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Sez. 3, Sentenza n. 5766 del 11/01/2005 Ud. (dep. 16/02/2005 ) Rv. 230848
Presidente: Papadia U. Estensore: Squassoni C. Relatore: Squassoni C. Imputato: Greco. P.M. D'Angelo G. (Conf.)
(Rigetta, App. Catanzaro, 28 Maggio 2003)
BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - IN GENERE - Violazione dell'art. 1 sexies della legge n. 431 del 1985 (attualmente art. 181 del D.Lgs. n. 429 del 2004) - Realizzazione di un argine con deviazione delle acque di un fiume senza autorizzazione - Configurabilità - Applicazione del T.U. sulle acque pubbliche - Irrilevanza - Motivi.

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Massima (Fonte CED Cassazione)
In tema di tutela delle zone di particolare interesse ambientale, è necessaria l'autorizzazione per effettuare un intervento in zone protette, salvo che esso sia di irrilevante entità e tale da non incidere neppure in astratto sull'ambiente. Pertanto, la realizzazione di un argine, con deviazione delle acque di un fiume, deve essere sottoposta al controllo di impatto ambientale, né è invocabile l'applicabilità dell'art. 58 del testo unico sulla disciplina delle acque pubbliche, il quale - a sua volta - consente ai privati di eseguire opere idrauliche a difesa della proprietà solo quando non sia in alcun modo alterato il regime dell'alveo.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPADIA Umberto - Presidente - del 11/01/2005
Dott. VITALONE Claudio - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 2
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 039108/2003
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) GRECO VINCENZO N. IL 01/01/1948;
avverso SENTENZA del 28/05/2003 CORTE APPELLO di CATANZARO;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SQUASSONI CLAUDIA;
udito il P.M. nella persona del Dott. D'ANGELO Giovanni che ha concluso: rigetto del ricorso.
udito il difensore avv. Francesco Ciriaco (Lamezia Terme);
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza 2.5.2002, il Tribunale di Lamezia Terme ha ritenuto Greco Francesco responsabile del reato previsto dall'art. 1 sexies L. 431/1985, 632 c.p. (per avere, con la realizzazione di un argine, deviato le acque di un fiume e modificato, pertanto, l'assetto del territorio, senza l'autorizzazione delle competenti autorità) e lo ha condannato alla pena di giustizia.
In parziale riforma della decisone del Tribunale, la Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza in epigrafe precisata, ha assolto l'imputato dal reato di cui all'art. 632 c.p., con la formula perché il fatto non sussiste, ed ha rideterminato la pena per il residuo illecito in giorni cinque di arresto ed euro 10.325,00 di ammenda. Per l'annullamento della sentenza, l'imputato ricorre in Cassazione deducendo violazione di legge; sostiene che le opere effettuate non erano disciplinate dall'art. 1 sexies L. 431/1985, bensì dall'art. 58 RD 523/1904 (testo unico sulle acque pubbliche) che consente al proprietario di eseguire i lavori necessari per la difesa delle sponde dei fiumi aderenti ai suoi beni senza alcuna autorizzazione. La Corte rileva che le deduzioni non sono meritevoli di accoglimento. Prima di analizzare i motivi posti a fondamento del ricorso, il Collegio ritiene precisare che esiste una continuità normativa di tipo di illecito (messa in discussione dal Difensore alla odierna udienza) tra la contestata, ed ora abrogata, fattispecie di reato, la successiva previsione dell'art. 163 D. LVO 490/1999 e la attuale del vigente art. 181 D. LVO 41/2004). Nonostante le novazioni legislative, permane identica la condotta e le modalità di aggressione del bene protetto per cui la abrogazione della norma è accompagnata dalla introduzione di analoghe disposizioni sostitutive;
anche la sanzione tra i reati è identica per cui non si pongono problemi di successione di leggi nel tempo.
Tanto premesso, appena il caso di osservare come, per raggiungere il risultato di un equilibrato sviluppo degli interventi sul territorio ed evitare danni all'ambiente, l'art. 1 sexies L. 431/1985 stabilisca che le modifiche su di esso si svolgano secondo le linee preordinate dalla autorità amministrativa; pertanto, ogni intervento effettuato in zone protette (esclusi quelli di irrilevante entità non idonei ad incidere neppure in astratto sullo ambiente) deve essere preceduto dalla autorizzazione paesaggistica.
Nel caso concreto, sono circostanze pacifiche in fatto - non contestate ne' nei motivi al vaglio dei Giudici di appello ne' in quelli all'esame della Corte- che l'imputato avesse in zona protetta realizzato un argine di un fiume deviando le acque dello stesso; su questo ultimo punto, va precisato che come i Giudici di merito abbiano ritenuto sussistente l'elemento materiale del reato di cui all'art. 632 c.p. ed assolto l'imputato per carenza del dolo specifico. Ora l'opera, per il suo notevole impatto sul territorio, avrebbe dovuto essere preceduta da autorizzazione paesaggistica di cui l'imputato era privo.
Non pertinente è il richiamo allo art. 58 RD 523/1904 in quanto l'eventuale non assoggettamento dello intervento al controllo della pubblica amministrazione in materia di opere idrauliche non esclude la necessità del controllo, esplicato a fini diversi, sullo impatto ambientale. Inoltre l'art. 58 citato riguarda solo le opere eseguite dai privati per la difesa dei loro beni che "non alterino in alcun modo il regime dell'alveo": nel caso concreto, come riferito, vi è stata una deviazione delle acque fluviali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2005.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2005