Cass. Sez. 3, n. 31458 del 21 luglio 2016 (Cc 14 apr 2016)
Presidente: Rosi Estensore: Andreazza Imputato: Acampora
Urbanistica.Sentenza di condanna e ordine di demolizione
In tema di reati edilizi, l'esecutività dell'ordine di demolizione, conseguente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, permane anche qualora il reato cui si riferisce venga posto, in fase esecutiva, in continuazione con altro fatto criminoso oggetto di successiva condanna.
RITENUTO IN FATTO
1. A.M. ha proposto ricorso nei confronti della ordinanza della Corte d'Appello di Napoli, quale giudice dell'esecuzione, di rigetto della richiesta di non eseguibilità dell'ingiunzione a demolire opera abusiva emesso dalla Procura generale in data 17 maggio 2013, essendo il corrispondente ordine di demolizione contenuto nella sentenza della Corte d'appello di Napoli del 24 gennaio 2007 e posto in esecuzione venuto meno per effetto della messa in continuazione di tale sentenza con altra successiva sentenza dell'8 febbraio 2008 che ebbe a rideterminare la pena e a comportare conseguentemente la creazione di nuovo titolo esecutivo comprensivo di entrambe le condanne.
Si duole che la Corte d'appello abbia rigettato l'istanza sul presupposto che le modifiche del titolo esecutivo intervenute successivamente abbiano attenuto solo al quantum della pena inflitta non inficiando il potere autonomo del giudice penale di provvedere sulla demolizione: in realtà la richiesta aveva voluto evidenziare che il titolo valido da mettere in esecuzione fosse solo quello successivamente emesso da altro giudice penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è infondato: il fatto che la sentenza di condanna contenente l'ordine di demolizione della cui esecutività si discute riguardi reato posto in continuazione con altro reato oggetto di altra e successiva sentenza di condanna non è motivo di obliterazione della statuizione di demolizione, la cui definitività, dipendente dall'intervenuto passaggio in giudicato, resta evidentemente ferma.
A tale principio si è attenuto il provvedimento impugnato laddove ha sottolineato correttamente che l'istituto della continuazione è finalizzato al temperamento del cumulo materiale delle condanne per il principio del favor rei e comporta la mera unificazione delle pene all'esito della rilevata sussistenza dell'unicità del disegno criminoso.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 aprile 2016.
Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2016