Pres. De Maio Est. Onorato Ric. Ferraccioli ed altro
beni ambientali. Competenze al rilascio delle autorizzazioni
1. Deve ritenersi caducata, o più esattamente modificata, per effetto del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali approvato col D. Lgs. 18.8.2000 n. 267, il quale, a mente dell'art. 117 Cost. allora vigente, ha dettato norme e principi in materia di esclusiva competenza statale la legge regionale che subdelega ai comuni le funzioni di competenza regionale relative alle autorizzazioni ambientali rilasciate previo parere di una commsisione comunale integrata da soggetti esperti. Sebbene al predetto TU sia subentrata la legge 5.6.2003 n. 131 in sede di attuazione del nuovo testo dell'art. 117 Cost. questo resterà applicabile in mancanza di disposioni legislative di comptenza regionale e dei Decreti legilsativi delegati al governo.
2. Per rispettare l'ordine istituzionale delle competenze, dopo la soppressione ope legis della commissione comunale integrata, le funzioni edilizie, prima esercitate a titolo consultivo dalla originaria commissione, sono trasferite all'ufficio comunale appositamente addetto (nel quale vengono cosi a concentrarsi i profili consultivi e quelli decisionali), mentre le funzioni di tutela ambientale (prima esercitate dagli esperti ambientali che integravano la commissione) ritornano all'organo regionale al quale originariamente compete la gestione del vincolo ambientale.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Camera di consiglio
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 25/10/2006
Dott. ONORATO Pierluigi - est. Consigliere - SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - N. 1052
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - N. 28340/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) FERRACCIOLI Giovanni, nato ad Adria (RO) il 13.5.1942;
2) EBERRINI Luca, nato a Padova il 6.5.1964;
avverso la ordinanza resa il 2.5.2006 dal tribunale per il riesame di
Venezia;
Visto il provvedimento denunciato e il ricorso;
Udita la relazione svolta in Camera di consiglio dal Consigliere Dott.
ONORATO Pierluigi;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASSACANTANDO Guglielmo, che ha concluso chiedendo il
rigetto del ricorso;
Udito il difensore dell'indagato FERRACCIOLI Giovanni, avv. MOROSIN
Alessio, che ha insistito nel ricorso.
Osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
1 - Con ordinanza del 2.5.2006 il tribunale di Venezia, in sede di
riesame, ha confermato il decreto del 3.4.2006 con cui il G.I.P. dello
stesso tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di un'area in
località Monsole del comune di Cona, oggetto di un piano di
lottizzazione in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. Il Pubblico
Ministero procedeva contro Giovanni Ferraccioli, nella
qualità di amministratore unico della Plurinvest s.r.l., e
Eberrini Luca, nella qualità di responsabile del settore
edilizia privata del comune di Cona, per lottizzazione abusiva (D.P.R.
n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), e contro lo stesso Eberrini per
falso ideologico (art. 480 c.p.) e abuso d'ufficio (art. 323 c.p.).
Il giudice del riesame ha osservato quanto segue:
- contrariamente alla tesi sostenuta dal Pubblico Ministero, a norma
del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 96 (testo unico delle leggi
sull'amministrazione degli enti locali), legge posteriore derogatoria
della L.R. Veneto 31 ottobre 1994, n. 63, art. 6, doveva ritenersi
soppressa la commissione edilizia integrata, incaricata di rilasciare i
pareri per le autorizzazioni sindacali in materia di protezione delle
bellezze naturali;
- contrariamente alla tesi dei difensori, detta circostanza non faceva
venir meno il fumus commissi delicti per i reati contestati,
giacché l'Eberrini aveva comunque attestato falsamente il
rilascio del parere da parte della citata commissione, e aveva
stipulato una convenzione lottizzatoria con uno solo dei proprietari
dell'area Ferraccioli, nonostante sapesse che gli altri proprietari
avevano manifestato il loro dissenso;
- era inoltre illegittimo lo stralcio funzionale dell'area interessata
dalla lottizzazione, disposto in base all'art. 28.8 delle N.T.A.,
giacché questa norma lo consentiva soltanto in presenza di
elementi morfologici diversi rispetto a quelli inizialmente individuati
a seguito del sopralluogo del tecnico comunale, presupposto che non
ricorreva nel caso di specie;
- quanto al periculum in mora dovevano richiamarsi integralmente le
motivazioni del primo giudice e la notoria giurisprudenza sulla quale
s'era diffuso con dovizia il provvedimento impugnato. 2 - Avverso detta
ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione il difensore
dell'Eberrini, deducendo tre motivi.
In particolare lamenta:
2.1 - erronea applicazione della L.R. Veneto n. 63 del 1994, art. 6,
giacché la C.E.C., era stata soppressa dal comune di Cona
con delibera 15/2002 ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 96,
sicché l'Eberrini, nella sua qualità di
responsabile del settore edilizia privata del comune, non doveva
acquisire il parere della commissione, posto che le funzioni della
commissione soppressa erano attribuite per legge al suo ufficio;
2.2 - erronea applicazione della L.R. n. 61 del 1985, art. 18, e
dell'art. 28.8 N.T.A. del PRG. Sostiene che il citato art. 18 non vieta
che il perimetro (o ambito) di un piano di lottizzazione previsto in
PRG sia modificato dopo l'approvazione dello stesso PRG, attraverso lo
stralcio; e che tale stralcio era consentito dal predetto art. 28.8,
come interpretato con delibera del consiglio comunale n. 5 del
23.1.2003, prodotta alla udienza camerale di riesame. Per conseguenza
era legittima la suddivisione in due stralci attuativi dell'originario
ambito del p.d.l. Monsole, deliberata con provvedimento del consiglio
comunale n. 31 del 17.4.2004, pure prodotta alla citata udienza
camerale;
2.3 - mancanza o apparenza di motivazione (e quindi violazione
dell'art. 125 c.p.p.) in ordine:
a) alla disapplicazione degli atti amministrativi (p.d.l. e permesso di
costruire); b) al fumus dei reati contestati e alla
pertinenzialità delle cose sequestrate; c) alla sussistenza
degli elementi costitutivi dei delitti di falso ideologico e di abuso
in atti di ufficio, nonché alla incidenza di questi reati
sui provvedimenti amministrativi.
3 - Anche il difensore del Ferraccioli ha presentato ricorso, deducendo
i seguenti motivi:
3.1 - erronea interpretazione e applicazione della disciplina
urbanistica e della normativa di piano.
Sostiene che era legittima la sottoscrizione della convenzione
lottizzatoria con un solo proprietario, sia perché gli altri
proprietari avevano sottoscritto un accordo di diritto privato col
quale consentivano alla Plurinvest s.r.l. (rappresentata dal
Ferraccioli) di realizzare le opere di urbanizzazione anche sulle
porzioni di loro proprietà, sia perché nella
convenzione la stessa Plurinvest si era assunta l'onere di tutte le
opere di urbanizzazione.
Sostiene inoltre che era legittimo lo stralcio funzionale
dell'originario ambito di piano perché l'art. 18 N.T.A.
(contestato nel capo di imputazione) doveva essere letto alla luce
dell'art. 28.8 delle stesse N.T.A., il quale consentiva modifiche di
adeguamento, che non costituiscono variante al P.R.G., anche agli
ambiti dei piani attuativi, prescindendo dal presupposto della
diversità degli elementi morfologici rispetto a quelli
inizialmente individuati (presupposto che vale logicamente solo per le
modifiche di adeguamento ai gradi di protezione);
3.2 - violazione di legge in ordine alla astratta
configurabilità del reato di lottizzazione abusiva
contestato al Ferraccioli, posto che questi aveva semplicemente
utilizzato atti amministrativi senza minimamente partecipare agli abusi
e ai falsi contestati al funzionario comunale; e in ordine al periculum
in mora, giacché la lottizzazione de qua non comporta alcuna
lesione del bene giuridico protetto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4 - Ritiene il collegio che entrambi i ricorsi debbano essere respinti.
Va anzitutto disattesa l'argomentazione secondo cui l'ente comunale, e
per esso l'Eberrini, aveva legittimamente sottoscritto la convenzione
lottizzatoria de qua con un solo proprietario interessato (il
Ferraccioli per conto della Plurinvest), dal momento che gli altri
proprietari avevano prestato il loro consenso con accordo privato
separato (v. sopra n. 3.1). Si tratta infatti di una mera asserzione
fattuale che non risulta dal provvedimento impugnato o da altri atti
specificamente indicati, ed è - come tale - sottratta alla
cognizione del giudice di legittimità.
In punto di diritto, l'ordinanza del tribunale del riesame,
legittimamente integrata col decreto di sequestro preventivo emesso dal
G.I.P., non merita censure, nei limiti appresso precisati. A questo
riguardo va ricordato che il giudice penale ha il potere - dovere di
disapplicare un atto amministrativo - come un permesso di costruire o
un'autorizzazione a lottizzare - quando l'atto sia giuridicamente
"assente"; e che si verte nella ipotesi di assenza giuridica non solo
quando l'atto sia stato emesso da un organo assolutamente privo di del
potere di provvedere, ma anche quando sia frutto di attività
criminosa del soggetto pubblico che lo rilascia, e quindi non sia
oggettivamente riferibile alla sfera del lecito giuridico (Cass. Sez.
Un. n. 3 del 17.2.1987, Giordano, rv. 175115). Nel caso di specie,
entro i limiti cognitivi del giudizio cautelare, si può
affermare che sia la delibera consiliare del 25.6.2003, che
approvò il piano di lottizzazione di cui trattasi, sia la
successiva delibera del 17.4.2004, che ne approvò il cd.
stralcio funzionale, erano frutto dell'attività criminosa
posta in essere dal responsabile del settore edilizia privata del
comune, Eberrini Luca. Costui, infatti, prima delle suddette delibere:
a) con riferimento al vincolo paesaggistico gravante sulla zona
interessata, attestò falsamente che la commissione edilizia
comunale, integrata dagli esperti in materia ambientale, aveva
rilasciato il prescritto nulla osta;
b) rilasciò un parere di regolarità tecnica del
piano lottizzatorio nonostante che esso fosse in contrasto con l'art.
18 N.T.A. del comune;
c) rilasciò il predetto parere di regolarità
nonostante che lo schema di convenzione lottizzatoria allegato al piano
non fosse stato sottoscritto da tutti i proprietari dell'area
interessata. Successivamente alla delibera di approvazione del piano,
poi, l'Eberrini stipulò effettivamente la convenzione
lottizzatoria con uno solo dei suddetti proprietari (la s.r.l.
Plurinvest, in persona del suo amministratore unico Giovanni
Ferraccioli), nonostante sapesse che gli altri proprietari erano
dissenzienti, tanto che uno di loro aveva proposto ricorso al TAR
Veneto.
5 - In ordine al profilo sub a), va osservato che, secondo la L.R.
Veneto 31 ottobre 1994, n. 63, artt. 1, 2, 4 e 6 le funzioni di
competenza regionale relative alle autorizzazioni ambientali sono
subdelegate ai comuni, che le esercitano attraverso il sindaco, previo
parere obbligatorio di una commissione edilizia comunale (CEC)
integrata da due esperti in materia di bellezze naturali e di tutela
dell'ambiente.
Tuttavia, questa norma deve ritenersi caducata, o più
esattamente modificata, per effetto del testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali approvato col D.Lgs. 18 agosto 2000,
n. 267, il quale, a mente dell'art. 117 Cost. allora vigente, ha
dettato norme e principi in materia di esclusiva competenza statale. In
seguito, com'è noto, il testo dell'art. 117 Cost.
è stato sostituito della Legge Costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3, art. 3, che ha modificato il riparto delle competenze
legislative tra Stato e regioni a statuto ordinario, attribuendo alla
esclusiva competenza del primo determinate materie (tra le quali la
tutela dell'ambiente, nonché gli organi di governo e le
funzioni fondamentali di comuni, province e città
metropolitane) e alla competenza concorrente (in ordine alla quale le
regioni esercitano la potestà legislativa e lo Stato
determina i principi fondamentali) altre materie specifiche (tra le
quali il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali
e ambientali).
Tuttavia, in sede di attuazione del nuovo testo dell'art. 117 Cost., la
L. 5 giugno 2003, n. 131, ha stabilito che:
- "le disposizioni normative statali vigenti alla data di entrata in
vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla
legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna regione,
fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali" (art.
1, comma 2);
- "Il Governo è delegato ad adottare, entro il 31 dicembre
2005 (...) uno o più decreti legislativi diretti alla
individuazione delle funzioni fondamentali, ai sensi dell'art. 117
Cost. , comma 2, lett. p), essenziali per il funzionamento di comuni,
province e città metropolitane, nonché per il
soddisfacimento di bisogni primari delle comunità di
riferimento" (art. 2, comma 1). Poiché non risulta che ad
oggi nella soggetta materia ne' la regione Veneto ha emanato le
disposizioni legislative di sua competenza, ne' il Governo ha adottato
i decreti legislativi delegatigli, si deve ritenere comunque che
restano applicabili nel territorio veneto le norme del citato testo
unico sull'ordinamento degli enti locali. 5.1 - Questo testo unico, da
una parte, ha sostituito al sindaco il dirigente dell'ufficio tecnico
edilizio per il rilascio di permessi e autorizzazioni nel settore
urbanistico (art. 107); dall'altra ha disposto una riduzione degli
organismi collegiali degli enti locali, attraverso il D.Lgs. 18 agosto
2000, n. 267, art. 96, il quale - conformandosi alla norma della L. 27
dicembre 1997, n. 449, art. 41, comma 1, - così recita:"Al
fine di conseguire risparmi di spese e recuperi di efficienza nei tempi
dei procedimenti amministrativi, i consigli e le giunte, secondo le
rispettive competenze, con provvedimento da emanare entro sei mesi
dall'inizio di ogni esercizio finanziario, individuano i comitati, le
commissioni, i consigli e ogni altro organo collegiale con funzioni
amministrative ritenuti indispensabili per la realizzazione dei fini
istituzionali dell'amministrazione o dell'ente interessato. Gli
organismi non identificati come indispensabili sono soppressi a
decorrere dal mese successivo all'emanazione del provvedimento. Le
relative funzioni sono attribuite all'ufficio che riveste preminente
competenza nella materia".
In forza di questa norma, è pacifico che il consiglio
comunale di Cona ha soppresso la commissione edilizia integrata sin dal
2002, giacché - come asserisce il ricorso Eberrini - non
l'ha inserita tra gli organi collegiali "indispensabili".
Deve ritenersi però che la conseguenza di questa
soppressione non sia il trasferimento di tutte le funzioni della
commissione comunale integrata al funzionario comunale responsabile del
settore edilizia privata, giacché questi non riveste alcuna
competenza originaria in materia di tutela ambientale, com'è
invece richiesto dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 96. La
conseguenza è piuttosto che l'attribuzione del parere
obbligatorio in ordine alla protezione delle bellezze naturali
(cioè del nulla osta paesaggistico) ritorni all'organo
regionale istituzionalmente competente prima della subdelega a favore
dei comuni, mentre solo le funzioni in materia strettamente edilizia
spettanti alla stessa commissione (non integrata con gli esperti
ambientali) si trasferiscono al responsabile comunale per l'edilizia
privata. In altri termini, per rispettare l'ordine istituzionale delle
competenze, dopo la soppressione ope legis della commissione comunale
integrata, le funzioni edilizie, prima esercitate a titolo consultivo
dalla originaria commissione, sono trasferite all'ufficio comunale
appositamente addetto (nel quale vengono così a concentrarsi
i profili consultivi e quelli decisionali), mentre le funzioni di
tutela ambientale (prima esercitate dagli esperti ambientali che
integravano la commissione) ritornano all'organo regionale al quale
originariamente compete la gestione del vincolo ambientale. Se
così non fosse, nel funzionario comunale verrebbero a
concentrarsi, oltre alla competenze edilizie, anche competenze
ambientali che esulano dalle sue attribuzioni legittime, in spregio sia
al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 96 (testo unico sugli enti
locali) (che ha voluto sostituire gli organi collegiali con organi
monocratici senza sconvolgere l'assetto istituzionale delle
competenze), sia alla L.R. n. 63 del 1994, art. 6 (che ha subdelegato
alla commissione comunale le funzioni amministrative spettanti alla
regione, a condizione che detta commissione fosse integrata con esperti
nella materia subdelegata).
In conclusione, nel caso di specie, allo stato degli atti non
può dubitarsi che Luca Eberrini da una parte abbia commesso
un falso ideologico, quando ha attestato che la commissione edilizia
integrata avesse espresso parere favorevole al piano di lottizzazione
(che invece non era stato mai espresso), e dall'altra ha commesso abuso
d'ufficio quando ha sostanzialmente rilasciato il nulla osta
paesaggistico per lo stesso piano, arrogandosi una competenza in
materia di tutela ambientale che non gli spettava, neppure dopo la
soppressione della commissione edilizia comunale integrata, conseguente
ope legis alla disposizione del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 96.
6 - Per quanto riguarda il profilo sub b), occorre tener presente che
l'art. 18 delle N.T.A. del piano regolatore vigente prevede che
"l'estensione dei piani di lottizzazione dovrà essere tale
da interessare organicamente una intera area del P.R.G.". Peraltro
l'art. 28.8 delle stesse N.T.A. così recita: "Modifiche di
adeguamento:
a) ai gradi di protezione (con esclusione dei gradi 1, 2 e 3)
purché riguardanti il medesimo tipo di intervento come
definito dalla L. n. 457 del 1978, art. 31;
b) alle unità minime di intervento;
c) agli ambiti dei piani attuativi;
non costituiscono variante al P.R.G. e diventano esecutive con il voto
di legittimità di cui alla L. 10 febbraio 1953, n. 62, della
delibera consiliare di cui alla L.R. n. 61 del 1985, secondo comma
degli artt. 15, 16 e 18.
La proposta di modifica di adeguamento deve essere documentata con
indagine architettonico - scientifica, oppure è conseguenza
dell'accertata presenza di elementi morfologici e/o caratteri
tipologici diversi da quelli inizialmente individuati e rilevati a
seguito di sopralluogo del tecnico comunale, obbligatorio per gli
interventi con le modalità indicate sopra".
Nonostante la formulazione scarsamente perspicua, è
innegabile che quest'ultima norma riguarda non solo i piani di
lottizzazione (di cui alla L.R. 27 giugno 1985, n. 61, art. 16, vigente
all'epoca della redazione delle N.T.A.), ma anche i piani di recupero
del patrimonio edilizio esistente (L.R. cit., art. 15) e i comparti
edificatori (L.R. cit., art. 18); e stabilisce che le modifiche al
progetto originario non costituiscono variante al P.R.G., ma devono
essere approvate con delibere comunali che diventano esecutive solo
dopo aver superato positivamente il controllo di legittimità
che la L. 10 febbraio 1953, n. 62, assegna agli appositi comitati. La
norma però prevede anche che la modifica del progetto
originario può essere approvata solo se è
supportata da una relazione architettonico - scientifica, prodotta dal
proponente, o se viene accertato che gli elementi morfologici e/o i
caratteri tipologici delle aree o degli edifici che interessano
l'intervento sono diversi da quelli originariamente accertati dal
tecnico comunale. In ordine a quest'ultima disposizione il difensore
del Ferraccioli, censurando sul punto la interpretazione datane dal
tribunale del riesame, sostiene in sostanza che essa si riferisce solo
alle modifiche relative agli interventi edilizi sul patrimonio
immobiliare esistente (per adeguarli ai gradi di protezione), ma non
riguarda le modifiche relative ai piani di lottizzazione.
Questa esegesi, però, non può essere accolta,
anche se condivisa dal consiglio comunale, perché contrasta
oggettivamente con il significato letterale e sistematico della
disposizione in parola. Se può concedersi che una indagine
di carattere architettonico sembra riferirsi solo al patrimonio
edilizio, non può però negarsi: a) che gli
aspetti "architettonici" possono venire in rilievo non solo per gli
interventi di recupero edilizio (come più o meno
esplicitamente sostiene il ricorrente), ma anche per i comparti
edificatori e i piani di lottizzazione; b) che gli "elementi
morfologici" e i "caratteri tipologici" sono riferibili a tutti gli
interventi considerati nella disposizione (piani di recupero, di
lottizzazione, comparti), giacché concetti generici come
"morfologia" o "tipologia" si attagliano non soltanto agli edifici (che
sono l'oggetto materiale dei piani di recupero, e in certi casi dei
comparti edificatori), ma anche alle aree edificabili (che sono
l'oggetto materiale dei piani di lottizzazione, e in certi casi dei
comparti). Se ne deve concludere che - come correttamente ha ritenuto
la impugnata ordinanza - anche le modifiche ai piani di lottizzazione
presuppongono o una giustificazione architettonico - scientifica o una
diversità delle condizioni morfologiche o tipologiche
rispetto a quelle originariamente accertate.
In relazione al caso di specie, ne deriva che il cd. stralcio
funzionale dell'originario piano di lottizzazione, che derogava
all'ambito territoriale minimo imposto dal predetto art. 18 N.T.A., non
poteva essere giustificato in base all'art. 28.8 per mancanza dei
presupposti ivi previsti. Anche sotto questo profilo, quindi,
l'approvazione dello stralcio funzionale del piano lottizzatorio era
illecita (e deve essere disapplicata dal giudice penale),
perché fondata sul comportamento criminoso del funzionario
tecnico del comune, il quale - abusando del suo ufficio - aveva
rilasciato un parere di regolarità (dello stralcio) del
piano, nonostante che questo fosse in contrasto con l'art. 18 N.T.A. in
quanto non interessava organicamente una intera area del P.R.G.. 7 -
Più semplice è il discorso da farsi per il
profilo sub c). È indubbio, infatti, che l'Eberrini - con
ulteriore abuso del suo ufficio - stipulò (lo schema del) la
convenzione di lottizzazione senza il consenso di tutti i proprietari
dell'area da lottizzare, acquisendo la sottoscrizione del solo
Ferraccioli, il quale, non avendo la disponibilità di tutta
l'area, non poteva validamente impegnarsi verso il comune anche per
conto degli altri proprietari dissenzienti (e ciò pure nella
ipotesi, meramente asserita dal ricorrente, di un accordo privato
intercorso tra questi ultimi e il Ferraccioli, giacché il
comune non poteva opporre ai proprietari non firmatari un accordo
privato di tal fatta, privo della forma e della pubblicità
necessarie).
8 - Per le suddette ragioni, in conclusione, non meritano censure i
giudici di merito laddove hanno ritenuto di disapplicare le delibere di
approvazione del piano di lottizzazione e del cd. stralcio funzionale,
in quanto penalmente illecite, ed hanno per conseguenza ritenuto il
fumus del reato di lottizzazione abusiva, stante la inesistenza
giuridica delle delibere autorizzatorie alla luce della citata sentenza
Giordano.
Al riguardo, non ha alcun rilievo che il privato beneficiario abbia o
meno concorso nel reato commesso dal pubblico ufficiale (nel caso di
specie, che il Ferraccioli abbia o meno concorso nel falso ideologico e
nell'abuso d'ufficio commessi dall'Eberrini), posto che
l'illiceità penale, e quindi l'inesistenza giuridica,
dell'atto amministrativo ha carattere oggettivo e prescinde dalla
consapevolezza del destinatario.
Anche il periculum in mora è stato accertato dai giudici di
merito con motivazione ineccepibile, soprattutto laddove hanno
sottolineato che le opere de quibus erano in corso di realizzazione (v.
decreto di sequestro). Nè si vede come possa sostenersi che
manchi nella specie una lesione del bene (urbanistico e ambientale)
protetto, se solo si consideri che la lottizzazione contrastava con gli
strumenti urbanistici vigenti ed era priva di un nulla osta
paesaggistico rilasciato da un organo competente.
Sono quindi infondati anche i motivi di ricorso di cui ai precedenti
nn. 2.3 e 3.2.
9 - Al rigetto dei ricorsi consegue ai sensi dell'art. 616 c.p.p. la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Considerato il contenuto delle impugnazioni, non si ritiene di irrogare
anche la sanzione pecuniaria che detta norma consente. P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2006.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2006