di volume”, legittimando l’interpretazione dell’Amministrazione nel considerare detti manufatti a carattere precario.

2.2 E’ del tutto evidente che laddove si facessero proprie le tesi di parte ricorrente le opere di cui si tratta avrebbero dovuto essere rimosse immediatamente, a seguito del provvedimento di rigetto dell’istanza di condono.

A dette conclusioni, infatti, si sarebbe dovuto necessariamente pervenire qualora Amministrazione avesse ritenuto che detti manufatti costituissero una stabile e definitiva trasformazione del territorio, da area agricola in produttiva, abuso quest’ultimo che non avrebbe consentito il riferimento al numero 6 della tabella allegata alla legge sul condono.

2.2 Laddove parte ricorrente avesse ritenuto che i due cumuli di terreno non costituissero dei manufatti precari, avrebbe dovuto presentare un’istanza di condono comprensiva del riferimento alla tipologia n.1 (opere in contrasto con lo strumento urbanistico e con le leggi urbanistiche), chiedendo una trasformazione di una parte del territorio da area agricola a zona produttiva, circostanza quest’ultima che avrebbe dovuto comportare il versamento di un’oblazione per un importo differente da quella in concreto versata.

2.3 Si consideri, ancora, che se, come ha correttamente rilevato la stessa ricorrente, non è ammissibile il condono di un’opera precaria (Consiglio di Stato n. 131/1998), nulla impedisce che l’Amministrazione, anziché rigettare immediatamente l’istanza, possa accoglierla e disporne la rimozione in un tempo differito, sancendo così la legittimità di un uso temporaneo e contingente dell’area di cui si tratta, utilizzo temporaneo inevitabilmente ritenuto inidoneo, di per sé, ad incidere sul carico urbanistico del territorio di riferimento.

3. Il motivo è, pertanto, infondato, ritenendo legittima l’interpretazione posta in essere dal Comune e la parte del provvedimento del 14/01/2013 n.1 che dispone l’accoglimento dell’istanza di condono.

4. Per quanto concerne la diversa parte del provvedimento laddove si è disposta la rimozione dei manufatti non rientranti nell’istanza di condono, va necessariamente premesso che, entrambe le parti in giudizio, hanno confermato, nelle loro rispettive memorie conclusionali, come dette opere siano state effettivamente rimosse.

4.1 Ne consegue che, in relazione a detto ultimo aspetto, questo Collegio non può che sancire l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse a ricorrere, ai sensi di quanto previsto dall’art. 35 comma 1 lett. c) del Codice del Processo Amministrativo.

5. Il ricorso è, pertanto, infondato per quanto riguarda l’accoglimento dell’istanza di condono e, ancora, improcedibile per la statuizione inerente la demolizione delle rimanenti opere, contenuta anch’essa nel provvedimento impugnato.

La peculiarità della fattispecie esaminata consente di compensare le spese di giudizio tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge in parte, e lo dichiara improcedibile per la parte rimanente, nei limiti e così come precisato in parte motiva.

Compensa integralmente le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Oria Settesoldi, Presidente

Alessandra Farina, Consigliere

Giovanni Ricchiuto, Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 30/01/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)