VASTO FONDO CON ALCUNE STRUTTURE ANTICHE. VINCOLO STORICO ARTISTICO DIRETTO IN TOTO

di Vittorio Santarsiere

 

 

pubblicato su Giurisprudenza di Merito n. 32010. Si ringrazia l'editore.

Nell'apporre il vincolo storico artistico diretto/indiretto ad un fondo, che annoveri nel proprio ambito beni culturali, riveste ruolo determinante la relazione tecnico scientifica integrativa del provvedimento, dalla quale debbono risultare i presupposti del vincolo. Questi possono estrinsecarsi nei pregi storico artistici da descrivere analiticamente oppure indicando, quando esistesse, il rapporto di necessaria complementarietà tra i beni culturali ed il contesto ambientale.
Il procedimento va improntato ai criteri di proporzionalità e ragionevolezza per contemperare il sacrificio del proprietario con l'interesse pubblico di salvaguardia dei beni storico artistici, adottando possibilmente anche il vincolo indiretto, esplicantesi in prescrizioni volte a conservare l'integrità del bene tutelato, perciò meno gravoso.

SOMMARIO: 1. Nozione. - 2. Norme di legge. - 3. Fondamento giuridico. - 4. Oggetto. - 5. Tutela giurisdizionale.


1. NOZIONE
È stato prodotto ricorso amministrativo giurisdizionale contro un provvedimento del Ministero per i beni culturali e ambientali, che pose il vincolo storico artistico diretto su fondo vasto, quasi dieci ettari, ubicato nel Comune di Piano di Sorrento (NA).
Giudice adìto il Tar del Lazio a norma dell'art. 25 c.p.c., perché, quando è convenuta la pubblica amministrazione, v'è la competenza giurisdizionale sia del giudice del luogo in cui si trova la cosa mobile o immobile oggetto della domanda, sia di quello del luogo in cui è sorta l'obbligazione.
La materia del contendere scaturisce dalla circostanza, di non poco rilievo, che l'insieme dei fabbricati di epoche diverse con il parco annesso di rilevanza storico artistica occupano all'incirca due ettari del fondo, mentre il resto di esso manca di alcuna qualità culturale.
Posto il vincolo diretto all'intero fondo, il sacrificio imposto alla proprietà privata è il più oneroso. Tale vincolo, esteso su tutto il territorio, ha interessato anche la quota parte del terreno senza alcun valore storico artistico, su cui, più ragionevolmente, poteva porsi il vincolo indiretto.
Rilevato in giurisprudenza essere illogico e sproporzionato estendere il vincolo alla corte annessa ad un fondo, perché all'interno di esso vi sono manufatti di interesse culturale. Le esigenze di tutela del peculiare bene non sono proporzionate, logiche e ragionevoli in rapporto al corrispondente sacrificio imposto al proprietario (1).
Il bene culturale annovera doppia qualificazione giuridica: quale possibile oggetto di interessi economici (diritti reali, obbligatori) esso è bene patrimoniale soggetto alle norme civili in materia; in quanto portatore di valore culturale, accertato in sede di individuazione, è bene culturale disciplinato dalle norme contenute nel d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42 (precedentemente dalla l. n. 1089 del 1939), che conferiscono al potere pubblico potestà riguardo alla conservazione del bene per la cultura, nonché di godimento collettivo. Di qui, secondo un autore, si delinea la coesistenza di due aree di regolamentazione giuridica, l'una dall'altra astrattamente autonome, considerate profili diversi della cosa (economico e culturale), necessariamente sovrapponentisi, con l'effetto di comportare limitazioni alle facoltà spettanti al proprietario (2).
La nozione di bene culturale dall'accezione di tipo materialistico, abbinata a quelle cose quae tangi possunt, è passata ad un significato immateriale, che vede nel bene il valore afferente ad ambiente storico sociale. La nozione attuale valorizza il significato di documento del tempo e dell'ambiente ove il bene è sorto.
2. NORME DI LEGGE
Il ricorso, afferente al procedimento da cui scaturisce la sentenza qui in commento, risale al 1997, per cui viene applicata la l. 1 giugno 1939, n. 1089. Quivi era previsto che: per le cose, appartenenti a privati, di interesse storico artistico aventi interesse pubblico qualificato, il Ministero procedesse ad un atto di notificazione dell'interesse stesso al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo.
Dalla notificazione, trascritta se beni immobili, scaturiva la soggezione alla legge speciale di tutela. Ovvio che la notificazione concerneva il provvedimento dichiarativo del valore culturale del bene, le cui formalità eseguite significano che il documento è pervenuto al destinatario. La notificazione non ha funzione costitutiva del vincolo, il quale è perfetto con l'emanazione del provvedimento amministrativo, ma serve a porre il proprietario, possessore, detentore nella consapevolezza degli obblighi venuti a gravare su di lui.
La l. n. 1089 del 1939 portava scarse indicazioni circa l'imposizione del vincolo storico artistico quale provvedimento finale di procedimento amministrativo. Tuttavia, in base ai princìpi generali, si poteva sostenere la necessità della sequenza di atti quali momenti essenziali per giungere al vincolo. Allo stato, vigente la l. 7 agosto 1990, n. 241, annoverante natura generale di principio, la sequenza di atti finalizzati al provvedimento di imposizione del vincolo culturale assume «piena cittadinanza» quale manifestazione di attività amministrativa decisionale.
Recita l'art. 9 Cost. che «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Spiega la Corte costituzionale che questa norma tende ad assicurare la promozione e sviluppo della cultura, nonché la tutela del patrimonio storico ed artistico, quale testimonianza materiale della civiltà e della cultura. Lo Stato provvede alla formazione culturale dei consociati, alla quale concorre ogni valore idoneo a sollecitare ed arricchire la loro sensibilità come persone, nonché provvede al perfezionamento della loro personalità, al progresso spirituale e materiale. Per tali obiettivi lo Stato deve tutelare i beni testimonianza materiale della cultura ed essi a tal fine assumono rilievo strumentale sia per il riferimento alla storia della civiltà e del costume, sia per il loro valore culturale intrinseco. Inoltre deve assicurarsi alla collettività il godimento dei valori culturali espressi (3).
Sancisce l'art. 21 l. n. 1089 del 1939 che il Ministro ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo la integrità delle cose immobili soggette alle disposizioni della presente legge, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro. Viene con la norma stessa esplicitato il vincolo indiretto frequentemente apposto anche per evidenziare da lontano i beni storico artistici, come si inferisce da una sentenza magistrale riguardante il mausoleo di S. Elena in Roma, ubicato nei pressi della via dei Gordiani, visibile anticamente dal palazzo imperiale costantiniano, posto all'attuale Basilica S. Croce in Gerusalemme (4).
E osserva un giudice che il vincolo non deve necessariamente corrispondere alle dimensioni fisiche del bene principale, ma, sulla base del prudente apprezzamento dell'Amministrazione, può essere esteso all'area di pertinenza dell'immobile, sì da garantire condizioni minime di integrità della res tutelata e di salvaguardia del contesto ambientale. Tale potere deve realizzarsi, quando comporti previsioni particolarmente gravose per i fondi interessati, secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità, onde contemperare il sacrificio del privato con l'interesse pubblico perseguito (5).
La disposizione che conferisce al Ministro la facoltà di prescrivere distanze, misure ed altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo la integrità delle cose immobili di interesse storico artistico ha originato questione di legittimità costituzionale. L'art. 21 l. n. 1089 del 1939 si sospettava contrastasse con l'art. 42 comma 3 e 3 comma 1 Cost., perché non prevede alcun indennizzo e attuerebbe disparità di trattamento tra proprietario il cui bene venga vincolato e quello espropriato.
Il giudice delle leggi dichiarò infondata la questione, perché l'art. 42 Cost. non impone indennizzo quando la legge regoli i diritti dominicali di certi beni al fine di assicurarne la funzione sociale di essi. La legge, inoltre, non prevede alcuna ablazione del diritto di proprietà, ma riconosce l'inerenza di un pubblico interesse con riferimento ai beni culturali, sicché consente alla P.A. di imporre limiti all'esercizio dei diritti privati (6).
3. FONDAMENTO GIURIDICO
Il bene culturale viene protetto per ragioni non solo o non tanto estetiche, quanto per ragioni storiche, così sottolineandosi l'importanza dell'opera o del bene per la storia dell'uomo e per il progresso della scienza.
La dichiarazione di bene culturale alla ricorrenza dei presupposti costituisce una misura cautelativa per la sua conservazione, limitandone la circolazione materiale col divieto di esportazione (ove possibile), con la necessità di qualche formalità ulteriore, come l'autorizzazione ministeriale, l'assoggettamento a diritto di prelazione. Circa il valore patrimoniale la dichiarazione stessa ha talvolta determinato l'aumento di esso, in altri casi ne ha prodotto la diminuzione.
Per il Giudice delle leggi l'esigenza di conservare e di garantire la fruizione da parte della collettività delle cose di interesse storico artistico giustifica l'adozione verso di essi di particolari misure di tutela, che si realizzano attraverso poteri della pubblica amministrazione e vincoli per i privati. Dal che va esclusa la comparabilità delle procedure connesse al settore della tutela artistica e storica con le ordinarie procedure espropriative previste per beni di diversa natura (7)
Rileva il Consiglio di Stato che il bene culturale viene protetto per ragioni non solo estetiche quanto per ragioni storiche e deve ritenersi abbandonata nell'intentio legislatoris, come, pure, dagli interpreti, la concezione estetizzante del bene culturale in favore della nozione attuale di bene culturale, che valorizza il significato di documento del tempo e dell'ambiente in cui è sorto (8).
4. OGGETTO
La relazione storico artistica, che forma parte integrante del decreto di vincolo impugnato, descrive gli immobili soggetti alla tutela, riportando notizie sulle antiche origini del palazzo Colonna e boschetto adiacente, della cappella dedicata a S. Pietro e stradone alberato, delle torri e della cinta muraria merlata. Si deve inferire che il giudizio valutativo con natura di giustificazione del provvedimento afferisce a soli questi beni. Per tutto l'altro fondo difetta il presupposto del pregio storico artistico per cui possa essere dichiarato bene culturale. Ma, come dice la sentenza in commento, doveva, quanto meno, precisarsi il rapporto di necessaria complementarietà tra i manufatti di interesse artistico ed il contesto ambientale di inserimento per evitare pericolo alla integrità delle cose immobili, danneggiamento alla prospettiva o alla luce, alle condizioni di ambiente e decoro. È stato, invece, scarsamente considerato il giudizio valutativo di tutti i beni rivestente natura di giustificazione del provvedimento, né rilevata la complementarietà tra «la cosa principale e quelle pertinenziali».
Rileva un giudice che, in base a princìpi di ragionevolezza e proporzionalità, non si può salvaguardare la cornice di ambiente per vaste aree, che non si pongono in rapporto di immediata connessione o prossimità con il bene da salvaguardare, venendo, in tale ipotesi, a perseguire finalità di tutela eccedente i limiti consentiti per il peculiare bene (9).
Il vincolo diretto incide sul bene avente valore storico artistico, sia pure nel confine dell'opera tutelata, esplicando effetto limitativo dei poteri di disposizione, godimento e manutenzione di esso. Il vincolo indiretto, riguardante gli immobili compresi nella fascia di rispetto, ha minore forza di penetrazione giuridica sulla sfera della proprietà privata e si esplica mediante l'esercizio della facoltà, da parte dell'Amministrazione, di emettere prescrizioni idonee a salvaguardare l'integrità delle cose immobili soggette alla disciplina della legge (10).
Si osserva in dottrina che la esatta individuazione del bene sottoposto a tutela costituisce presupposto essenziale del provvedimento di imposizione del vincolo di interesse storico artistico. Ad esso non puÒ supplire la conoscenza personale del proprietario, perché il provvedimento destinato ad acquistare efficacia erga omnes attraverso la trascrizione ai registri immobiliari (11).
Purtroppo, nel provvedimento di vincolo che ci occupa, sembra non sia stata considerata l'esistenza o meno dell'interesse storico artistico di tutti i dieci ettari del fondo sottoposti a tutela. Evidenzia il Consiglio di Stato che può imporsi il vincolo diretto ad un complesso unitario quando annoveri strutture, resti murari, materiale mobile, ma occorre la valutazione specifica dei reperti e loro ubicazione per appurare che formano un complesso inscindibile. Il vincolo diretto può risultare sproporzionato se interessi una vasta area e non fosse indicata specificamente l'ubicazione dei singoli reperti nelle varie particelle catastali. L'impostazione del vincolo diretto è, poi, legittimo sol che vi sia la probabilità di rinvenimento di reperti di significativo valore secondo motivato giudizio tecnico discrezionale (12).
Si parla di vincolo indiretto, secondo tesi dottrinale, per dare rilevanza al fatto che gli effetti giuridici dei provvedimenti, pur esplicandosi su beni diversi da quelli dotati di pregio storico artistico, sono funzionalmente connessi al vincolo che grava su questi ultimi. Il contenuto del vincolo è dato dalle prescrizioni imposte all'uso dei beni assoggettati. L'obbligo di osservanza delle prescrizioni stesse determina la compressione o riduzione delle facoltà di godimento, ricomprese nel diritto di proprietà (13).
Il vincolo indiretto consta delle caratteristiche di accessorietà e strumentalità, sicché la sua legittimità va ricondotta a precisi limiti. Ciò per evitare che la vincolatività indiretta, accessoria e strumentale, si trasformi in vincolo generale e indifferenziato. Necessita che nella motivazione provvedimentale sia espressa l'impossibilità di scelte alternative meno gravose per il privato onerato del vincolo (14).
L'autorità amministrativa centrale, spiega un autore, ha la facoltà, ex art. 45 d.lg. n. 42 del 2004 (art. 21 l. n. 1089 del 1939) di prescrivere distanze, misure ed altre norme per evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali ... Sono queste delle prescrizioni di tutela o vincolo indiretto, che esplicano effetti giuridici in relazione a beni diversi da quelli oggetto di tutela (15).
Le misure a salvaguardia delle condizioni di ambiente e decoro delle cose immobili tutelate dalla legge vanno stabilite con riguardo alla globale coesistenza della cornice ambientale, che si estende ad ogni immobile in prossimità del bene monumentale, che sia con questo in relazione tale sicché la manomissione alteri il complesso di condizioni e caratteristiche fisiche e culturali, connotanti lo spazio circostante (16).
5. TUTELA GIURISDIZIONALE
Dalla lettura della sentenza riportata può inferirsi che la società proprietaria del fondo non abbia gradito l'assetto vincolante decretato dall'Amministrazione dei beni culturali. La compagine sembra chiedere tutela giurisdizionale, perché, al più radicale vincolo posto su tutta la proprietà, per lo meno altre due soluzioni, riduttive in minor grado del diritto dominicale, sarebbero state utilmente praticabili, comunque a salvaguardia dei beni culturali. Così poteva decretarsi il vincolo diretto limitatamente al terreno base dei beni storico artistici, apponendo il vincolo indiretto a tutto il resto circostante. Come ulteriore assetto, fermo restando il vincolo diretto del nucleo principale, poteva porsi il vincolo indiretto al terreno prossimo ad esso, lasciando in piena disponibilità della proprietaria quello più remoto.
Il vincolo diretto generale ed illimitato è stato apposto senza spiegare, nella relazione storico artistica, integrante il decreto, le ragioni di tutela dei fabbricati come delle vaste zone coltivate. L'affermazione laconica che «l'antico parco mantiene una sua unità d'insieme e un notevole valore ambientale» non giustifica il depauperamento della proprietà, diritto reale garantito costituzionalmente.
La relazione tecnico scientifica deve dare ampio conto della circostanza che il paesaggio intorno al monumento da sottoporre a vincolo diretto sia tale da fare percepire l'insieme dell'immobile e del territorio contermine in una prospettiva non dissimile da quella originaria (prevenzione, cioè, di erigere manufatti aggiuntivi, trasformazioni deturpanti).
Impossibile, inoltre, che siano stati rispettati i criteri di proporzionalità e ragionevolezza. Trascurate anche la ricerca e menzione del rapporto di necessaria complementarietà dei beni culturali con il contesto ambientale, situazione che, se sussistente, avrebbe costituito il presupposto del vincolo diretto come decretato.
Il Tar capitolino ha sostenuto in altra pronunzia che, a norma dell'art. 21 l. n. 1089 del 1939, la misura del vincolo deve essere indirizzata a precise ragioni circa la salvaguardia della integrità dei beni di interesse storico, artistico, archeologico ovvero alla esigenza di tutelarne le condizioni di prospettiva, luce, ambiente e decoro. La motivazione al riguardo era, nel caso, necessaria, ove considerato che il vincolo diretto fu imposto in eccedenza rispetto alle porzioni di suolo coperte dai reperti (17).
Quae cum ita sint, l'annullamento sentenziato dal giudice romano è condivisibile.
NOTE
(1) Cons. Stato, sez. VI, 25 giugno 2007, n. 3595, in Rep.Foro it., 2007, Beni culturali paesaggistici ambientali, n. 112; Cons. Stato, sez. VI, 19 gennaio 2007, n. 120, ibidem, n. 111.
(2) SCIULLO, I beni, in Il diritto dei beni culturali, a cura di Barbati, Cammelli, Sciullo, Bologna, 2006, 20.
(3) C. cost. 9 marzo 1990, n. 118, in Giur. cost., 1990, 664.
(4) Cons. Stato, sez. VI, 6 settembre 2002, n. 4566, in Foro amm.CdS, 2002, 2993.
(5) Tar Lazio Roma, sez. II, 23 gennaio 1997, n. 233, in Tar, 1997, I, 430 s.
(6) C. cost. 4 luglio 1974, n. 202, in Foro it., 1974, 2245.
(7) C. cost. 20 giugno 1995, n. 269, in Giur. cost., 1995, 1927 s.
(8) Cons. Stato, sez. VI, 6 settembre 2002, n. 4566, cit, 2996.
(9) Cons. Stato, sez. VI, 3 agosto 2007, n. 4322, in www.giustizia-amministrativa.it.
(10) Tar Abruzzo, L'Aquila, 25 luglio 2003, n. 523, in www.giustizia-amministrativa.it.
(11) ALIBRANDI - FERRI - CENERINI, I beni culturali e ambientali, Milano, 2001, 278.
(12) Cons. Stato, sez. VI, 6 settembre 2002, n. 4566, cit., 2995.
(13) ALIBRANDI - FERRI - CENERINI, op. cit., 389.
(14) Cons. Stato, sez. VI, 20 settembre 2005, n. 4867, in Riv. giur. ed., 2006, I, 386.
(15) SCIULLO, Le funzioni, in Il diritto dei beni culturali, a cura di Barbati, Cammelli, Sciullo, Bologna, 2006, 57.
(16) Cons. Stato, sez. VI, 23 maggio 2006, n. 3078, in Riv. giur. ed., 2006, I, 980.
(17) Tar Lazio, Roma, sez. II, 23 gennaio 1997, n. 233, cit.