Cass.Sez. III n. 40763 del 2 ottobre 2013 (Cc 23 mag 2013)
Pres. Lombardi Est.Rosi Ric. Terracciano
Urbanistica.Demolizione e intervento del giudice dell'esecuzione

Compete al pubblico ministero, quale organo promotore dell'esecuzione ex art. 655 cod. proc. pen., determinare le modalità attuative della demolizione e, qualora sorga una controversia concernente non solo il titolo, ma anche le modalità esecutive, va instaurato dallo stesso P.M., dall'interessato o dal difensore procedimento innanzi al giudice dell'esecuzione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo l'ordine di demolizione emesso dal P.M., che aveva demandato al sindaco l'esecuzione dello sgombero di un manufatto abusivo e il distacco delle utenze).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Presidente - del 23/05/2013
Dott. GRILLO Renato - Consigliere - SENTENZA
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - N. 1334
Dott. ROSI Elisabetta - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 36629/2012
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TERRACCIANO PASQUALINA N. IL 01/10/1950;
Avverso l'ordinanza n. 2332/2011 C0RTE APPELLO di NAPOLI, del 13/03/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSI Elisabetta;
lette le conclusioni del P.G. Dott. STABILE Carmine, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 13 marzo 2012, la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato l'istanza di revoca e sospensione dell'ordine di demolizione della sopraelevazione di un manufatto abusivo, di cui alla sentenza irrevocabile emessa dal Tribunale di Nola il 28 settembre 1999, che ha condannato Terracciano Pasqualina per violazioni in materia urbanistica commesse in Sant'Anastasia, zona sottoposta a vincolo paesaggistico, con conseguente demolizione e riduzione in pristino. Il Giudice dell'esecuzione ha rilevato che l'incarico per la demolizione è stato conferito al sindaco e che risulta redatto un progetto esecutivo, inoltre la sopraelevazione non è suscettibile di sanatoria.
2. La Terracciano ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, chiedendo l'annullamento del provvedimento per i seguenti motivi: 1) Carenza di motivazione in quanto il provvedimento di rigetto della richiesta di sospensione sarebbe stato pronunciato dal P.G.; 2) Travisamento del fatto, con riferimento all'esistenza di un progetto esecutivo della demolizione; 3) Vizi di motivazione, atteso che il Consiglio di Stato aveva sospeso la demolizione ed i dinieghi di sanatoria, per cui si sarebbe dovuto sospendere la demolizione in attesa della definizione dei procedimenti amministrativi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato.
Come è noto il potere di ordinare la demolizione attribuito al giudice penale pur di natura amministrativa è volto al ripristino del bene tutelato in virtù di un interesse correlato all'esercizio della potestà di giustizia, ed il provvedimento conseguente è assoggettato all'esecuzione nelle forme previste dagli artt. 655 c.p.p. e segg.. Peraltro, la giurisprudenza ha affermato il principio che compete al pubblico ministero, quale organo promotore dell'esecuzione ex art. 655 c.p.p., determinare le modalità esecutive della demolizione disposta L. n. 47 del 1985, ex art. 7, ed ove sorga una controversia concernente non solo il titolo, ma anche le modalità esecutive, va instaurato dallo stesso P.M., dall'interessato o dal difensore procedimento innanzi al giudice dell'esecuzione (cfr. Sez. 3^, n. 1961 del 12/5/2000, dep. 4/7/2000, Masiello, Rv. 216991).
2. Nel caso di specie, i giudici con l'ordinanza impugnata hanno chiarito che l'ordine di demolizione è stato legittimamente emesso dal P.G., mandando al Sindaco per l'esecuzione dello sgombero coatto e del distacco delle utenze, precisando che il provvedimento contiene precise indizioni delle modalità della demolizione, volte a predisporre idonee cautele a garanzia del corpo di fabbrica non destinato all'abbattimento; mentre l'interessata ha attivato il presente giudizio non tanto in riferimento alla determinazione delle modalità della demolizione, ma per sostenere la necessità che la stessa fosse revocata o quanto meno sospesa.
Il ricorso sotto tale profilo è infondato, perché in applicazione corretta della legge, il giudice dell'esecuzione ha evidenziato l'assenza di ragioni in grado di imporre la sospensione o la revoca della disposta demolizione.
3. Infatti è principio consolidato che, in sede esecutiva, la demolizione potrà essere sospesa o revocata quando risulta "assolutamente incompatibile con atti amministrativi o giurisdizionali che abbiano conferito all'immobile altra destinazione o abbiano provveduto alla sua sanatoria" (Cfr. Sez. 3^, n. 17066 del 18 maggio 2006, Spillantini, Rv. 234321);per cui l'ordine di demolizione può essere sospeso solo eccezionalmente, quando sia concretamente prevedibile e probabile l'emissione entro breve tempo di detti atti amministrativi incompatibili (cfr. Sez. 3^, n. 24273 del 24/03/2010, dep. 24/06/2010, PG in proc. Petrone, Rv. 247791), mentre non è sufficiente una mera possibilità del tutto ipotetica che si potrebbe verificare in un tempo non prevedibile, se mancano elementi contestuali che consentano di fondare positivamente la valutazione prognostica.
4. Nel caso di specie, il giudice dell'esecuzione ha rilevato che l'opera è assolutamente non condonabile, di estese dimensioni e di rilevante impatto ambientale, per cui è evidente la prevalenza delle esigenze pubbliche di riaffermare il recupero del territorio, e non sussiste alcun pericolo circa l'abbattimento dei soli piani superiori, i quali, di per sè, costituiscono un aggravio statico certamente pericoloso. Inoltre è stato precisato che non può avere rilevanza un'asserita impossibilità a demolire, infatti la maggiore difficoltà tecnica di demolire un manufatto abusivo può essere considerata ai fini di una eventuale sospensione o revoca della demolizione solo quando ciò dipenda da una causa non imputabile al condannato (si veda, Sez. 3^, n. 35972 del 22/9/2010, dep. 7/10/2010, Lembo, parte motiva).
I ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna de ricorrente, in forza del disposto di cui all'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2013