Cass. Sez. III n. 15166 del 5 aprile 2018 (Cc 22 feb 2018)
Presidente: Rosi Estensore: Reynaud Imputato: Macrì
Urbanistica.Abuso di ufficio

L'adozione di permessi di costruire in violazione delle disposizioni contenute nel piano regolatore integra violazione di legge  rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 323 cod. pen.


RITENUTO IN FATTO

1. Accogliendo l’istanza di riesame proposta da Giovanni Macrì avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria gli aveva applicato le misure cautelari dell’obbligo di dimora e dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria in relazione al reato di cui agli artt. 110, 61 n. 2 e 323 cod. pen., 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 151, conv., con modiff., nella legge 12 luglio 1991, n. 203, con ordinanza del 2 Maggio 2017 il Tribunale del riesame reggino ha annullato il provvedimento applicativo delle misure ritenendo l’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato ipotizzato.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria – Ufficio D.D.A. -  deducendo, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione delle Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) del Piano Regolatore Generale Comunale (P.R.G.C.) del Comune di Locri ed il vizio di motivazione, per aver il Tribunale escluso l’illegittimità, per contrasto con le prescrizioni dello strumento urbanistico, del permesso di costruire rilasciato da Giovanni Macrì, quale funzionario responsabile dell’Area Urbanistica del Comune di Locri, il 19 marzo 2012.

3. Argomenta il ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale,  detto provvedimento – con cui si autorizzava il cambio di destinazione d’uso di un complesso edilizio, da anni già di fatto adibito a sede dell’Istituto superiore d’Arte “Panetta”, da “Uffici aperti al pubblico” a “Edilizia Scolastica”, subordinandone la validità all’acquisizione dell’immobile da parte della Provincia di Reggio Calabria entro 180 gg. dalla notifica del permesso medesimo – sarebbe illegittimo, sia perché la condizione di cui si è appena detto sarebbe stata posta al di fuori di qualsiasi previsione di legge, sia perché l’edificio, ricadente in zona B1 del P.R.G.C. (cioè residenziale di completamento) non avrebbe potuto avere quella destinazione d’uso, essendo stata collocata la realizzazione delle scuole d’istruzione superiore soltanto nella zona F1 del piano regolatore, con la previsione di particolari, diversi, indici urbanistici.  A norma dell’art. 10 N.T.A. – allega ancora il ricorrente – il cambio di destinazione d’uso di quell’edificio, costruito nel 2004 e già impropriamente autorizzato ad uso uffici aperti al pubblico, sarebbe potuto avvenire soltanto a seguito di una variante al P.R.G.C., sicché sussisterebbero i gravi indizi di colpevolezza  del reato ipotizzato, avendo il Macrì, con il suddetto, illegittimo, permesso di costruire intenzionalmente procurato un ingiusto vantaggio alla società proprietaria, consistito nella possibilità di vendere l’immobile quale edificio scolastico alla Provincia di Reggio Calabria, con l’aggravante di aver agevolato la cosca di ‘ndrangheta dei Cordì di Locri, interessata alla costruzione ed allo sfruttamento economico dell’immobile stesso.

4. Con memoria depositata in data 16 febbraio u.s., la difesa di Giovanni Macrì ha argomentato l’inammissibilità, o comunque l’infondatezza, del ricorso, osservando come lo stesso riproponga le tesi del c.t. del pubblico ministero, convincentemente disattese dal Tribunale del riesame anche sulla scorta di quanto argomentato nella consulenza tecnica della difesa prodotta in quel giudizio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

1.1. In conformità al d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 – che stabilisce i parametri urbanistici inderogabili da osservarsi per l’edificazione nelle zone territoriali omogenee di cui all’art. 41-quinquies, legge 17 agosto 1942, n. 1150 (c.d. legge urbanistica fondamentale), quale introdotto dall’art. 17, legge 6 agosto 1967, n. 675 (c.d. legge ponte) – il P.R.G.C. del comune di Locri, approvato nel 1998, stabilisce che gli istituti di istruzione superiore siano collocati in zona F1, vale a dire nella zona territoriale del comune specificamente destinata ad ospitare gli impianti di interesse generale. Questa previsione – si diceva – è aderente al disposto di cui all’art. 4, sub n. 5, d.m. 1444 del 1968 e rinviene la propria ratio nella circostanza che gli istituti superiori, avendo com’è noto indirizzi diversi, soprattutto in cittadine di non grandissime dimensioni, sono destinati ad essere frequentati da ragazzi che risiedono in differenti zone della città (e spesso in comuni limitrofi), sicché, da un lato, non v’è ragione di collocarli in particolari zone residenziali, servendo essi ad un’utenza vasta e variamente dislocata sul territorio, e, d’altro lato,  vi è invece necessità di prevedere adeguate infrastrutture anche per i trasporti.
 
1.2. Pur non disponendo invece esplicitamente sulla collocazione degli istituti d’istruzione destinati alla scuola primaria, il P.R.G.C. di Locri sembra implicitamente aderire – come la stessa ordinanza impugnata riconosce – all’indicazione contenuta nello stesso d.m. 1444 del 1968, che, all’art. 3, primo comma, lett. a), colloca nelle zone residenziali, riservando precisi parametri di spazio in funzione di ciascun abitante insediato o insediabile, gli asili nido, le scuole materne, le scuole dell’obbligo. Anche con riguardo a tale previsione è d’immediata evidenza la ratio, essendo preferibile collocare le scuole primarie in prossimità ai luoghi di residenza tenendo conto della tenera età degli scolari e trattandosi di istituti, più numerosi rispetto a quelli d’istruzione secondaria, che, appunto, sono di regola dimensionati in ragione della popolazione residente in zona e ragionevolmente destinata a servirsene.

 2. L’ordinanza impugnata non coglie questa – evidente e chiara – distinzione e, con argomentazioni manifestamente illogiche ed in violazione della specifica norma urbanistica contenuta nel P.R.G.C., ha sostenuto la legittimità del permesso di costruire con cui l’imputato ha autorizzato il cambio di destinazione d’uso dell’edificio in questione, sostanzialmente consentendone, in zona residenziale B1, la destinazione ad istituto d’istruzione superiore di fatto illegittimamente impressa allo stesso da qualche anno in violazione del già approvato e vigente piano regolatore, che sin dall’adozione, individuava espressamente la collocazione di dette strutture in zona F1. Ed invero, nel richiamare la citata previsione di cui all’art. 3, primo comma, lett. a), d.m. 1444 del 1968 – trascurando del tutto quella di cui al successivo art. 4, n. 5) – il Tribunale non ha tenuto nel debito conto la differente collocazione sul territorio degli istituti d’istruzione secondaria rispetto a quelli d’istruzione primaria. Per altro verso, nell’argomentare la conclusione raggiunta affermando che se fosse invece fondato ritenere che nelle zone residenziali non possano essere realizzati edifici ad uso scolastico «la quasi totalità degli uffici pubblici e delle scuole della nazione sarebbero oggi costruite in violazione di legge, dato che esse ricadono per la maggior parte in zone residenziali classificate nelle zone omogenee “A” e “B”», la motivazione dell’ordinanza è affetta da evidente illogicità, sia perché è ovvio che le disposizioni urbanistiche che regolano in senso limitativo il ius aedificandi non hanno valore retroattivo e dunque non incidono sulla destinazione degli edifici scolastici già realizzati, sia perché, come si è visto, le disposizioni urbanistiche nazionali sulla zonizzazione, di regola recepite dai piani regolatori, consentono la realizzazione in zona residenziale (di completamento o di espansione) delle scuole primarie, così da dimensionare il fabbisogno di tali istituti alla realizzazione di nuove residenze e, dunque, all’insediamento di nuovi abitanti.

3. Per contro, laddove – com’è evidente nel P.R.G.C. di Locri – il Comune, in accordo con la Regione, abbia delineato lo sviluppo del territorio prevedendo un’apposita zona per la collocazione degli istituti di istruzione secondaria, il funzionario comunale incaricato di rilasciare i titoli abilitativi in conformità alla pianificazione urbanistica non può certo, sovrapponendo la propria personale e diversa valutazione a quella degli organi competenti, autorizzare il cambio di destinazione d’uso di un immobile ricadente in zona B1 ad edilizia scolastica genericamente intesa, così da consentire di adibire l’edificio – di fatto già illegittimamente in tal modo utilizzato nell’inerzia delle autorità competenti alla vigilanza – ad ospitare istituti di istruzione secondaria che il piano regolatore colloca invece in altra zona del territorio comunale.
Né varrebbe l’obiezione che una interpretazione rigida delle norme pianificatorie potrebbe porsi in contrasto con l’interesse collettivo ad agevolare la realizzazione di istituti d’istruzione pubblica necessari alla comunità. Ed invero, l’ordinamento  si fa carico di prevedere speciali e più agili procedure che consentano di risolvere i problemi dell’edilizia scolastica, se del caso derogando alle previsioni del piano regolatore, anche in assenza dell’approvazione di varianti al medesimo, laddove la rigidità delle relative disposizioni si riveli in contrasto con l’interesse pubblico connesso alle scelte legate al settore dell’istruzione. Di fatti, l’art. 10, legge 5 agosto 1975, n. 412 – richiamato e “stabilizzato”, al di là dell’originario contesto che ne aveva visto l’approvazione, dall’art 88, d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 - dopo aver affermato il principio secondo cui le aree necessarie per l'esecuzione delle opere di edilizia scolastica sono prescelte secondo le previsioni degli strumenti urbanistici approvati o adottati, stabilisce che «la individuazione delle aree in zone genericamente destinate dagli strumenti urbanistici a servizi pubblici, ovvero la scelta di aree non conformi, per sopravvenuta inidoneità di quelle già indicate, alle previsioni degli strumenti urbanistici, ovvero la scelta di aree in comuni i cui strumenti urbanistici non contengono la indicazione di aree per edilizia scolastica, ovvero in comuni sprovvisti di ogni strumento urbanistico, sono disposte con deliberazione del consiglio comunale, previo parere di una commissione composta dal provveditore regionale alle opere pubbliche, dall'ingegnere capo dell'ufficio del genio civile, dal provveditore agli studi della provincia, dal medico provinciale, dal sindaco, che la presiede, o da loro delegati […]Nel caso di scelta di aree non conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici la deliberazione costituisce, in deroga alle norme vigenti, variante al piano regolatore generale ed agli altri strumenti urbanistici, a norma della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni ed integrazioni».
Come si vede, la speciale procedura – sia pur prevedendo un termine di 30 giorni per provvedere a seguito del parere reso dalla commissione e l’intervento sostitutivo regionale in caso di inerzia – lascia all’organo primariamente competente ad assumere le decisioni relative alla pianificazione urbanistica, vale a dire il consiglio comunale, la responsabilità di individuare le zone in cui collocare gli istituti d’istruzione. Anche da tale disposizione, dunque, emerge come sia conclusione all’evidenza errata e contrastante con i principi regolatori della materia quali ricavabili dall’interpretazione sistematica sostenere – come si legge nell’ordinanza impugnata – che, mancando nelle N.T.A. un espresso divieto di realizzare edifici ad uso scolastico in zona B1, non vi sarebbe alcun impedimento ad insediarvi anche istituti di istruzione secondaria, pur essendo questi, si ribadisce, espressamente collocati in zona F1.
L’ordinanza impugnata deve quindi essere annullata con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di Reggio Calabria, essendo principio non controverso quello secondo cui l’adozione di permessi di costruire in violazione delle disposizioni contenute nel piano regolatore integra violazione di legge rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 323 cod. pen. (cfr. Sez. 6, n. 16241 del 02/04/2001 Ud., Ruggeri, Rv. 218516; Sez. 6, n. 6247 del 14/03/2000, Sisti e a., Rv. 216229).

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria, Sezione Riesame.
Così deciso il 22/02/2018.