Il principio di precauzione: una importante sentenza del Consiglio di Stato

di Gianfranco AMENDOLA

pubblicato su osservatorioagromafie.it. Si ringraziano Autore ed Editore

Come è noto, uno dei princìpi fondamentali su cui poggia la difesa dell’ambiente è costituito dal principio di precauzione, introdotto nel 1992 dalla Conferenza ONU di Rio de Janeiro sull’ambiente e lo sviluppo, recepito nel diritto comunitario attraverso le modifiche apportate, nello stesso anno al Trattato di Maastricht. Ed infatti l’art. 174, comma 2, del Trattato precisa che «la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui princìpi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga”». Formulazione richiamata espressamente, per l’Italia, dall’art. 3 ter, comma 1, del Testo Unico Ambientale (d.lgs. n. 152 del 2006), introdotto nel 2008, secondo cui «la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai princìpi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché al principio “chi inquina paga” che, ai sensi dell’articolo 174, comma 2, del Trattato delle Unioni europee, regolano la politica della Comunità in materia ambientale».

Di conseguenza, nel TUA si rinvengono spesso espliciti riferimenti al principio di precauzione. Esula dai limitati scopi di questo lavoro una completa analisi di queste disposizioni; e pertanto, rinviando ad altre opere per precisazioni ed approfondimenti in proposito1, sembra sufficiente, in questa sede, ricordare l’art. 301, contenuto nella parte VI del TUA («Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente») il quale, intitolato alla «attuazione del principio di precauzione», sancisce che «in applicazione del principio di precauzione di cui all’articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione»; che «l’operatore interessato, quando emerga il rischio suddetto, deve informarne senza indugio, indicando tutti gli aspetti pertinenti alla situazione, il Comune, la Provincia, la Regione o la Provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l’evento lesivo, nonché il prefetto della Provincia che, nelle ventiquattro ore successive, informa il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare»; ed infine che «il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in applicazione del principio di precauzione, ha facoltà di adottare in qualsiasi momento misure di prevenzione, ai sensi dell’articolo 304, che risultino: a) proporzionali rispetto al livello di protezione che s’intende raggiungere; b) non discriminatorie nella loro applicazione e coerenti con misure analoghe già adottate; c) basate sull’esame dei potenziali vantaggi ed oneri; d) aggiornabili alla luce di nuovi dati scientifici».

In sostanza, quindi, si conferma quanto esplicitato dalla Commissione UE nella sua comunicazione del 2 febbraio 2000 secondo la quale il principio in esame «trova applicazione in tutti i casi in cui una preliminare valutazione scientifica obiettiva indica che vi sono ragionevoli motivi di temere che i possibili effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possano essere incompatibili con l’elevato livello di protezione prescelto dalla Comunità»2, aggiungendo che esso«dovrebbe essere considerato nell’ambito di una strategia strutturata di analisi dei rischi, comprendente tre elementi: valutazione, gestione e comunicazione del rischio» e precisando, tra l’altro, che «nell’effettuare tale analisi, si dovrà tenere conto del principio generale e della giurisprudenza della Corte di giustizia, per cui la protezione della salute ha la precedenza sulle considerazioni economiche». Così come stabilito, del resto, dall’art. 41 della nostra Costituzione, specie dopo le ultime modifiche. In conclusione, quindi, in caso vi siano ragionevoli motivi per ritenere possibile un pericolo per la salute (e per l’ambiente) va adottata subito la soluzione più restrittiva. Conclusione che veniva avallata da numerose sentenze in sede comunitaria, secondo le quali «in virtù del principio di precauzione, quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di tali rischi»3, confermando, sin dal 2002, che «il principio di precauzione permette alle istituzioni comunitarie di adottare, nell’interesse della salute umana ma sulla base di conoscenze scientifiche ancora lacunose, misure di protezione che possono ledere, finanche in modo profondo, posizioni giuridiche tutelate e, a questo proposito, conferisce alle istituzioni un margine discrezionale notevole», con la contestuale precisazione che «l’autorità pubblica competente deve badare a che le misure che essa adotta, anche se si tratta di misure preventive, siano fondate su una valutazione scientifica dei rischi il più possibile esaustiva, tenuto conto delle circostanze peculiari del caso di specie. Malgrado l’incertezza scientifica sussistente, tale valutazione scientifica deve permettere all’autorità pubblica competente di stimare, sulla base dei migliori dati scientifici disponibili e dei più recenti risultati della ricerca internazionale, se il livello di rischio che essa reputa accettabile per la società sia stato superato. È su tale base che la detta autorità deve decidere se sia necessario ricorrere all’adozione di misure preventive e, se del caso, di determinare quali misure essa ritiene appropriate e necessarie per evitare che tale rischio si concretizzi»4; che «qualora risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura insufficiente, non concludente o imprecisa dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse, il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive»5, «purché esse siano non discriminatorie e oggettive» 6 precisando altresì che, come evidenziato dalla dottrina7, l’organo che accerta l’esistenza del rischio potenziale deve possedere le conoscenze tecniche necessarie, essere riconosciuto dalla comunità scientifica ed essere indipendente.

Passando all’esame della giurisprudenza italiana, si deve, in primo luogo, ricordare che più volte la Corte costituzionale ha applicato il principio di precauzione8, introducendo, tuttavia, il limite del «bilanciamento», dapprima solo accennato nella sentenza sugli OGM (n. 116/2006) 9 e poi sviluppato a proposito dell’ILVA. In particolare, ci si riferisce alla sentenza n. 85/2013 10 in cui la Corte, omettendo qualsiasi riferimento al principio di precauzione, postulava la esigenza di realizzare un «ragionevole bilanciamento tra diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione» quali il diritto alla salute ed il diritto al lavoro; orientamento, tuttavia, abbandonato cinque anni dopo quando (sentenza 58/2018) 11 concludeva, invece, che il dettato costituzionale impone, comunque che l’attività di impresa si esplichi «sempre in modo da non recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Appare, quindi, evidente che, secondo quest’ultima sentenza, ancor prima che fossero modificati gli artt. 9 e 41 della Carta, in caso di contrasto tra attività produttiva e tutela della salute, è questa ultima che deve prevalere, pur se, ovviamente, occorre tutelare, per quanto possibile, anche le esigenze produttive (con tutti i riflessi occupazionali). Ed è altrettanto evidente che solo in questo modo si garantisce il rispetto anche del principio comunitario di precauzione secondo cui, come abbiamo visto, «la protezione della salute ha la precedenza sulle considerazioni economiche»12. Tanto più adesso dopo la modifica degli artt. 9 e 41 della Costituzione13.

Nello stesso solco si pone la giurisprudenza della Cassazione e del Consiglio di Stato: sembra sufficiente, in questa sede, ricordare che la stessa nozione di «rifiuto» postulata dalla Suprema Corte in armonia con la Corte europea di giustizia, si fonda sul principio di precauzione, in quanto la normativa sui rifiuti si propone la tutela della salute umana e dell’ambientecontro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell’ammasso e del deposito dei rifiuti, «anche alla luce dell’art. 174, n. 2, CE, secondo il quale la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata in particolare sui princìpi della precauzione e dell’azione preventiva» E pertanto, «la nozione di rifiuto non può essere interpretata in senso restrittivo»14. Così come il Consiglio di Stato, proprio sulla base del principio di precauzione, conclude, tra l’altro, che «deve riconoscersi all’Amministrazione il potere di adottare ogni provvedimento ritenuto idoneo a prevenire rischi anche solo potenziali alla salute»15.

In questo quadro, si deve segnalare una recente sentenza proprio del Consiglio di Stato, il quale evidenzia che, in sostanza, «nell’ambito dell’ordinamento dell’Unione europea, il principio di precauzione costituisce non solo un presupposto di legittimazione ma anche un vero e proprio parametro di validità per tutte le politiche e azioni europee in materia di ambiente, salute e sicurezza e, pertanto, anche in forza dell’efficacia trasversale del principio di integrazione delle esigenze di tutela dell’ambiente in tutte le politiche e azioni dell’Unione, si configura ormai come parametro generale di legittimità non solo della funzione normativa esercitata dalle istituzioni dell’Unione ma anche di quella amministrativa»; precisando, tra l’altro, che esso si distingue dalla idea di «prevenzione» in quanto «mentre la prevenzione può entrare in gioco solo a fronte di “rischi certi”, ossia in presenza “di rischi scientificamente accertati e dimostrabili, ovverosia in presenza di rischi noti, misurabili e controllabili”, la precauzione, al contrario, trova il proprio campo di applicazione allorché un determinato rischio risulti ancora caratterizzato da margini più o meno ampi di incertezza scientifica circa le sue cause o i suoi effetti». In altri termini, secondo il massimo organo di giustizia amministrativa, l’intervento preventivo non può attendere l’inconfutabile prova scientifica degli effetti dannosi, ma «deve essere predisposto sulla base di attendibili valutazioni di semplice possibilità/probabilità del rischio, sulla base delle conoscenze scientifiche e tecniche “attualmente” e “progressivamente” disponibili», e pertanto «al concetto di precauzione è connaturata una intrinseca funzione di anticipazione della soglia di intervento dell’azione preventiva»16.

1 In particolare si rinvia alla completa trattazione di Butti, Principio di precauzione, codice dell’ambiente e giurisprudenza delle Corti comunitarie e della Corte costituzionale , in Riv. giur. amb., 2006, 6, 809.

2 «Il fatto di invocare o no il principio di precauzione è una decisione esercitata in condizioni in cui le informazioni scientifiche sono insufficienti, non conclusive o incerte e vi sono indicazioni che i possibili effetti sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possono essere potenzialmente pericolosi e incompatibili con il livello di protezione prescelto». La Commissione sottolinea che il principio di precauzione può essere invocato solo nell’ipotesi di un rischio potenziale, e che non può in nessun caso giustificare una presa di decisione arbitraria: «Il ricorso al principio di precauzione è pertanto giustificato solo quando riunisce tre condizioni, ossia l’identificazione degli effetti potenzialmente negativi; la valutazione dei dati scientifici disponibili; l’ampiezza dell’incertezza scientifica».

3 Corte giust. UE, Sez. I 9 giugno 2016, in cause riunite C-78/16 e C-79/16, Giovanni Pesce e a. c. Presidenza del Consiglio dei Ministri e a., in Foro amm., 2016, 6, 1462

4 Trib. primo grado, Sez. III 11 settembre 2002, in causa T-13/99, Pfizer Animal Health SA c. Consiglio dell’Unione europea, in Racc., 2002, II-03305.

5 Corte giust. UE, Sez. VI 10 aprile 2014, in causa C-269/13 P, Acino AG c. Commissione europea, in Foro amm., 2014, 4, 1034.

6 Corte giust. UE, Sez. IV 19 gennaio 2017, in causa C-282/15, Queisser Pharma GmbH & Co. KG c. Bundesrepublik Deutschland, Foro amm ., 2017, 1, 1.

7 De Leonardis, Il principio di precauzione, in M. Renna - F. Saitta (a cura di), Studi sui princìpi del diritto amministrativo , Milano, 2012, 426 e ss.

8 In dottrina, tra gli altri, anche per richiami, si rinvia a Grassi, Problemi di diritto costituzionale dell’ambiente , Milano, 2012, 102 e ss. e, soprattutto a Scalia, Principio di precauzione e ragionevole bilanciamento dei diritti nello stato di emergenza , in Federalismi.it, 18 novembre 2020 e a Di Cosimo, Corte costituzionale, bilanciamento di interessi e principio di precauzione , in forumcostituzionale.it, 2015, 3.

9 Corte cost. 31 maggio 2018, n. 116, in Foro it., 2018, 9, I, 2591. La sentenza pone l’accento sulla necessità di accertare il rischio, evidenziando altresì che la libertà di iniziativa economica non deve provocare «danni sproporzionati all’ambiente e alla salute». Cfr., anche per richiami, Di Cosimo, op. loc. cit.

10 Corte cost. 9 maggio 2013, n. 85, in Foro amm. C.D.S.,2013, 5, 1152.

11 Corte cost. 23 marzo 2018, n. 58, in Foro it., 2018, 4, I, 1073.

12 Per approfondimenti e richiami sulle sentenze ILVA si rinvia al nostro ILVA e non solo: il diritto alla salute e all’ambiente non può essere oggetto di alcun «bilanciamento , in www.osservatorioagromafie.it.

13 In proposito, si rinvia al nostro L’ambiente in Costituzione. Primi appunti , in www.osservatorioagromafie.it, 14 febbraio 2022; L’inserimento dell’ambiente in Costituzione non è né inutile né pericoloso , in Giustizia insieme, 25 febbraio 2022, cui si rinvia anche per richiami.

14 Si rinvia, in proposito, per approfondimenti e richiami, al nostro Diritto penale ambientale , Pisa, 2022, 101 e ss.

15 Cons. Stato, Sez. VI 5 dicembre 2002, n. 6657, in Giur. it., 2003, 1030.

16 Cons. Stato, Sez. IV 31 maggio 2023, n. 5377, in www.osservatorioagromafie.it , che vale la pena di leggere integralmente per la sua chiarezza e completezza, anche dal punto di vista dei riferimenti storici.