Cass.Sez.III n. 25017 del 22 giugno 2011 (UD. 23 mar.2011)
Pres.De Maio Est.Fiale Ric.Garofalo e altro
Urbanistica.Sopraelevazione di preesistente immobile

Integra il reato di costruzione edilizia abusiva (art. 44, comma primo, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)l'esecuzione di un intervento di ampliamento in sopraelevazione di un fabbricato preesistente, non potendo il medesimo ricondursi agli interventi di manutenzione straordinaria.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 23/03/2011
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - rel. Consigliere - N. 629
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere - N. 31094/2010
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) GAROFALO SALVATORE N. IL 10/04/1950;
2) DIBENEDETTO GIOVANNA N. IL 03/09/1952;
avverso la sentenza n. 1834/2008 CORTE APPELLO di CATANIA, del 01/03/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/03/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GALASSO Aurelio, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello di Catania, con sentenza dell'1.3.2010, confermava la sentenza 17.3.2008 del Tribunale monocratico di Ragusa, che aveva affermato la responsabilità penale di Garofalo Salvatore e Dibenedetto Giovanna in ordine ai reati di cui:
- al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), (per avere realizzato, in assenza di permesso di costruire ed avendo ottenuto un'autorizzazione edilizia per la sola messa in opera di un tetto di isolamento, la sopraelevazione di un fabbricato - acc. in Monterosso Almo, al n. 58 di via Piemonte, il 22.5.2006, con lavori in corso d'opera);
- al D.P.R. n. 380 del 2001, artt 64, 65, 71 e 72;
- al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 83, 93, 94 e 95 e, riconosciute circostanze ad entrambi circostanze attenuanti generiche, unificati tutti i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. c.p., aveva condannato ciascuno alla pena (condizionalmente sospesa) di mesi uno di arresto ed Euro 6.000,00 di ammenda.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso gli imputati, i quali hanno eccepito:
- la effettiva destinazione del manufatto costruito in sopraelevazione a "volumi tecnici", con conseguente impossibilità di configurarsi "variazione essenziale" rispetto all'ottenuta autorizzazione edilizia;
- la intervenuta esecuzione di lavori di sola "manutenzione straordinaria";
- la eccessività della pena;
- l'ingiustificato diniego del beneficio della non-menzione della condanna.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato. 1. "Volumi tecnici"" sono i volumi - non utilizzabili ne' adattabili ad uso abitativo - strettamente necessari a contenere ed a consentire l'eccesso di quelle parti degli impianti tecnici che non possono, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, trovare allocazione all'interno della parte abitativa dell'edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche. Nella specie, invece, è stata realizzata una vera e propria sopraelevazione ad uso abitativo.
Le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell'episodio e dell'attribuzione dello stesso alla persona dell'imputato non sono proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato motivazionale, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione del fatto, e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.
2. L'attività edilizia concretamente realizzata non può ricondursi alla manutenzione straordinaria, in quanto il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, - lett. b), con definizione già fornita dalla L. n. 457 del 1978, art. 31, comma 1, - lett. b), ricomprende in tale nozione "le opere e le modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare e integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d'uso". La legge pone, dunque, un duplice limite: uno, di ordine funzionale, costituito dalla necessità che i lavori siano rivolti alla mera sostituzione o al puro rinnovo di parti dell'edificio, e l'altro, di ordine strutturale, consistente nel divieto di alterare i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari o di mutare la loro destinazione.
Interventi siffatti devono essere inoltre effettuati "nel rispetto degli elementi tipologici, strutturali e formati nella loro originaria edificazione" (vedi C. Stato, Sez. 5^: 25.11.1999, n. 1971 e 8.4.1991, n. 460).
Nella fattispecie in esame, invece, risulta accertato in punto di fatto che è stato posto in essere un intervento di ampliamento in sopraelevazione del fabbricato preesistente, che ha comportato variazione degli elementi strutturali e mutamento anche della consistenza estetica ed architettonica del manufatto, con modificazione della fisionomia dell'immobile e dell'aspetto esteriore di esso nelle sue linee generali.
3. Per l'esecuzione delle opere in concreto poste in essere era necessario il previo rilascio del "permesso di costruire", sicché non può discettarsi dell'entità delle variazioni realizzate rispetto alla "autorizzazione edilizia" ottenuta, poiché la procedura semplificata è stata illegittimamente utilizzata per un intervento non corrispondente a quello denunziato e non assoggettato al regime meramente autorizzativo, mentre la disciplina sanzionatoria (amministrativa e penale) è ancorata alla consistenza concreta dell'intervento.
4. La pena risulta determinata con corretto riferimento ai criteri direttivi di cui all'art. 133 c.p. e con specifica valutazione della consistenza effettiva dell'abuso commesso; mentre il beneficio della non-menzione della condanna risulta legittimamente denegato in considerazione delle modalità della condotta tenuta dagli imputati, finalizzata a conferire subdolamente una parvenza di legalità all'edificazione illecita che essi si proponevano di mettere in esecuzione.
5. Al rigetto del ricorso segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2011.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2011