Pres. Vitalone Est. Fiale Ric. Polverino
Urbanistica – Ristrutturazione edilizia (nozione e limiti)
Sono sempre realizzabili con d.i.a le ristrutturazioni edilizie di portata minore quelle, cioè, che determinano una semplice modifica dell’ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la iniziale consistenza urbanistica. Gli interventi di ristrutturazione di cui all’articolo 10, primo comma, lettera c) del T.U. edilizia (non di portata minore) sono subordinati a permesso di costruire ma, in alternativa, possono essere realizzati con d.i.a. se “portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A), comportino mutamenti della destinazione d’uso”. Se peroò comportano la preventiva demolizione dell’edificio, il risultato finale deve coincidere nella volumetria e nella sagoma con l’edificio precedente.
La ricostruzione su ruderi costituisce sempre “nuova costruzione”.
La demolizione, per essere ricondotta anche alla nuova nozione legislativa di “ristrutturazione edilizia” deve essere contestualizzata temporalmente nell’ambito di un intervento unitario volto alla conservazione dell’edificio che risulti ancora esistente e strutturalmente identificabile al momento dell’inizio dei lavori
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. Claudio VITALONE
Dott.
Pierluigi ONORATO
Dott. Alfredo Maria LOMBARDI
Dott. Aldo FIALE
Dott.
Giulio SARNO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Napoli.
avverso l'ordinanza 7.10.2005 pronunziata dal Tribunale del riesame di Napoli nel confronto di POLVERINO Carlo, n. a Napoli il 24-4-1947.
Sentita la relazione fatta dal consigliere dr. Aldo FIALE.
Udito il Pubblico Ministero nella persona del dr. A. DI POPOLO, che ha concluso
per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Con ordinanza del 7.10.2005 il Tribunale di Napoli accoglieva l'istanza di riesame proposta nell'interesse di Polverino Carlo avverso il decreto 9.8.2005 del G.I.P. di quello stesso Tribunale, con il quale era stato disposto il sequestro preventivo di "un vecchio e preesistente manufatto di circa mq. 65, composto da seminterrato e piano rialzato", interessato da lavori edilizi, in relazione all'ipotizzato reato di cui all'art. 44, lett. b), T.U. n. 380/2001 (realizzazione di una ristrutturazione abusiva, perché in assenza del permesso di costruire) e revocava il sequestro medesimo, ordinando la restituzione dei manufatto all'avente diritto.
Rilevava il Tribunale che, sulla base delle indagini fino ad allora esperite,
le opere in corso di realizzazione sul manufatto non apparivano integrare un
intervento di "ristrutturazione edilizia", bensì risultavano coincidenti
con quelle descritte dall'indagato nella procedura di denuncia di inizio di
attività da lui legittimamente esperita, consistendo in "opere di consolidamento
statico, snellimento e ricostruzione dei solai, nel rispetto delle quote, e
nuove tramezzature nel rispetto delle caratteristiche costruttive e tipologiche
originarie e senza variazione della destinazione d'uso".
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Napoli, il quale ha eccepito che, dalle risultanze
del verbale di sequestro e dal rilievo fotografico in atti, emergerebbe che,
nella specie, si sarebbe in presenza di una "nuova costruzione", non
essendovi piena conformità tra la nuova struttura e lo status quo ante
del manufatto originario, che si presentava in una condizione di totale
abbandono, configurandosi. come vero e proprio rudere.
1. In punto di diritto deve rilevarsi che:
a) L'art. 3, 1° comma – lett. d), del T.U. n. 380/2001 – come modificato
dal D.Lgs 27.12.2002, n. 301 – definisce interventi di ristrutturazione
edilizia quelli "rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante
un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo in
tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi
comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi
dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed
impianti".
La ristrutturazione edilizia non vincolata, pertanto, al rispetto degli
elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio esistente e differisce
sia dalla manutenzione straordinaria (che non può comportare aumento
della superficie utile o del numero delle unità immobiliari, né modifica della
sagoma o mutamento della destinazione d'uso) sia dal restauro e risanamento
conservativo (che non può modificare in modo sostanziale l'assetto edilizio
preesistente e consente soltanto variazioni d'uso "compatibili" con l'edificio
conservato).
La stessa attività di ristrutturazione, del resto, può attuarsi attraverso una
serie di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi
agli altri tipi dianzi enunciati. L'elemento caratterizzante, però, è la
connessione finalistica delle opere eseguite, che non devono essere
riguardate analiticamente ma valutate nel loro complesso al fine di individuare
se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso
la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuovo.
b) L'art. 10, 1° comma - lett. c), del T.U. n. 380/2001, come modificato
dal D.Lgs. n. 301/2002, assoggetta a permesso di costruire quegli
interventi di ristrutturazione edilizia «che portino ad un organismo edilizio
in tutto o in parte diverso dal precedente, che comportino aumento di unità
immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici»,
ovvero si connettano a mutamenti di destinazione d'uso, limitatamente agli
immobili compresi nelle zone omogenee A).
c) L'art. 22, 3° comma - lett. a), dello stesso T.U., come modificato dal
D.Lgs. n. 301/2002, prevede, però, che - a scelta dell'interessato — tali
interventi possono essere realizzati anche in base a semplice denunzia di
inizio attività.
Dalle disposizioni legislative dianzi ricordate si deduce che sono sempre
realizzabili previa mera denunzia di inizio dell'attività le ristrutturazioni
edilizie di portata minore: quelle, cioè, che determinano una semplice
modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la
costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa
conserva la sua iniziale consistenza urbanistica (diverse da quelle, descritte
nell'art. 10, 1° comma — lett. c, che possono incidere sul carico urbanistico).
Il T.U. n. 380/2001 ha introdotto, in sostanza, uno sdoppiamento della categoria
delle ristrutturazioni edilizie come disciplinata, in precedenza, dall'art. 31,
1° comma — lett. d), della legge n. 457/1978, riconducendo ad essa anche
interventi che ammettono integrazioni funzionali e strutturali dell'edificio
esistente, pure con incrementi limitati di superficie e di volume.
Deve ritenersi, però, che le modifiche del "volume", ora previste dall'art. 10
del T.U., possono consistere in diminuzioni o traslazioni dei volumi
preesistenti ed in incrementi volumetrici modesti, poiché, qualora si ammettesse
la possibilità di un sostanziale ampliamento dell'edificio, verrebbe meno la
linea di distinzione tra "ristrutturazione edilizia" e "nuova costruzione".
1.1 In materia di ristrutturazione edilizia previa integrale demolizione,
il legislatore ha introdotto una disciplina espressa soltanto con l'art. 3, 1°
comma — lett. d), del T.U. n. 380/2001, che, nella sua formulazione originaria,
riconduceva nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia "anche
quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un
fabbricato identico, quanto a sagoma, volume, area di sedime e
caratteristiche dei materiali, a quello preesistente, fatte salve le sole
innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica" (per la
ricostruzione dell'interpretazione giurisprudenziale della disciplina previgente
vedi Cass., Sez. III, 4.2.2003, Pellegrino).
Il D.Lgs. 27.12.2002, n. 301 ha modificato tale disposizione, comprendendo tra
gli interventi di ristrutturazione edilizia "anche quelli consistenti nella
demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello
preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla
normativa antisismica".
E' stato eliminato, dunque, il riferimento alla "fedele" ricostruzione ed
è stato specificato che la ricostruzione costituisce ristrutturazione se il
risultato finale coincide nella volumetria e nella sagoma con il preesistente
edificio demolito.
L'identità della volumetria e della sagoma non costituisce,
invece, un limite per gli interventi di ristrutturazione che non comportino la
previa demolizione dell'edificio.
1.2 Può concludersi, allora - quanto agli interventi di ristrutturazione
di cui all'art. 10, 1° comma, lett. c), del T.U. n. 380/2001, come
modificato dal D.Lgs. n. 301/2002 (non di portata minore) - che essi sono
subordinati a permesso di costruire ma, in alternativa, possono essere
realizzati medianti denuncia di inizio attività:
- se "portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal
precedente e comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume,
della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli
immobili compresi nelle zone omogenee A), comportino mutamenti della
destinazione d'uso";
- se, però, comportino la preventiva demolizione dell'edificio, il risultato
finale deve coincidere nella volumetria e nella sagoma con l'edificio
precedente.
1.3 In ogni caso, la ricostruzione su ruderi costituisce sempre "nuova
costruzione", in quanto il concetto di ristrutturazione edilizia
postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare,
cioè di un organismo edilizio dotato delle murature perimetrali, strutture
orizzontali e copertura. In mancanza di tali elementi strutturali non è
possibile valutare l'esistenza e la consistenza dell'edificio da consolidare ed
i ruderi non possono che considerarsi alla stregua di un'area non edificata
[vedi Cass., Sez. III: 4.2.2003, Pellegrino e 20.2.2001, ric. Perfetti; nonché
C. Stato, Sez. V: 28.5.2004, n. 3452; 15.4.2004, n. 2142; 1.12.1999, n. 2021;
4.8.1999, n. 398; 10.3.1997, n. 240].
La demolizione - per essere ricondotta anche alla nuova nozione legislativa di
"ristrutturazione edilizia" - deve essere contestualizzata temporalmente
nell'ambito di un intervento unitario, volto, nel suo complesso, alla
conservazione di un edificio che risulti ancora esistente p strutturalmente
identificabile al momento dell'inizio dei lavori (c.d. principio della
contiguità temporale).
2. Tanto premesso in punto di diritto, deve rilevarsi che, nelle
fattispecie in esame, non risulta anzitutto che si verta in ipotesi di
ricostruzione previa integrale demolizione del manufatto preesistente.
II Tribunale, come si è detto dianzi nella parte espositiva, ha rilevato che i
lavori in corso di esecuzione consistevano in "opere di consolidamento statico,
snellimento e ricostruzione dei solai, nel rispetto delle quote, e nuove
tramezzature nel rispetto delle caratteristiche costruttive e tipologiche
originarie e senza variazione della destinazione d'uso".
Il ricorso del P.M. - che si limita a confutare tale ricostruzione della vicenda
- deve essere dichiarato pertanto inammissibile, perché svolge censure in
fatto del provvedimento impugnato, non proponibili in sede di legittimità,
tenuto conto che il giudice del procedimento incidentale ha adeguatamente
valutato l'entità dei lavori in corso (quale descritta nel processo verbale di
sequestro e raffigurata dalla documentazione fotografica) ed ha concluso - con
deduzioni coerenti ed immuni da vizi logico-giuridici - che, allo stato,
non appare ravvisabile un'ipotesi di ricostruzione su ruderi, sottratta in
quanto tale al regime della denuncia di inizio dell' attività.
Le censure concernenti asserite carenze argomentatine sui singoli passaggi della
ricostruzione fattuale dell'episodio non sono proponibili nel giudizio di
legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come
nella specie, da logico e coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli
elementi di prova acquisiti, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a
sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una
diversa ricostruzione del fatto, e, con essa, il riesame nel merito del
provvedimento impugnato.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli arti. 127 e 325 c.p.p.,
dichiara inammissibile il ricorso del P.M.
Così deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 13.1.2006.