Consiglio di Stato Sez. VII n. 3422 del 3 aprile 2023
Urbanistica.Caratteristiche della pertinenza urbanistico-edilizia

Il concetto di pertinenza urbanistica è, infatti, diverso e più ristretto rispetto alla corrispondente nozione civilistica di pertinenza e si identifica con il manufatto di modeste dimensioni, con funzioni soltanto accessorie dell'edificio principale, coessenziale quindi ad esso e privo di autonomo valore di mercato. La pertinenza urbanistico-edilizia deve essere preordinata a un’esigenza effettiva dell’edificio principale, al cui servizio deve essere posta in via funzionale e oggettiva. Il manufatto, non deve altresì possedere un autonomo valore di mercato, nel senso che il suo volume non deve consentire una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell’immobile cui accede


Pubblicato il 03/04/2023

N. 03422/2023REG.PROV.COLL.

N. 07949/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7949 del 2018, proposto da
Flavio Rodigari, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Ravizzoli, Rossana Colombo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Livigno, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima) n. 01118/2018, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 24 febbraio 2023 il Cons. Fabrizio D'Alessandri e udito per parte appellante l'Avv. Ravizzoli Angelo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con la sentenza gravata il Tar Lombardia - Milano ha rigettato il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento di diniego di condono edilizio del Comune di Livigno, prot. n. 21628 del 15 settembre 2008, relativo a un prefabbricato provvisorio in legno a uso deposito sci.

In particolare, l’odierno appellante aveva ottenuto autorizzazioni annuali, con effetti dal dicembre del 1989 all’aprile del 1992, all’istallazione e al mantenimento su suolo comunale del suddetto prefabbricato.

Nello specifico tali autorizzazioni avevano efficacia fino al 30 aprile 1992.

Alla scadenza l’odierno appellante avrebbe dovuto provvedere allo smantellamento del prefabbricato.

Lo stesso, tuttavia, non ha provveduto alla rimozione e ha richiesto, invece, più volte la sanatoria dell’abuso, nonché la cessione in proprio favore dell’area comunale sulla quale lo stesso manufatto insiste.

Tale istanze sono state tutte respinte dal Comune di Livigno.

Da ultimo, con istanza del 10.12.2004, l’odierno appellante ha richiesto al Comune la sanatoria dell’opera, con contestuale cessione del terreno comunale a suo favore, ai sensi dell’art. 32 del d.l. 269/2003.

Il Comune di Livigno, con nota del 15.09.2008, ha negato la sanatoria, ritenendo l’opera “in contrasto con le norme urbanistiche (Tip. 1) sia all’epoca della costruzione, sia all’entrata in vigore della legge regionale n.31/2004, in zona soggetta a vincolo paesaggistico, oltre che su suolo comunale. In tale contesto essa non è sanabile per il combinato disposto dall'art.32, comma 27, lett. d), del DL 269/2003 e dall'art.2, comma 1 della L.R.31 del 2004”.

Il suddetto provvedimento è stato impugnato innanzi al Tar Lombardia – Milano che ha respinto il ricorso con la sentenza n. 1118 del 2018.

Parte ricorrente ha impugnato la suddetta sentenza con l’appello in esame, formulando un’unica articolata censura, così rubricata: “Erroneità della sentenza di 1° grado; travisamento del quadro normativo in tema di condono; carenza, erroneità ed illogicità della sentenza; omessa pronuncia su di un punto decisivo della controversia”.

Il Comune di Livigno, appellato, non si è costituito in giudizio.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza del 24 febbraio 2023.

DIRITTO

1) Il ricorrente censura la decisione appellata, deducendo il travisamento del quadro normativo, la carenza, erroneità ed illogicità della sentenza nonché l’omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia.

In particolare, con un unico articolato motivo di doglianza, l’appellante lamenta la mancata pronuncia del giudice di prime cure su un punto asseritamente decisivo della controversia, ovverosia l’indisponibilità del Comune alla cessione del suolo pubblico su cui insiste il fabbricato, espressa nell’ambito di un precedente procedimento attivato da una richiesta di sanatoria e richiamata nel provvedimento impugnato.

L’appellante deduce che l’art. 32, comma 5, della legge 369/2003stabilisce: “Per le opere eseguite da terzi su aree di proprietà di enti pubblici territoriali, in assenza di un titolo che abiliti al godimento del suolo, il rilascio della concessione o dell'autorizzazione in sanatoria è subordinato anche alla disponibilità dell'ente proprietario a concedere onerosamente, alle condizioni previste dalle leggi statali o regionali vigenti, l'uso del suolo su cui insiste la costruzione. La disponibilità all'uso del suolo, anche se gravato di usi civici, viene espressa dagli enti pubblici territoriali proprietari entro il termine di centottanta giorni dalla richiesta”.

Il medesimo appellante lamenta, quindi, che il Comune, prima di pronunciarsi sull’istanza in senso negativo, avrebbe dovuto provvedere espressamente in merito alla richiesta di cessione, peraltro motivando le ragioni ostative, non potendo limitarsi a richiamare pregresse valutazioni di indisponibilità alla cessione, intervenute in alcuni precedenti procedimenti.

Deduce solo genericamente in ordine al profilo inerente all’esistenza di un vincolo paesaggistico ostativo al rilascio del condono edilizio, rilevando che la presenza di un manufatto precario ed amovibile, al servizio dell’attività sciistica, è certamente compatibile con lo stato dei luoghi, assumendo comunque carattere pertinenziale ed accessorio alle piste e connessi impianti, e pertanto qualificabile in termini manutentivi straordinari.

2) Il Collegio osserva come l’appello si sia incentrato prevalentemente sul mancato accoglimento di tale censura, ritenendo l’appellante che l’aspetto della mancata espressa pronuncia sulla richiesta di cessione sia l’aspetto viziante del provvedimento di diniego di una sanatoria – comportando un vizio di legittimità dello stesso - che altrimenti sarebbe dovuta essere concessa sussistendone tutti i relativi presupposti.

In realtà, l’aspetto dell’indisponibilità della cessione del suolo da parte del Comune, evidenziato in un passaggio motivazionale del provvedimento gravato, non è il profilo – o comunque l’unico profilo – dirimente ai fini del diniego della sanatoria, stante l’assenza dei requisiti oggettivi per ottenerla.

Il provvedimento gravato fa, infatti, anche riferimento alla circostanza che l’immobile è contrario agli strumenti urbanistici e insiste su area soggetta a vincolo paesaggistico e il Comune nel provvedimento di diniego richiama espressamente l’art. 32, comma 27, lett. d, del d.l. 269/2003, che non consente di sanare immobili insistenti su aree vincolate e privi dell’originario titolo abilitativo edilizio e non conformi agli strumenti urbanistici alla data di entrata in vigore della legge.

Nel caso di specie, quindi, la sanatoria non poteva essere concessa in quanto l’immobile si trova su area soggetta a vincolo paesaggistico e, pertanto, non è sanabile ai sensi del combinato disposto dell’art. 32 comma 27 del d.l. 269/2003, “le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora: [omissis] d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali… in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici” e art. 2 della L.R. 31/2004 “Fatti salvi gli ampliamenti entro i limiti massimi del 20 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, di 500 metri cubi, non sono suscettibili di sanatoria le opere abusive relative a nuove costruzioni, residenziali e non, qualora realizzate in assenza del titolo abilitativo edilizio e non conformi agli strumenti urbanistici generali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge”.

Al riguardo, l’appellante non ha dato argomentazioni avverso la rilevata assenza nell’atto gravato di contrarietà agli strumenti urbanistici, limitandosi sia in primo che secondo grado a indicare genericamente la compatibilità destinazione a impianti ed attrezzature sportive, senz’altra specificazione, né può ritenersi operante, come sostenuto dal medesimo appellante, l’eccezione di cui al secondo comma dell’art. 2 della L.R. 31/2004, si sensi del quale “l'esclusione non opera per le strutture pertinenziali degli edifici prive di funzionalità autonoma”.

Il concetto di pertinenza urbanistica è, infatti, diverso e più ristretto rispetto alla corrispondente nozione civilistica di pertinenza e si identifica con il manufatto di modeste dimensioni, con funzioni soltanto accessorie dell'edificio principale, coessenziale quindi ad esso e privo di autonomo valore di mercato (Cons. Stato, n. 4181/2022).

La pertinenza urbanistico-edilizia deve essere preordinata a un’esigenza effettiva dell’edificio principale, al cui servizio deve essere posta in via funzionale e oggettiva. Il manufatto, non deve altresì possedere un autonomo valore di mercato, nel senso che il suo volume non deve consentire una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell’immobile cui accede. (Cons. Stato, sez. VI, 29 gennaio 2015, n. 406; Cons. Stato, sez. VI, 5 gennaio 2015).

Il manufatto di cui si discute, invece, non costituisce ampliamento di un fabbricato precedente, né può essere considerato pertinenza, non essendo appunto servente ad alcun altro immobile ma semplicemente, come confermato dal ricorrente, adiacente e al servizio di una pista da sci, che non è idonea a configurarsi come immobile principale in rapporto di pertinenzialità.

L’immobile si pone, infatti, come avente rilevanza autonoma, sia funzionale, sia di destinazione, sia, infine, in termini di immobile avente un suo distinto valore di mercato.

3) Il ricorso in appello è pertanto infondato e, come tale, deve essere respinto.

La mancata costituzione dell’Amministrazione intimata non consente una pronuncia sulle spese in base al criterio della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese del grado di giudizio di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 febbraio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Raffaello Sestini, Consigliere

Giovanni Tulumello, Consigliere

Laura Marzano, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore