Consiglio di Stato Sez. VII n. 5864 del 14 giugno 2023
Urbanistica.Domanda di sanatorie ed ordine di demolizione
Il deposito della domanda di sanatoria sospende l’efficacia dell’ordine di demolizione facendolo entrare in uno stato di temporanea quiescenza, e ciò fino alla definizione del procedimento di sanatoria; l’evidente scopo è di evitare la demolizione di un’opera che può ottenere l’accoglimento dell’istanza di sanatoria rispettosa del requisito di conformità (doppia alla strumentazione e regolamentazione urbanistica, ancorché realizzata in assenza o difformità dal titolo edilizio. In ogni caso il silenzio sulla domanda di sanatoria ne comporta il rigetto. Infatti, il silenzio serbato dal Comune sull'istanza di accertamento di conformità urbanistica non ha valore di silenzio-inadempimento, ma di silenzio-rigetto, con la conseguenza che, una volta decorso il relativo termine, non sussiste un obbligo di provvedere. Ciò comporta altresì il permanere della facoltà di provvedere espressamente, nella specie esercitata ragionevolmente, anche a fronte del supplemento istruttorio svolto dall’amministrazione
Pubblicato il 14/06/2023
N. 05864/2023REG.PROV.COLL.
N. 09789/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9789 del 2018, proposto da
Gaetano Santarpia, rappresentato e difeso dagli avvocati Rosa Persico, Ferdinando Pinto e Giulio Renditiso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Bruno Sassani in Roma, via XX Settembre 3
contro
Comune di Massa Lubrense, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Erik Furno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Enrico Califano in Roma, piazza dei Consoli 11
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 2258/2018
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Massa Lubrense;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 22 marzo 2023 il Cons. Rosaria Maria Castorina e uditi per le parti gli avvocati Nessuno è presente; viste altresì le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’originario ricorso l’odierno appellante impugnava l’ordinanza con la quale il Comune resistente gli aveva ingiunto la demolizione delle opere abusivamente realizzate, come emergenti dall’accertamento del personale dell’Ufficio tecnico prot. n. 28778 del 17 novembre 2010, deducendone l’illegittimità per violazione di legge e per eccesso di potere sotto molteplici profili.
In particolare, per quello che in questa sede rileva, era stata accertata, a seguito di sopralluogo, eseguito dal personale dell’Ufficio urbanistica unitamente a quello del Comando Stazione Carabinieri la realizzazione delle seguenti opere: “a) corpo di fabbrica su due livelli, collegati tramite scala interna in ferro, costituito da un’unica unità abitativa (…). La struttura portante verticale è in muratura pietre calcaree e tufo grigio, completamente ultimata internamente ed esternamente nelle finiture, nella pavimentazione, impianti elettrici e sanitari, arredata e in uso”. Il predetto corpo di fabbrica ha una superficie coperta di 55 mq. e una volumetria di 276 mc.. Viene dato atto che “il corpo di fabbrica oggetto di accertamento insiste sull’area di sedime di un locale deposito, censito in catasto terreni al foglio 15 – particella 520, di superficie di 19,00 mq. riportata nel titolo di proprietà esibito dalla parte, demolito, ricostruito ed ampliato”, oltre ad altre opere contestate sub b), c) e d).
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania accoglieva il ricorso limitatamente alle opere contestate sub b), lo dichiarava improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse rispetto alle opere contestate sub c) e d) e lo respingeva in relazione alle opere contestate sub a).
Appellata ritualmente la sentenza resisteva il Comune di Massa Lubrense.
All’udienza di smaltimento del 22 marzo 2023 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1.Con il primo motivo di appello l’appellante deduce: error in iudicando - illogicità manifesta – carenza di istruttoria – difetto di motivazione - omessa pronuncia.
Evidenzia che la sentenza impugnata era viziata nella parte in cui non aveva preso atto dell’intervenuta sanatoria delle opere contestate al punto a) del provvedimento impugnato.
In particolare sottolinea che, con decreto n. 203 (pratica 1082/2011) del 12 dicembre 2012, il Comune di Massa Lubrense - tenuto conto del parere di compatibilità paesaggistica di cui alla nota prof.n.1384 del 17 aprile 2012, della Soprintendenza BB.AA. di Napoli, ai sensi e per gli effetti dell’art.167 del D.lgs. 4/04 - rilasciava autorizzazione paesaggistica in sanatoria anche per le opere di cui al punto a) del provvedimento impugnato. A tale provvedimento, seguiva il pagamento del danno ambientale quantificato in euro 25.071,20 e la successiva SCIA in virtù della quale l’appellante provvedeva a demolire la tettoia di pertinenza al corpo di fabbrica di cui al punto a) al fine di ottemperare alle condizioni imposte dal comune al fine del rilascio del decreto di accertamento di conformità.
L’errore in cui era incorso il TAR sarebbe stato determinato dalla diversa denominazione delle medesime opere, indicate nel provvedimento di demolizione “sub a)” e nell’accertamento di compatibilità “corpo b” dal tecnico dell’appellante.
Inoltre, lamenta un’omessa pronuncia del TAR, evidenziando altresì il consolidarsi della sanatoria in considerazione dell’inutile decorso dei diciotto mesi per eventuali interventi in autotutela. Prosegue, poi, evidenziando come, premessa l’assenza di una domanda di sanatoria di abuso edilizio al momento dell’adozione del provvedimento repressivo, risulterebbe in ogni caso formatosi un silenzio- rigetto.
2.Con il secondo motivo deduce: errores in iudicando; applicabilità della L.R. Campania n° 1 del 5 gennaio 2011 recante modifiche alla L.R. Campania n° 19 del 28 dicembre 2009.
Lamenta l’erroneità della sentenza laddove non ritiene applicabile la cosiddetta normativa del Piano Casa facendo riferimento a presupposti entrambi errati.
In particolare, evidenzia l’unitarietà del fabbricato di proprietà del ricorrente e della moglie e che entrambi, destinatari di distinte ordinanze di demolizione relative a “diverse porzioni dello stesso immobile” (n. 10 e 9 del 13 gennaio 2011), avevano richiesto l’accertamento di compatibilità nonché i benefici del Piano casa. Su tali premesse si eccepisce l’erroneità della sentenza emessa sull’assunto che si tratterebbe di due corpi di fabbrica indipendenti e appartenenti a diversi proprietari e sulla realizzazione di un ampliamento eccedente il limite del 20% fissato ex lege.
Sono poi riproposti i motivi non esaminati ritenuti assorbiti.
Le censure non sono fondate.
2.1 Quanto alla prima doglianza costituisce principio pacifico che il deposito della domanda di sanatoria sospende l’efficacia dell’ordine di demolizione facendolo entrare in uno stato di temporanea quiescenza, e ciò fino alla definizione del procedimento di sanatoria; l’evidente scopo è di evitare la demolizione di un’opera che può ottenere l’accoglimento dell’istanza di sanatoria rispettosa del requisito di conformità (doppia alla strumentazione e regolamentazione urbanistica, ancorché realizzata in assenza o difformità dal titolo edilizio. (Cons. St.VI n. 3407 del 28 luglio 2016). In ogni caso il silenzio sulla domanda di sanatoria ne comporta il rigetto.
Infatti, il silenzio serbato dal Comune sull'istanza di accertamento di conformità urbanistica non ha valore di silenzio-inadempimento, ma di silenzio-rigetto, con la conseguenza che, una volta decorso il relativo termine, non sussiste un obbligo di provvedere. Ciò comporta altresì il permanere della facoltà di provvedere espressamente, nella specie esercitata ragionevolmente, anche a fronte del supplemento istruttorio svolto dall’amministrazione (Cons. St. 3396/2022)
2.2 Quanto alla seconda censura, l’appello non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata che si fonda sull’assunto che la legge sul "piano casa", come modificata dalla legge regionale n. 1/2011, non reca una normativa di condono o sanatoria ma, rispondendo all’esigenza di promuovere gli investimenti privati nel settore dell’edilizia (rilanciando, in tal modo, anche tale comparto economico), introduce una disciplina di natura eccezionale in relazione a specifici interventi, destinata ad operare per un arco temporalmente limitato, sempre dietro presentazione di un’istanza che deve precedere la loro esecuzione e dalla quale deve, peraltro, emergere la rispondenza dell’intervento alle specifiche finalità perseguite dal legislatore regionale.
Il Consiglio di Stato ha già affermato che “Gli interventi consentiti dalle norme sul c.d. “Piano casa” non possono essere assentiti in sanatoria, ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, sia perché tale possibilità non è prevista dalla legge regionale (L.R. Campania n. 19/2009) sia perché si tratta di interventi straordinari soggetti a disciplina speciale, come tali oggetto di stretta interpretazione”.
Così testualmente: “…va ribadito (cfr. di recente ancora Consiglio di Stato sez. VI n. 6021 del 2022) che gli interventi previsti dalle norme regionali attuative del c.d. piano casa hanno carattere straordinario e premiale, e proprio per tale ragione sono consentiti solo su edifici legittimamente realizzati e solo se assistiti da preventivo titolo edilizio: ciò è particolarmente evidente dal fatto che la procedura di rilascio del permesso di costruire è, in questo caso, disciplinata in modo dettagliato, senza rinvio alle norme del D.P.R. n. 380/2001, e deve essere preceduta da una conferenza di servizi deputata a verificare la sussistenza delle varie condizioni legittimanti. La necessità del preventivo rilascio del titolo edilizio è, inoltre, finalizzata a verificare che il richiedente non abbia già usufruito dei benefici previsti dalla legge, che possono essere concessi solo una volta. Gli interventi consentiti dalle norme sul c.d. "Piano casa", dunque, non possono essere assentiti in sanatoria, ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, perché tale possibilità non è prevista dalla legge regionale e perché si tratta di interventi straordinari soggetti a disciplina speciale, soggetta come tale a stretta interpretazione”. (Cons. St., Sez. VI, 28 luglio 2022, n. 6637).
Inoltre il Consiglio di Stato ha chiarito che “Gli interventi straordinari di ampliamento fino al 20 per cento della volumetria esistente, di cui all'art. 4 l. reg. Campania 28 dicembre 2009 n. 19 (c.d. piano casa), sono consentiti solo con riferimento all'intero edificio e non anche a singole frazioni di esso, con la conseguenza che le richieste di interventi di ampliamento non possono essere formulate anche da proprietari di singole frazioni dell'immobile”. (Cons. St., Sez. IV, 6 marzo 2015, n. 1144) e che “…le norme sul piano casa costituiscono norme eccezionali che non possono essere interpretata oltre alle ipotesi espressamente previste (Cons. Stato Sez. IV, 15 novembre 2021, n. 7568). Infatti, la natura derogatoria e temporanea del "piano casa" implica una stretta interpretazione delle sue norme senza interpretazioni estensive che potrebbero condurre a stravolgere l'ordinata pianificazione del territorio (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 21 marzo 2016, n. 1153; id. Sez. VI, 28 gennaio 2016, n. 335; Sez. II, 24 ottobre 2019, n. 7244)”.
3.Quanto alle pretese violazioni procedimentali di cui ai motivi riproposti del ricorso di primo grado, basti richiamare la giurisprudenza pacifica di questo Consiglio di Stato la quale afferma che “L'ordine di demolizione delle opere abusive è un atto vincolato, per il quale non è necessaria la motivazione in ordine all'interesse pubblico sottostante nemmeno qualora sia adottata a distanza di tempo dall'esecuzione degli abusi.” (Cons. St., Sez. VI, 13 gennaio 2022, n. 251).
L’appello deve essere, conseguentemente, respinto.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali che liquida in €3000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2023 con l'intervento dei magistrati:
Claudio Contessa, Presidente
Fabio Franconiero, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere
Rosaria Maria Castorina, Consigliere, Estensore