Cass. Sez. III n. 2261 del 20 gennaio 2021 (UP 24 nov 2020)
Pres. Ramacci Est. Gai Ric. Mattera
Urbanistica.Tensostrutture
Le tensostrutture sono opere realizzabili in regime di attività edilizia libera, senza necessità di permesso di costruire, soltanto se funzionali a soddisfare esigenze contingenti, temporanee e destinate ad essere rimosse entro novanta giorni, essendo irrilevante la tipologia dei materiali impiegati per la loro edificazione
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Napoli, ha dichiarato estinto, ai sensi dell’art. 181 comma 1 quinquies del d.lvo n. 42 del 2004, limitatamente alla struttura in alluminio indicata nell’autorizzazione paesaggistica n. 79 del 17/04/2018, la contravvenzione paesaggistica e ha rideterminato la pena, in mesi uno e giorni 20 di arresto e € 45.000,00 di ammenda, in relazione al reato di cui all’art. 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001, art. 181 comma 1 del d.lvo n. 42 del 2004, artt. 83, 95, 64,71, 65 e 72 del D.p.r. n. 380 del 2001, per avere, quale committente, realizzato nella “Tenuta San Lorenzo”, senza permesso a costruire, in violazione della normativa antisismica, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, un locale in muratura di mq. 50, uno sbancamento di terrapieno di mq. 50, una struttura in alluminio anodizzato con copertura in tenda scorrevole elettrica e chiusura perimetralmente con tenda in plexiglass con installazione di pedana in legno di mq. 70. In Pozzuoli il 02/05/2014.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. attu. cod.proc.pen.
2.1. Con il primo e secondo motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 606 comma 1, lett. b) cod.proc.pen. in relazione alla mancata applicazione dell’art. 181 comma 1 quinquies del d.lvo n. 42 del 2004. La Corte territoriale avrebbe escluso la causa estintiva sul rilievo che l’imputato non aveva provveduto al completo ripristino del locale di mq. 50, laddove, non avrebbe valutato che il ripristino dello stato dei luoghi era avvenuto in modo completo avendo l’imputato provveduto a riempire di terreno, il vano e a murare la porta di accesso. In caso di dubbio, il giudice avrebbe dovuto applicare la causa di estinzione del reato.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’art. 6 comma 1, lett. e)-bis del d.P.R. n. 380 del 2001 e art. 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001. La corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che la struttura avesse carattere di stabilità laddove, invece, come emerge dalla descrizione della stessa contenuta nell’autorizzazione paesaggistica, era a “carattere smontabile”. Si tratterrebbe di attività di edilizia libera che non richiede il permesso a costruire.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il primo motivo di ricorso risolvendosi nella proposizione di censure di fatto non consentite in questa sede è inammissibile. Ed invero, il ricorrente, attraverso una diversa lettura delle emergenze probatorie, richiede una diversa ricostruzione dei fatti e segnatamente sull’avvenuto ripristino dello stato dei luoghi, presupposto per l’applicazione della causa di estinzione.
Trattasi di censura non proponibile in questa sede a fronte di una motivazione adeguata, logica offerta dal giudice del merito e fondata sugli accertamenti (verbale di riapposizione dei sigilli) secondo cui l’imputato si era limitato ad una precaria chiusura, mediante mattoni dell’accesso al vano abusivo in muratura, ragione per cui non vi erano i presupposti per l’applicazione della speciale causa estintiva prevista dall'art. 181, comma 1 quinquies, d.lgs. n. 42 del 2004 concepita come una misura di carattere premiale limitatamente alle condotte illecite minori (esclusivamente quelle di cui al primo comma della disposizione) di turbativa del paesaggio per coloro che procedono alla rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti al vincolo paesaggistico, prima che essa venga disposta d'ufficio dall'autorità amministrativa e comunque prima della condanna, mirando il legislatore ad invogliare le condotte di tempestivo recupero della zona sottoposta al vincolo affinché il paesaggio riacquisti il precedente aspetto esteriore con conseguente recupero del suo pregio estetico che costituisce ad un tempo l'oggetto e la ragione della tutela. Nel caso in esame, era mancato il ripristino completo dei luoghi, ad esclusione della struttura in alluminio per la quale era intervenuta autorizzazione paesaggistica, secondo la descrizione delle opere contenute nel capo di imputazione (vedi supra).
5. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché meramente ripetitivo della analoga censura già devoluta ai giudici dell’impugnazione e da quei giudici con motivazione congrua e corretta in diritto.
Come è stato accertato in punto di fatto e non contestato, era stata realizzata una struttura in alluminio con copertura costituita da tenda scorrevole elettrica chiusa perimetralmente da tende in plexiglass e munita di pedana in legno avente dimensioni di mq.70, stabilmente infissa al terreno, munita di impianto di illuminazione e per la diffusione della musica, dunque di opere che, secondo i giudici, non potevano essere qualificate come elemento accessorio rimovibile e temporaneo e come tale non soggetto a permesso a costruire non essendo qualificabile quale edilizia libera in quanto destinato a realizzare nuovi volumi.
Questa Corte di legittimità ha da tempo chiarito, in fattispecie analoga, che le tensostrutture sono opere realizzabili in regime di attività edilizia libera, senza necessità di permesso di costruire, soltanto se funzionali a soddisfare esigenze contingenti, temporanee e destinate ad essere rimosse entro novanta giorni, essendo irrilevante la tipologia dei materiali impiegati per la loro edificazione (Sez. 3, n. 38473 del 31/05/2019, Bossone, Rv. 277837 – 01).
6. Nel caso in esame, difetta il requisito del soddisfacimento di esigenze contingenti e temporanee, trattandosi di manufatto che era stato realizzato per rendere vivibile e razionale gli spazi esterni del locale dell’imputato, esigenza dichiarata che tradisce l’obiettivo di realizzare un manufatto per esigenze contingenti e temporanee, realizzando invero nuovi volumi.
Secondo il novellato art. 6, comma 1, lett. e-bis, per effetto dell’art. 10, comma 1, lett. c), d.l. 16 luglio 2020, n. 76, che ha ampliato il novero degli interventi eseguibili senza alcun titolo abilitativo, sono eseguite senza alcun titolo abilitativo «le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione». (Sez. 3, n. 32735 del 18/09/2020, Santini, non mass.)
Ora, tra le opere «dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee» non possono includersi i manufatti in questione difettando il requisito “contingente” che indica ciò che è «accessorio, eventuale, accidentale, che si verifica casualmente, in una particolare circostanza», né il carattere temporaneo essendo stabilmente destinato a rendere vivibile lo spazio esterno della “Tenuta San Lorenzo” gestita dall’imputato. L’essere il manufatto smontabile è circostanza meramente allegata dal ricorrente, ma comunque è smentita dall’accertamento di fatto e dalle dichiarate finalità perseguite con la realizzazione dell’opera abusiva.
7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 24/11/2020