Consiglio di Stato Sez. VII n. 3283 del 29 marzo 2023
Urbanistica.Per una tettoia di rilevanti dimensioni serve il permesso di costruire

La realizzazione di una tettoia, peraltro di non ridotte dimensioni come nella specie, comportando trasformazione edilizia del territorio (ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 380/2001), si caratterizza quale costruzione a tutti gli effetti, con ogni conseguenza in termini di incidenza sui parametri urbanistici e di rilascio del corrispondente titolo abilitativo, che deve essere pertanto individuato nel permesso di costruire: la mancanza del previo permesso legittima, quindi, l’applicazione della sanzione demolitoria, la quale costituisce atto dovuto per l’amministrazione comunale .

Pubblicato il 29/03/2023

N. 03283/2023REG.PROV.COLL.

N. 08664/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8664 del 2018, proposto da
Raffaelina Russo, rappresentato e difeso dall'avvocato Marcello Pipola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Mariglianella, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Seconda) n. 01991/2018, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 24 febbraio 2023 il Cons. Fabrizio D'Alessandri e udito per parte appellante l'Avv. Innocenzo Calabrese in sostituzione dell'Avv. Pipola Marcello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La parte appellante ha impugnato la sentenza del T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, n. 1991/2018, che ha rigettato il ricorso avverso l’ordinanza n. 7 del 26 gennaio 2009 di demolizione di un magazzino di 222 mq., realizzato senza permesso di costruire in zona agricola, nonché di ogni altro atto prodromico e il ricorso per motivi aggiunti avverso il verbale di accertamento dell’inottemperanza alla demolizione, prot. 1461/09 notificato il 22/06/09.

In particolare, il Comune di Mariglianella ha notificato all’odierna appellante l’ordinanza di demolizione del manufatto edilizio, consistente in una tettoia aperta per ricovero animali e deposito attrezzi agricoli, sito in Mariglianella alla Via Galileo Galilei di sua proprietà.

L’odierna appellante ha gravato dinanzi al T.A.R. Campania Napoli l’ordine di demolizione e successivamente, con motivi aggiunti, il verbale di accertamento della relativa inottemperanza alla demolizione.

L’adito T.A.R., con la sentenza oggetto del presente appello ha rigetto il ricorso.

Il T.A.R. ha, in estrema sintesi, motivato il rigetto con l’argomentazione secondo cui il manufatto realizzato senza titolo abilitativo edilizio, come emerge dalla descrizione contenuta nell’ordinanza di demolizione, non è affatto riconducibile a una tettoia, ma piuttosto assume la consistenza di un locale deposito chiuso perimetralmente e dotato di autonomo ingombro planovolumetrico, rientrante, pertanto, fra gli interventi di “nuova costruzione” soggetti a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 380/2001.

L’odierno appellante ha proposto appello, formulando i seguenti rubricati motivi di appello:

I- ERROR IN IUDICANDO -ECCESSO DI POTERE PER PRESUPPOSTI ERRONEI – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE art 31 e ss. DPR 380/01;

II-ERROR IN IUDICANDO - DIFETTO DI ISTRUTTORIA - ECCESSO DI POTERE –TRAVISAMENTO ED ERRONEA VALUTAZIONE DEI FATTI;

III- VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DEL GIUSTO PROCEDIMENTO – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART 7 e ss. L. 241 /90 e ss.mm. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 10 bis L. 241/90;

IV- ERROR IN IUDICANDO- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAIZONE ART. 31 DPR 380/01- VIOLAZIONE ART. 7 E SS. L. 241/90 – VIOLAZIONE PRINCIPIO DEL GIUSTO PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO;

V- ERROR IN IUDICANDO -ECCESSO DI POTERE - MANCATA COMPARAZIONE DEGLI INTERESSI- DIFETTO DI ISTRUTTORIA;

VI – ERROR IN IUDICANDO - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE 241/1990.

Il Comune di Comune di Mariglianella non si è costituito nel giudizio di appello.

La parte appellante ha depositato un’ulteriore memoria difensiva.

All’udienza del 24 febbraio 2023 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1) L’appello deve essere rigettato.

2) Nei primi due motivi di appello, l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto l’opera in questione integri gli estremi di una nuova costruzione e in quella in cui ha escluso che la stessa sia considerabile una pertinenza edilizia.

L’appellante, infatti, deduce che la struttura in oggetto è aperta, di modeste dimensioni, finalizzata al ricovero di animali e attrezzi agricoli, nonchè a ridosso del fabbricato di proprietà della istante, conforme agli strumenti urbanistici vigenti del Comune di Mariglianella.

Ciò, diversamente da quanto asserito nell’impugnata sentenza, sarebbe desumibile dalla documentazione e dai rilievi fotografici depositati nel giudizio di primo grado e non esaminati dal T.A.R. Campania.

Il Comune non avrebbe, quindi, potuto adottare il provvedimento repressivo di cui all’art. 31 DPR 380/2001 possibile solo in caso di realizzazione di opere nuove e autonome, eseguite in assenza di permesso o in totale difformità, ovvero nei confronti di interventi sul costruito di entità tale da superare i limiti della "trasformazione" delle strutture preesistenti.

La parte appellante ha, inoltre, affermato l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che il deposito in questione non sia assimilabile a una mera pertinenza del fabbricato principale, configurandosi invece come edificio autonomo, il quale, comportando una trasformazione del territorio, necessitava del preventivo rilascio del permesso di costruire.

Rilevante a tal fine è l’elemento che la struttura di cui si discute, aperta, è sistemata a ridosso del fabbricato ad uso abitazione esistente e di ridotte dimensioni.

Le censure sono infondate.

Innanzitutto, l’appellante non è riuscito a smentire l’assunto della sentenza secondo cui il manufatto in esame non è riconducibile ad una tettoia, bensì si presenta come un locale deposito chiuso perimetralmente e dotato di autonomo ingombro planovolumetrico, rientrante, pertanto, fra gli interventi di “nuova costruzione” soggetti a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n.

380/2001.

Sul punto ben motiva il T.A.R, che parte ricorrente non ha contestato espressamente la descrizione effettuata nel provvedimento e non ha fornito, a sostegno della sua tesi, elementi di prova documentali e/o fotografici che rendano plausibile la configurabilità nello specifico di una tettoia.

In ogni caso tuttavia, anche qualora si trattasse di una tettoria, la rilevanza dimensionale della stessa (si tratto di un manufatto di mq. 222) la porrebbe nel regime delle opere per cui è necessario il permesso di costruire, la cui assenza giustifica pienamente l’adozione dell’ordine di demolizione ex art. 31 d.p.r. n. 380/2001.

Sul punto il Collegio concorda con la motivazione della sentenza gravata secondo cui “la realizzazione di una tettoia, peraltro di non ridotte dimensioni come nella specie, comportando trasformazione edilizia del territorio (ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 380/2001), si caratterizza quale costruzione a tutti gli effetti, con ogni conseguenza in termini di incidenza sui parametri urbanistici e di rilascio del corrispondente titolo abilitativo, che deve essere pertanto individuato nel permesso di costruire: la mancanza del previo permesso legittima, quindi, l’applicazione della sanzione demolitoria, la quale costituisce atto dovuto per l’amministrazione comunale (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. IV, 14 settembre 2016 n. 4310; TAR Campania Napoli, Sez. III, 28 aprile 2016 n. 2167)”.

Al tempo stesso il Collegio condivide l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui il manufatto in questione non può qualificarsi come pertinenza edilizia mancando sia “l’esiguità quantitativa del manufatto, nel senso che il medesimo deve essere di entità tale da non alterare in modo rilevante l’assetto del territorio, e, dall’altro, l’esistenza di un collegamento funzionale tra il manufatto e l’edificio principale, con la conseguente incapacità per il primo di essere utilizzato separatamente ed autonomamente rispetto al secondo”

Questo Consiglio (Sez. VI, 4 febbraio 2023, n. 1205) ha anche recentemente ritenuto la necessità del permesso di costruire per la realizzazione di una tettoia, ribadendo che il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di una tettoria è necessario quando, per le sue caratteristiche costruttive, essa sia idonea ad alterare la sagoma dell’edificio.

L’installazione della tettoia è invece sottratta al regime del permesso di costruire ove la sua conformazione e le ridotte dimensioni ne rendano evidente e riconoscibile la finalità di mero arredo e di riparo e protezione dell’immobile cui accedono (Consiglio di Stato, sez. V, 13 marzo 2014 n. 1272).

Nel caso in cui la realizzazione di una tettoia ‒ per le sue rilevanti dimensioni e caratteristiche strutturali ‒ innova il preesistente manufatto, sia dal punto di vista morfologico che funzionale, determinando una chiara variazione planivolumetrica ed architettonica, si rende necessario il preventivo rilascio del permesso di costruire. Per le stesse caratteristiche di ingombro e dimensioni, deve escludersi che una siffatta stabile trasformazione dell’assetto edilizio preesistente in termini di sagoma, volume e superficie potesse integrare una «pertinenza» in senso urbanistico (nella specie si trattava di una tettoia in legno di mq. 130,00).

La stessa sentenza nell’escludere che la suddetta tettoia potesse qualificarsi come una pertinenza urbanistica ha rilevato che la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica (Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 19; Sez. VI, 24 luglio 2014, n. 3952; Sez. V, 12 febbraio 2013, n. 817; Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615).

Nel caso di specie la rilevante dimensione della tettoria (mq. 222) rendeva necessario il titolo abilitativo edilizio.

3) Infondata è il motivo di appello secondo cui la sentenza di primo grado avrebbe erroneamente respinto la censura inerente la violazione dell’art 10 bis L. 241/90, per non avere l’Amministrazione preso in esame le osservazioni procedimentali presentate dalla odierna appellante.

Il Collegio rileva come la presentazione di memorie ai sensi dell'art. 10 bis della L. n. 241 del 1990 non impone la puntuale e analitica confutazione delle osservazioni presentate dalla parte privata, essendo sufficiente la motivazione complessivamente resa a sostegno dell'atto stesso (Consiglio di Stato, sezione II, sentenza 20 febbraio 2020, n. 1306; Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 27 marzo 2019, n. 2026; Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 25 luglio 2018, n. 4523; T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, 5 luglio 2021, n. 2139; T.A.R. Campania, Sez. V, 17 maggio 2021, n. 3252).

Nel caso di specie il provvedimento impugnato è immune dai vizi di motivazione denunciati dall’appellante, in quanto dall’atto gravato si evince che l'Amministrazione procedente ha tenuto conto, oltre che della normativa di riferimento, delle risultanze dell'istruttoria, tra cui l’apporto collaborativo del privato coinvolto nel procedimento. Al riguarda non ha rilevanza la dedotta circostanza formale dell’assenza nella memoria di osservazioni depositata il 13/10/08 prot. 11015 della frase indicata tra virgolette in sentenza a smentire tale risultanza.

In ogni caso, sempre secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, nell'ambito di un procedimento amministrativo l'onere dell'amministrazione pubblica di illustrare le ragioni per le quali non abbia tenuto conto delle osservazioni dei privati, presentate ex art. 10-bis della Legge n. 241/1990 non deve essere inteso in senso formalistico, atteso che lo stesso viene meno nel caso in cui, come nel caso di specie, per quanto anzidetto le dette osservazioni non avrebbero potuto influenzare effettivamente la concreta portata del provvedimento finale in concreto adottato dall'amministrazione (Consiglio di Stato, sez. II, 10 maggio 2021, n. 3683).

4) Infondato è anche il quarto motivo di appello che ripropone il motivo secondo cui il provvedimento di demolizione sarebbe illegittimo in quanto non notificato anche al proprietario dell’immobile.

L’art. 31, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 prevede che la demolizione o la rimozione dell’opera abusiva va ingiunta «al proprietario e al responsabile dell’abuso».

Al riguardo questo Consiglio si è ancora di recente espresso nel senso che in considerazione del fondamento della predetta misura sanzionatoria preordinata al ripristino dello stato dei luoghi, l’ordine di demolizione notificato al responsabile materiale dell’abuso edilizio e non anche al proprietario non è, per ciò solo, illegittimo (Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 febbraio 2023, n. 1205; Consiglio di Stato, sez. II, 9 ottobre 2020, n. 6003; sez. V, 27 aprile 2012, n. 2450).

Inoltre, la circostanza della mancata notifica al proprietario sarebbe invocabile solo da quest’ultimo, qualora risulti destinatario della notifica pur avendone “diritto”.

Al contrario, il responsabile dell’abuso che si sia visto notificare l’ordine di demolizione non può far valere come vizio del provvedimento la circostanza che analoga notifica non sia stata effettuata nei confronti del proprietario, essendo il responsabile legittimato passivo ex lege dell’ordine di demolizione, e soggetto obbligato a rimuovere gli abusi, che non ha interesse rispetto all’effettuazione della notifica nei confronti del proprietario.

5) Da rigettare sono la quinta e sesta censura di appello, incentrate sulla carenza di istruttoria del procedimento che ha portato al provvedimento di demolizione, anche nel punto in cui si limita a richiamare la circostanza che le suddette opere incidono su area a carattere agricolo, nonché sul mancato contemperamento degli interessi e sull’omessa illustrazione in sede motivazionale delle ragioni di interesse pubblico sottese all’adozione dell’ordinanza di demolizione, senza peraltro un'accurata indagine sulla quale il privato ha diritto o interesse a pronunciarsi facendo valere le proprie ragioni.

Al riguardo, il Collegio non ravvisa carenze istruttorie, peraltro solo affermate in via generica dall’appellante e, in assenza del permesso di costruire, nessuna delle circostanze indicate dall’appellante assume rilevanza (come quella della destinazione agricola dell’area), essendo l’assenza del titolo abilitativo edilizio sufficiente a giustificare la demolizione.

Infondate si rivelano le censure inerenti al contemperamento degli interessi e alla mancata motivazione sulla presenza di ragioni di interesse pubblico per procedere all’adozione dell’ordine di rimessione in pristino. L’abusività dell’opera giustifica la demolizione, che si presenta come atto vincolato sicchè non vi è spazio per valutazioni discrezionali nell’irrogare il provvedimento ripristinatorio.

Quanto alla mancata esternazione di gli interessi pubblici, il Collegio concorda totalmente con la motivazione della sentenza gravata secondo cui “i provvedimenti di repressione degli illeciti urbanistico-edilizi, essendo atti dovuti con carattere essenzialmente vincolato e privi di margini discrezionali, escludono la necessità di una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico concreto ed attuale o di una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati; ne discende che essi sono sufficientemente motivati con riguardo all’oggettivo riscontro dell’abusività delle opere ed alla sicura assoggettabilità di queste al regime dei titoli abilitativi edilizi e del corrispondente trattamento sanzionatorio, non rivelandosi necessario alcun ulteriore obbligo motivazionale, nemmeno in considerazione della particolarità degli interessi privati contrapposti (cfr. Consiglio di Stato, A.P., 17 ottobre 2017 n. 9; Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 marzo 2017 n. 1386 e 28 febbraio 2017 n. 908; Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 ottobre 2016 n. 4205 e 31 agosto 2016 n. 3750)”.

6) Per quanto indicato l’appello deve essere rigettato.

La mancata costituzione della parte appellata non consente una pronuncia sulle spese secondo il criterio della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Nulla per le spese del grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 febbraio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Raffaello Sestini, Consigliere

Giovanni Tulumello, Consigliere

Laura Marzano, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore