Consiglio di Stato Sez. VII n. 8491 del 31 ottobre 2025
Urbanistica.Condono edilizio e onere della prova circa l'effettiva ultimazione delle opere
In materia di condono edilizio, l'onere della prova circa l'effettiva ultimazione delle opere entro la data utile prevista dalla legge grava integralmente sulla parte privata, senza possibilità alcuna di inversione, dovendosi negare rilevanza a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate. Non può il richiedente il condono limitarsi a sole allegazioni documentali a sostegno delle proprie affermazioni, trasferendo il suddetto onere di prova contraria in capo all'Amministrazione. In definitiva, sul richiedente un condono edilizio grava l'onere della prova, "pieno", di provare la data di ultimazione delle opere, in modo da non lasciare alcun dubbio al riguardo, trattandosi di elemento essenziale per l'ammissibilità dell'istanza di condono
Pubblicato il 31/10/2025
N. 08491/2025REG.PROV.COLL.
N. 05568/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5568 del 2023, proposto da:
Felice Ferrara, rappresentato e difeso dall'avvocato Gaetano Bruno, con domicilio digitale pec in registri di giustizia;
contro
Comune di Roccapiemonte, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Tretola, con domicilio digitale pec in registri di giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania sezione staccata di Salerno, sezione seconda, n. 1257 del 2023.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Roccapiemonte;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il consigliere Laura Marzano;
Nessuno presente per le parti nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2025;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellante ha impugnato la sentenza n. 1257 in data 29 maggio 2023, emessa dal Tar Campania, sede di Salerno, con cui il ricorso è stato dichiarato improcedibile quanto alla richiesta di accertamento del silenzio inadempimento serbato sull’istanza-diffida del 30 giugno 2022, prot. n. 13064, volta a rilascio del permesso di costruire in sanatoria di cui alla domanda del 30 aprile 1986, prot. n. 4580 (pratica n. 307) ed è stato respinto nella parte diretta all’accertamento dell’intervenuta formazione del silenzio assenso su quest’ultima.
Il comune di Roccapiemonte si è costituito in giudizio depositando documentazione e successiva memoria difensiva con cui ha chiesto la reiezione dell’appello.
Con ordinanza n. 3096 in data 26 luglio 2023 è stata respinta l’istanza cautelare.
In vista della trattazione del ricorso il comune ha depositato memoria conclusiva e, con atto depositato in data 23 ottobre 2025, ha chiesto la decisione della causa sugli scritti.
In assenza di ulteriori memorie la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 28 ottobre 2025.
2. In primo grado il ricorrente ha agito avverso il silenzio inadempimento serbato dal comune di Roccapiemonte sull’istanza-diffida del 30 giugno 2022, prot. n. 13064, volta a rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex artt. 31 ss. della l. n. 47/1985 (c.d. primo condono) di cui alla domanda del 30 aprile 1986, prot. n. 4580 (pratica n. 307), in conseguenza dell’avvenuto perfezionamento del silenzio assenso ex art. 35, commi 17 s., della l. n. 47/1985.
In dettaglio, richiedeva che il Tar ordinasse al comune «il rilascio e/o l’attestazione del titolo edilizio di cui alla domanda di condono, elasso il termine di 24 mesi di cui all’art. 35, comma 18, della legge n. 47/1985», ovvero, in alternativa, «di pronunciarsi espressamente sull’istanza … già disponendo la nomina di un Commissario ad acta per il caso di ulteriore inerzia».
Gli abusi di cui è stata chiesta la sanatoria con l’istanza del 30 aprile 1986, prot. n. 4580 consistevano nella costruzione sine titulo di un edificio residenziale su due livelli (seminterrato e rialzato), ubicato in Roccapiemonte, via S. Nicola, n. 7, e censito in catasto al foglio 2, particella 478, sub 2 e 3.
Il ricorrente sosteneva che, all’indomani dell’adempimento delle integrazioni documentali richieste dall’amministrazione comunale il 19 aprile 1988 (prot. n. 4248) ed il 9 aprile 1998 (prot. n. 5721) ed esitate dall’interessato il 15 giugno 1988 (prot. n. 6381), il 12 aprile 2000 (prot. n. 5151), il 23 giugno 2011 (prot. n. 9736), il 18 gennaio 2012 (prot. n. 851) e il 28 dicembre 2015 (prot. n. 19065), sulla domanda di condono prot. n. 4580 del 30 aprile 1986 si sarebbe formato il silenzio assenso ex art. 35, commi 17 s., della l. n. 47/1985, senza che sulla stessa l’ente locale intimato si fosse mai pronunciato in via espressa.
In pendenza di giudizio il responsabile dell’area tecnica del comune di Roccapiemonte, previa comunicazione ex art. 10 bis della l. n. 241/1990 (nota del 30 novembre 2022, prot. n. 24323), con provvedimento del 30 marzo 2023, prot. n. 6347, respingeva la domanda di condono.
3. Il Tar adito, rilevato preliminarmente il tenore ibrido della domanda consistente nell’invocare, da un lato, «il rilascio e/o l’attestazione del titolo edilizio di cui alla domanda di condono, elasso il termine di 24 mesi di cui all’art. 35, comma 18, della legge n. 47/1985», ossia per l’accertamento del silenzio assenso formatosi sull’istanza del 30 aprile 1986, prot. n. 4580, e, d’altro lato, nell’invocare l’assunzione di una determinazione amministrativa espressa, ossia per l’accertamento dell’obbligo a provvedere sulla stessa, ha dichiarato improcedibile la domanda alternativa avverso il silenzio inadempimento a seguito dell’adozione provvedimento reiettivo del 30 marzo 2023, prot. n. 6347.
La domanda di accertamento del silenzio assenso ex art. 35, commi 17 s., della l. n. 47/1985 è stata respinta in quanto l’istanza di condono non è stata mai corredata della documentazione necessaria a comprovare univocamente la datazione delle opere abusive e lo stato dei luoghi in rapporto al termine del 1° ottobre 1983, fissato dall’art. 31, comma 1, della l. n. 47/1985 per la relativa ultimazione osservando che la domanda di condono si intende accolta, in presenza delle seguenti condizioni: - ultimazione delle opere abusive entro il 1° ottobre 1983; - decorso del termine perentorio prefissato per una pronuncia espressa dell’amministrazione comunale; - pagamento dell’oblazione e degli oneri concessori dovuti; - produzione della documentazione e delle denunce richieste
4. L’appellante ritiene che la sentenza sia errata nella parte in cui ha ritenuto realizzabili opere successive all’istanza solo attivando il procedimento di cui all’art. 35 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, mentre, a suo dire, si potrebbero realizzare ulteriori interventi su un immobile non ancora condonato purché non abbiano una autonoma abusività.
Sostiene che nel caso di specie «non risulta che gli interventi successivi, singolarmente considerati, abbiano inciso in maniera così radicale sull’immobile oggetto della domanda di condono da rendere oggettivamente impossibile il suo esame …. tali opere, per la loro autonoma identificazione, non risulta che possano impedire una valutazione di quelle originariamente oggetto della domanda di condono» (pag. 5 dell’appello).
Quindi, a dire dell’appellante, l'amministrazione comunale avrebbe dovuto, da un lato, verificare se sussistono i presupposti per il condono delle opere "originariamente" realizzate e, dall'altro, accertare la natura degli interventi successivi posti in essere dall’appellante ed applicare in relazione ad essi le sanzioni demolitorie o pecuniarie previste dalla legge, non potendo denegare totalmente il chiesto condono.
Quindi sostiene che, «Accertata la natura degli interventi successivi posti in essere dall’appellante ed eventualmente applicate in relazione ad essi le sanzioni demolitorie o pecuniarie previste dalla legge, è maturato per il Ferrara il silenzio assenso o, quanto meno, l’obbligo dell’amministrazione comunale di rilasciare il permesso in sanatoria» (pag. 6 id.).
Quanto alla datazione della ultimazione delle opere invoca la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà a corredo della domanda di condono in cui si afferma che il fabbricato oggetto di domanda di condono, costituito da un piano seminterrato e da un piano rialzato, è stato «costruito abusivamente nell’anno 1976 ed ultimato al rustico entro il mese di ottobre del 1976» e afferma che quanto visibile nella documentazione fotografica, sebbene questa sia stata depositata postuma rispetto alla domanda di condono, da cui risulterebbe lo stato dei lavori relativi alla domanda.
Sostiene di aver riscontrato tutte le richieste di integrazione documentale e, quindi, che si sia formato il silenzio assenso. In subordine chiede il rilascio del titolo.
5. L’appello, affidato sostanzialmente a due censure, è infondato.
I profili da esaminare sono due: uno riguarda la legittimità del diniego di condono, il secondo riguarda la mancata formazione del silenzio assenso.
5.1. Sotto il primo profilo va rilevato che il provvedimento di diniego è plurimotivato, poggiando lo stesso sia sulla mancata dimostrazione della data di ultimazione delle opere, sia sull’incompletezza della documentazione a corredo dell’istanza, sia infine sull’essere stato l’immobile oggetto di condono radicalmente trasformato dopo la presentazione della domanda.
Ciò posto, la sentenza va innanzitutto confermata nella parte in cui ha ritenuto non provata l’ultimazione delle opere (di cui alla domanda) entro il termine di legge.
La mancanza di prova circa il completamento delle opere anteriormente al 1° ottobre 1983 non poteva, in verità, che condurre al rigetto della domanda di condono poiché, come sottolineato dalla costante giurisprudenza amministrativa, «in materia di condono edilizio, l'onere della prova circa l'effettiva ultimazione delle opere entro la data utile prevista dalla legge grava integralmente sulla parte privata, senza possibilità alcuna di inversione, dovendosi negare rilevanza a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate. Non può il richiedente il condono limitarsi a sole allegazioni documentali a sostegno delle proprie affermazioni, trasferendo il suddetto onere di prova contraria in capo all'Amministrazione. In definitiva, sul richiedente un condono edilizio grava l'onere della prova, "pieno", di provare la data di ultimazione delle opere, in modo da non lasciare alcun dubbio al riguardo, trattandosi di elemento essenziale per l'ammissibilità dell'istanza di condono» (Cons. Stato, sez. VII, 1 agosto 2024, n. 6925; sez, II, 13 febbraio 2024 n. 1449; sez. VII, 30 gennaio 2024, n. 909; sez. VI, 16 maggio 2022, n. 3841).
D’altra parte, come rilevato nel provvedimento impugnato, il richiedente non ha prodotto al comune alcuna asseverazione che le fotografie presentate, sia pur tardivamente, riproducano la situazione esistente alla data ultima fissata dalla legge.
Anche in presenza di dichiarazione sostitutiva di atto notorio presentata dall'interessato, l'amministrazione può legittimamente respingere la domanda di condono ove non riscontri elementi dai quali risulti univocamente l'ultimazione dell'edificio entro la data prescritta dalla legge, atteso che la semplice produzione della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non può in alcun modo assurgere al rango di prova, seppur presuntiva, sull'epoca dell'abuso (cfr. Cons. Stato, sez. II, 9 ottobre 2020, n. 5994).
Quanto precede è già di per sé sufficiente a ritenere legittimo il provvedimento di diniego di condono.
In presenza di provvedimenti con motivazione plurima, solo l'accertata illegittimità di tutti i singoli profili su cui essi risultano incentrati può determinarne l'illegittimità, con conseguente possibilità per il giudice amministrativo di disporne l'annullamento; laddove pertanto il provvedimento impugnato sia sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome, logicamente indipendenti e non contraddittorie, il giudice, qualora ritenga di dover respingere le censure indirizzate verso uno soltanto dei motivi assunti a base dell'atto controverso, può respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 agosto 2025, n. 7093).
5.2. Sempre sotto il primo profilo, risulta infondata la tesi secondo cui, non necessariamente si dovrebbe seguire il procedimento di cui all’art. 35, ben potendo essere effettuati liberamente interventi successivi e che questi sarebbero autonomamente sanzionabili in quanto non avrebbero inciso in maniera così radicale sull’immobile oggetto della domanda di condono, si osserva quanto segue.
Per giurisprudenza granitica in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori, quand’anche riconducibili nella loro oggettività alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione o della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche, ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale cui ineriscono strutturalmente, sicché anche le nuove opere devono ritenersi abusive, con conseguente obbligo del comune di ordinarne la demolizione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 6 febbraio 2024, n. 1201).
Nel caso di specie, la domanda di condono ha riguardato un edificio costituito da un piano seminterrato e da un piano fuori rialzato (ossia due livelli) laddove, al contrario, dalla documentazione tecnica versata in atti dallo stesso appellante, l’immobile è stato successivamente trasformato ed ampliato mediante realizzazione di un secondo piano fuori e creazione di nuovi ingenti volumi e di superficie utile.
Quindi ne è derivato un manufatto totalmente diverso da quello oggetto di condono, il che giustifica e rende anzi doveroso il rigetto della domanda di condono.
Come rilevato nella sentenza impugnata, anche ammettendo che le fotografie ritraggano la situazione ante 1° ottobre 1983, successivamente il manufatto è stato pesantemente trasformato, creando un organismo edilizio totalmente diverso dall’immobile al rustico che risulta dalle foto.
Raffrontando le planimetrie catastali a corredo dell’istanza di condono prot. n. 4580 del 30 aprile 1986 e le riproduzioni fotografiche esibite il 15 giugno 1988 (prot. n. 6381) con le planimetrie catastali e l’elaborato tecnico recante la planimetria catastale 1:2000, il computo dei volumi e delle superfici, le piante, i prospetti e le sezioni, esibiti in sede di integrazione del 12 aprile 2000 (prot. n. 5151), la relazione tecnica esibita in sede di integrazione del 23 giugno 2011 (prot. n. 9736), nonché la perizia giurata esibita in sede di integrazione del 18 gennaio 2012 (prot. n. 851), emerge che, ben dopo lo spirare del richiamato termine del 1° ottobre 1983, ed a partire dal certificato di collaudo statico depositata presso il Genio civile di Salerno il 1° settembre 1999, l’edificio per cui è causa ha subito trasformazioni rilevanti, consistite in una distribuzione interna inizialmente inesistente e, soprattutto, nella realizzazione di un secondo piano (sottotetto) in sopraelevazione – rappresentato nel ricorso come «destinato alla residenza (costituente superficie utile abitabile), avente superficie utile interna di 111,05 mq e superficie lorda di 140,60 mq» – che hanno dato luogo ad un organismo edilizio radicalmente diverso da quello sottoposto a sanatoria.
Emerge, altresì, che l’appellante ha inopinatamente esteso a detto secondo piano l’oggetto dell’originaria istanza di condono prot. n. 4580 del 30 aprile 1986, includendolo sia nella relazione tecnica prodotta il 23 giugno 2011 (prot. n. 9736) sia nella perizia giurata prodotta il 18 gennaio 2012 (prot. n. 851) e parametrando (anche) ad esso l’ammontare dell’oblazione dovuta sia nella relazione di calcolo prodotta il 12 aprile 2000 (prot. n. 5151) sia nella medesima relazione tecnica prodotta il 23 giugno 2011 (prot. n. 9736).
6.3. Le considerazioni che precedono depongono, altresì, per l’infondatezza della tesi secondo cui si sarebbe formato il silenzio assenso: ciò per la sostanziale incompletezza della domanda nonostante le ripetute richieste di integrazione di documenti essenziali da parte dell’amministrazione, che l’appellante ha riscontrato solo in modo parziale e frammentario.
La mancata definizione della sanatoria da parte dell’amministrazione comunale entro il termine perentorio all’uopo prefissato non determina, di per sé sola, la regolarizzazione dell'abuso, in applicazione dell'istituto del silenzio assenso, qualora manchino i presupposti di fatto e di diritto normativamente richiesti, tra cui, segnatamente, quello della dimostrazione del completamento delle opere abusive entro la data del 1° ottobre 1983.
Correttamente il Tar ha rilevato che, nella specie, né l’istanza di condono prot. n. 4580 del 30 aprile 1986 né l’integrazione documentale del 15 giugno 1988, prot. n. 6381, figurano corredate dai previsti elaborati recanti la «descrizione delle opere per le quali si chiede la concessione o l'autorizzazione in sanatoria» e la «perizia giurata sulle dimensioni e sullo stato delle opere e una certificazione redatta da un tecnico abilitato all'esercizio della professione attestante l'idoneità statica delle opere eseguite» (necessaria laddove, come nel caso di specie, si tratti di volumetria abusiva eccedente la soglia di mc 450) (art. 35, comma 3, lett. a e b, della l. n. 47/1985).
Ciò, nonostante il comune di Roccapiemonte avesse espressamente richiesto, tra l’altro: a) con nota del 19 aprile 1988, prot. n. 4248: «- documentazione fotografica, firmata dal richiedente, afferente l’intera opera oggetto di sanatoria; - elaborati tecnici redatti da tecnico abilitato ed asseverati a giuramento, consistenti in: a) relazione tecnica descrittiva con calcolo plano-volumetrico delle opere da condonare, con individuazione del periodo, tipologia, importo dell’oblazione, con confronto con gli strumenti urbanistici e con i vincoli di cui agli artt. 32 e 33 della l. n. 47/1985; b) grafici: planimetria generale con individuazione dell’immobile da condonare; piante, prospetti e sezioni»; b) con nota del 9 aprile 1998, prot. n. 5721: «- relazione tecnico-illustrativa; … - planimetria particolareggiata con indicazione delle distanze rispetto ai confini e alle proprietà confinanti; - elaborati grafici stato di fatto ed eventuale progetto di completamento (scala 1:1000), comprendenti: -- pianta quota di ciascun piano (compreso cantinato e sottotetto) con indicazione dei seguenti dati: a) numerazione progressiva di ciascuna unità immobiliare e indicazione della destinazione d’uso; b) dimensioni interne dei locali, spessori delle murature e dimensioni esterne; -- sezione trasversale e longitudinale con riporti: a) quote di pavimento riferite al piano stradale ed al piano di campagna; b) quote di tutti i piani, compreso cantinato-sottotetto-copertura (sia di colmo che di gronda); -- prospetti di ciascun lato; -- schema impianto di scarico acque bianche e nere con relativa relazione tecnica; - tabella riassuntiva dei dati metrici, per singole unità immobiliari, con indicazione delle S.N.R. di altre superfici e dei volumi; - calcolo dettagliato delle superfici autorizzate e quelle non autorizzate; - calcolo dettagliato del volume del fabbricato autorizzato e calcolo del volume del fabbricato non realizzato; - atto notorio ove si dichiara che la documentazione fotografica (oggi acquisita agli atti) è riferita all’epoca dell’abuso».
Viceversa il richiedente si è limitato ad esibire quattro riproduzioni fotografiche (peraltro, non accompagnate dalla richiesta attestazione circa la relativa risalenza all’epoca di esecuzione delle opere abusive), insuscettibili, di per sé sole, di comprovare univocamente la datazione dell’illecito edilizio e lo stato dei luoghi in rapporto al termine del 1° ottobre 1983.
Inoltre le trasformazioni rilevanti del manufatto abusivo di cui si è dato conto al punto che precede, eseguite dopo lo spirare del termine 1° ottobre 1983 e arbitrariamente attratte entro il perimetro operativo della richiesta sanatoria ex artt. 31 ss. della l. n. 47/1985, impedivano in radice che sull’istanza del 30 aprile 1986, prot. n. 4580, si potesse formare il silenzio assenso.
Al riguardo deve osservarsi che il Tar ha correttamente rilevato che alla fattispecie trova applicazione l’ultimo periodo del comma 7 dell’art. 49 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, secondo cui: «Le disposizioni di cui al penultimo periodo del comma 4 dell'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, come modificato dal decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85, introdotte dall'articolo 2, comma 37, lettera d), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, relative alla mancata presentazione dei documenti, si applicano anche alle domande di condono edilizio presentate ai sensi dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47, per cui non sia maturato il silenzio assenso a causa di carenza di documentazione obbligatoria per legge», rilievo ritenuto corretto da questo Consiglio (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 ottobre 2023, n. 9199).
Conclusivamente, per quanto precede, l’appello deve essere respinto.
7. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione settima, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte appellante alla rifusione, in favore del comune appello, di spese e competenze del presente giudizio, che liquida in € 4.000,00 (quattromila) oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2025, con l'intervento dei magistrati:
Massimiliano Noccelli, Presidente FF
Marco Morgantini, Consigliere
Laura Marzano, Consigliere, Estensore
Rosaria Maria Castorina, Consigliere
Marco Valentini, Consigliere




