Consiglio di Stato Sez. VI n. 5732 del 12 giugno 2023
Urbanistica.Accertamento inottemperanza ingiunzione di demolizione

L'accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione costituisce un evento normativamente configurato alla stregua di un atto ad efficacia meramente dichiarativa, che si limita a formalizzare l'effetto (acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale) già verificatosi alla scadenza del termine assegnato con l’ingiunzione stessa. La mancata indicazione dell'area nel provvedimento di demolizione può comunque essere colmata con l'indicazione della stessa nel successivo procedimento di acquisizione. La posizione del destinatario dell'ingiunzione è quindi tutelata dalla previsione di un successivo e distinto procedimento di acquisizione dell'area rispetto al quale, tra l'altro, assume un ruolo imprescindibile l'atto di accertamento dell'inottemperanza nel quale va indicata con precisione l'area da acquisire al patrimonio comunale.

Pubblicato il 12/06/2023

N. 05732/2023REG.PROV.COLL.

N. 06105/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6105 del 2020, proposto da
Dubois Scioneri, rappresentato e difeso dagli avvocati Serenella Nicola e Enrico Rabino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Asti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Scaparone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Piemonte, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 1/2020, resa tra le parti, per l'annullamento dell'ordinanza n. 683 adottata in data 8 luglio 2014 dal Dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Asti, con la quale è stata ordinata la demolizione di opere non autorizzate e ritenute abusive, nonché per l'annullamento degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi del procedimento.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Asti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2023 il Cons. Thomas Mathà;

Nessuno è presente per le parti costituite;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. È appellata la sentenza n. 1/2020, con la quale il T.A.R. per il Piemonte ha respinto il ricorso presentato da Dubois Scioneri per l’annullamento dell’ordinanza n. 683 adottata in data 8 luglio 2014 dal Dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Asti, con la quale è stata ordinata la demolizione delle seguenti opere ritenute abusive in quanto realizzate in assenza di permesso di costruire:

a) una recinzione sui quattro lati del terreno realizzata in calcestruzzo sormontato da pilastrini di mattoni per un’altezza variabile da 1,00 m a 7,00 m, con creazione di un terrapieno riempito con circa 1.000,00 m3 di terra;

b) un fabbricato di 80 m2 in muratura con tettoia a struttura lignea e copertura in lastre ondulate di calcestruzzo, internamente suddiviso in tre locali e dotato della predisposizione per gli impianti elettrico, idrico-sanitario e scarico acque reflue.

2. A fondamento del ricorso di primo grado il sig. Scioneri lamentava:

1) la mancata indicazione dell’area di acquisizione in proprietà;

2) che le opere realizzate sarebbero state soggette a DIA, e non a permesso di costruire, e quindi il dirigente non avrebbe potuto disporne la demolizione;

3) che le opere erano state realizzate in parziale difformità da precedenti titoli edilizi, e quindi avrebbe dovuto essere ammessa la fiscalizzazione;

4) la mancata comunicazione di avvio procedimento;

5) che il lungo lasso di tempo trascorso dalla realizzazione delle opere escluderebbe la legittimità della demolizione.

3. Il T.A.R Piemonte, con la sentenza gravata, ha respinto il ricorso motivando:

i) che per consolidata giurisprudenza l’individuazione dell’area di sedime da acquisire al patrimonio comunale deve essere contenuta nel provvedimento di acquisizione e non nell’ordinanza di demolizione;

ii) che, trattandosi di opere edilizie integranti “nuova costruzione”, erano soggette a preventivo rilascio del permesso di costruire e non a semplice D.I.A.; inoltre non risulta che le opere fossero conformi alle norme urbanistiche vigenti per la zona ed anche l’insistenza, sul fondo, di ben due vincoli, uno dei quali (quello di rispetto stradale) comportante inedificabilità assoluta, ne imponeva in ogni caso la demolizione;

iii) che non può parlarsi di parziale difformità in quanto i manufatti realizzati erano totalmente difformi da quelli originariamente assentiti;

iv) che l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto dovuto e, in quanto tale, non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento;

v) per la medesima ragione, è stato respinto anche il quinto motivo, con il quale il ricorrente invocava a proprio favore il lungo lasso di tempo trascorso dalla realizzazione delle opere abusive.

4. Ha proposto appello il Sig. Scionieri riproponendo nella sostanza le censure avanzate in primo grado, sebbene adattate all’impianto motivazionale della sentenza gravata, e segnatamente:

i) che, diversamente da quanto statuito dal primo giudice, l’individuazione dell’area di sedime da acquisire al patrimonio comunale dovrebbe essere contenuta nell’ordinanza di demolizione ai sensi dell’art. 31, comma 2 del DPR n. 380/2001;

ii) che per la realizzazione di manufatti quali quelli di cui si discute sarebbe stato sufficiente il rilascio della mera denuncia di inizio attività, rientrando fra gli interventi di manutenzione straordinaria o, al più, di restauro o risanamento conservativo;

iii) che le opere avrebbero dovuto essere sanzionate con la sola pena pecuniaria, in quanto realizzate in parziale difformità dai precedenti titoli edilizi, a nulla rilevando a il fatto che le opere siano state realizzate in fascia di rispetto stradale in quanto, anche in presenza di tale vincolo, le stesse potevano essere sanzionate con la pena pecuniaria;

iv) la sentenza sarebbe, infine, da ritenersi erronea nella parte in cui ha ritenuto non necessaria la comunicazione di avvio del procedimento ed irrilevante il fatto che sia trascorso molto tempo dal momento della realizzazione dell’opera.

5. Si è costituito in giudizio il Comune di Asti, chiedendo il rigetto dell’appello.

6. Alla pubblica udienza del 25 maggio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

7. L’appello è infondato.

8. Non merita, anzitutto, accoglimento la censura di parte appellante con cui lamenta l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione per omessa indicazione dell’area di sedime che verrà acquisita di diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune in caso di inottemperanza all’ordine demolitorio.

9. Occorre premettere che l’articolo 31 del d.P.R. n. 380/2001 prevede al comma 3 che “Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti previsioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”.

La prospettazione di parte appellante “si pone in contrasto con un consolidato orientamento della giurisprudenza in base al quale l'omessa o imprecisa indicazione nell'ordinanza di demolizione dell'area che verrà acquisita di diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune ai sensi dell'art. 31, comma 3, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 per il caso di inottemperanza all'ordine di demolizione non costituisce ragione di illegittimità dell'ordinanza stessa; invero, l'indicazione dell'area è requisito necessario ai fini dell'acquisizione, che costituisce distinta misura sanzionatoria (cfr. Cons. St., sez. IV, 25 n. 5593 del 2013; Cons. St., sez. V. n. 3438 del 2014; Cons. St., sez. IV, n. 4659 del 2008; Cons. St. sez. VI, n. 1998 del 2004)” (Cons. Stato, Sez. VI, n. 7672/2020).

10. E’ stato osservato che “l'effetto acquisitivo costituisce una conseguenza fissata direttamente dalla legge, senza necessità dell'esercizio di alcun potere valutativo da parte dell'Autorità eccetto quello del mero accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi; per quanto invece riguarda l'indicazione dell'area da acquisire, il provvedimento con cui si ingiunge al responsabile della costruzione abusiva di provvedere alla sua distruzione nel termine fissato, non deve necessariamente contenere l'esatta indicazione dell'area di sedime che verrà acquisita gratuitamente al patrimonio del Comune in caso di inerzia, atteso che il provvedimento di ingiunzione di demolizione (i cui requisiti essenziali sono l'accertata esecuzione di opere abusive ed il conseguente ordine di demolizione) è distinto dal successivo ed eventuale provvedimento di acquisizione, nel quale, invece, è necessario che sia puntualmente specificata la portata delle sanzioni irrogate” (Cons. Stato, Sez. VI, n. 755/2018).

11. Dunque l'accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione costituisce un evento normativamente configurato alla stregua di un atto ad efficacia meramente dichiarativa, che si limita a formalizzare l'effetto (acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale) già verificatosi alla scadenza del termine assegnato con l’ingiunzione stessa. La mancata indicazione dell'area nel provvedimento di demolizione può comunque essere colmata con l'indicazione della stessa nel successivo procedimento di acquisizione (Cons. Stato, sez. VI, n. 9068/2022 e n. 4058/2020; id., sez. IV, n. 5593/2013; sez. V., n. 3438/2014).

12. La posizione del destinatario dell'ingiunzione è quindi tutelata dalla previsione di un successivo e distinto procedimento di acquisizione dell'area rispetto al quale, tra l'altro, assume un ruolo imprescindibile l'atto di accertamento dell'inottemperanza nel quale va indicata con precisione l'area da acquisire al patrimonio comunale.

13. Infondati sono anche il secondo ed il terzo motivo di appello.

14. I manufatti realizzati hanno comportato una notevole e stabile trasformazione del territorio ed avrebbero certamente necessitato del previo rilascio di un permesso di costruire (e non di una DIA). Si tratta, come correttamente osservato dal primo giudice, di opere edilizie integranti “nuova costruzione”, come tali soggette a preventivo rilascio del permesso di costruire. In base alla costante giurisprudenza della Sezione, infatti, una nuova costruzione è tale in presenza di opere che comunque implichino una stabile – ancorché non irreversibile – trasformazione urbanistico-edilizia del territorio preordinata a soddisfare esigenze non precarie del committente sotto il profilo funzionale e della destinazione dell'immobile (Cons. Stato sez. VI, n. 5778/2014). La realizzazione di una recinzione di calcestruzzo con creazione di un terrapieno (muro di contenimento) e di un fabbricato abitabile in muratura di 80 m2 munito di servizi, impianti e serramenti certamente rientra, dunque, in tale nozione.

15. Né tali opere possono essere state realizzate in parziale difformità in quanto il risultato è totalmente difforme da quanto in precedenza assentito per opera dei precedenti proprietari del fondo. Al riguardo occorre rammentare che si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall'atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione. Si configura invece la difformità parziale quando le ridette modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell'opera (Cons. Stato, sez. VI, n. 104/2022).

16. Orbene, i precedenti proprietari del terreno avevano ottenuto titoli edilizi per la realizzazione di una tettoia aperta per il ricovero di attrezzi agricoli delle dimensioni di m. 6 x 4, e altezza massima di m. 3, con adiacente pergolato di m. 4 x 5 ed un muretto di recinzione alto m. 0,35 sovrastato da una rete metallica, sviluppantesi per m. 146 su tre lati del lotto, comprensivo di cancello carraio; un muro di contenimento sul quarto lato del lotto, quest’ultimo mai edificato.

17. Dal verbale di sopralluogo del 15.10.2013 è stata, invece, accertata la realizzazione di una recinzione sui quattro lati del terreno realizzata in calcestruzzo sormontato da pilastrini di mattoni per un'altezza variabile da 1,00 m a 7,00 m, con creazione di un terrapieno riempito con circa 1.000,00 m3 di terra ed un fabbricato di 80 m2 destinato ad uso abitativo.

18. Applicando l’enunciato principio al caso in esame i manufatti non possono, quindi, che risultare realizzati in totale difformità rispetto a quanto assentito, con riguardo alla consistenza ed alla destinazione.

19. Ad abundantiam, va ribadito che le opere abusive, anche qualora abbiano natura pertinenziale o precaria e, quindi, siano assentibili con mera d.i.a. o s.c.i.a., se realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico, debbono considerarsi comunque eseguite in totale difformità dalla concessione, laddove non sia stata ottenuta alcuna preventiva autorizzazione paesaggistica e, conseguentemente, deve essere applicata la sanzione demolitoria (cfr. ad es. Cons. Stato, sez. IV, n. 5524/2018).

20. Conclusivamente il Collegio rileva che le opere de qua sono quindi qualificabili come interventi di nuova costruzione e, essendo state edificate in assenza del titolo edilizio e in zona soggetta a vincoli, ne è stata legittimamente disposta la demolizione.

21. Non ha, infine, pregio neanche la censura relativa all’illegittimità dell’ordine di demolizione per assenza della comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art 7 l. 241/90.

22. L’ordinanza di demolizione costituisce infatti espressione di un potere vincolato e doveroso in presenza dei requisiti richiesti dalla legge, rispetto al quale non è richiesto alcun apporto partecipativo del privato. Questa Sezione ha già avuto modo di accertare che “l'attività di repressione degli abusi edilizi, mediante l'ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, ai sensi dell'art. 7 l. n. 241/1990, considerando che la partecipazione del privato al procedimento comunque non potrebbe determinare alcun esito diverso” (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 3707/2022). Inoltre, anche la Seconda Sezione di questo Consesso ha confermato che “al sussistere di opere abusive la pubblica amministrazione ha il dovere di adottare l'ordine di demolizione; per questo motivo, avendo tale provvedimento natura vincolata, non è neanche necessario che venga preceduto da comunicazione di avvio del procedimento” (Cons. Stato, sez. II, n. 6181/2021).

23. In ogni caso, trattandosi di procedimento vincolato, troverebbe applicazione l’art 21-octies, co. 2, della legge n. 241/1990, posto che il provvedimento non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato.

24. Per lo stesso motivo, è irrilevante l’arco di tempo trascorso tra la commissione dell’abuso e il provvedimento sanzionatorio in quanto, come chiarito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato “Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso neanche nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell'abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell'onere di ripristino” (Cons. Stato, A.P., n. 9/2017).

25. Tali principi sono stati da ultimo ribaditi dal Consiglio di Stato (sez. II, n. 360/2023) che ha affermato che l'ordine di demolizione è atto vincolato e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione. Né vi è un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il mero decorso del tempo non sana, e l'interessato non può dolersi del fatto che l'amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi.

26. In ragione di quanto si è sopra illustrato il ricorso in appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.

27. Le spese del grado di appello seguono la soccombenza, in virtù del principio di cui all’art. 91 c.p.c., per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., dovendosi imputare le stesse a carico dell’appellante e in favore al Comune di Asti, potendosi liquidarle nella misura complessiva di € 3.000,00 (euro tremila/00).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto (n. R.g. 6105/2020), lo respinge, confermando la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Piemonte, n. 1/2020. Condanna la parte appellante a rifondere le spese del grado di appello in favore del Comune di Asti, che liquida nella misura complessiva di € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Hadrian Simonetti, Presidente

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Giordano Lamberti, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere

Thomas Mathà, Consigliere, Estensore