I funzionari e i tecnici comunali rispondono, mediante concorso da esterni, nei reati di edificazione e lottizzazione abusiva.
E perché non anche per truffa contrattuale e risarcimento del danno?
(nota a Cass. penale, Sez. III, n. 7765/2014 – nonché a Cass. penale, Sez. III, n. 5912/2014)

di Massimo GRISANTI

L’ordinanza n. 7765/2014 (Pres. Fiale, est. Gazzara), decidendo su di un ricorso presentato da un geometra comunale, responsabile del procedimento, riconosciuto colpevole ex art. 110 c.p. e art. 44, lett. a) del D.P.R. 380/2001 per aver formulato al dirigente la proposta favorevole per il provvedimento di rilascio di un permesso di costruire, omettendo di rilevare che l’intervento progettato non era conforme al PRG, ha stabilito che:

  • “Nei reati urbanistici possono eventualmente concorrere anche gli organi pubblici deputati al controllo sugli interventi di trasformazione del suolo posti in essere da privati (vedi già – con riferimento al previgente art. 6 della legge n. 47/1985 – Cass., sez. III: 23.2.1987, Pezzoli e 21.9.1988, Maglione) e l’ipotesi più frequente di concorso con i soggetti che si trovino in possesso delle particolari qualità soggettive indicate dall’art. 29 del T.U. dell’edilizia è quella del rilascio di un atto amministrativo illegittimo per contrasto con disposizioni di legge o di regolamento ovvero con le previsioni degli strumenti urbanistici.”;

  • “La responsabilità penale a titolo di concorso nel reato edilizio [essendo stata ritenuta la possibilità di ravvisare contestualmente anche il delitto di abuso d’ufficio ex art. 323 c.p.] può configurarsi non soltanto a carico del soggetto che rilascia l’atto abilitativo illegittimo ma anche nei confronti di funzionari pubblici che svolgano in modo dolosamente infedele attività di carattere istruttorio nel procedimento amministrativo finalizzato al rilascio del titolo (vedi: Cass., sez. V, 18.12.1991, Morroni e, con riferimento ad un’ipotesi di lottizzazione abusiva, Cass., sez. III, 14.6.2002, Drago).”;

  • “L’ipotesi più frequente di concorso del funzionario pubblico nel reato edilizio è caratterizzata dalla presenza di un comportamento infedele per dolo, ma non può escludersi la possibile corresponsabilità del funzionario anche in relazione a condotte meramente colpose e questa Corte ha già ritenuto possibile configurare una illegittimità parziale di una concessione edilizia (limitata alle sole opere contrastanti con il regolamento edilizio) come fonte di responsabilità penale degli operatori pubblici che abbiano contribuito a darvi causa per inosservanza della norma regolamentare, ex art. 17, lett. a), della legge n. 10/1977 (vedi Cass., sez. III, 10.1.1984, Tortorella).”;

  • “L’esistenza di una “posizione di garanzia che trova il proprio fondamento normativo nell’art. 40 cod. pen.” è stata inoltre ravvisata, nei confronti del dirigente dell’area tecnica comunale che abbia rilasciato una concessione edilizia illegittima, da Cass., sez. III, 25.3.2004, D’Ascanio.”;

  • Spetta in via definitiva al dirigente del competente ufficio comunale l’accertamento della conformità dell’opera alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.

 

Non si può che plaudire alla rinverdita posizione della Cassazione penale, atteso che troppo spesso i funzionari e i tecnici comunali pensano di andare esenti dal concorso esterno in edificazione e in lottizzazione abusive. Sembra che non si rendano conto che è proprio attraverso la loro condotta colposa e omissiva che i soggetti privati finiscono per operare truffe contrattuali a danno degli acquirenti degli immobili costruiti in violazione del complesso della disciplina urbanistico edilizia.

 

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Ad integrazione delle posizioni contenute nella sentenza appena annotata si segnala anche la statuizione, passata quasi inosservata, contenuta nella sentenza n. 5912/2014 sempre dalla Suprema Corte e precisamente al punto 7) del considerato in diritto:

“L’adesione a tali principi conduce a ritenere che sussista una progressione nella realizzazione dell’illecito, che muove dalla presentazione della istanza di autorizzazione (nel caso in esame sottoforma di DIA) e prosegue …”.

 

Non vi è chi non veda come la Suprema Corte inizi a considerare la posizione espressa su Lexambiente, anche di recente, in ordine al fatto che la DIA costituisca una mera fase del procedimento autorizzatorio che inizia con la richiesta di permesso di costruire [che nella fattispecie la Corte ha ritenuto – come il TAR Lazio, RM, n. 9257/2012 – essere stata implicitamente presentata mediante il deposito della DIA al protocollo comunale] e che termina con un provvedimento di silenzio-assenso del dirigente comunale.

 

Provvedimento per silentium che, nel caso in cui venga riconosciuto come mai formatosi, è caratterizzato dal concorso causale tanto del responsabile del procedimento (che non ha ravvisato elementi impeditivi per interdire l’opera), quanto del dirigente (a cui spetta, in via definitiva, l’accertamento della legittimità delle opere intraprese).

 

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Tuttavia, pur plaudendo al riverdimento della posizione della Cassazione, si invita la Corte ad analizzare, nelle prossime occasioni che si pareranno loro, la concorrenza – da esterni – dei funzionari comunali nella truffa contrattuale per effetto del rilascio di titoli abilitativi illegittimi, analizzando anche se il funzionario abbia, o meno, agito esercitando pubblici poteri.

 

A quest’ultimo proposito, lo scrivente è dell’avviso che non sia manifestamente irrilevante l’analisi della qualificazione giuridica che deve essere data all’atto illegittimo rilasciato dal funzionario.

 

Infatti, se il funzionario ha esercitato quel potere che la legge gli ha conferito, siamo in presenza di un provvedimento riconducibile alla P.A., la quale non può che risponderne in via di responsabilità oggettiva.

Se, diversamente, non ha esercitato lo specifico potere conferito dal legislatore, saremmo in presenza di un atto oggettivamente e soggettivamente privato, non riconducibile alla P.A., la quale, così, verrebbe esentata dalle conseguenze economiche di ristoro del danno (e con essa i Cittadini che essa rappresenta).

 

A tal proposito ribadisco la mia opinione e cioè che il legislatore non ha conferito al dirigente comunale un potere illimitato di rilascio di titoli abilitativi, ma ne ha limitato la competenza a quelli rispondenti, sotto il profilo sostanziale, al complesso della disciplina urbanistico-edilizia.

 

Ebbene, se la giurisprudenza amministrativa ha costantemente ribadito che l’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001 (il quale consente di sanare l’opera eseguita in forza di un titolo annullato mediante il versamento di una somma di denaro pari al valore venale della res abusiva) non è applicabile in caso di violazioni sostanziali alla disciplina urbanistica (cfr. ex plurimis: Consiglio di Stato, n. 5115 del 21/10/2013, una sentenza, peraltro, molto interessante anche per i principi espressi in tema di edilizia in zone sismiche), è evidente che il provvedimento annullato non apparteneva alla P.A. giacché non ne è consentito, a posteriori, il recupero degli effetti.

 

In definitiva, ad avviso di chi scrive, l’atto permissivo adottato dal dirigente in violazione della sostanziale normativa urbanistico-edilizio è radicalmente nullo perché assunto al di fuori dei limiti della competenza attribuita dal legislatore (non a caso l’art. 13 del TUE è rubricato “Competenza al rilascio del permesso di costruire”). La giurisdizione sarebbe del Giudice Ordinario e non del Giudice Amministrativo, perché diversamente opinando saremmo in presenza del Giudice dell’Amministrazione.

 

 

Scritto il 23 febbraio 2014