Consiglio di Stato Sez. VI n. 1659 del 20 febbraio 2024
Urbanistica.Attività edilizia libera
Secondo l’art. 6, d.P.R. n. 380/2001 ”Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienicosanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i seguenti interventi sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo: a) omissis……(..) “e-ter) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l'indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati”. Dal soprariportato testo si rileva che le opere indicate possono ritenersi effettivamente rientranti nel perimetro di applicazione della previsione normativa soltanto laddove, per le loro caratteristiche in concreto, siano del tutto inidonee a influire in modo rilevante sullo stato dei luoghi, e quindi non determinino una significativa trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio (segnalazione Ing. M. Federici)
Pubblicato il 20/02/2024
N. 01659/2024REG.PROV.COLL.
N. 05226/2021 REG.RIC.
N. 05257/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5226 del 2021, proposto da
Bricoman Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Dario La Torre e Antonella Ceschi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonella Ceschi in Roma, via Flaminia 133;
contro
Comune di Orbassano (To), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Sanino, Alessandro Sciolla e Sergio Viale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
La Bruina Societa' Semplice, non costituita in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 5257 del 2021, proposto da
La Bruina S.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Martino e Fabio Pellegrino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni Martino in Torino, via Giuseppe Giusti n. 3;
contro
Comune di Orbassano (To), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Sanino, Alessandro Sciolla e Sergio Viale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Bricoman Italia S.r.l., non costituita in giudizio;
per la riforma
quanto al ricorso n. 5227 del 2021:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (sezione Seconda) n. 00762/2020, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 5226 del 2021:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (sezione Seconda) n. 00762/2020, resa tra le parti.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in entrambi i giudizi del Comune di Orbassano (To);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2023 il Cons. Ulrike Lobis e uditi per le parti gli avvocati Dario La Torre, Antonella Ceschi, Mario Sanino e Alessandro Sciolla;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con l’appello in esame, è stata impugnata la sentenza del TAR Piemonte, Sez. II n. 762/2020 con la quale, previa riunione dei ricorsi sub RG N. 01062/2019 e RG N. 01075/2019, sono stati respinti i ricorsi di primo grado avverso:
- l’ordinanza n. 107 del 28 ottobre 2019 – prot. n. 36209 – con la quale si ordina alla Bricoman s.r.l., in qualità di utilizzatore, e a La Brunia s.s., in qualità di proprietaria dell'immobile, la demolizione dei lavori abusivamente eseguiti ed il rispristino dello stato dei luoghi;
- il verbale di sopralluogo in data 14/10/2019, prot. int. n. 34822 del 17/10/2019, dal quale si evince l'esistenza di opere abusive, volte alla trasformazione permanente di suolo inedificato, a servizio dello stabilimento "Bricoman" sito in Rivalta di Torino, via Verne n. 10-12-14, realizzate dalla Bricoman Italia S.r.l. su terreno distinto in Catasto al foglio 8 mappale 10, di proprietà della La Bruina S.S.
1.1. In particolare, con ricorso RG n. 1062/2019, la Bricoman Italia s.r.l. - società che svolge attività di vendita all'ingrosso e al dettaglio di materiale per l'edilizia e per la ristrutturazione della casa in un compendio immobiliare, condotto in locazione, situato in parte nel Comune di Rivalta di Torino e in parte nel Comune di Orbassano - ha impugnato l’ordinanza di demolizione n. 107, adottata dal Comune di Orbassano il 28.10.2019 e il verbale di sopralluogo indicato in epigrafe, emessi dal Comune con riferimento ad opere abusive, qualificate quali interventi di nuova costruzione, realizzate:
- in assenza di permesso di costruire, in mancanza del parere dell’Ente di gestione Parco del Po;
- in mancanza di autorizzazione paesaggistica;
- in contrasto con gli artt. 65 e 93, D.P.R. n. 380/2001 (ai sensi dei quali le opere a struttura metallica da realizzarsi in zona sismica devono essere denunciate al Comune competente prima del loro inizio);
- in contrasto con l’art. 69 bis delle NTA del PRG (norma che vieta qualsiasi trasformazione urbanistica all’interno della Classe III con pericolosità geomorfologica alta – III A);
- in contrasto con il p.r.g. vigente (nelle parti in cui prevede: che gli interventi di nuova costruzione ricadenti nell’area 11.4.5-11.4.5.1 di cat. D1 sono subordinati alla preventiva predisposizione dello strumento urbanistico esecutivo, esteso a tutto l’ambito urbanistico; che nell’area 11.4.5.2 di cat. Ig sono ammissibili unicamente attrezzature e servizi di interesse generale; che nella superficie coperta – ai sensi dell’art. 18, punto 1 delle n.t.a – sono considerate anche tutte le strutture appoggiate al suolo per le quali non è rispettato il parametro del rapporto di copertura massimo pari al 50% della superficie fondiaria del lotto previsto dall’art. 32 punto 3 delle n.t.a.).
1.2. Nel ricorso sono state articolate le seguenti doglianze:
I. Violazione dell'art. 7 L. 241/1990 per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento.
II. Violazione dell’art. 3 L. 241/1990; eccesso di potere per carenza istruttoria, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti.
III. Violazione dell’art. 3 L. 241/1990 e degli artt. 10, 31 e 65 DPR 380/2001; eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti in relazione alla pavimentazione del piazzale esterno.
IV. Violazione dell’art. 3 L. 241/1990 e degli artt. 3, comma 1, lettera e), 10, 31, 65 e 93 DPR 380/2001; eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti, in relazione ai manufatti metallici.
V. Violazione degli artt. 3, 10, 22, 31 e 37 DPR 380/2001. Violazione dell’art. 3 della L. 241/90 e/o eccesso di potere per difetto di motivazione.
VI. Violazione degli artt. 3, 10, 22, 31 e 37 DPR 380/2001. Violazione dell’art. 3 L. 241/90 e/o eccesso di potere per difetto di motivazione.
VII. Violazione dell’art. 3 L. 241/1990. Eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti per l'applicazione della normativa contenuta negli artt. 14, 18 e 32 delle N.d.A. del P.R.G.C., punto 6.4, dell'art. 40 delle N.d.A. del P.R.G.C., dell'art. 142, comma 1, e dell'art. 146 D.Lgs. n. 42/04, degli art. 10, 31, 65 e 93 del D.P.R. 381/90, della L.R. 19/2009, per mancata richiesta dei titoli autorizzativi e dell'Autorizzazione paesaggistica e dell'Ente Parco.
1.3. Con ricorso rubricato sub RG 1075/2019, la società La Bruina s.s., proprietaria del compendio immobiliare, ha anch’essa impugnato l’ordinanza di demolizione n. 107 del 28.10.2019 e il verbale di sopralluogo indicato in epigrafe, articolando le seguenti doglianze:
I. Violazione di legge. Violazione degli artt. 1, 2, 7, 8 9 e 10 della legge 241/1990. Mancato rispetto delle norme sull'avvio, sulla comunicazione e sulla partecipazione al procedimento amministrativo.
II. Eccesso di potere per carenza e contraddittorietà della motivazione. Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, irragionevolezza e illogicità dell'atto, carenza di istruttoria.
III. Eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità dell'atto, travisamento ed erronea valutazione dei fatti.
IV. Eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità dell'atto, carenza di istruttoria, travisamento ed erronea valutazione dei fatti.
V. Eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità dell'atto, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, carenza di istruttoria.
2. Il TAR, previa riunione dei ricorsi, li ha respinti in quanto:
- per giurisprudenza costante, l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività vincolata della pubblica amministrazione con la conseguenza che i relativi provvedimenti, tra i quali l'ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l'invio di comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell'atto;
- è irrilevante ai fini del vaglio della legittimità del provvedimento impugnato l’asserito vizio di difetto di istruttoria ed erroneità dei presupposti poiché in nessun punto del verbale o dell'ordinanza sarebbe stato indicato che quasi il 30% della superficie non è pavimentata in calcestruzzo bensì è a verde, nonché che non è contestata la presenza, nel piazzale del compendio immobiliare, di una pavimentazione in calcestruzzo, come pure l’esatta estensione della stessa; non avendo la Bricoman Italia s.r.l. chiarito la ragione per cui la mancata indicazione nell’ordinanza di demolizione impugnata dell’area a verde e l’eventuale erroneità della colorazione della fotografia allegata al verbale di sopralluogo possano inficiare la correttezza degli accertamenti compiuti dall’amministrazione, la censura non può che essere respinta;
- è infondata la contestata illegittimità del provvedimento impugnato nella parte in cui ha disposto la demolizione della pavimentazione in calcestruzzo (terzo motivo Bricoman, secondo motivo La Bruina), in quanto non si tratterebbe di una nuova pavimentazione ma della sostituzione (con una pavimentazione in calcestruzzo) di una pavimentazione in asfalto preesistente, che sarebbe stata autorizzata con concessione edilizia rilasciata dal Comune di Orbassano n. 1160/93, segnalata con SCIA presentata al Comune di Rivalta di Torino il 24.11.2016 e autorizzata con deliberazione del Consiglio Comunale di Rivalta di Torino n.37 del 29/07/1992 e rientrerebbe nell’ambito dell’attività edilizia libera, ai sensi dell’art.6, c.1, lettera e-ter, d.P.R. n. 380/01, in quanto la concessione edilizia n. 1160/93, rilasciata dal Comune di Orbassano alla La Bruina s.s. ha ad oggetto unicamente la “costruzione di alcuni tratti di recinzione in Strada Torino”, a completamento di quella situata nel Comune di Rivalta;
- la pavimentazione in questione non può neppure essere ricondotta nell’ambito dell’attività edilizia libera, in quanto l’art. 6, D.P.R. n. 380/2001 elenca gli interventi che possono essere eseguiti senza alcun titolo, fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in quanto deve escludersi che, nell'assoggettare al regime di edilizia libera la realizzazione di interventi di pavimentazione di spazi esterni, entro i prescritti limiti di permeabilità del fondo, il legislatore abbia inteso consentire la facoltà di coprire liberamente e senza alcun titolo qualunque estensione di suolo inedificato, salvo soltanto il rispetto di tali limiti. E ciò in quanto la pavimentazione di aree esterne: (i) è di per sé idonea a trasformare permanentemente porzioni di suolo inedificato; (ii) riduce la superficie filtrante, con la conseguenza che - anche se contenuta nei prescritti limiti di permeabilità - incide comunque sul regime del deflusso delle acque dal terreno; (iii) è percepibile esteriormente, per cui presenta una potenziale rilevanza sotto il profilo dell'inserimento delle opere nel contesto urbano; (iv) determina la creazione di una superficie utile, benché non di nuova volumetria;
- nel caso di specie, anche prescindendo dalla presenza sull’area di un vincolo paesaggistico e dalla questione relativa all’indice di permeabilità, la pavimentazione oggetto dell’ordinanza di demolizione non può certamente essere ricondotta nell’ambito dell’attività edilizia libera, consistendo nella copertura di un’ampia porzione di suolo libero, pari a ben 646,40 metri quadrati;
- stante la legittimità del provvedimento, nella parte in cui contesta la realizzazione della pavimentazione in assenza di permesso di costruire, la fondatezza della censura con cui è contestata la violazione degli art. 65 e 93, D.P.R. n. 380/2001 – proposta anche con il quarto motivo del ricorso RG n. 1075/2019 - anche ove fondata, non porterebbe all’annullamento del provvedimento impugnato;
- le scaffalature in questione (quarto, quinto e sesto motivo del ricorso Bricoman e secondo e quarto motivo del ricorso La Bruina) rientrano indubbiamente nelle categorie indicate nell’art. 3 comma 1, D.P.R. n. 380/2001, lettere e.5) ed e.7). Si tratta di manufatti che per le dimensioni - hanno un’altezza di m 7,40 e ml 1.50 di larghezza; altri installati “a coppie”, hanno lunghezza di ml 19,40, altezza di m 7,40 e larghezza di ml 250 – e per le caratteristiche costruttive – sono saldamente ancorate al suolo, sovrastate da copertura in lastre ondulate di materiale plastico – non sono certamente destinate a soddisfare esigenze meramente temporanee - come ammesso dalla stessa Bricoman Italia s.r.l. - ma determinano, indubbiamente, una trasformazione permanente di un suolo inedificato. Per queste ragioni non possono trovare applicazione i principi affermati dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 337/2019, invocata dalle ricorrenti: quest’ultima – a differenza della fattispecie oggetto del presente giudizio - aveva ad oggetto scaffalature installate su un terreno, autorizzato come deposito, che era già pavimentato, ricadeva in area non soggetta a vincoli e non contrastava con le previsioni del PRG;
- l’opera dovrebbe comunque essere demolita in quanto realizzata in assenza di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica, in area sottoposta a vincolo paesaggistico, in quanto l'art. 27 D.P.R. n. 380 del 2001 non distingue tra opere per cui è necessario il permesso di costruire e quelle per cui è sufficiente la semplice SCIA, in quanto impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano, comunque, costruite, senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico; i manufatti in questione necessitavano quindi del previo rilascio del permesso di costruire, dell’autorizzazione paesaggistica. In quanto “strutture appoggiate al suolo”, le scaffalature sono state inoltre correttamente ricomprese nel computo della superficie coperta, come previsto dall’art. 18, punto 1 delle nta e ciò a prescindere dalla differente questione se le stesse producano o meno un volume edilizio;
- la pavimentazione e le scaffalature necessitavano del previo rilascio del permesso di costruire; non si è al cospetto di un mero “adeguamento di spazi pavimentati” – escluso dall’autorizzazione paesaggistica al punto 12, Allegato A del D.P.R. 13/02/2017 n. 31 - ma della realizzazione ex novo di una pavimentazione (settimo motivo Bricoman e terzo motivo La Bruina);
- stante la realizzazione ex novo delle scaffalature e la natura di nuova costruzione delle scaffalature, è infondato il quinto motivo del ricorso La Bruina con il quale veniva dedotta l’illegittimità dell’ordinanza impugnata nella parte in cui contesta che parte delle opere realizzate ricadono, ai sensi dell’art. 69bis della N.d’A. di P.R.G.C., in “Classe III con pericolosità geomorfologica Alta IIIA”, “inedificabili per le condizioni di rischio molto elevato”, con le limitate eccezioni previste al punto 4.1.1., sostenendo che l'area in questione sarebbe stata solo oggetto di un'attività manutentiva e che le scaffalature non potrebbero essere ritenute “nuove costruzioni”, assolvendo ad una funzione meramente strumentale al commercio di materiali e prodotti.
4. Avverso la sentenza la soc. Bricoman Italia srl ha proposto appello rubricato sub RG 5226/2021, basato su quattro motivi:
(i) Erroneità della sentenza quanto al rigetto del primo motivo di ricorso (recante <violazione dell’art. 7 L. 241/1990 – mancata comunicazione dell’avvio del procedimento>).
(ii) Erroneità della sentenza quanto al rigetto del terzo motivo di ricorso (recante <violazione dell’art. 3 L. 241/1990 e degli artt. 10, 31 e 65 D.P.R. 380/2001; eccesso di potere per carenza istruttoria, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti, in relazione alla pavimentazione del piazzale esterno>).
(iii) Erroneità della sentenza quanto al rigetto del quarto, quinto e sesto motivo di ricorso (recanti, rispettivamente, <violazione dell’art. 3 L. 241/1990 e degli artt. 3, comma 1, lettera e), 10, 31, 65 e 93 DPR 380/2001 – eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti, in relazione ai manufatti metallici>; <violazione degli artt. 3, 10, 22, 31 e 37 DPR 380/2001; violazione dell’art. 3 della L. 241/90 e/o eccesso di potere per difetto di motivazione>; <violazione degli artt. 3, 10, 22, 31 e 37 DPR 380/2001; violazione dell’art. 3 L. 241/90 e/o eccesso di potere per difetto di motivazione>).
(iv) Erroneità della sentenza quanto al rigetto del settimo motivo di ricorso (recante <violazione dell’art. 3 L. 241/1990 – eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti per l’applicazione della normativa contenuta negli artt. 14, 18e 32 delle NTA del PRG e punto 6.4 dell’art. 40 delle NTA del PRG, dell’art. 142 e 146 del D.Lgs. 42/2004, degli artt. 10, 31, 65 e 93 del DPR 380/2001 della L.R. 19/2009 per mancata richiesta dei titoli autorizzativi e dell’autorizzazione paesaggistica e dell’ente Parco>).
Ai sensi dell’art. 101 comma 2 c.p.a. sono state riproposte le seguenti censure non esaminate dalla sentenza di primo grado:
a) la censura dedotta nel terzo motivo di ricorso, volta a contestare la pretesa violazione degli artt. 65 e 93 del DPR 380/2001, non costituendo la pavimentazione in calcestruzzo un manufatto strutturale soggetto alla denuncia prevista da tali disposizioni;
b) le censure dedotte nel quarto e settimo motivo di ricorso, volte a contestare le pretese violazioni dell’art. 32 punto 6.4. delle NTA del PRG, non contrastando l’intervento con le destinazioni ammesse, nonché dell’art. 40 delle NTA del PRG, essendo presente nella zona destinata a parco del verde privato,
c) la censura dedotta nel settimo motivo di ricorso, diretta a sostenere che la pavimentazione e le scaffalature metalliche, rientrando nell’edilizia libera, non necessitavano del parere dell’ente Parco.
4.1. Il Comune di Orbassano si è costituito in giudizio con atto depositato il 16.7.2021, chiedendo il rigetto dell’appello.
4.2. In vista dell’udienza le parti hanno depositato memorie difensive e memorie di replica.
4.3. All’udienza del 4.5.2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Anche la soc. La Bruina s.s. con l’appello rubricato sub RG 5227/2021, ha impugnato la sentenza del TAR Piemonte, Sez. II n. 762/2020, articolando cinque motivi di impugnazione avverso tutti i punti della sentenza che hanno rigettato i motivi di primo grado.
5.1. Il Comune di Orbassano si è costituito con atto depositato il 6.7.2021 chiedendo il rigetto dell’appello.
5.2. In vista dell’udienza le parti hanno depositato memorie difensive e memorie di replica.
5.3. All’udienza del 4.5.2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. In via preliminare, il Collegio riunisce le cause ai sensi dell’art. 96, comma 1 cpa, trattandosi di appello avverso la medesima sentenza.
6.1. Non vengono ammessi i documenti depositati dal Comune di Orbassano in data 13.4.2023 con la memoria di replica, in quanto depositati in violazione del disposto dell’art. 104, comma 2, cpa e non avendo il Comune dimostrato di non aver potuto produrli nel giudizio di primo grado per causa ad esso non imputabile e non apparendo indispensabili.
6.1.1. Sono infondati entrambi gli appelli proposti.
Con il primo motivo (rubricato: Erroneità della sentenza quanto al rigetto del primo motivo di ricorso (recante <violazione dell’art. 7 L. 241/1990 – mancata comunicazione dell’avvio del procedimento>), l’appellante Bricoman ripropone la censura di mancata comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 L. 241/1990, deducendo che l’ordine di demolizione non poteva considerarsi atto vincolato ed avrebbe imposto la previa instaurazione di contraddittorio procedimentale in quanto la copertura del piazzale era preesistente ed era stata autorizzata con la concessione edilizia n. 1160/93.
Anche l’appellante La Bruina ripropone con il primo motivo di appello la censura di mancata comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 L. 241/1990, negli stessi termini. Sostiene che se l’amministrazione avesse correttamente effettuato l’istruttoria e se avesse ammesso a partecipare il soggetto interessato si sarebbe resa conto che perlomeno con riferimento alla sostituzione del manto bituminoso esso era già stato autorizzato con precedente concessione edilizia del 1993.
Il primo motivo di appello di entrambe le parti appellanti concernente l’omessa comunicazione di avvio è infondato.
Emerge dalla documentazione in atti (doc. 2 della ricorrente Bricoman, depositato l’11.12.2019) che il provvedimento impugnato ha avuto origine dal sopralluogo effettuato sul posto da due tecnici dell’ufficio edilizia privata e da due ufficiali del comando della polizia locale, al quale sopralluogo le parti hanno potuto partecipare alla presenza del loro tecnico di fiducia, dunque erano edotte di quanto accadeva. Infatti, le società appallanti non hanno mai contestato la presenza dei loro rappresentanti al sopralluogo.
6.1.2. La giurisprudenza – pur ribadendo l’irrilevanza o comunque la dequotazione dell’avviso di avvio del procedimento in materia di repressione degli abusi edilizi (ex plurimis Cons. Stato, sez. II, 01.09.2021, n. 6181, sez. IV, 12 dicembre 2016, n. 5198) - ha riconosciuto che lo svolgimento di sopralluogo al quale il destinatario del controllo ha potuto assistere è sufficiente a rendere nota l’esistenza del procedimento avviato (Cons. Stato, Sez. VII, 24.03.2023 n. 3087).
6.1.3. È pure infondata l’affermazione degli appellanti che la copertura del piazzale sarebbe stata preesistente ed autorizzata con la concessione edilizia n. 1160/93.
Emerge chiaramente dal testo della domanda di autorizzazione edilizia presentata al Comune di Orbassano il 12.7.1993 da parte della soc. La Bruina, proprietaria del fondo (cfr. doc. 6 del Comune di Orbassano depositato il 10.01.2020) che la pavimentazione non è citata nel testo della domanda di autorizzazione, come non è nemmeno indicata nella denuncia inizio lavori, nella denuncia ultimazione lavori, né nella tavola 1 delle planimetrie, né nel particolare della recinzione, allegati alla domanda, né nella concessione edilizia prot. 15948 del 6.12.1993.
Infatti, con la domanda del 12.7.1993, depositata il 15.7.1993 (pag. 9 doc. 6 citato) si chiede letteralmente “il conseguimento dell’autorizzazione edilizia relativa alla realizzazione di recinzione in grigliati tipo Orsogrill posti su zoccolo in c.a. a completamento, della recinzione del lotto 2-P.E.C. DA1 (sito nel Comune di Rivalta di Torino-frazione Pasta)”. Alla domanda sono allegati un estratto di PRGC in scala 1:2000, un particolare in scala 1:20 (pag. 10 del doc. 6 citato) che rappresenta solamente un dettaglio della recinzione tipo Orsogrill e dello zoccolo in magrone in cls, nonché la tavola 1, denominata “Autorizzazione edilizia richiesta di recinzione” che riporta solamente su una planimetria senza scala l’esatta collocazione della recinzione e, infine, una planimetria in scala 1:500 con il dettaglio della recinzione Orsogrill vicino al lotto 2, nel tratto ABC nell’altezza complessiva di m1,80 (pag. 5-8 del doc. 6 citato).
Anche le denunce di inizio lavori e di ultimazione lavori (pag. 3 e 4 del doc. 6 citato) indicano come oggetto “realizzazione tratti di recinzione” senza recare alcuna ulteriore menzione della pavimentazione.
6.1.4. Ne consegue l’infondatezza del primo motivo di impugnazione proposto nei relativi atti di appello da entrambe le società appellanti.
6.2. Con il secondo motivo di appello (rubricato: Erroneità della sentenza quanto al rigetto del terzo motivo di ricorso (recante <violazione dell’art. 3 L. 241/1990 e degli artt. 10, 31 e 65 D.P.R. 380/2001; eccesso di potere per carenza istruttoria, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti, in relazione alla pavimentazione del piazzale esterno>) l’appellante Bricoman ripropone la contestazione dell’ordinanza impugnata, e di riflesso, della sentenza di prime cure, nella parte in cui ha qualificato quale “nuova costruzione” la pavimentazione in calcestruzzo anziché quale mera sostituzione della precedente bitumazione assentita in base alla concessione edilizia n. 1160/93, e nella parte in cui non ha considerato che trattasi di attività edilizia libera ex art. 6 c. 1 lett. e-ter DPR 380/01.
Anche la soc. La Bruina ripropone con il suo secondo motivo di appello la contestazione dell’ordinanza impugnata e di riflesso della sentenza di prime cure, sostenendo che la sentenza sul punto non avrebbe analizzato la tavola grafica, ma piuttosto si sarebbe limitata a “leggere” l’oggetto dell’intervento come indicato nella tavola grafica. Secondo la soc. La Bruina, sarebbe stato sufficiente analizzare le linee di contorno del triangolo di terreno oggetto della richiesta di titolo abilitativo per comprendere e confermare quanto da essa sostenuto nel proprio ricorso. Afferma che “Le linee di contorno, come evidenziato nella relazione tecnica redatta dall’Ing. Cavapozzi in data 18.9.2020 (doc. 1 del fascicolo di primo grado dep. il 22.09.2020) e nei relativi allegati, sarebbero fini e distinguerebbero il punto di passaggio tra due materiali diversi, in base alle seguenti norme: -UNI EN ISO 7519.2001- “Disegni tecnici - Disegni di costruzione - Principi generali di presentazione per disegni di insieme e di assemblaggio” - punto 4.7: “I contorni tra parti di materiali differenti in vista devono essere rappresentati con linea continua fine o grossa”; -UNI ISO 128-23:2005 - “Principi generali di rappresentazione” - punto 4, prospetto 1 “Linea continua fine: limiti di materiali differenti in vista, in taglio ed in sezione”. I due diversi materiali sarebbero anche contrassegnati dalle due diverse campiture, infatti, in base alla norma UNI 3972:1981 “Disegni tecnici – Tratteggi per la rappresentazione dei materiali nelle sezioni”, diversi tratteggi, individuano diversi materiali”. Sarebbe necessario fare riferimento alle norme di buona tecnica progettuale per comprendere le tavole grafiche allegate all’istanza, le quali andavano attentamente valutate dal momento che il titolo edilizio scaturisce dalla compresenza della descrizione letterale dell’opera contenuta nel testo del provvedimento e dalla rappresentazione grafica dell’intervento.
Con il terzo motivo di impugnazione (rubricato: Erroneità della sentenza quanto al rigetto del quarto, quinto e sesto motivo di ricorso (recanti, rispettivamente, <violazione dell’art. 3 L. 241/1990 e degli artt. 3, comma 1, lettera e), 10, 31, 65 e 93 DPR 380/2001 – eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti, in relazione ai manufatti metallici>; <violazione degli artt. 3, 10, 22, 31 e 37 DPR 380/2001; violazione dell’art. 3 della L. 241/90 e/o eccesso di potere per difetto di motivazione>; <violazione degli artt. 3, 10, 22, 31 e 37 DPR 380/2001; violazione dell’art. 3 L. 241/90 e/o eccesso di potere per difetto di motivazione>), la soc. appellante Bricoman contesta l’ordinanza di demolizione nella parte in cui è rivolta contro le scaffalature metalliche posizionate sul piazzale, e di riflesso impugna la sentenza che ha respinto i motivi di prime cure, deducendo in particolare che:
- (i) le scaffalature non sarebbero qualificabili come costruzioni ai sensi dell’art. 3 c. 1 lett. e.5) ed e.7) T.U.E. perché non creano volumetria essendo aperte su tutti i lati, sono facilmente rimovibili essendo solo tassellate al suolo e prive di carattere di stabilità, sono insuscettibili di determinare trasformazione edilizia permanente;
- (ii) le scaffalature sarebbero assimilabili a mere attrezzature di lavoro estranee all’attività edilizia o comunque rientranti nella attività edilizia libera o soggetta a SCIA ex art. 22 T.U.E.
- (iii) insistono su area della quale era già stato assentito l’accorpamento con quella ricadente nel Comune di Rivalta di Torino, destinata a mero stoccaggio merci per consegna differita di materiali già acquistati;
- (iv) la sentenza del T.A.R. avrebbe erroneamente interpretato la sentenza del Consiglio di Stato n. 337/2019 in quanto quest’ultima aveva qualificato la posa di scaffalature analoghe come soggetta a SCIA commerciale, e non a SCIA edilizia, quindi non sarebbe vero che si sarebbe dovuto demolire le scaffalature ex art. 27 T.U.E. perché ricadenti in area sottoposta a vincolo paesaggistico;
- (v) l’ordinanza di demolizione sarebbe assistita dalla prospettazione dell’acquisizione gratuita in caso d’inottemperanza che invece non sarebbe configurabile nel caso di opere soggette a mera SCIA;
- (vi) la violazione degli artt. 65 e 93 DPR 380/01 non sarebbe configurabile nel caso di scaffalature metalliche in quanto le stesse sono fornite con specifica dichiarazione del produttore corredata dalla certificazione di corrispondenza dei manufatti e dei calcoli alla normativa per le costruzioni;
- (vii) non sarebbe configurabile la violazione del rapporto di copertura del 50% di cui all’art. 18 N.T.A. in quanto le scaffalature non creerebbero volumetria.
Anche l’appellante soc. La Bruina contesta nel terzo motivo di impugnazione l’ordinanza di demolizione nella parte in cui è rivolta contro le scaffalature metalliche posizionate sul piazzale, e di riflesso impugna la sentenza che ha respinto i motivi di prime cure, deducendo in particolare che:
- (i) le scaffalature insisterebbero su area sulla quale nel 1993 sarebbe già stata assentita la pavimentazione con la C.E. n. 1160/93;
- (ii) la sentenza impugnata sarebbe errata laddove nel citare la sentenza del Consiglio di Stato n. 337 del 14.1.2019 ritiene che le scaffalature siano state considerate soggette a SCIA edilizia e non ad attività edilizia libera come da sempre sostenuto dalla ricorrente. Le scaffalature oggetto del contendere invece non presenterebbero caratteristiche di stabilità tali da costituire un organismo edilizio rilevante: queste sarebbero fissate alla pavimentazione con semplici tasselli e per ragioni di sicurezza, tant’è che verrebbero spostate e modificate in base alle esigenze funzionali dell’attività di vendita e stoccaggio. Per queste ragioni, tali strutture non potrebbero essere ricondotte alla nozione di “trasformazione edilizia permanente”.
Entrambi i motivi di impugnazione delle parti appellanti, così articolati,, i quali si prestano ad un esame congiunto, sono infondati.
Come rilevato al precedente punto 6.1.3. da nessuno dei documenti allegati alla domanda presentata nel 1993 al Comune di Orbassano emerge che la domanda avrebbe riguardato anche una pavimentazione. Sia nella domanda che nelle tavole e nelle denunce di inizio e fine lavori si parla solamente di recinzione tipo Orsogrill, per cui non spettava al Comune di Orbassano l’onere di indagare sul contenuto della concessione rilasciata dal Comune di Rivalta, né di indagare sulla reale intenzione delle odierne appellanti, sottesa alla domanda e non letteralmente evincibile dal contesto della domanda.
6.2.1. Ad ogni modo il Comune di Orbassano, nell’esaminare la domanda de qua, il cui oggetto è di chiara comprensione in base al linguaggio ed alla terminologia usata, come nel caso concreto ove la domanda riguarda la costruzione di una recinzione in grigliati tipo Orsogrill“ a completamento della recinzione del lotto 2 sito nel Comune di Rivalta di Torino-frazione Pasta) , non era tenuto ad esaminare ogni singola linea contenuta negli allegati e tantomeno ad indagare su eventuali pavimentazioni previste nel progetto autorizzato dal Comune di Rivalta di Torino. Risulta per tabulas, contrariamente a quanto sostenuto dalle parti appellanti, che né dal testo della domanda di autorizzazione, né dal contenuto degli allegati alla domanda era percettibile che “la parte di terreno in questione su Orbassano non destinata a verde ed annessa al piazzale del capannone produttivo sarebbe stata pavimentata in continuità con quanto autorizzato su Rivalta” e non è nemmeno deducibile dall’elaborato tecnico che la dizione “Sup verde privato >20%” andava “a vincolarne la percentuale minima di verde permeabile.”
Inoltre, non emerge nemmeno dalla domanda di autorizzazione, né dai disegni allegati alla stessa che sarebbe stata intesa l’annessione di una porzione del terreno ricadente sul territorio di Orbassano, a quello di Rivalta di Torino, per cui non ha nemmeno alcuna rilevanza l’asserita buona fede delle odierne appellanti intesa ad accorpare l’area situata sul territorio di Orbassano - mediante la realizzazione della recinzione e di una pavimentazione dell’area a verde privato sita sul territorio di Orbassano - alla pavimentazione del terreno ubicato sul territorio di Rivalta, asseritamente oggetto di pavimentazione.
La mancanza di una relazione tecnica-descrittiva dell’intervento dalla quale si avrebbe potuto ricavare pure l’intenzione delle appellanti di accorpare e pavimentare il terreno a verde situato sul territorio di Orbassano a quello situato sul territorio di Rivalta non può sicuramente fare scaturire in capo al Comune di Orbassano un qualsiasi onere di indagare sulle intenzioni eventualmente ricavabili dalle tavole e dalle relative campiture; ciò in quanto nemmeno dalla tavola grafica era chiaramente rilevabile, mediante una relativa indicazione, che la parte della proprietà situata sul territorio del Comune di Rivalta era soggetta a pavimentazione.
6.2.2. Un tanto premesso ed escluso che la concessione rilasciata dal Comune di Orbassano nel 1993 comprendeva l’autorizzazione alla pavimentazione della parte destinata a verde situata sul territorio del Comune di Orbassano, il Collegio non condivide le affermazioni delle parti appellanti che nella pavimentazione accertata in sede di sopralluogo del 14.10.2019 da parte del Comune di Orbassano quale nuova pavimentazione in calcestruzzo, si sarebbe trattato invece solamente della sostituzione di una pavimentazione già autorizzata nel 1993.
6.2.3. Non si condivide nemmeno l’affermazione che, trattandosi di sostituzione di preesistente pavimentazione autorizzata, l’attività rientrerebbe nell’attività edilizia libera di cui all’art. 6, comma 1 del DPR n. 380/2001.
Secondo l’art. 6, d.P.R. n. 380/2001 ”Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienicosanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i seguenti interventi sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo: a) omissis……(..) “e-ter) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l'indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati”.
Dal soprariportato testo si rileva che le opere indicate possono ritenersi effettivamente rientranti nel perimetro di applicazione della previsione normativa soltanto laddove, per le loro caratteristiche in concreto, siano del tutto inidonee a influire in modo rilevante sullo stato dei luoghi, e quindi non determinino una significativa trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.
Orbene, come correttamente osservato dal Giudice di prime cure, deve escludersi che “nell'assoggettare al regime di edilizia libera la realizzazione di interventi di pavimentazione di spazi esterni, entro i prescritti limiti di permeabilità del fondo, il legislatore abbia inteso consentire la facoltà di coprire liberamente e senza alcun titolo qualunque estensione di suolo inedificato, salvo soltanto il rispetto di tali limiti. E ciò in quanto la pavimentazione di aree esterne: (i) è di per sé idonea a trasformare permanentemente porzioni di suolo inedificato; (ii) riduce la superficie filtrante, con la conseguenza che - anche se contenuta nei prescritti limiti di permeabilità - incide comunque sul regime del deflusso delle acque dal terreno; (iii) è percepibile esteriormente, per cui presenta una potenziale rilevanza sotto il profilo dell'inserimento delle opere nel contesto urbano; (iv) determina la creazione di una superficie utile, benché non di nuova volumetria”.
6.2.4. Siccome gli interventi di pavimentazione, anche ove contenuti entro i limiti di permeabilità del fondo, sono realizzabili in regime di edilizia libera soltanto laddove presentino una entità minima, sia in termini assoluti, che in rapporto al contesto in cui si collocano e all'edificio cui accedono, gli interventi oggetto dell’impugnata ordinanza, consistendo nella copertura di un’ampia porzione di suolo libero, pari a ben 646,40 metri quadrati, non sono da ritenere tali per cui non possono certamente essere ricondotti nell’ambito dell’attività edilizia libera.
6.2.5. L’attività edilizia libera ex art. 6 c. 1 T.U.E. presuppone tassativamente la conformità dell’intervento alla disciplina vincolistica gravante sul terreno; condizione che nel caso di specie - ove l’area de qua è soggetta a vincolo paesaggistico-ambientale e ricompresa nel perimetro del Piano d’Area del Parco approvato con legge regionale n. 19/2009 (cfr. verbale di sopralluogo del 14.10.2019, pagg. 2 e 5; ordinanza impugnata, pag. 3) - deve essere esclusa con riferimento a tutti i vincoli richiamati.
6.2.6. Ai sensi dell’art. 3, c.1 sono da ritenersi:
e) "interventi di nuova costruzione", quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:
e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6);
e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune;
e.3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato;
e.4) l'installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione;
e.5) l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all'aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore;
e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale;
e.7) la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato”.
Le attività oggetto dell’ordinanza di demolizione impugnata rientrano nel novero dell’art. 3, comma 1, lettera e) del DPR n. 380/2001 in quanto nel caso concreto emergono dalle quattro fotografie allegate al verbale di sopralluogo (doc. 12 del Comune, depositato il 24.9.2020) le grandi dimensioni delle scaffalature costruite sull’area del mappale 10 del foglio 8, sul territorio del Comune di Orbassano, in area soggetta a vincolo paesaggistico-ambientale e ricompresa nel perimetro del Piano d’Area del Parco approvato con legge regionale n. 19/2009 (assoggettando gli interventi al preventivo parere dell’ente gestione del Parco del Po e ad autorizzazione paesaggistica ex art. 142 e art. 146 D.lgs. n. 42/2004) ed in particolare il loro solido ancoraggio su una pavimentazione in calcestruzzo, sovrastati da una copertura in lastre ondulate in materiale plastico, disposti lungo tutto il perimetro dell’area pavimentata; tali scaffali, che hanno l’altezza di m 7,40 (corrispondente ad una costruzione a due piani fuori terra), sono riempiti di merce ivi stoccata, sicché per la loro collocazione e realizzazione ad uso non temporaneo, ma permanente, rientrano nella definizione di “interventi di nuova costruzione” di cui alle lettere e5) e e7) dell’art. 3, comma 1 del DPR n. 380/2001.
Le scaffalature nonché la pavimentazione in calcestruzzo (i quali vanno visti nel loro insieme di opere unitamente alla pavimentazione del piazzale ed alla creazione del deposito merci, che ha determinato la trasformazione complessiva dell’area), ricadono in zona vincolata e soggetta ad autorizzazione paesaggistica, per cui consegue la legittimità del provvedimento demolitorio in quanto, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, l’abuso edilizio consistente nella esecuzione di intervento ancorché soggetto a DIA o SCIA, qualora ricadente in area soggetta a vincolo, si configura sempre come eseguito in assenza di concessione ex art. 27 T.U.E. e soggiace a sanzione demolitoria.
L’art. 146, comma 4, D.lgs. n. 42/2004 precisa, infatti, che “l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio”. Questa Sezione ha inoltre chiarito che l’autorizzazione paesaggistica comprende qualsiasi opera edilizia calpestabile che può essere sfruttata per qualunque uso (Cons. Stato, Sez. VI, 12.12.2022, n. 10866; Cons. Stato, sez. IV, n. 35/2017).
6.3. Infine, non ha alcuna rilevanza l’affermazione che la violazione degli artt. 65 e 93 del DPR n. 380/2001 non sarebbe configurabile nel caso di scaffalature metalliche in quanto le stesse sarebbero state fornite con specifica dichiarazione del produttore corredata dalla certificazione di corrispondenza dei manufatti e dei calcoli alla normativa per le costruzioni; a tale riguardo si considera che l’obbligo di presentare la denuncia ex art. 65 del DPR n. 380/2001 sussiste per tutte le opere realizzate “con materiali e sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche in vigore”.
Nel caso concreto, come osservato dal Comune appellato, trattandosi di scaffalature in acciaio e - come auto-certificato dal progettista della ditta fornitrice – che sono state edificate in conformità alle norme tecniche per le costruzioni approvate con D.M. 17.01.2018, è applicabile l’obbligo di preventiva denuncia ai sensi artt. 65 e 93 T.U.E. in quanto riferita alle opere realizzate “con materiali e sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche in vigore”.
6.4. Con il quarto motivo di impugnazione (rubricato: Erroneità della sentenza quanto al rigetto del settimo motivo di ricorso (recante <violazione dell’art. 3 L. 241/1990 – eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti per l’applicazione della normativa contenuta negli artt. 14, 18e 32 delle NTA del PRG e punto 6.4 dell’art. 40 delle NTA del PRG, dell’art. 142 e 146 del D.Lgs. 42/2004, degli artt. 10, 31, 65 e 93 del DPR 380/2001 della L.R. 19/2009 per mancata richiesta dei titoli autorizzativi e dell’autorizzazione paesaggistica e dell’ente Parco>), l’appellante Bricoman censura la sentenza nella parte in cui ha rigettato il settimo motivo del ricorso di primo grado secondo il quale, essendo la pavimentazione e le scaffalature attività edilizia libera, non sarebbe stata necessaria neanche l’autorizzazione paesaggistica, la quale - trattandosi di “adeguamento di spazi pavimentati - sarebbe esclusa anche da quanto previsto nell’allegato A, punto 12 n. 31 del DPR 31/2017.
La soc. La Bruina censura la sentenza a sua volta con il quarto motivo di impugnazione nella parte in cui ha rigettato il terzo motivo di ricorso con il quale è stata censurata l’ordinanza impugnata in quanto ha considerato i lavori abusivi perché realizzati in violazione dell’art. 142 comma 1 del D.lgs n. 42/2004, per mancanza dell’autorizzazione paesaggistica, atteso che le aree interessate sono ricomprese nel perimetro del Piano d’Area del Parco approvato ai sensi della L.R. 42/2004.
La sentenza - laddove afferma che (i) la pavimentazione e la scaffalatura avrebbero necessitato del previo rilascio del permesso di costruire e (ii) laddove non ritiene assentite le opere in forza dei titoli edilizi rilasciati dal Comune di Rivalta di Torino e infine, laddove (iii) ritiene che si tratta della realizzazione di una pavimentazione ex novo - sarebbe errata in quanto la pavimentazione non avrebbe necessitato di autorizzazione edilizia in quanto semplice sostituzione (manutenzione) di pavimentazione esistente già autorizzata, mentre le scaffalature non avrebbero presentato caratteristiche di stabilità tali da costituire un organismo edilizio rilevante ai fini edilizi ed essere considerate come una nuova costruzione, per cui non sarebbe applicabile alla fattispecie la normativa sulla tutela dei beni culturali e ambientali.
Con un quinto motivo d’appello la soc. La Bruina s.s., infine, censura il capo n. 18 della sentenza di prime cure che ha respinto il motivo di ricorso concernente la dedotta illegittimità dell’ordinanza di demolizione nella parte in cui censura l’ erronea applicazione dell’art. 69bis N.T.A. del P.R.G.C. che colloca parte dell’area in questione in classe III di pericolosità geomorfologica Alta IIIA, con conseguente inedificabilità per le condizioni di rischio molto elevato, salve limitate eccezioni qui non applicabili, sostenendo che nel caso di specie nessuna trasformazione urbanistica sarebbe intervenuta. Sostiene che l’area in questione sarebbe stata solo oggetto di un’attività manutentiva che ha comportato la sostituzione del manto di copertura del piazzale esterno; tale sostituzione non può considerarsi né “trasformazione urbanistica” né “nuovo insediamento”, non essendovi state variazioni di cubatura né insediamenti o modificazioni strutturali.
6.4.1. Le censure dedotte con i motivi quattro e cinque da parte delle due società appellanti non hanno pregio in quanto, come già rilevato ai precedenti punti 6.1.3. e 6.2. nel caso concreto non si tratta di adeguamento di spazi pavimentati, ma di intervento con il quale è stata realizzata una nuova pavimentazione ed è stata costruita una ampia scaffalatura, solidamente fissata alla nuova pavimentazione.
Tali interventi, ai sensi del D.P.R. n. 31/2017, Allegato B, necessitano comunque di una autorizzazione paesaggistica semplificata (cfr. punto 18 “gli interventi sistematici di configurazione delle aree di pertinenza di edifici esistenti, diversi da quelli di cui alla voce B.14, quali: nuove pavimentazioni, accesso pedonali e carrabili, modellazioni del suolo incidenti sulla morfologia del terreno, realizzazione di rampe, opere fisse di arredo, modifiche degli assetti vegetazionali” e punto 25 “occupazione temporanea di suolo privato, pubblico, o di uso pubblico, mediante installazione di strutture o di manufatti semplicemente ancorati al suolo senza opere murarie o di fondazione per manifestazioni, spettacoli, eventi, o per esposizioni e vendita di merci, per un periodo superiore a 120 e non superiore a 180 giorni dell’anno solare”).
6.4.2. Pertanto, contrariamente all’assunto delle parti appellanti, la pavimentazione realizzata ex novo e le scaffalature metalliche, non rientrando nell’edilizia libera, necessitavano di autorizzazione paesaggistica.
Inoltre, come correttamente concluso dal Giudice di prime cure, non ha alcuna rilevanza la SCIA presentata nel 2016 nel Comune di Rivalta in quanto relativa a opere differenti rispetto a quelle oggetto del provvedimento impugnato, situate nel territorio di tale Comune.
6.4.3. Sono infine, infondate, per le ragioni già ampiamente sviluppate ai punti precedenti, le censure di primo grado riproposte ai sensi dell’art. 101 comma 2 c.p.a. dalla soc. Bricoman in questo grado, in quanto asseritamente non esaminate dalla sentenza di primo grado, ed in particolare: a) la censura dedotta nel terzo motivo di ricorso, volta a contestare la pretesa violazione degli artt. 65 e 93 del DPR 380/2001, non costituendo la pavimentazione in calcestruzzo un manufatto strutturale soggetto alla denuncia prevista da tali disposizioni; b) le censure dedotte nel quarto e settimo motivo di ricorso, volte a contestare le pretese violazioni dell’art. 32 punto 6.4. delle NTA del PRG, non contrastando l’intervento con le destinazioni ammesse, nonché dell’art. 40 delle NTA del PRG, essendo presente nella zona destinata a parco del verde privato; c) la censura dedotta nel settimo motivo di ricorso, diretta a sostenere che la pavimentazione e le scaffalature metalliche, rientrando nell’edilizia libera, non necessitavano del parere dell’ente Parco.
Infatti, contrariamente a quanto sostiene l’appellante Bricoman, il Giudice di primo grado ha esaurientemente esaminato e confutato tutte le doglianze fatte valere con il terzo, quarto e settimo motivo di primo grado, per cui la riproposizione di tali motivi è infondata. Ad ogni modo, nell’esame in questa sede dei quattro motivi di appello della soc. Bricoman sono già state esaminate e motivatamente respinte anche le relative deduzioni, le quali comunque, nel presente grado, non avrebbero avuto esito diverso da quello del giudizio di primo grado.
6.4.5. Per quanto esposto e ritenendo assorbiti tutti gli ulteriori argomenti di doglianza non espressamente esaminati, che il Collegio ha ritenuto irrilevanti ai fini della decisione o comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso da quella assunta, dalla reiezione dei motivi di impugnazione deriva la conferma dell’infondatezza degli originari motivi dedotti con i ricorsi di primo grado.
7. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza, in virtù del principio di cui all’art. 91 c.p.c., per come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a.; di talché le parti appellanti Bricoman Italia srl e La Bruina s.s. vanno condannate al rimborso delle spese di lite in favore della amministrazione resistente, liquidate per il presente grado in € 10.000,00 (diecimila/00) oltre accessori come per legge, da suddividere in parti uguali tra le due società appellanti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti (ricorso n. 5226/2021 e ricorso n. 5227/2021), dispostane la riunione, li respinge.
Condanna le parti appellanti Bricoman Italia srl e La Bruina s.s. al rimborso delle spese di lite in favore della amministrazione resistente, liquidate per il presente grado in € 10.000,00 (diecimila/00) oltre accessori come per legge, da suddividere in parti uguali tra le due società appellanti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:
Hadrian Simonetti, Presidente
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere
Ulrike Lobis, Consigliere, Estensore