Consiglio di Stato Sez. VI n. 1984 del 29 febbraio 2024
Urbanistica.Caratteristiche della ristrutturazione edilizia

Integrano gli estremi della ristrutturazione edilizia gli accorpamenti e i frazionamenti delle unità immobiliari e gli interventi che alterino l’originaria consistenza fisica dell’immobile con l’inserimento di nuovi impianti e la modifica di distribuzione dei volumi, mentre la manutenzione straordinaria e il risanamento conservativo presuppongono la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell’edificio e la distribuzione interna della sua superficie. Al fine di valutare l’incidenza sull’assetto del territorio di un intervento edilizio, consistente in una pluralità di opere, va compiuto un apprezzamento globale, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprenderne in modo adeguato l’impatto effettivo complessivo. I molteplici interventi eseguiti non vanno considerati, dunque, in maniera frazionata. La ristrutturazione edilizia deve essere distinta dagli interventi di restauro e risanamento conservativo, atteso che mentre la ristrutturazione può condurre ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, il restauro e il risanamento conservativo non possono mai portare a ridetto organismo in tutto o in parte diverso dal preesistente, avendo sempre la finalità di conservare l’organismo edilizio, ovvero di assicurare la funzionalità (cfr. art. 31, lett. c) della L. n. 457 del 1978, traslato testualmente nell’art. 3, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001). Ne deriva che si è in presenza di un restauro e risanamento conservativo qualora l’intervento sia funzionale alla conservazione dell’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità, nel rispetto dei suoi elementi tipologici (in specie, architettonici e funzionali, suscettibili di consentire la qualificazione dell’organismo in base alle tipologie edilizie), formali (tali da contraddistinguere il manufatto, configurandone l’immagine caratteristica) e strutturali (concernenti la composizione della struttura dell’organismo edilizio). Gli interventi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l’originaria consistenza fisica dell’immobile e comportino l’inserimento di nuovi impianti e la modifica e la ridistribuzione dei volumi, non si configurano né come manutenzione straordinaria, né come restauro conservativo, ma rientrano nell’ambito della ristrutturazione edilizia. 

Pubblicato il 29/02/2024

N. 01984/2024REG.PROV.COLL.

N. 08172/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8172 del 2017, proposto da
Paolo Porcile, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi Cocchi, Silvio Quaglia, Giovanni Corbyons, con domicilio eletto presso lo studio Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone n. 44;

contro

Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Paola Pessagno e Caterina Chiesa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Agenzia delle Entrate, Ufficio Provinciale di Genova – Territorio, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 311/2017, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Genova e dell’Agenzia delle Entrate;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 4 dicembre 2023 il Cons. Annamaria Fasano e uditi per le parti gli avvocati Silvio Quaglia e Caterina Chiesa in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams”;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Paolo Porcile propone appello avverso la sentenza n. 311 del 2017 del T.A.R. per la Liguria che ha respinto il ricorso dallo stesso proposto per l’annullamento del provvedimento dirigenziale prot. n. 204146 del 23.06.2015, avente ad oggetto “ingiunzione di ripristino per opere in Via Caprera civ. 1 intt. 5 e 6”, nonché della relazione del personale ispettivo prot. n. 105622 del 25.03.2013 e del parere tecnico dell’Agenzia delle Entrate, Ufficio provinciale di Genova, assunto al protocollo dell’Ufficio S.A.P. al n. 130868 del 28.04.2015.

Il ricorrente ha proposto anche domanda risarcitoria con riferimento alle somme che lo stesso “dovesse essere tenuto a pagare” in esecuzione dei provvedimenti impugnati.

2. L’esponente riferisce di avere acquistato in data 23.11.2011 un’unità immobiliare sita in Genova, alla Via Caprera n. 1/6, disposta al piano terzo e quarto (sottotetto), quest’ultimo reso parzialmente abitabile in forza di D.I.A. n. 146/2003. Nel corso delle trattative preordinate alla compravendita dell’immobile era emersa la realizzazione, da parte della precedente proprietaria, di opere edili eseguite in difformità dalle D.I.A. nn. 1576/1999, 2162/1999, 2857/1999, 3040/1999, 7309/1999, 4534/2002 e 146/2003 (quest’ultima riguardante il recupero abitativo del sottotetto) e consistenti nella traslazione ed ampliamento delle finestre raso falda previste sulla copertura.

In data 19.01.2012, veniva presentata un’istanza di sanatoria (formalmente) intestata a Paolo Porcile, nella qualità di nuovo proprietario dell’appartamento, ma, in realtà, predisposta a seguito di incarico conferito dalla parte venditrice. Con provvedimento n. 344 del 16.05.2012, il Comune di Genova rilasciava il titolo in sanatoria per il mantenimento delle suddette opere edilizie e, in tale occasione, avendo l’Amministrazione rilevato dalla documentazione fotografica presentata a corredo dell’istanza di sanatoria l’assenza “di opere murarie o arredi fissi a delimitazione della parte individuata come “abitabile” nello “stato attuale” e delimitata con tratteggio azzurro nelle tavole progettuali”, prescriveva la realizzazione delle suddette “opere murarie o arredi fissi”, in modo tale da differenziare la parte abitabile (avente un’altezza superiore a m. 1,90) dalla parte rimanente, “destinata a locali di sgombero” (avente un’altezza inferiore a m. 1,90).

Paolo Porcile dava corso agli interventi richiesti dal Comune di Genova e, con nota del 09.07.2012, provvedeva alla trasmissione della relativa documentazione fotografica. In un secondo momento, eseguiva la parziale rimozione/spostamento delle tamponature interne in cartongesso, dallo stesso installate in esecuzione del provvedimento n. 344/2012, realizzando un secondo servizio igienico.

Il ricorrente riferisce che, a seguito di sopralluogo del 14.03.2013 (come da verbale prot. n. 105622 del 25.03.2013), con nota prot. n. 106540 del 26.03.2013, il Comune comunicava l’avvio del procedimento preordinato all’adozione dei provvedimenti sanzionatori previsti dall’art. 46, comma 1, L.R. n. 16/2008, a cui il destinatario controdeduceva con note in data 11.04.2013.

A seguito della comunicazione prot. n. 99158 del 30.09.2013, avente ad oggetto l’avvio del procedimento di cui all’art. 40, co. 6, L.R. n. 16/2008, le suddette controdeduzioni venivano trasmesse anche alla Provincia di Genova.

Con provvedimento prot. n. 204146 del 23.06.2015, notificato il 10.07.2015, il Comune di Genova ingiungeva al sig. Porcile il “pagamento della sanzione di € 66.880,00 (...) entro 150 giorni dalla notifica del presente provvedimento”, mentre nelle more veniva esercitata, in relazione ai medesimi fatti, l’azione penale per il reato di abuso edilizio nei confronti del predetto, definita con sentenza dell’08.10.2015, con la quale il Tribunale di Genova lo assolveva per non aver commesso il fatto.

3. Con il ricorso proposto dinanzi al T.AR., Paolo Porcile lamentava la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7, 10, 13, 21-bis, 42, 43 e 46 della L.R. n. 16/2008, nonché dell’art. 2 della L.R. n. 24/2001, eccesso di potere per inesistenza dei presupposti e travisamento dei fatti, dovendosi qualificare gli interventi in esame come opere di manutenzione straordinaria e non già di ristrutturazione edilizia, atteso che la porzione del sottotetto, avente altezza insufficiente ai fini dell’abitabilità, non era stata modificata nella sua consistenza fisica e manteneva, in conseguenza, la sua destinazione di locale di sgombero. In subordine, inter alia, anche la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10, 13 e 46 della L.R. n. 16/2008 nonché dell’art. 2 della L.R. n. 24/2001, per erroneità dalla relazione di stima predisposta dall’Agenzia delle Entrate.

4. Con sentenza n. 311 del 2017, Il T.A.R. per la Liguria respingeva il ricorso, assumendo che le opere abusivamente realizzate nell’immobile di proprietà del ricorrente erano state evidentemente finalizzate al cambio di destinazione d’uso, da sottotetto non abitabile a unità residenziale.

In ogni caso, pur prescindendo dall’avvenuto mutamento di destinazione d’uso, le opere interne andavano comunque qualificate in termini di ristrutturazione edilizia dal momento che avevano comportato l’alterazione, sotto il profilo della distribuzione interna, dell’originaria consistenza fisica dell’immobile, nonché l’inserimento di un nuovo servizio igienico con i relativi impianti.

Secondo il Collegio di prima istanza, era infondato anche il secondo motivo di ricorso, stante l’irrilevanza della omessa effettuazione del sopralluogo da parte dell’Agenzia delle Entrate, non richiesto da alcuna disposizione normativa, e la correttezza delle valutazioni operate in ordine all’aumento di valore venale dell’immobile in conseguenza dell’abuso.

5. Con il ricorso in appello, Paolo Porcile ha proposto le seguenti censure: “1. Primo motivo di appello: sull’erroneità della sentenza di I grado, nella parte in cui ha affermato che ‘il Comune ha fatto corretta applicazione…dell’art. 46, comma 2, della…, legge regionale n. 16/2008’, che sanziona gli interventi di ristrutturazione edilizia eseguiti in assenza di titolo abilitativo; 2. In subordine, secondo motivo di appello: sull’erroneità della sentenza di I grado, nella parte in cui ha affermato che ‘parimenti prive di pregio sono le censure sollevate in via subordinata, con il secondo motivo di ricorso, nei confronti della relazione di stima dell’Agenzia delle Entrate’; 3. Terzo motivo di appello: sulla domanda risarcitoria e/o di restituzione; 4. Quarto motivo di appello: sulle spese processuali”.

L’appellante ha proposto in via istruttoria, e in subordine, per l’ipotesi in cui il Collegio dovesse ritenere che la documentazione depositata in atti non contenesse tutti gli elementi necessari e/o utili ai fini del decidere, di disporre una CTU o verificazione al fine di accertare, sotto l’aspetto tecnico: 1) quali siano le effettive caratteristiche e natura delle opere interne eseguite dal sig. Porcile all’interno del sottotetto; 2) quali siano state le parti di tale sottotetto realmente ‘interessate’ dalle suddette opere interne.

6. Il Comune di Genova si è costituito in resistenza, concludendo per il rigetto dell’appello.

7. L’Agenzia delle Entrate si è difesa con memorie, chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

8. All’udienza straordinaria del 04.12.2023 l’appello è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

9. Con il primo mezzo, l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il primo motivo di ricorso, ritenendo che il Comune abbia fatto corretta applicazione dell’art. 46, co. 2 della L.R. n. 16/08, che sanziona gli interventi di ristrutturazione edilizia eseguiti in assenza di titolo abilitativo. Deduce che, nella specie, non è stato eseguito alcun cambio di destinazione o trasformazione d’uso, di conseguenza, trattandosi di intervento di ristrutturazione edilizia realizzato in assenza del titolo abilitativo prescritto, lo stesso avrebbe legittimato l’applicazione del regime sanzionatorio, di cui all’art. 46, comma 2, L.R. n. 16/2018.

La modificazione delle tramezzature interne, la realizzazione del servizio igienico e l’eliminazione di un precedente ambiente, mediante demolizione di una preesistente tramezzatura, costituiscono opere interne all’unità abitativa e, come tali, opere di manutenzione straordinaria.

Il ricorrente argomenta che in sede penale, con la sentenza di assoluzione dell’08.10.2015 del Tribunale di Genova, sarebbe stato accertato, con l’intangibilità propria della res judicata, che nell’immobile non è stato eseguito alcun intervento di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire.

10. Con il secondo motivo, si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto corretta la stima dell’aumento del valore venale effettuata dall’Agenzia delle Entrate.

Secondo l’esponente, il parere tecnico dell’Agenzia delle Entrate è stato reso senza che sia stato effettuato il sopralluogo, così eseguendo la stima dell’aumento di valore venale dell’immobile sulla base di una rappresentazione della realtà gravemente errata e travisata. Nel caso di specie, l’Agenzia avrebbe calcolato l’incremento di valore del bene riportato nel “parere tecnico” (€ 33.442,50) sul presupposto che, a seguito dell’esecuzione delle opere delle quali trattasi, si sarebbe resa configurabile la “trasformazione” dell’intera superficie (mq. 138) del sottotetto erroneamente ritenuta “interessata” dall’abuso da “vani accessori a servizio indiretto dei vani principali”, in quanto tali computabili, ai fini di determinare la “superficie catastale”, in misura pari al 50%, in “vani accessori a servizio diretto di quelli principali” e, pertanto, computabili, ai fini di cui sopra, al 100%.

A differenza di quanto sostenuto dal Tribunale adito, l’Agenzia delle Entrate avrebbe escluso la configurabilità di qualsiasi incremento di valore dell’unità immobiliare causato dalla modificazione dello “stato di fatto”, derivante dalla mera rimozione/spostamento di talune delle tramezze divisorie interne in cartongesso, senza alcuna modifica dell’altezza del locale sottotetto, ed ha affermato che l’abuso contestato all’appellante avrebbe determinato un incremento del valore venale del bene pari ad € 33.442,50 sul presupposto che lo stesso sarebbe derivato da una “trasformazione”, non già “dello stato di fatto”, bensì di natura esclusivamente “giuridica”, in forza della quale l’intera superficie del sottotetto (mq. 138) – erroneamente – ritenuta “interessata” da tale abuso avrebbe dovuto essere considerata ricompresa: i) non più nell’ambito dei “vani accessori a servizio indiretto dei vani principali”, che sono computabili, ai fini di determinare la “superficie catastale”, in misura pari al 50%; ii) bensì tra i “vani accessori a servizio diretto di quelli principali”, che, ai fini di cui sopra, sono computabili non al 50%, ma al 100%.

Il T.A.R., pertanto, avrebbe omesso di pronunciarsi sui profili di censura – in questa sede riproposti – con i quali il ricorrente aveva dedotto che, in realtà, l’abuso contestatogli non aveva determinato alcuna modificazione di natura giuridica/urbanistica/edilizia del sottotetto e che, quindi, nella prospettiva posta a base del “parere tecnico” dell’Agenzia delle Entrate, l’incremento del valore dell’immobile fosse pari a zero.

11. Con il terzo mezzo, l’appellante ripropone la domanda, ritenuta non fondata dal giudice di prime cure, di risarcimento di tutti i danni che lo stesso dovesse subire nelle more del presente grado di giudizio e, in particolare, in ordine alla restituzione delle somme che dovessero essere corrisposte al Comune di Genova in esecuzione del provvedimento prot. n. 204146/2015.

12. Con la quarta censura, in ragione dell’asserita fondatezza del ricorso di primo grado, l’appellante impugna la parte della sentenza che, in applicazione del principio di soccombenza, lo ha condannato al pagamento delle spese processuali.

13. L’appello non è fondato.

14. Considerato che le critiche attengono a profili connessi vanno esaminate congiuntamente, e ai fini dello scrutinio non si ritiene necessario l’espletamento di una CTU per i rilievi di seguito enunciati e in ragione della documentazione versata in atti dalle parti.

14.1. Secondo l’indirizzo condiviso della giurisprudenza amministrativa, integrano gli estremi della ristrutturazione edilizia gli accorpamenti e i frazionamenti delle unità immobiliari e gli interventi che alterino l’originaria consistenza fisica dell’immobile con l’inserimento di nuovi impianti e la modifica di distribuzione dei volumi, mentre la manutenzione straordinaria e il risanamento conservativo presuppongono la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell’edificio e la distribuzione interna della sua superficie (Cons. Stato, n. 10360 del 2022).

E’ stato, altresì, precisato che ‘al fine di valutare l’incidenza sull’assetto del territorio di un intervento edilizio, consistente in una pluralità di opere, va compiuto un apprezzamento globale, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprenderne in modo adeguato l’impatto effettivo complessivo. I molteplici interventi eseguiti non vanno considerati, dunque, in maniera frazionata’ (Cons. Stato, n. 3164 del 2020).

La ristrutturazione edilizia deve essere distinta dagli interventi di restauro e risanamento conservativo, atteso che ‘mentre la ristrutturazione può condurre ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, il restauro e il risanamento conservativo non possono mai portare a ridetto organismo in tutto o in parte diverso dal preesistente, avendo sempre la finalità di conservare l’organismo edilizio, ovvero di assicurare la funzionalità (cfr. art. 31, lett. c) della L. n. 457 del 1978, traslato testualmente nell’art. 3, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001)’(Cons. Stato, n. 8337 del 2020). Ne deriva che si è in presenza di un restauro e risanamento conservativo qualora l’intervento sia funzionale alla conservazione dell’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità, nel rispetto dei suoi elementi tipologici (in specie, architettonici e funzionali, suscettibili di consentire la qualificazione dell’organismo in base alle tipologie edilizie), formali (tali da contraddistinguere il manufatto, configurandone l’immagine caratteristica) e strutturali (concernenti la composizione della struttura dell’organismo edilizio).

Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, gli interventi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l’originaria consistenza fisica dell’immobile e comportino l’inserimento di nuovi impianti e la modifica e la ridistribuzione dei volumi, non si configurano né come manutenzione straordinaria, né come restauro conservativo, ma rientrano nell’ambito della ristrutturazione edilizia (Cons. Stato, n. 5992 del 2020; id. n. 4523 del 2014; id. n. 1326 del 2014).

Nel caso in esame, il Comune di Genova aveva rilasciato il titolo in sanatoria con atto del 16 maggio 2012, prescrivendo che il ricorrente avrebbe dovuto realizzare opere murarie o installare arredi fissi allo scopo di delimitare la parte centrale abitabile, avente altezza superiore a m. 1, 90, da quella destinata a locale di sgombero avente altezza inferiore.

Nella specie, invece, è stato accertato, in sede di sopralluogo eseguito dal personale comunale in data 14 marzo 2013, che le pareti suddette sono state rimosse ed è stato realizzato un secondo servizio igienico nel sottotetto con eliminazione di un precedente ambiente. Ne consegue che, diversamente da quanto sostenuto pervicacemente dal ricorrente, appare all’evidenza che sia stata realizzato un intervento di ristrutturazione edilizia e non un intervento di manutenzione straordinaria.

Il Comune di Genova ha precisato che l’utilizzo del sottotetto è stato assentito, in sanatoria, limitatamente alla porzione limitata dal relativo provvedimento per una superficie di 28 mq circa, e, ai fini di consentire l’utilizzo abitativo della parte centrale del sottotetto, si è condizionato il rilascio del titolo alla realizzazione di ‘paratie’ per superare la zona abitabile dalla zona ad uso sgombero e/o tecnico. Il ricorrente ha rimosso le paratie, utilizzando anche gli spazi ulteriori di circa 110 mq anche ai fini abitativi, come dimostrato dalla presenza di mobili e impianto di riscaldamento, nonché confermato dalla realizzazione di un secondo servizio igienico.

Ciò al fine di rendere il sottotetto, come rilevato dal Tribunale amministrativo, un’unità residenziale.

La rimozione delle pareti poste a delimitazione della parte centrale e la realizzazione di un secondo servizio igienico risultano ‘evidentemente finalizzate, infatti, al cambio di destinazione d’uso della maggiore porzione di tale locale, da sottotetto non abitabile a unità residenziale’.

Sulla base della giurisprudenza sopra richiamata, va condiviso l’assunto argomentativo sostenuto dal Collegio di primo grado, secondo cui ‘anche volendo ipotizzare che non sia configurabile nella fattispecie un cambio di destinazione d’uso, andrebbe comunque ascritto alla categoria della ristrutturazione edilizia (anziché a quelle della manutenzione straordinaria ovvero del restauro e risanamento conservativo) l’intervento edilizio che ha comportato l’alterazione, sotto il profilo della distribuzione interna, dell’originaria consistenza fisica dell’immobile nonché l’inserimento di un nuovo servizio igienico con i relativi impianti’.

Vale la pena osservare che, nella formulazione attuale dell’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001 (più ampia di quella vigente all’epoca dell’abuso edilizio per cui è causa), sono sì ricompresi nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria anche «quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico», ma sempre che «non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso».

In definitiva, le critiche prospettate dall’appellante non sono fondate, atteso che la rimozione delle pareti realizzate allo scopo di separare la limitata porzione abitabile del sottotetto dal locale sgombero, con cambio di destinazione d’uso, ha sostanzialmente determinato una alterazione della fisionomia e della consistenza fisica dell’immobile che è propria della ristrutturazione edilizia (incompatibile con i concetti di manutenzione straordinaria o di risanamento conservativo).

Tale interpretazione si trova in linea con i principi espressi anche dalla legislazione regionale, che ai sensi dell’art. 46, comma 2, della legge regionale n. 16 del 2008, sanziona gli interventi di ristrutturazione edilizia non autorizzati.

Quanto alla pronuncia di assoluzione di Paolo Porcile in sede penale, dall’imputazione del reato di cui all’art. 44, comma 1, lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001, si evince dal contenuto della sentenza che non vi è alcun riferimento alla sussistenza dei presupposti qualificanti l’abuso edilizio, atteso che il Collegio penale precisa che il reato sarebbe ritenuto ampiamente prescritto e non probatoriamente riferibile ‘alla persona dell’odierno imputato, che deve pertanto essere assolto dal reato ascritto per non aver commesso il fatto’.

15. Priva di pregio anche la contestazione riferita alla errata determinazione dell’aumento del valore venale del bene effettuata dall’Agenzia delle Entrate, atteso che questo Consiglio di Stato, in più occasioni, ha avuto modo di precisare che: “poiché il valore venale degli immobili può essere calcolato, come è ben noto, secondo diversi criteri, tutti ugualmente validi dal punto di vista tecnico – scientifico, una censura che si appunti sull’utilizzazione di un certo criterio dovrebbe poi fornire contezza degli effetti distorsivi o comunque dei risultati irrazionali o ingiusti di tale utilizzazione; e ciò anche in considerazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di valutazioni connotate da discrezionalità tecnica, quale quella oggetto della presente controversia. Secondo tali principi, il giudice amministrativo può infatti sindacare le valutazioni derivanti dall’esercizio di discrezionalità tecnica soltanto laddove esse risultino contraddistinte da manifesta illogicità o erroneità dell’azione amministrativa’ (Cons. Stato, n. 1997 del 2020; id. n. 1699 del 2011; id. n. 7262 del 2010).

In sede giurisdizionale, non si deve stabilire se quella cui è giunta l’Amministrazione sia l’unica soluzione possibile, stante il carattere elastico e opinabile dei parametri utilizzati (sicchè non esiste un unico risultato esatto), ma l’intrinseca attendibilità tecnica di quella soluzione.

Orbene, il Collegio di primo grado, in linea con gli enunciati principi, ha evidenziato che nella specie è irrilevante la mancata effettuazione di un sopralluogo, poiché tale adempimento non è richiesto da alcuna disposizione normativa, in quanto la valutazione dell’Agenzia delle Entrate è stata determinata attraverso la comparazione con dati campione riferiti ad immobili simili. Tale valutazione è congrua e priva di vizi logici, dovendosi altresì rilevare che la relazione di stima non ha considerato la porzione di sottotetto avente altezza superiore a m.190, già assentita ai fini abitativi. Né si può predicare che vi è stata omessa pronuncia, considerate le chiare motivazioni della sentenza impugnata sulla natura dell’intervento edilizio realizzato.

16. In definitiva, l’appello va respinto anche con riferimento l’istanza risarcitoria, stante la legittimità dei provvedimenti impugnati, sicchè la sentenza di primo grado va confermata.

17. Le spese di lite del grado seguono il criterio della soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite del grado che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00) a favore di ciascuna delle parti costituite, oltre accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2023 tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, d.l. 9.6.2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6.8.2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:

Dario Simeoli, Presidente FF

Giordano Lamberti, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Annamaria Fasano, Consigliere, Estensore