Cass. Sez. III n. 46805 del 19 dicembre 2011 (Cc 7 dic. 2011)
Pres. Squassoni Est. Lombardi Ric. Barbuti
Urbanistica. Sospensione esecuzione demolizione

La sospensione della esecuzione può essere disposta dal giudice solo quando sia razionalmente e concretamente prevedibile che, nel giro di brevissimo tempo, sia adottato dall'autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile  contrasto con l'ordine di demolizione.  Non è invece sufficiente una mera possibilità del tutto ipotetica che si potrebbe verificare in un  futuro lontano o comunque entro un tempo non prevedibile. In tal senso non può essere ritenuta sufficiente la pendenza di ricorso al TAR contro l'ordine di  demolizione emesso in sede amministrativa ovvero la sospensione in quella sede di detto ordine per giustificare l'invocata sospensione della demolizione, né la adozione da parte della pubblica amministrazione di provvedimenti che non riguardino direttamente l'immobile da demolire.

CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO

Con la impugnata ordinanza la Corte di appello di Salerno ha rigettato l'incidente di esecuzione proposto da B.V. avverso l'ingiunzione a demolire e ripristinare lo stato dei luoghi emessa dal P.G. in esecuzione dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo contenuto nella sentenza della Corte di appello di Salerno in data 8.1.2008.

In sintesi, il giudice dell'esecuzione ha escluso che l'ordinanza del TAR Campania n. 732 del 2009, che aveva accolto la domanda cautelare di sospensione dell'ingiunzione a demolire emessa dal Comune di Cava dei Tirreni in data 3.4.2009, costituisca un provvedimento incompatibile con l'esecuzione dell'ordine di demolizione contenuto nella sentenza penale di condanna.

L'ordinanza ha inoltre valutato negativamente la suscettibilità di accoglimento della domanda di condono edilizio presentata dall'interessato, trattandosi di immobile abusivo di rilevanti dimensioni realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

Avverso l'ordinanza ha proposto personalmente ricorso il B., che la denuncia per violazione di legge.

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia violazione di legge in relazione all'ordinanza n. 732/2009 del TAR Campania, sezione di Salerno, ed alle delibere del Consiglio Comunale del Comune di Cava dei Tirreni.

Si deduce che la Corte territoriale doveva tener conto della citata ordinanza del TAR della Campania che ha sospeso l'ingiunzione a demolire emessa dalla pubblica amministrazione e, per l'effetto, revocare l'ingiunzione a demolire emessa dall'autorità giudiziaria.

Non tenendo in considerazione il citato provvedimento amministrativo la Corte territoriale ha usurpato i poteri della pubblica amministrazione, esercitando tipiche facoltà amministrative.

Si deduce inoltre che il provvedimento impugnato è altresì in contrasto con alcune deliberazioni del Comune di Cava dei Tirreni, con le quali si è deciso di non procedere all'abbattimento di costruzioni realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, non suscettibili di sanatoria, per l'esistenza di un interesse ad utilizzare tali costruzioni per fini pubblici.

Con il secondo mezzo di annullamento si denunciano violazione di legge e vizi di motivazione dell'ordinanza in relazione alla interpretazione della normativa in materia di condono edilizio.

Si sostiene, in sintesi, che le disposizioni sul condono edilizio di cui al D.L. n. 269 del 2003, convertito in L. n. 326 del 2003, devono ritenersi applicabili anche alle nuove costruzioni realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e non soltanto agli abusi minori di cui alle tipologie n. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 al decreto legge. A seguito della presentazione della domanda di condono, pertanto, il giudice deve disporre la sospensione del processo anche in fase esecutiva in attesa della definizione del procedimento amministrativo.

Con l'ultimo mezzo di annullamento si eccepisce l'incompetenza della Corte territoriale, quale giudice dell'esecuzione, essendo competente il giudice di primo grado, in quanto in sede di gravame si è provveduto solo alla rideterminazione della pena inflitta all'imputato.

Il ricorso non è fondato.

Preliminarmente, stante il suo carattere pregiudiziale, si deve rilevare l'infondatezza dell'ultimo motivo di gravame.

Il giudice di appello ha dichiarato estinti per prescrizioni i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 95 e art. 734 c.p. e conseguentemente ha ridotto la pena inflitta all'imputato.

Orbene, la sentenza di appello che dichiari l'estinzione per prescrizione di un reato non è priva di effetti riformatori rispetto a quella di primo grado, sicchè in tale ipotesi giudice dell'esecuzione è la Corte territoriale (cfr. sez. 1,27.10.2009 n. 42896, Confl., comp. in proc. Andreano).

Anche gli altri motivi di gravame sono infondati.

Il giudice dell'esecuzione, in quanto competente ad eseguire l'ordine di demolizione emesso ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, è dotato di un potere autonomo rispetto a quello analogo della pubblica amministrazione e deve, perciò, risolvere tutte le questioni che riguardano l'eseguibilità della pronuncia, tra le quali quelle afferenti alla compatibilità dell'ordine adottato con i provvedimenti assunti dalla P.A., nonchè dalla giurisdizione amministrativa o da quella penale. (cfr. sez. 3, 2.7.1996 n. 2870, P.M. in proc. Petrino, RV 205808).

Va inoltre ricordato che l'ordine di demolizione contenuto nella sentenza di condanna costituisce una sanzione amministrativa emessa dall'autorità giudiziaria penale ed è, pertanto, suscettibile di revoca in presenza di atti amministrativi incompatibili con la sua esecuzione.

Stante il carattere cogente del provvedimento emesso dal giudice penale, però, lo stesso può essere revocato solo nel caso di assoluta incompatibilità dell'esecuzione dell'ordine con gli atti nel frattempo adottati dalla pubblica amministrazione (cfr. per tutte sez. 3, 30.3.2000 n. 1388, Ciconte e altri, RV 216071).

Anche la sospensione della esecuzione, pertanto, può essere disposta dal giudice dell'esecuzione solo quando sia razionalmente e concretamente prevedibile che, nel giro di brevissimo tempo, sia adottato dall'autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con il detto ordine di demolizione.

Non è invece sufficiente una mera possibilità del tutto ipotetica che si potrebbe verificare in un futuro lontano o comunque entro un tempo non prevedibile.

In tal senso non può essere ritenuta sufficiente la pendenza di ricorso al TAR contro l'ordine di demolizione emesso in sede amministrativa ovvero la sospensione in quella sede di detto ordine per giustificare l'invocata sospensione della demolizione (cfr. giurisprudenza citata), nè la adozione da parte della pubblica amministrazione di provvedimenti che non riguardino direttamente l'immobile da demolire.

Orbene, l'ordinanza impugnata ha correttamente effettuato la valutazione richiesta dalla legge su tali punti, avendo escluso la rilevanza della sospensiva disposta in sede di giustizia amministrativa e che la domanda di condono edilizio presentata dall'interessato sia suscettibile di sanatoria, trattandosi di immobile abusivo di rilevanti dimensioni realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

Sul punto è appena il caso di ricordare che secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, "La realizzazione, in area assoggettata a vincolo paesaggistico, di nuova costruzione in assenza di permesso di costruire non è suscettibile di sanatoria ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 32" (sez. 3, 17.2.2010 n. 16471, Giardina, RV 246759; conf. sez. 3, 11.4.2007 n. 35222, Manfredi e altro, RV 237373; sez. 3; 4.5.2004 n. 37865, Musio, RV 230030; sez. 3, 24.3.2009 n. 24647, Marra, RV 244025).

Indirizzo interpretativo la cui legittimità costituzionale ha trovato riscontro nella pronuncia della Corte Costituzionale, ordinanza n. 150 del 2009, che ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità sollevata sul punto. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 dicembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2011