Cass. Sez. III n. 23955 del 14 giugno 2011 (Ud. 13 apr. 2011)
Pres. Squasssoni Est. Sarno Ric. Trane
Urbanistica. Sequestro manufatto abusivo

In tema di misure cautelari reali, mentre l’irrevocabilità della sentenza di condanna determina la perdita di efficacia del provvedimento di sequestro preventivo di un manufatto edilizio abusivo, diversamente la non definitività della sentenza ne impedisce la restituzione, salvo che le esigenze cautelari giustificative del vincolo siano cessate

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. CLAUDIA SQUASSONI                                     - Presidente
Dott. GUICLA MULLIRI                                              - Consigliere
Dott. GIULIO SARNO                                                - Consigliere Rel.
Dott. LUCA RAMACCI                                               - Consigliere
Dott. SANTI GAZZARA                                              - Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da: 1) TRANE GIUSEPPE N. IL 22/11/1944
- avverso la sentenza n. 748/2008 CORTE APPELLO di LECCE, del 12/05/2010
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/04/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Sinaci S. che ha concluso per l’inammissibilità


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Trane Giuseppe propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Lecce aveva confermato quella del tribunale di Lecce, sezione distaccata di Tricase, con cui era stato condannato in data 26 febbraio 2008 alla pena di giustizia per i reati di cui agli articoli 349 comma 2 del codice penale, 44 lettere b) e c) d.p.r. 380/01; e 181 dLGS 42/04.

Con motivo unico si deduce la violazione dell'articolo 323 del codice di procedura penale e l'erronea applicazione dell'art. 62 bis cod. pen.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

Nei motivi di appello si era sostenuto che l'immobile era stato oggetto di tre procedimenti penali in due dei quali, con la sentenza di primo grado, era stato disposto il dissequestro; per cui alla data del 14 aprile 2006, epoca di accertamento del reato, non sarebbe stata sussistente alcuna misura ablativa sul manufatto in questione, con la conseguenza che non poteva ritenersi sussistente il reato di violazione dei sigilli essendone cessata l'efficacia.

La corte di merito ha risposto facendo rilevare che dal certificato penale risulta emessa per reati edilizi commessi il 22 aprile 2004 altra sentenza del tribunale di Lecce, sezione distaccata di Tricase in data 29 novembre 2005, confermata in appello il 7 luglio 2006, irrevocabile il 7 ottobre 2006, relativa allo stesso abuso protrattosi nel tempo.

Ha ritenuto tuttavia tale circostanza non idonea a dimostrare che le opere non fossero in stato di dissequestro alla data del sopralluogo dei carabinieri (16 aprile 2006) sia perché il maresciallo dei carabinieri che aveva proceduto al sequestro il 22 aprile 2004 si era detto certo che non era stata data esecuzione ad alcun provvedimento di dissequestro, sia perché comunque era ancora operante altro sequestro del 2000, sia perché il dissequestro ordinato con la sentenza del 29 novembre 2005, ai sensi dell'articolo 323 c.p.p, non poteva essere ritenuto immediatamente esecutivo, prevedendo l'articolo 323 stesso al comma primo che l'ordine di restituzione delle cose sequestrate sia immediatamente esecutivo solo in caso di sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere.

Obietta il ricorrente in questa sede che l'interpretazione dell'articolo 323 data dalla corte di appello non è condivisibile in quanto il comma 3 prevede espressamente che gli effetti del sequestro permangono quando è stata disposta la confisca delle cose sequestrate e, pertanto, a contrario, poiché nella specie non era né avrebbe potuto essere disposta la confisca, il dissequestro doveva ritenersi immediatamente operativo.

Ciò posto va anzitutto ricordato che, come più volte affermato da questa Sezione, il delitto di cui all'art. 349 cod. pen. è configurabile anche in caso di inefficacia o illegittimità del provvedimento di sequestro e di apposizione dei sigilli, atteso che la norma in questione richiede soltanto che l'apposizione dei sigilli derivi da una disposizione di legge o da un ordine dell'autorità; così che una volta che il vincolo sia stato apposto, a tutela della identità e della conservazione della cosa, esso non può essere violato dal privato sino a quando non sia formalmente rimosso dall'autorità competente (Sez. 3, n. 47443 del 06/11/2003 Rv. 227068).

E, dunque deve ritenersi assorbente la considerazione espressa dalla decisione di appello che non vi era stato alcun provvedimento di rimozione dei sigilli in quanto il dissequestro alla date del 16 aprile 2006, non era stato eseguito.

In ogni caso e per mera completezza espositiva si deve rilevare come la tesi sostenuta dal ricorrente circa la perdita di efficacia del sequestro è stata già contraddetta da questa Sezione essendosi affermato, con argomentazioni assolutamente condivisibili e, dunque, richiamabili nella specie, che in tema di misure cautelari reali, mentre l'irrevocabilità della sentenza di condanna determina la perdita di efficacia del provvedimento di sequestro preventivo di un manufatto edilizio abusivo, diversamente la non definitività della sentenza ne impedisce la restituzione, salvo che le esigenze cautelari giustificative del vincolo siano cessate (Sez. 3, n. 6462 del 14/12/2007 Rv. 239289. Nello stesso senso Sez. 6, n. 40388 del 26.5.2009, RV 245473).

E dunque anche sotto questo profilo il ricorso è da ritenere infondato non potendosi dubitare della sussistenza delle esigenze cautelai in presenza di una costante reiterazione del reato.

Nella seconda parte del motivo di ricorso si deduce la violazione di legge per omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Si rileva tuttavia che sul punto la sentenza appare correttamente motivata in quanto la corte di appello ha correttamente argomentato il diniego evidenziando la particolare gravità dei fatti, tale da giustificare addirittura la misura della custodia cautelare in carcere per la reiterazione del proposito di agire in spregio alle normative vigenti edificando in una zona soggetta a vincolo paesaggistico ed idrologico, con intervento protratto nel tempo a dimostrazione di un'intensità del dolo fuori dal comune.

E dunque si deve rilevare che non solo la motivazione appare esente da censure sul piano argomentativo e della correttezza giuridica ma che in questa sede le censure del ricorrente, incentrate sulla mancata sulla particolarità della situazione, adeguatamente contraddette sul piano della motivazione, si sostanziano in realtà in rilievi di merito e come tali, sono sostanzialmente inammissibili.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.


La Corte Suprema di Cassazione
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 13.4.2011

DEPOSITATA IN CANCELLERIA 14 GIU. 2011