Cass.Sez. III Sentenza n. 15987 del 8 aprile 2013 (CC   6 mar 2013)
Pres.Teresi Est.Andreazza Ric. P.G. in proc. Parisi
Urbanistica.Lottizzazione abusiva terzo acquirente in buona fede e condotta colposa 
In tema di reati edilizi, la confisca di un immobile abusivamente lottizzato può essere disposta anche nei confronti del terzo acquirente, qualora nei suoi confronti siano riscontrabili quantomeno profili di colpa per non aver assunto le necessarie informazioni sulla sussistenza di un titolo abilitativo e sulla compatibilità dell'intervento con gli strumenti urbanistici. (Fattispecie nella quale la buona fede dell'acquirente è stata desunta dal prolungato comportamento omissivo della P.A., dall'esistenza di una prassi favorevole attestata dal notaio rogante e dall'assoluzione per carenza dell'elemento soggettivo dei venditori degli immobili).
  Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Camera di consiglio SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE    
 SEZIONE TERZA 
 Dott. TERESI    Alfredo          - Presidente  - del 06/03/2013
 Dott. LOMBARDI  Alfredo Maria    - Consigliere - SENTENZA
 Dott. AMORESANO Silvio      - rel. Consigliere - N. 571
 Dott. ORILIA    Lorenzo          - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. ANDREAZZA Gastone     - rel. Consigliere - N. 43841/2010
 ha pronunciato la seguente: 
 sul ricorso proposto da:
 Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Palermo e dal  Comune di Palermo;
 nel proc. nei confronti di:
 Parisi Francesco, n. a Palermo il 01/04/1969;
 avverso la ordinanza della Corte d'Appello di Palermo in data  06/05/2010;
 visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
 udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
 lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto  Procuratore generale dott. SPINACI Sante, che ha concluso per il  rigetto dei ricorsi.
 RITENUTO IN FATTO
 1. Il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Palermo e il  Comune di Palermo ricorrono per cassazione avverso l'ordinanza del  06/05/2010 con cui la Corte d'Appello di Palermo, accogliendo  l'opposizione presentata da Parisi Francesco Paolo nei confronti  dell'ordinanza del 23/04/2009, ha disposto la revoca, limitatamente  alla posizione del Parisi e del proprio immobile, della confisca  disposta con la sentenza del 29/1/2000 del Pretore di Palermo,  divenuta definitiva il 21/12/2001. In particolare, con l'ordinanza  opposta, la Corte territoriale aveva rigettato la richiesta di revoca  del provvedimento di confisca avanzata da Parisi (mai coinvolto  quale imputato nel procedimento) quale preteso acquirente in buona  fede del bene oggetto di lottizzazione abusiva rilevando in  particolare che già prima della data dell'acquisto era intervenuta  la sentenza di condanna, di grande risonanza mediatica, dei  costruttori e degli amministratori per reati contro la pubblica  amministrazione alla base del successivo processo per il reato di  lottizzazione di cui sopra. Con l'ordinanza impugnata, invece, la  Corte ha escluso, tenuto conto anche degli orientamenti della  giurisprudenza di legittimità nel frattempo maturati, che Parisi  versasse in colpa al momento dell'acquisto valorizzando, in  particolare, l'intervenuta assoluzione definitiva degli  amministratori della dante causa del Parisi sul presupposto che la  loro condotta era intervenuta a distanza di lunghissimo tempo dal  rilascio delle concessioni, tra l'altro negli anni sempre prorogate,  e all'esito di un iter amministrativo regolarmente seguito, e senza  che mai la pubblica amministrazione avesse dato segno di ritenere  illegittimo l'insediamento, peraltro materialmente realizzato da  altri. In definitiva, dunque, si era accertata la buona fede degli  stessi soggetti imprenditoriali materialmente artefici delle vendite  a privati. Lo stesso Pretore, peraltro, aveva disposto ugualmente la  confisca di tutti gli immobili sol perché tale sanzione era ritenuta  all'epoca (e prima dei mutamenti giurisprudenziali indotti anche  dalla nota sentenza della Corte edu sul caso di "Punta Perotti") di  natura reale e obbligatoria in relazione all'intrinseca Illiceità  della cosa. Del resto la buona fede degli acquirenti era stata  attestata anche nella sentenza di condanna, in sede civile, del  Comune di Palermo al risarcimento dei danni in favore degli  acquirenti stessi.
 2. Il P.G. ricorrente lamenta, con un primo motivo, di violazione  degli artt. 34 e 666 c.p.p., che la Corte d'Appello, abbia svolto, in  sede di opposizione, una ulteriore valutazione contenutistica del  merito della richiesta già vagliata in sede di incidente con  mutamento, rispetto a tale prima decisione, del solo terzo componente  del collegio, inalterati il Presidente e relatore. Con un secondo  motivo, di violazione degli artt. 546 e 125 c.p.p. e di illogicità  della motivazione, lamenta che la decisione impugnata verta sui  medesimi elementi di fatto già ampiamente esaminati nel primo  provvedimento, peraltro irritualmente già assistito da  contraddittorio, senza che siano emerse circostanze nuove.  Con un terzo motivo di violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44  deduce la natura di sanzione amministrativa obbligatoria della  confisca in caso di lottizzazione e l'acritico recepimento, da parte  del provvedimento impugnato, delle sentenze della Corte edu anche in  relazione alla nozione di reato e di pena. Con un quarto motivo di  violazione sempre dell'art. 44 cit. e di illogicità della  motivazione sul punto della ritenuta buona fede di Parisi, contesta  la recepibilità nell'ordinamento interno dei principi espressi dalla  Corte edu in punto di non confiscabilità del bene nei confronti del  terzo in buona fede, giacché gli interessi di questo sono garantiti  dalla possibilità, per lo stesso, di esperire avanti al giudice  civile azione risarcitoria per l'equivalente, in tal modo  rispettandosi anche il principio della proporzionalità stabilito  dall'arti del protocollo addizionale della Corte Edu.  Con un quinto motivo di illogicità manifesta della motivazione,  deduce come la stessa Corte edu e la giurisprudenza di legittimità  ritengano l'ordine di demolizione di opere contrastanti con le norme  urbanistiche come sanzione amministrativa a contenuto ripristinatorio  ed eseguibile nei confronti di chiunque sia stato in rapporto col  bene, di qui sembrando volersi dedurre l'incongruità di una diversa  conclusione con riguardo alla confisca.
 Con sesto motivo di violazione di legge e mancanza e illogicità  della motivazione deduce che l'opponente, cui un tale onere  incombeva, non ha dato dimostrazione della propria buona fede in  ordine alla oggettiva partecipazione ad attività lottizzatola con  conseguente censurabilità della motivazione, che ha omesso di  rilevare che dall'atto di compravendita emergeva che il fabbricato  risultava realizzato su terreno non edificabile secondo il Prg e  divenutolo solo in forza di concessioni edilizie singole rilasciate  in deroga alle previsioni generali e senza piano di lottizzazione;
 inoltre già prima dell'acquisto era intervenuta la sentenza di  condanna dei costruttori e tecnici comunali per vari reati contro la  P.a. Contesta inoltre la valorizzazione di provvedimenti giudiziari  intervenuti in particolare riguardando la sentenza del Pretore  soggetti terzi rispetto al Parisi e la sentenza civile altri  acquirenti diversi dallo stesso.
 3. Il Comune terzo interessato ricorrente deduce con un primo motivo  mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della  motivazione; dopo avere trascritto la memoria già presentata in sede  di opposizione evidenzia che già all'atto di acquisto Parisi, come  del resto già rilevato dalla Corte d'appello con l'ordinanza  opposta, doveva essere a conoscenza della vicenda di lottizzazione  sia perché già sfociata in sentenza di condanna per abuso d'ufficio  dei dipendenti comunali sia perché la situazione dei luoghi, ancora  priva di opere di urbanizzazione e con attività lottizzatoria ancora  in corso emergeva anche dall'atto di compravendita; deduce che la  stessa Corte, sulla base dei medesimi elementi che in sede di  esecuzione l'avevano condotta a rigettare la richiesta di revoca, ha  invece successivamente accolto l'opposizione; deduce conseguentemente  che la Corte avrebbe dovuto dare espressa e puntuale contezza delle  ragioni della diversa e diametralmente opposta valutazione di merito  e quindi della inidoneità delle originarie argomentazioni del resto  poste in rilievo dal Comune nella propria memoria. Da qui  conseguirebbe, venendo richiamata pronuncia di questa Corte (n. 7651  del 2010) totale mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità  della motivazione.
 Con un secondo motivo, sempre volto a dedurre mancanza o manifesta  illogicità della motivazione, deduce che nessuno degli elementi  indicati da Parisi è idoneo a dimostrare che lo stesso abbia  adoperato la necessaria diligenza nell'adempimento dei doveri di  informazione e conoscenza imposta dai principi della Corte di  cassazione, stanti in particolare la destinazione della zona a verde  agricolo e il mutamento di destinazione di Prg in forza, del tutto  illegittimamente, delle concessioni edilizie rilasciate e gli  ulteriori elementi già sopra richiamati. Di contro deduce come  irrilevanti tutti gli elementi valorizzati dalla Corte (come il solo  successivo sequestro preventivo, l'avvenuto pagamento di vari tributi  e le statuizioni di varie autorità giurisdizionali).  4. In data 31/05/2012 Parisi Francesco Paolo ha presentato memoria  illustrativa con cui premette che la Corte territoriale già in prima  battuta ha revocato la confisca nei confronti di altri acquirenti e  che il relativo ricorso per cassazione proposto è stato già  rigettato da questa Corte; nel merito dei ricorsi deduce anzitutto  l'inammissibilità del ricorso del P.G. in particolare rilevando, al  di là del contenuto in termini fattuali, che il P.G. non è  legittimato a ricorrere avverso i provvedimenti emessi in sede di  esecuzione (all'uopo richiamando Sez. 1, n. 943 del 22/03/1999);
 inoltre entrambi i ricorsi sono inammissibili deducendo gli stessi  questioni di fatto o pretendendo una diversa lettura delle stesse,  operata per di più escludendo gli elementi indicativi della buona  fede.
 CONSIDERATO IN DIRITTO
 5. Va anzitutto premesso che, contrariamente a quanto invocato, con  memoria, dall'interessato Parisi, il ricorso del P.G. è  ammissibile essendo le funzioni di giudice dell'esecuzione state  svolte dalla Corte d'Appello presso la quale lo stesso P.G. ha  rivestito il ruolo di parte nel relativo procedimento, essendo dunque  non correttamente richiamato l'indirizzo di questa Corte che ha  ritenuto si inammissibile il ricorso del P.G. avverso i provvedimenti  emessi dal giudice dell'esecuzione allorquando, però, evidentemente,  le relative funzioni siano state svolte dal Tribunale (cfr., da  ultimo, Sez. 1, n. 6324 del 11/01/2013, P.G. in proc. De Giglio, Rv.  2542224).
 Ciò posto, il primo ed il secondo motivo del ricorso del P.G. sono  inammissibili giacché manifestamente infondati. Quanto al primo,  perché, come già chiarito da questa Corte, anche a voler  prescindere dal fatto che l'incompatibilità non eccepita non  potrebbe comunque dar luogo a causa di nullità del provvedimento, il  giudice che ha adottato il provvedimento "de plano" non è  incompatibile a pronunciarsi sull'opposizione ai sensi dell'art. 667  c.p.p., comma 4 avverso il medesimo provvedimento (Sez. 1, n. 14928  del 21/02/2008, Marchitelli, Rv. 245198; Sez. 6, n. 32419 del  15/07/2009, Reitano, Rv. 245198); e quanto al secondo perché,  esattamente in senso contrario a quanto argomentato dal ricorrente,  l'opposizione è propriamente funzionale a provocare una più  approfondita valutazione degli stessi elementi già considerati nel  provvedimento adottato "de plano".
 6. I restanti motivi del ricorso del P.G. nonché i motivi del  ricorso del Comune di Palermo, tutti volti sotanzialmente a  contestare, nel merito, il provvedimento di revoca della confisca,  anche in relazione alla ritenuta buona fede del terzo acquirente,  sono infondati.
 Va premesso che - secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1,  n. 14928 del 09/04/2008, Marchitelli, e Sez. n. 42107 del 12.11.2008,  Banca) - il soggetto che rivendichi la illegittimità, nei suoi  confronti, della disposta confisca - qualora non abbia partecipato al  procedimento nel quale è stata applicata la misura e sia quindi  rimasto estraneo ai giudizio di merito - pur non avendo ovviamente  diritto di impugnare la sentenza nella quale la sanzione ablatoria è  stata applicata, può chiedere la restituzione del bene confiscato  esperendo incidente di esecuzione, nell'ambito del quale può  svolgere le proprie deduzioni e fare istanze per l'acquisizione di  elementi utili ai fini della decisione. In tale ambito è dunque  consentito al giudice dell'esecuzione valutare, sia pure ai soli fini  riguardanti la confisca, la implicazione (che deve essere  caratterizzata quanto meno da profili di colpa) nella lottizzazione  medesima del soggetto che, dichiarandosi "terzo estraneo", chieda la  restituzione della parte di sua pertinenza del compendio immobiliare  confiscato.
 Quanto poi all'applicazione della confisca prevista dal D.P.R. n. 380  del 2001, comma 2, art. 44 (in precedenza, della L. n. 47 del 1985,  art. 19) nei confronti dell'acquirente di una porzione del terreno  abusivamente lottizzato ovvero di una unità immobiliare edificata  nel contesto di un'Illecita attività lottizzatoria, va anzitutto  ribadito che: a) il reato di lottizzazione abusiva può essere posto  in essere da una pluralità di soggetti, i quali, in base ai principi  che regolano il concorso di persone nel reato, possono partecipare  alla commissione del fatto con condotte anche eterogenee e diverse da  quella strettamente costruttiva, purché ciascuno di essi apporti un  contributo causale alla verificazione dell'illecito e senza che vi  sia alcuna necessità di un accordo preventivo; b) la lottizzazione  abusiva ha carattere generalmente plurisoggettivo, poiché in essa  normalmente confluiscono condotte convergenti verso un'operazione  unitaria caratterizzata dal nesso causale che lega i comportamenti  dei vari partecipi diretti a condizionare la riserva pubblica di  programmazione territoriale; c) la condotta dell'acquirente, in  particolare, non configura un evento imprevisto ed imprevedibile per  il venditore, perché anzi inserisce un determinante contributo  causale alla concreta attuazione del disegno criminoso di quello  (vedi, tra le altre, Sez. 3, n. 37472 del 26/06/2008, Belloi e altri,  Rv. 241098; Sez. U., n. 4708 del 27/03/1992, Fogliani, Rv. 190829) e,  per la cooperazione dell'acquirente nel reato, non sono necessari un  previo concerto o un'azione concordata con il venditore, essendo  sufficiente, al contrario, una semplice adesione al disegno criminoso  da quegli concepito, posta in essere anche attraverso la violazione  (deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri di  informazione e conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei  doveri di solidarietà sociale di cui all'art. 2 Cost. (vedi sentenza  Corte Costituzionale n. 364 del 1988); d) l'acquirente, dunque, non  può sicuramente considerarsi, solo per tale sua qualità, "terzo  estraneo" al reato di lottizzazione abusiva, ben potendo egli  tuttavia, benché compartecipe al medesimo accadimento materiale,  dimostrare di avere agito in buona fede, senza rendersi conto cioè -  pur avendo adoperato la necessaria diligenza nell'adempimento degli  anzidetti doveri di informazione e conoscenza - di partecipare ad  un'operazione di illecita lottizzazione. Quando, invece, l'acquirente  sia consapevole dell'abusività dell'intervento - o avrebbe potuto  esserlo spiegando la normale diligenza - la sua condotta si lega con  intimo nesso causale a quella del venditore ed in tal modo le  rispettive azioni, apparentemente distinte, si collegano tra loro e  determinano la formazione di una fattispecie unitaria ed  indivisibile, diretta in modo convergente al conseguimento del  risultato lottizzatorio; e) la contravvenzione di lottizzazione  abusiva ben può essere commessa per colpa (vedi, tra le tante, Sez.  3 n. 39916 del 01/07/2004, Lamedica ed altri, Rv. 230084; Sez. 3, n.  36940 del 11/05/2005, Stiffì ed altri, Rv. 232189; 27.2.2007,  Barletta; 21.11.2007, Quattrone; Sez. 3, n. 37472 del 26/06/2008,  Belloi e altri, Rv. 241098; Sez. 3, n. 14326 del 10/01/2008, Zortea,  non massimata; Sez. 3, n. 17865 del 17/03/2009, P.M. in proc. Quarta  e altri, Rv. 243750), non essendo ravvisabile alcuna eccezione al  principio generale stabilito per le contravvenzioni dall'art. 42  c.p., comma 4, ponendosi, in particolare, il compratore che ometta di  acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità  dell'acquisto in una situazione di inconsapevolezza che fornisce,  comunque, un determinante contributo causale all'attività illecita  del venditore; f) questa Corte ha ormai ripetutamente affermato, in  correlazione con la necessità del rispetto dei principi di cui  all'art. 7 della Convenzione Edu riaffermata anche dalla Corte Edu in  particolare con le sentenze pronunziate rispettivamente il 30/06/2007  ed il 20/01/2009, ricorso n. 75909/01 proposto contro l'Italia dalla  s.r.l. "Sud Fondi" ed altri - e con l'esigenza, riaffermata in  plurime occasioni, dalla Corte costituzionale, di interpretare la  norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale (vedi  sentenze n. 348 e 349 del 2007 e, nel tema specifico della confisca  nei confronti dei terzi, sentenza n. 239 del 2009), che per disporre  la confisca prevista dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, il  soggetto proprietario della res non deve essere necessariamente  "condannato", in quanto detta sanzione ben può essere disposta  allorquando sia stata comunque accertata la sussistenza del reato di  lottizzazione abusiva in tutti i suoi elementi, soggettivo ed  oggettivo, anche laddove, per una causa diversa (come ad esempio  l'intervenuto decorso della prescrizione) non si pervenga alla  condanna del suo autore ed alla inflizione della pena (vedi, tra le  altre, Sez. 3, n. 39078 del 13/07/2009, Apponi e altri, Rv. 245347;
 Sez. 3, n. 21188 del 30/04/2009, Casasanta e altri, Rv. 243630; Sez.  3, n. 9982 del 21/11/2007, Quattrone, Rv. 238984).
 7. Ciò posto, va anzitutto osservato che sono inammissibili tutte le  considerazioni che evochino questioni in fatto, sulle quali vi sia  stata, da parte del provvedimento impugnato, adeguata e non illogica  motivazione; ne' possono essere dedotte pretese disparità  interpretative rispetto ad altro istituto, ovvero la demolizione del  manufatto abusivo, estraneo alla questione di specie; va anche  aggiunto, in particolare con riferimento al primo motivo del ricorso  del Comune di Palermo, ove si deduce che la Corte, sulla base dei  medesimi elementi che in sede di esecuzione l'avevano condotta a  rigettare la richiesta di revoca, ha invece successivamente accolto  l'opposizione, che, in ogni caso, anche laddove gli elementi valutati  fossero stati effettivamente i medesimi, il vizio consistente nella  contraddittorietà della motivazione è necessariamente interno al  provvedimento e non può essere desunto in base ad una semplice  diversa valutazione operata in due distinti provvedimenti (vedi Cass.  n. 25703 del 23/05/2003, Below, Rv. 226047).
 Recepibili dunque, solo in tali limiti le doglianze attinenti alla  revoca della confisca, va osservato che la fattispecie in esame  appare porsi su una situazione equivalente a quella di cui la Corte  di Strasburgo si è occupata con le già richiamate sentenze del 2007  e del 2009 sul ricorso n. 75909/01 proposto contro l'Italia dalla  s.r.l. "Sud Fondi" ed altri, sentenze nelle quali venne osservato che  gli imputati avevano commesso un errore inevitabile e scusabile in  sede di interpretazione delle norme violate, giacché i funzionari  del Comune di Bari avevano assicurato i ricorrenti della regolarità  dell'intervento edilizio autorizzato. Nella fattispecie in esame,  infatti, su di un piano analogo, il Comune di Palermo (ente  esponenziale dei pubblici interessi), per lunghissimi anni, ha omesso  di esercitare la dovuta vigilanza sull'assetto del territorio e non  ha applicato le sanzioni amministrative di propria competenza che la  legge correla alle lottizzazioni abusive. Lo stesso Pretore di  Palermo, poi, con la sentenza del 29 gennaio 2000, dopo avere  duramente stigmatizzato l'operato di sindaci, assessori, dirigenti e  funzionari, ebbe a rinviare gli atti alla Procura affinché si  approfondissero le indagini non a carico degli acquirenti ma a carico  di altri soggetti pubblici sia per l'ipotesi in correità e  favoreggiamento nel reato di lottizzazione abusiva sia per quella di  omissione di atti di ufficio. È rimasta inerte anche la Regione  Siciliana, pur munita di potestà di annullamento dei provvedimenti  comunali e di poteri sanzionatori sostitutivi. Non può  disconoscersi, dunque, un oggettivo riverbero degli anzidetti  comportamenti omissivi sulla valutazione di un affidamento in buona  fede da parte degli acquirenti degli Immobili.
 Efficacia determinante deve riconoscersi, comunque, alla circostanza  dell'intervenuta assoluzione, per carenza dell'elemento soggettivo,  di coloro che hanno originariamente venduto le unità immobiliari in  oggetto (ovvero gli amministratori prò tempore della s.r.l. "Poggio  Mondello"). Il Pretore di Palermo, nella sentenza irrevocabile del  2000, ha infatti ritenuto che quegli amministratori non fossero  consapevoli di commettere un illecito, "tenuto conto del lunghissimo  lasso di tempo intercorso tra il rilascio delle concessioni edilizie  e l'attività dagli stessi posta in essere, senza che la pubblica  amministrazione avesse nel frattempo mai dato segno di volere  ritenere illegittimo "insediamento abitativo realizzato".  A fronte di tali considerazioni sarebbe quanto meno del tutto  illogico da una parte ritenere in buona fede I venditori e dall'altra  ritenere in mala fede gli acquirenti. I notai stipulanti, del resto,  evidenziavano negli atti pubblici di trasferimento la destinazione a  verde agricolo della zona, ma attestavano che poteva comunque  addivenirsi alla stipulazione tenuto conto che gli uffici comunali  preposti al rilascio dei titoli abilitativi edilizi, per le  edificazioni nelle zone di verde agricolo, si adeguavano senza  eccezioni alla prassi (la cui vigenza non risulta smentita dai  ricorrenti) di rilasciare concessioni singole con mero riferimento  all'indice fondiario e senza richiedere un previo piano attuativo.  8. In conclusione, ed in conformità a quanto già statuito da questa  Sezione con le sentenze n. 45833 del 13/10/2012, Comune di Palermo in  proc. Ferrigno e altri, Rv. 253853 e n. 38738 del 27/04/2012, P.G., e  Comune di Palermo in proc. Castagna e altri, non massimate), ambedue  i ricorsi devono essere rigettati ed il ricorrente Comune di Palermo  deve essere condannato ai pagamento delle spese processuali.
 rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente Comune di Palermo al  			pagamento delle spese processuali.
 Così deciso in Roma, il 6 marzo 2013.
 Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2013
                    



