Consiglio di Stato Sez. VI n. 5059 del 24 settembre 2012
Urbanistica. Legittimità diniego di condono edilizio e ordinanza di demolizione di opere abusive su area demaniale.

E’ legittimo il diniego di condono edilizio e l’ordinanza sindacale di demolizione per opere realizzate nella zona portuale su suolo demaniale, consistenti in una struttura in ferro, alluminio e vetri, occupante una superficie di circa mq. 150 ed un'altezza di circa m. 3,00, poggiante su una pedana in cemento e piastrellata. La necessità dell'apposito titolo edilizio per le opere da eseguirsi dai privati su aree demaniali era ed è, infatti, espressamente prevista dall'art. 8, d.P.R. n. 380/2001, nonché implicitamente riconosciuta dall'art. 55, comma 4, codice della navigazione. La mancanza di titolo edilizio del manufatto, progressivamente realizzato sulla base delle sole concessioni demaniali, ne comporta la sicura configurazione come abusivo, ai fini urbanistico-edilizi. Per la realizzazione di opere sul demanio marittimo occorre l'autorizzazione prevista dall'art. 54, cod. nav., anche dopo la delega alle regioni in materia di demanio marittimo ed il trasferimento ai comuni delle competenze per il rilascio di concessioni demaniali, atteso che tale trasferimento di competenze non ha fatto venir meno la necessità di apposita e specifica autorizzazione, che concorre con la concessione edilizia, sussistendo due diverse finalità di tutela: la riserva all'ente locale del governo e dello sviluppo del territorio in materia di edilizia relativamente alla concessione ad edificare, la salvaguardia degli interessi pubblici connessi al demanio marittimo per quanto attiene all’autorizzazione demaniale. La sopravvenienza di una normativa vincolistica, rispetto alla data di esecuzione delle opere abusive (ed anche rispetto alla data di presentazione della domanda di condono edilizio), non ne escludeva l’applicabilità in sede di valutazione della domanda, sia in base ai principi generali (ratione temporis), sia in base al principio specifico desumibile dall’art. 32, comma 2, legge n. 47/1985. Trattandosi di zona vincolata paesisticamente, in virtù del p.t.p. dei Comuni Vesuviani (D.M.. Beni culturali 4 luglio 2002), è senz’altro da escludere la formazione del silenzio-assenso, stante la mancanza del parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo sulla compatibilità paesistico-ambientale. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 05059/2012REG.PROV.COLL.
N. 03263/2008 REG.RIC.
N. 07691/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso r.g.a.n. 3263/2008, proposto dal signor Gorga Italo, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Rispoli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonia De Angelis, in Roma, via Portuense, 104;
contro
il Comune di Portici, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Manzo e Silvano Tozzi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Lodovico Visone, in Roma, via del Seminario, 113/116;

sul ricorso r.g.a.n. 7691/2010, proposto dal signor Gorga Italo, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Rispoli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonia De Angelis, in Roma, via Portuense, 104;
contro
il Comune di Portici, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Manzo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giancarlo Citterio, in Roma, via Castel del Rio, 32;
la Regione Campania, in persona del presidente in carica, non costituita in giudizio;
il Ministero per i beni e le attività culturali – Soprintendenza ai beni architettonici, paesistici, patrimoniali, storici, artistici ed etnoantropologici per Napoli e Provincia, ufficio rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
la Capitaneria del Porto di Torre del Greco-Soprintendenza, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l’Agenzia del demanio - Filiale Campania, il Provveditorato interregionale oo.pp. di Napoli, l’Ufficio locale marittimo di Portici, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
quanto al ricorso n. 3263/2008:
della sentenza del T.a.r. Campania, Napoli, sezione VII, n. 01255/2007, resa tra le parti e concernente il diniego di condono edilizio e la demolizione di opere abusive su area demaniale;
quanto al ricorso n. 7691/2010:
della sentenza del T.a.r. Campania, Napoli, sezione III, n. 03149/2009, resa tra le parti e concernente il diniego di concessione edilizia a sanatoria ed il vincolo paesistico.

Visti i due ricorsi in appello ed i relativi allegati.
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Portici e del Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza ai beni architettonici, paesistici, patrimoniali, storici, artistici ed etnoantropologici per Napoli e Provincia, della Capitaneria del Porto di Torre del Greco-Soprintendenza, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dell’Agenzia del demanio - Filiale Campania, del Provveditorato interregionale oo.pp. di Napoli e dell’Ufficio locale marittimo di Portici.
Visti tutti gli atti e documenti di causa.
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2012, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed uditi, per le parti, gli avvocati Conticiani, per delega di Luigi Rispoli, Giuseppe Manzo, Silvano Tozzi e l’avvocato dello Stato Tito Varrone.
Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.

FATTO
A) Il signor Italo Gorga proponeva un primo ricorso n. 5385/1994 innanzi al competente T.a.r., contro il Comune di Portici, avverso l'ordinanza sindacale n. 90 del 28 febbraio 1994, notificata il 2 marzo 1994 (con la quale gli era stato ordinato di demolire un'opera ritenuta abusiva, realizzata nella zona portuale su suolo demaniale, consistente in una struttura in ferro, alluminio e vetri, occupante una superficie di circa mq. 150 ed un'altezza di circa m. 3,00, poggiante su una pedana in cemento e piastrellata), chiedendone l'annullamento previa sospensiva.
Il ricorrente rappresentava che l'opera ritenuta abusiva sarebbe stata, in realtà, l'oggetto di una concessione demaniale marittima dapprima rilasciata dalla Capitaneria di Porto del Compartimento marittimo di Torre del Greco in favore del signor Vincenzo Carotenuto (concessione n. 182 del 18 agosto 1962) e successivamente, a seguito di concorde richiesta di voltura del 18 febbraio 1977, rilasciata dal Consorzio autonomo del Porto di Napoli in favore dell'originario ricorrente (concessione n. 60 del 14 febbraio 1994).
Egli deduceva vari motivi, essenzialmente incentrati sull'incompetenza del Comune (dal momento che, trattandosi di concessione d'uso del demanio marittimo, la competenza sarebbe stata dell'autorità portuale), nonché sulla violazione di legge e sull'eccesso di potere per errore di fatto (trattandosi di opere non abusive ma debitamente assentite).
In data 31 gennaio 1995 si costituiva in giudizio il Comune di Portici, contestando la fondatezza del ricorso (principalmente in base alla considerazione che per le opere in questione, di carattere non precario, sarebbe comunque sempre stata necessaria l’apposita concessione edilizia).
L’istanza cautelare veniva respinta.
In data 8 novembre 2006, l'avvocato del Comune resistente chiedeva che l’adìto Tribunale verificasse l'esistenza dei presupposti giuridici per l'eventuale dichiarazione di perenzione del ricorso (per inattività ultradecennale).
In data 13 novembre 2006, il signor Italo Gorga nominava un secondo difensore in aggiunta al primo, riportandosi al ricorso ed insistendo per il suo integrale accoglimento.
B) Con altro gravame (n. 3958/2005), il signor Italo Gorga ricorreva innanzi al medesimo T.a.r. contro il Comune di Portici, chiedendo l'annullamento, previa sospensione, della disposizione dirigenziale prot. n. 707/UT del 1° marzo 2005, notificata in data 3 marzo 2005, recante diniego della concessione in sanatoria richiesta dall’interessato con istanza di condono edilizio prot. n. 2124/735/UT del 14 febbraio 1995 (ai sensi dell'art. 39, legge n. 724/1994), per le opere dal medesimo realizzate nel Porto del Granatello, consistenti in un manufatto della superficie di circa mq. 130,00, con struttura in ferro e pareti in ferro, alluminio e vetri e copertura in lamiera grecata, adibito alla vendita di cibi cotti, e cucina coperta con solaio.
Il signor Gorga, nell'impugnare anche tutti gli atti ivi richiamati ma non conosciuti (e nel riservarsi, al riguardo, ulteriore impugnativa mediante motivi aggiunti), rappresentava in punto di fatto quanto segue:
- di essere titolare di un'avviata attività di ristorazione ubicata su area del demanio marittimo all'interno del Porto del Granatello, in forza di concessioni demaniali rilasciategli ininterrottamente a partire dall'anno 1978 (e prima di lui, al signor Vincenzo Carotenuto dall'anno 1958);
- che l'attività (sin dall'origine esercitata in forza di regolari autorizzazioni di pubblico esercizio e di regolari licenze commerciali) era stata da lui rilevata in proprio in forza di acquisto fattone dal precedente titolare Vincenzo Carotenuto con atto di compravendita del 18 febbraio 1977 (scrittura con firme autenticate dal Sindaco del Comune di Portici in data 18 febbraio 1977 e registrata in pari data al numero 3765/B);
- che l'occupazione del suolo demaniale, regolarmente autorizzata sin dal 1958, come pure l'esercizio dell'attività di somministrazione di cibi e bevande, aveva consentito la realizzazione di appositi manufatti, migliorati ed adeguati nel corso degli anni, sia per soddisfare le nuove esigenze tecnologiche, sia per assicurare servizi sempre più completi alla clientela (come da concessioni demaniali succedutesi senza soluzione di continuità sin dal 1958);
- che tali miglioramenti ed adeguamenti erano stati sempre debitamente chiesti dai concessionari ed autorizzati, per quanto di competenza, anche dallo stesso Comune di Portici (come dimostrato dalla nota sindacale – prot. n. 18221 del 29 gennaio 1991 - di autorizzazione all’immissione in fogna);
- che la consistenza del manufatto in questione era stata sempre autorizzata dall'autorità demaniale marittima e la sua configurazione risultava tale sin dagli anni ’70, come dimostrato dalle concessioni di quegli anni;
- che, pur non essendovi alcuna necessità, trattandosi di manufatto risalente ad anni precedenti alla riforma urbanistica del 1967 (contemplante per la prima volta la licenza edilizia per manufatti privati su suolo demaniale), egli aveva presentato istanza di condono ex art. 39, legge n. 724/1994, più che altro in quanto destinatario, da parte del Comune di Portici, di un’ordinanza di demolizione, peraltro tempestivamente impugnata con ricorso tuttora pendente (n. 5385/1994).
C) Tanto premesso, il signor Gorga deduceva violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.
Con il primo motivo, egli rilevava che l'amministrazione comunale: a) non avrebbe consentito la tempestiva e dovuta partecipazione dell'interessato al procedimento; b) non avrebbe considerato che il manufatto in questione era stato realizzato per ospitare l'esercizio di un'attività da tempo autorizzata dalla competente autorità demaniale (come tale, non necessitante di titolo edilizio); c) avrebbe erroneamente applicato norme sopravvenute, essendosi già formato il silenzio-assenso sull'istanza di condono (omettendo peraltro qualsiasi valutazione sul pubblico interesse).
Con il secondo motivo, l’interessato evidenziava che il diniego era fondato sull’asserita insanabilità del manufatto in relazione alla previsione di cui all’art. 17, n.t.a., p.r.g., e sull’incompatibilità dello stesso sotto il profilo paesistico, ai sensi dell'art. 19, comma II, piano territoriale paesistico dei comuni vesuviani; quanto all’insanabilità urbanistica, che lo stesso art. 17, citato, avrebbe fatto salve le pratiche di condono presentate ai sensi delle leggi n. 47/1985 e n. 724/1994 e, quanto all’incompatibilità paesaggistica, che questa sarebbe stata assolutamente inesistente, sia perché il p.r.g. sarebbe già stato adeguato al p.t.p., sia perché l'art. 19, p.t.p., avrebbe consentito la valutazione di compatibilità soltanto in sede di strumento di attuazione della pianificazione ordinaria (escludendola nella fattispecie in esame, caratterizzata dalla mancanza di tale strumento): in ogni caso, l'amministrazione avrebbe dovuto effettuare la valutazione di compatibilità, sulla base di criteri ben precisi (concernenti le caratteristiche precipue dei siti, la natura e la vocazione dei singoli porti), assolutamente non rispettati nel caso di specie, con evidente sussistenza dei vizi di carenza di motivazione e d’istruttoria.
Si costituiva in giudizio il Comune di Portici, resistendo al ricorso di cui chiedeva il rigetto.
L’esame dell'istanza cautelare veniva rinviato a data da destinarsi.
In data 21 settembre 2005, il signor Gorga depositata copia dell'atto di rinnovo fino all'anno 2010 dell'autorizzazione per somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, rilasciatogli dal Comune di Portici in data 12 luglio 2005. In pari data, il Comune resistente depositava memoria difensiva, concludendo per il rigetto del ricorso.
In data 13 aprile 2006, il Comune di Portici depositava memoria integrativa, con la quale rilevava che il ricorso in esame non avrebbe potuto contenere motivi aggiunti a quello proposto avverso l'originaria ordinanza di demolizione n. 90/1994 (n. 5385/1994, da considerarsi perento o comunque inammissibile per carenza di interesse, stante la presentazione della domanda di condono); ribadiva la totale legittimità dell'impugnato provvedimento di diniego e prospettava, infine, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (nella misura in cui la pretesa sostanziale dedotta in giudizio si sarebbe risolta essenzialmente nell'accertamento del carattere ipoteticamente demaniale del suolo, materia devoluta alla giurisdizione del giudice civile).
Con ordinanza istruttoria veniva disposta l'acquisizione di tutti gli atti relativi alla procedura conclusasi con l'emanazione dell'impugnato provvedimento di diniego di condono (istanza di concessione edilizia in sanatoria prot. n. 21124/735/UT del 14 febbraio 1995, a firma del signor Gorga Italo; documenti eventualmente allegati alla suddetta istanza; richiesta di integrazione documentale prot. n. 6443/UT del 6 ottobre 1999 del Comune di Portici; documenti presentati dall'interessato in esito alla suddetta richiesta; relazione istruttoria e proposta di diniego del responsabile del procedimento in data 28 febbraio 2005, protocollo n. 685/UT), nonché strumento di pianificazione ed attuazione della pianificazione ordinaria, laddove effettivamente emanato, previsto dall'art. 19, p. 2), p.t.p. dei Comuni vesuviani.
La medesima ordinanza disponeva, inoltre, la trattazione congiunta dei due ricorsi.
In data 26 giugno 2006 l’originario ricorrente depositava documentazione.
In data 21 luglio 2006 il Comune di Portici eseguiva gli incombenti istruttori.
L’8 novembre 2006 il signor Gorga depositava una relazione tecnica dell'arch. Luigi Troise.
Successivamente, in data 17 novembre 2006, il ricorrente depositava memoria di discussione con motivi aggiuntinotificata il 10 novembre 2006, concernente il piano particolareggiato di recupero dell'area portuale (prodotto in giudizio dal Comune in data 21 luglio 2006, in esecuzione dell'ordinanza istruttoria).
Al riguardo, nel rilevare che tale atto risultava soltanto adottato dalla Giunta comunale e non ancora approvato (dunque, non ancora vigente né lesivo), egli lo impugnava, tuttavia, a scopo cautelativo, deducendo sei distinte censure di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili: in particolare, come rilevato con la quarta censura, il piano particolareggiato impugnato, nella parte individuante, nella tavola C, l’immobile de quo in concessione come abusivo, sarebbe stato in insanabile contrasto con le previsioni di cui all'art. 19, comma 2, p.t.p., secondo cui, invece, lo strumento attuativo avrebbe dovuto valutare la compatibilità delle attività svolte e dei manufatti esistenti, in particolare degli esercizi di ristorazione, come nel caso di specie.
In data 20 novembre 2006, il ricorrente depositava memoria di discussione, rilevando (in rapporto alla nota prot. n. 2006.0492034 del 6 giugno 2006 della Regione Campania, concernente la comunicazione di avvio del procedimento di decadenza dalla concessione demaniale marittima n. 63/04, prodotta in giudizio dal Comune di Portici il 21 luglio 2006) l'estraneità alla materia del contendere di qualsiasi questione attinente alla concessione demaniale ed alla decadenza dalla medesima, e depositando nota della Regione Campania comunicante al Comune di Portici che, stante l'impugnazione in sede giurisdizionale del diniego di condono, non sarebbe stato ancora emesso alcun provvedimento di decadenza dalla discussa concessione.
Il Comune di Portici depositava memoria integrativa di merito, eccependo la tardività dei motivi aggiunti (proposti dopo ben otto mesi dalla data di adozione dell'impugnato piano particolareggiato) e ribadendo, per il resto, la piena legittimità del diniego di condono.
D) Preliminarmente, il T.a.r. riuniva i due ricorsi, per evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva.
Ciò posto, il primo ricorso proposto (n. 5385/1994) non veniva dichiarato perento per inattività ultradecennale, come prospettato in via principale dalla difesa del Comune di Portici (ex art. 9, p. 2, legge n. 205/2000).
La ratio della norma era chiaramente quella di verificare, per i ricorsi più datati, la permanenza dell'interesse alla decisione, nell'ulteriore duplice finalità (propria dell’intera legge n. 205/2000), di velocizzare i tempi della decisione con procedure snelle e semplificate e di smaltire il notevole arretrato pendente innanzi agli organi di giurisdizione amministrativa (onerando i collegi giudicanti della cognizione e della decisione delle sole questioni per le quali sussistesse un interesse concreto ed attuale delle parti ricorrenti).
E) Il secondo ricorso proposto (n. 3958/2005) risultava invece fondato in parte, ferma restando la giurisdizione del giudice amministrativo: l'area in questione, ricadente nel Porto del Granatello del Comune di Portici, apparteneva al demanio marittimo, come ammesso dallo stesso ricorrente (qualificatosi come concessionario di area demaniale).
L'impugnato provvedimento di diniego di condono risultava motivato in rapporto al parere sfavorevole espresso dalla commissione edilizia integrata nella seduta del 15 febbraio 2005, verbale n. 19, rilevante il contrasto del manufatto in questione con il p.r.g., redatto in conformità al p.t.p., ed in particolare con l'art. 17, comma 2, n.t.a., secondo cui “le costruzioni abusive nel Porto del Granatello vanno demolite”; inoltre, “sotto il profilo paesaggistico esiste incompatibilità ai sensi dell'art. 19, comma 2, p.t.p.. dei Comuni Vesuviani”: provvedimento fondato su un duplice profilo motivazionale, il primo concernente l’insanabilità assoluta del manufatto abusivo (sotto il profilo urbanistico), il secondo concernente la sua relativa, ed altrettanto radicale, incompatibilità paesistica.
In relazione al primo di essi, se la richiamata disposizione urbanistica prevedeva, al comma 2, che “le costruzioni abusive realizzate nel Porto del Granatello vanno demolite”, la stessa immediatamente, al comma 3, stabiliva che “i precedenti commi hanno efficacia nei limiti previsti dai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985 n. 47 e dell'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994 n. 724”: disposizione operativa, nel suo indiscutibile significato letterale, in deroga alla regola generale posta dal comma precedente, nel senso della salvezza delle pratiche di condono avviate ai sensi delle leggi n. 47/1985 e n. 724/1994.
F) Detta sentenza veniva, quindi, impugnata dal signor Italo Gorga, che riprospettava e ribadiva (pure in apposita memoria conclusiva, citante giurisprudenza sopravvenuta ai fatti di causa e ritenuta conforme alle sue tesi difensive: cfr. C.S., sezione IV, dec. n. 4008/2012) tutte le censure già esposte in prima istanza ed immotivatamente disattese dai primi giudici, che avrebbero ritenuto applicabili retroattivamente vincoli sopravvenuti rispetto all’edificazione ante 1967 del manufatto (peraltro, demanializzato ma già dal comune demolito senza alcuna partecipazione procedimentale delle competenti autorità demaniali), su particella 148 esterna al perimetro urbano, non necessitante di alcuna concessione edilizia, in quanto legittimato grazie alle ottenute autorizzazioni demaniali del 1971 e del 1973.
Il Comune di Portici si costituiva in giudizio e resisteva al gravame anche con apposita memoria (mentre il signor Gorga, con apposita istanza, ne chiedeva la riunione ad altro suo appello posto in decisione in pari data: riunionerichiesta pure dal comune), eccependone l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse (con annullamento senza rinvio della gravata pronuncia: cfr. C.S., sezione V, dec. n. 5208/2011), per intervenuta rideterminazione comunale sul discusso condono, nonché l’inammissibilità e l’infondatezza.
L’appellante, con memoria finale, insisteva nel sostenere il proprio perdurante interesse alla decisione del gravame, in relazione all’efficacia conformativa della sentenza, in caso di accoglimento del gravame, conferendo titolo per la delocalizzazione prevista per le attività della specie, all’esito dei lavori di riqualificazione della banchina, e per il rinnovo della concessione demaniale, nonché alla tutela risarcitoria, ipotizzabile nel caso di accertata illegittimità della disposta demolizione.
G) Con altro ricorso introduttivo il signor Italo Gorga impugnava i seguenti atti:
- disposizione dirigenziale n. 2732/UT del 5.6.2007 di diniego di condono edilizio per le opere edilizie realizzate nel Porto di Granatello; piano per la valutazione della compatibilità paesistica delle opere abusive oggetto di condono edilizio nel territorio del Comune di Portici n. 16412 del 6.6.2006; deliberazione giuntale n. 478 del 5.12.2006; nota della Giunta-settore urbanistica n. 925632 del 9.11.2006; protocollo di intesa tra Regione Campania e Soprintendenza B.A.P.P.S.A.E. di Napoli e Provincia per il coordinamento delle funzioni in materia di sanatoria degli interventi edilizi abusivi, realizzati in aree soggette a vincolo paesaggistico nella Provincia di Napoli; parere della commissione edilizia integrata di cui al verbale n. 8 del 10.4.2007; nota di comunicazione dei motivi ostativi n. 1952/UT del 24.4.2007; precedente provvedimento di rigetto n. 707/UT dell’1.3.2005; ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente.
Con motivi aggiunti del 26 marzo 2008 il signor Gorga impugnava l’ordinanza di demolizione n.4 del 4.1.2008 ed il presupposto verbale della Capitaneria del Porto di Torre del Greco del 4.10.2007.
Con motivi aggiunti del 29 aprile 2008 il Gorga impugnava i seguenti ulteriori atti:
- verbale di consegna dei lavori del 28.6.2007; verbale di consegna di aree di demanio marittimo del 4.10.2007; nota dirigenziale n. 234 del 5.10.2007; nota della Soprintendenza n. 31764 del 12.12.2007; deliberazione di Giunta comunale n. 223 del 14.12.2004; successiva determinazione di affidamento dell’incarico di consulenza; verbale della c.e.i. n. 218 del 29.12.2004; decreto n. 4174/UT; conferenza dei servizi del 30.12.2004; parere della Soprintendenza n. 1791 del 25.2.2005; determinazioni dirigenziali n. 1721 del 7.12.2005 e n. 284 del 21.2.2007; dispaccio ministeriale n. 7038 del 9.7.2007; nota dell’Agenzia del demanio n. 12739 del 31.7.2007; parere del Provveditorato interregionale oo.pp. del 4.7.2007; nota del Servizio demanio marittimo n. 2007/637353; nota dell’Ufficio locale marittimo di Portici n. 1036 del 7.9.2007.
Il medesimo signor Italo Gorga impugnava, in breve, per violazione di legge ed eccesso di potere, la determinazione di rigetto della richiesta di condono edilizio ex art. 39, legge n. 724/1994; con motivi aggiunti del 26.3.2008 la conseguente ordinanza di demolizione; con gli ulteriori motivi aggiunti del 29.4.2008 il verbale di consegna dell’area al demanio marittimo e gli atti presupposti ivi richiamati.
Si costituivano in giudizio la Soprintendenza ed il Comune di Portici, quest’ultimo eccependo in rito la sopravvenuta carenza di interesse e l’inammissibilità dei motivi aggiunti proposti avverso il verbale di consegna al demanio.
H) L’interesse al ricorso veniva ritenuto persistente in relazione all’efficacia conformativa della sentenza, in caso di accoglimento del gravame, per le ragioni sopra già esposte.
Il provvedimento negativo oggetto del gravame introduttivo traeva origine dal contenzioso relativo al precedente diniego di condono edilizio ex art. 39, legge n. 724/1994, definito con sentenza di parziale accoglimento, per difetto di motivazione sulle ragioni della rilevata incompatibilità urbanistica e paesaggistica dell’intervento realizzato, pronuncia impugnata con distinto appello qui riunito ad altro gravame con la presente sentenza.
Con il provvedimento successivamente impugnato il Comune di Portici, nel dichiarato riesercizio del potere a seguito della ricordata sentenza di rigetto, aveva nuovamente negato il condono edilizio per le opere in questione.
La rinnovata determinazione negativa in questa sede impugnata era stata motivata sulla base del parere sfavorevole della commissione edilizia integrata del 10 aprile 2007 e della confutazione delle osservazioni presentate dall’interessato ex art. 10-bis, legge n. 241/1990: donde le censure di violazione della ripetuta sentenza; difetto di motivazione; illegittimità del piano di valutazione; incompetenza della Giunta e della Soprintendenza (dato il ritardo nell’adozione del provvedimento intervenuta dopo i dodici mesi prescritti dall’art. 23, p.t.p.); omissione del parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, non fungibile con il parere della commissione edilizia integrata; illegittimità della disposizione di cui all’art. 8, comma 3 (del ripetuto piano di dettaglio) - contemplante un’apodittica insanabilità assoluta, in assenza di un’adeguata attività di accertamento, da espletare soltanto a seguito dell’intervenuta approvazione del piano urbanistico attuativo o particolareggiato, ed in aperta violazione dell’art. 19, p.t.p., di natura inderogabile in quanto approvato in base ad un decreto ministeriale, atto amministrativo generale; persistente mancanza del suddetto piano attuativo, non essendo ancora intervenuta l’approvazione di quello soltanto adottato con la deliberazione n. 54/2008; violazione dell’art. 12, n.t.a., p.r.g., nella zona D3 portuale anch’esso affidante ad un apposito piano attuativo le valutazioni di compatibilità.
I) Si trattava solo della condonabilità delle opere realizzate dal ricorrente nel Porto di Granatello, esulando invece ogni questione, adombrata in ricorso, relativa alla legittimità delle medesime in ragione del tempo trascorso ovvero del rilascio delle concessioni demaniale e commerciale: l’abusività dei ricordati manufatti, presupposta dallo stesso signor Gorga con la proposizione dell’ìstanza di condono, era stata affermata in maniera chiara e precisa nella prima sentenza (poi appellata), fermo restando che, in sede di rilascio della concessione edilizia a sanatoria, ex art. 32, legge n. 47/1985, si deve tener conto del vincolo esistente al momento in cui venga esaminata la domanda di condono, a prescindere dall’epoca di introduzione del vincolo stesso e, quindi, anche per le opere eseguite anteriormente all'apposizione del medesimo (cfr. C.S., sez. VI, dec. n. 5669 del 02 novembre 2007).
L) Anche tale sentenza veniva poi appellata dal signor Gorga, che reiterava tutte le sue doglianze già esposte in prima istanza e disattese dal T.a.r. adìto, insistendo nel vizio di motivazione della determinazione dirigenziale gravata (non rilevato dai primi giudici), senza alcuna esauriente spiegazione circa le rigettate sue osservazioni ed il mancato rispetto dei criteri-guida fissati nell’impugnata sentenza; nell’omesso preavviso procedimentale; nella non condivisibile sua carenza di legittimazione all’esercizio di diritti dominicali demaniali; nell’omessa comparazione tra interessi pubblici e privati; nella mancata partecipazione ad ignote conferenze dei servizi; nella carenza del piano particolareggiato sul quale fondare un riesame del primo diniego di condono; infine, nella trascurata acquisizione di tutti i pareri, proposte, autorizzazioni e deleghe necessari per una corretta gestione dell’intera procedura.
Le amministrazioni appellate si costituivano (argomentando pure in apposita memoria conclusiva circa la correttezza dell’impugnata sentenza) ed altrettanto faceva il Comune di Portici.
Il signor Gorga, con memoria finale, insisteva nel sostenere il proprio perdurante interesse alla decisione del gravame, in relazione all’efficacia conformativa della sentenza, in caso di accoglimento del gravame, conferendo titolo per la delocalizzazione prevista per le attività della specie, all’esito dei lavori di riqualificazione della banchina, e per il rinnovo della concessione demaniale, nonché alla tutela risarcitoria, ipotizzabile nel caso di accertata illegittimità della disposta demolizione (citando pure giurisprudenza sopravvenuta ai fatti di causa e considerata conforme alle sue tesi difensive: cfr. C.S., sezione IV, dec. n. 4008/2012), in rapporto a tutte le censure già esposte in prima istanza ed immotivatamente disattese dai primi giudici, che avrebbero ritenuto applicabili retroattivamente vincoli sopravvenuti rispetto all’edificazione ante 1967 del manufatto.
M) Il Comune di Portici resisteva a detto secondo appello anche con apposita memoria illustrativa, eccependone l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse (con annullamento senza rinvio della gravata pronuncia: cfr. C.S., sezione V, dec. n. 5208/2011), per intervenuta rideterminazione comunale sul discusso condono; l’inammissibilità per sopraggiunta perdita della disponibilità giuridica del bene, divenuto demaniale (ma comunque demolito) a seguito del denegato rinnovo (tardivamente richiesto) della concessione demaniale marittima (non oggetto di alcuna tutelata aspettativa e) scaduta il 31 dicembre 2006 (con decadenza riconosciuta dalla Regione Campania), per il riscontrato e contestuale difetto dei necessari requisiti urbanistici ed igienico-sanitari su di che si era fondata la disposta revoca/decadenza/sanzione (ex art. 4, comma 1, lett. a), legge n. 287/1991), di natura palesemente vincolata ma comunque adeguatamente motivata in rapporto a dette circostanze (cfr. C.S., sezione V, dec. n. 4196/2005; sezione VI, dec. n. 5547/2006); l’insanabilità (trattandosi d’illecito ad effetti permanenti sempre sanzionabile, indipendentemente dal p.u.a.) del manufatto privo del prescritto titolo edilizio, alla luce anche del piano particolareggiato di recupero e conservazione dell’area portuale in esame approvato dalla competente Soprintendenza con atto n. 31674/2007, ai sensi dell’art. 19, p.t.p. dei Comuni Vesuviani, e dell’art. 12, p.r.g. del Comune di Portici.
All’esito della pubblica udienza di discussione le due vertenze passavano in decisione.
DIRITTO
I due appelli possono essere riuniti (per la loro palese connessione soggettiva e parzialmente oggettiva), decisi (per la sicura sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo) e respinti nel merito (per la loro evidente infondatezza, il che permette al collegio di tralasciare l’esame delle varie eccezioni preliminari di rito qui dedotte), dovendosi condividere le argomentazioni dei primi giudici per le ragioni riassunte qui di seguito.
I) Già l'art. 31, legge n. 1150/1942, richiedeva la licenza edilizia anche per le opere da realizzarsi da parte di privati su aree demaniali e tale obbligo risultava poi trasfuso nell'art. 8, d.P.R. n. 380/2001, per cui il titolo edilizio sarebbe comunque stato sempre necessario, non risultando ricompreso nella concessione demaniale: donde la sicura abusività delle opere, mancanti del necessario titolo edilizio e comunque non sanabili ai sensi dell'art. 32, legge n. 47/1985, in quanto l'art. 17, comma II, n.t.a., p.r.g., in conformità con il p.t.p., aveva previsto che “le costruzioni abusive nel porto del Granatello vanno demolite”.
Nella specie, il signor Gorga, sottoscrivendo personalmente l'atto di costituzione e di nomina di un secondo difensore in aggiunta al primo (ed espressamente insistendo per l’integrale accoglimento del ricorso), ha provato di avere ancora interesse alla decisione del ricorso, così ottemperando al descritto onere processuale.
La mancanza dell'avviso della Segreteria appare sanata dall'ordinanza collegiale n. 379/2006, resa nell'altro giudizio (n. 3958/2005 R.G.) pendente tra le stesse parti e con la quale, ritenuta la necessità della trattazione congiunta di entrambi i ricorsi, era stato dato mandato al Segretario della sezione di provvedere ai relativi adempimenti.
Per quanto non perento, il gravame risultava peraltro improcedibile per sopraggiunto difetto d’interesse, data la sopravvenuta attività provvedimentale della pubblica amministrazione (necessitata dall’iniziativa dello stesso interessato: istanza di condono edilizio, ai sensi dell'art. 39, legge n. 724/1994, protocollo n. 21124/735/UT del 14 febbraio 1995, respinta con la disposizione dirigenziale n. 707/UT del 1° marzo 200): il diniego di condono non ripristinava l'originale ordinanza di demolizione ma implicava la necessità che venisse emanato un nuovo provvedimento sanzionatorio, come implicitamente stabilito dall'art. 40, legge n. 47/1985 (cfr. C.S., sez. V, dec. 12 ottobre 2004 n. 6523).
La pretesa sostanziale svolta in giudizio era diretta al conseguimento, in relazione al discusso manufatto, della concessione edilizia in sanatoria da parte del soggetto che, nella dichiarata qualità di concessionario dell'area, vi aveva evidentemente un interesse legittimo, correlato all’esercizio di un potere amministrativo: donde l’indubbia ravvisabilità della sussistenza di questa giurisdizione.
II) Sempre in linea preliminare, nella specie, la legittimazione e l’interesse del ricorrente riposano sulla comprovata titolarità, in capo al medesimo, di un titolo di concessione demaniale in relazione al manufatto in esame, derivante dal provvedimento n. 63, rep. n 213, del 29 giugno 2004, rilasciato dalla Regione Campania, Settore demanio marittimo, e concernente un’area di complessivi mq. 130, per la durata di mesi 48, dall’1/1/2003 al 31/12/2006.
Infatti, in tanto l’appellante avrebbe avuto interesse a richiedere il condono del manufatto in questione (e ad impugnare l’eventuale diniego, come in realtà avvenuto), in quanto egli fosse stato in atto destinatario di un efficace provvedimento di concessione, così posto in una posizione qualificata rispetto al bene.
Al momento della decisione il presente ricorso era pertanto ancora procedibile, in quanto il rapporto giuridico sottostante (da cui l’originario ricorrente derivava la propria legittimazione ed il proprio interesse) era ancora pienamente valido ed efficace.
II) Tanto premesso, i primi giudici osservavano che l'obbligo d’inviare il preavviso procedimentale ex artt. 7 e ss., legge n. 241/1990, presupponeva che l'interessato ignorasse l'esistenza del procedimento stesso, per cui tale obbligo non poteva ritenersi sussistente ove, come incontestabilmente avvenuto nel caso di specie, il procedimento fosse iniziato a seguito dell’istanza del medesimo interessato.
In effetti, il manufatto in questione, ancorché oggetto di provvedimenti di concessione demaniale marittima da parte della competente autorità (la Capitaneria di Porto prima e la Regione Campania poi), necessitava comunque dell'ulteriore ed autonomo titolo edilizio comunale, stante la piena autonomia (e l’operatività su livelli diversi) dei due settori amministrativi in considerazione, chiaramente evincibile dalla duplice normativa (edilizia e marittima) applicabile.
La necessità dell'apposito titolo edilizio per le opere da eseguirsi dai privati su aree demaniali era ed è, infatti, espressamente prevista dall'art. 8, d.P.R. n. 380/2001 (riproducente il contenuto dell'art. 31, comma 3, legge n. 1150/1942, nel testo sostituito dall'art. 10, legge n. 765/1967), nonché implicitamente riconosciuta dall'art. 55, comma 4, codice della navigazione (nella parte richiamante i p.r.c., in materia di nuove opere in prossimità del demanio marittimo).
Per la realizzazione di opere sul demanio marittimo occorre l'autorizzazione prevista dall'art. 54, cod. nav., anche dopo la delega alle regioni in materia di demanio marittimo ed il trasferimento ai comuni delle competenze per il rilascio di concessioni demaniali, atteso che tale trasferimento di competenze non ha fatto venir meno la necessità di apposita e specifica autorizzazione, che concorre con la concessione edilizia, sussistendo due diverse finalità di tutela: la riserva all'ente locale del governo e dello sviluppo del territorio in materia di edilizia relativamente alla concessione ad edificare, la salvaguardia degli interessi pubblici connessi al demanio marittimo per quanto attiene all’autorizzazione demaniale (cfr. Cass. pen., sez. III, sent. 7 novembre 2002 n. 8110).
III) Non appare, inoltre, esatto il rilievo dedotto sul punto dall’appellante, secondo cui, nella specie, non si sarebbe ravvisata detta necessità, in ragione della data di realizzazione delle opere in questione, anteriore alla riforma urbanistica del 1967 (che avrebbe per la prima volta richiesto la licenza edilizia per i manufatti realizzati da privati su suolo demaniale): la necessità del titolo edilizio comunale si rinveniva pure nell'art. 55, comma 4, codice della navigazione (del 1942, come tale sicuramente applicabile alla fattispecie, nella quale si discuteva di opere progressivamente realizzate dal 1958 in poi), ed era ribadita dall'art. 31, legge urbanistica n. 1150/1942, che, nel suo testo originario, richiedeva comunque, senza distinguere tra suoli demaniali e suoli non demaniali, il rilascio della licenza edilizia per tutte le costruzioni da realizzare nei centri abitati (e tale era ed è sicuramente l’area demaniale del Porto del Granatello, situata nel centro abitato di Portici).
IV) D’altra parte, non risulta provata la circostanza di fatto secondo cui il manufatto in questione, nella sua attuale consistenza, sarebbe stato realizzato prima del 1967.
A tal fine, non può essere ritenuta decisiva la relazione tecnica dell'arch. Luigi Troise, depositata in data 8 novembre 2006 e riferita ad una foto aerea del 1968 (foto n. 127, volo del luglio 1968, serie 23), relativa ad una data successiva a quella considerata (senza che, peraltro, fosse comunque desumibile la dedotta corrispondenza).
Per di più, nell'esposizione del fatto contenuta nel ricorso, lo stesso interessato ammetteva che “l'attuale configurazione del manufatto tale risulta sin dagli anni ’70, come si evince dalle concessioni di quegli anni”.
Inoltre, ancora prima, nell'istanza di condono edilizio del 10 febbraio 1995 (acquisita agli atti di causa), egli dichiarava testualmente “di essere concessionario, da parte del demanio marittimo, di una zona demaniale di mq. 130,00 …” e che … “nel 1983 fu effettuata la copertura della detta area in concessione con l'uso di lamiera in ferro, alluminio e vetri su piattaforma di cemento, per la vendita di cibi cotti”.
Nessun dubbio può, dunque, sussistere in ordine alla data di realizzazione del manufatto in questione (nella sua consistenza attuale, pari per l’appunto a mq. 130,00), indubbiamente successiva al 1967, con la sicura applicabilità (tempus regit actum) dell'art. 31, comma 3, legge urbanistica n. 1150/1942, nel testo sostituito dall'art. 10, legge n. 765/1967, implicante ora come allora la necessità del titolo edilizio comunale.
Era stato realizzato, sulla base delle sole concessioni demaniali rilasciate dall'autorità marittima in favore dell’appellante (e prima ancora, del suo dante causa signor Vincenzo Carotenuto), un progressivo e graduale ampliamento sia dell’area che del manufatto originariamente assentito, passandosi da un’area di “mq. 6, concessa allo scopo di mantenervi una baracca in legno” (conc. n. 11, rep. n. 22, del 4/2/1958), ad una superficie di “mq. 68, di cui 9 coperti” (conc. n. 68, rep. n. 245 del 26/9/1961), ad una “baracca in legno smontabile di mq. 31, con adiacente tettoia smontabile di mq. 47” (conc. n. 29, rep. n. 40, del 4/2/1965), a “tre casotti in muratura leggera, di complessivi mq. 20 circa, nonché una baracca con tettoia di circa mq. 15 e spiazzo di circa mq. 40” (conc. n. 60, rep. n. 157, del 5/4/1971), per arrivare, infine, alla consistenza attuale di un’area di complessivi “mq. 130, con 2 locali … e la restante area coperta con lamiere grecate su struttura in ferro” (conc. n. 63, rep. n 213, del 29 giugno 2004).
La mancanza di titolo edilizio del manufatto, progressivamente realizzato sulla base delle sole concessioni demaniali, ne comportava per i primi giudici (come pure per questo collegio) la sicura configurazione come abusivo, ai fini urbanistico-edilizi.
La sopravvenienza di una normativa vincolistica, rispetto alla data di esecuzione delle opere abusive (ed anche rispetto alla data di presentazione della domanda di condono edilizio), non ne escludeva l’applicabilità in sede di valutazione della domanda, sia in base ai principi generali (ratione temporis), sia in base al principio specifico desumibile dall’art. 32, comma 2, legge n. 47/1985 (cfr. C.S., Ad. Plen., sent. n. 20 del 1999 e sez. V, sent. 23 novembre 2006 n. 6871, secondo cui in sede di rilascio della concessione edilizia a sanatoria di opere edilizie abusive, ai sensi dell’art. 32, legge n. 47/1985, si deve tener conto del vincolo esistente al momento in cui venga esaminata la domanda di condono, a prescindere dall’epoca d’imposizione del vincolo stesso).
V) Per di più, trattandosi di zona vincolata paesisticamente, in virtù del p.t.p. dei Comuni Vesuviani (approvato con d.m. Beni culturali 4 luglio 2002), Il Tribunale amministrativo territoriale del tutto legittimamente ha ritenuto doversi escludere la formazione del silenzio-assenso, stante la mancanza del parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo sulla compatibilità paesistico-ambientale [cfr. C.S., sez. IV, dec. 30 giugno 2005 n. 3542, secondo cui, ai sensi della legge 28 febbraio 1985 n. 47, art. 35, in relazione al disposto dell'art. 32, in caso d’istanza di condono edilizio per opere abusive realizzate su aree sottoposte a vincolo (nella specie, paesistico), il silenzio-assenso dell'amministrazione comunale si forma con il decorso di ventiquattro mesi dall'emanazione del parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo stesso, soltanto ove tale parere abbia contenuto favorevole per l'istante].
La stessa amministrazione comunale, in sede di pianificazione urbanistica, si era autovincolata in relazione alla successiva attività provvedimentale diretta all'esame delle domande di condono stabilendo che, entro tali limiti, la normativa generale non avrebbe dovuto applicarsi, per cui l'amministrazione, nell'esaminare la richiesta presentata dall’appellante, non avrebbe dovuto opporvi l'apparente incompatibilità totale posta dal comma 2, ma avrebbe dovuto valutarla in concreto, come se tale incompatibilità totale non fosse sussistente: il tutto, con contestuale ravvisabilità del vizio di violazione dell'art. 17, n.t.a. (essendo stata completamente obliterata la previsione di cui al comma 3), e del vizio di motivazione (mancando l'esplicitazione di una qualsiasi ragione sulla ritenuta incompatibilità concreta dell'intervento realizzato), tanto più che l'art. 19, comma 2, p.t.p. dei Comuni Vesuviani, parimenti non poneva alcuna incompatibilità paesistica assoluta, risultando esercitabile il potere della valutazione, in concreto, dell'intervento abusivo solo dopo la definitiva approvazione dell'“obbligatorio strumento di pianificazione e di attuazione della pianificazione delle aree portuali”, vincolato agli specifici criteri delineati dalla norma in esame.
Correttamente, dunque, i primi giudici avevano ritenuto che, sotto tale profilo, l’amministrazione procedente avesse errato una prima volta nel ritenersi fornita del potere di valutazione di compatibilità paesaggistica, pur in mancanza di definitiva approvazione dello strumento attuativo, ed una seconda volta nel ritenere applicabile un’incompatibilità paesaggistica assoluta comunque non prevista da alcuna norma: la doglianza in esame veniva, quindi, nel suo complesso condivisibilmente accolta (assorbendosi i motivi aggiunti), con la conseguenza che la resistente amministrazione comunale avrebbe dovuto rideterminarsi sulla domanda di condono del ricorrente, ove ancora sussistente, in capo a quest’ultimo, il necessario titolo legittimante costituito da un valido ed efficace provvedimento di concessione demaniale.
VI) Ma quanto sopra non poteva verificarsi, donde l’inammissibilità del ricorso per sopraggiunta perdita della disponibilità giuridica del bene, divenuto demaniale (ma comunque demolito) a seguito del denegato rinnovo (tardivamente richiesto) della concessione demaniale marittima (non oggetto di alcuna tutelata aspettativa e) scaduta il 31 dicembre 2006 (con decadenza riconosciuta dalla Regione Campania), per il riscontrato e contestuale difetto dei necessari requisiti urbanistici ed igienico-sanitari, su di che si era fondata la disposta revoca/decadenza/sanzione (exart. 4, comma 1, lett. a), legge n. 287/1991), di natura palesemente vincolata ma comunque adeguatamente motivata in rapporto a dette circostanze (cfr. C.S., sezione V, dec. n. 4196/2005; sezione VI, dec. n. 5547/2006); l’insanabilità (trattandosi d’illecito ad effetti permanenti sempre sanzionabile, indipendentemente dal p.u.a.) del manufatto privo dell’indispensabile titolo edilizio, alla luce anche del piano particolareggiato di recupero e conservazione dell’area portuale in esame, approvato dalla competente Soprintendenza con atto n. 31674/2007, ai sensi dell’art. 19, p.t.p. dei Comuni Vesuviani, e dell’art. 12, p.r.g. del Comune di Portici.
VII) Dunque, si trattava della condonabilità, ex art. 32, legge n. 47/1985, ed art. 39, legge n. 739/1994, d’immobili in zone vincolate - nella specie precisamente nel Porto di Granatello, sottoposto a vincolo paesaggistico - per la quale le richiamate norme prescrivevano l’acquisizione del parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo medesimo.
Con la prima sentenza era stato richiesto al Comune di Portici d’indicare le ragioni della specifica valutazione tecnico-discrezionale vòlta ad assicurare la compatibilità dell'edificazione abusiva con i valori tutelati: obbligo assolto dalla rinnovata determinazione negativa poi impugnata, essendosi posto in rilievo, sulla base del parere della commissione edilizia integrata, che “l’immobile oggetto della richiesta di condono, per giacitura ed ubicazione, costituisce un detrattore ambientale, impedendo la lettura del sud del fronte verso il mare del muro dello storico tracciato ferroviario Napoli-Portici”, …….. “analogamente ostacola la lettura del complesso settecentesco di villa d’Elboeuf” (valutazioni di merito, da un lato, palesanti gli effetti che l’intervento da abilitare avrebbe prodotto sul territorio di riferimento, dall’altro, insindacabili, salva la manifesta illogicità e l’irragionevolezza, nella specie - ad avviso del collegio - obiettivamente non ravvisabili).
Inoltre, il provvedimento impugnato ha legittimamente rilevato che il manufatto oggetto della richiesta di condono, ricadendo in “Zona A - zona di centro storico, edilizia e parchi storici”, non era assentibile “alla luce del piano per la valutazione della compatibilità paesaggistica degli interventi edilizi abusivi oggetto di istanza di condono”, il cui art. 8 delle norme tecniche di attuazione recitava che “non possono, in ogni caso, ritenersi compatibili con i requisiti specifici ed i caratteri di pregio posseduti dalla zona”, tra gli altri, i “manufatti ed opere abusive realizzate nell’area portuale del Granatello, come perimetrata a costituire la zona A.P., ex articolo 19 del vigente p.t.p.- Ambito Vesuvio” (v. art. 23, p.t.p.: condizione preliminare all’esame delle domande di condono).
VIII) Infine, ad avviso del collegio, la competenza non poteva che appartenere alla Giunta, per la parte comunale, trattandosi di atto d’indirizzo politico – laddove “il supporto degli uffici tecnici”, previsto dall’art. 23, p.t.p., era da riferire all’attività preparatoria ed istruttoria – ed alla Soprintendenza, per conto del Ministero, secondo il decentramento dei poteri in materia di tutela ambientale e paesistica di cui al d.m. 18.12.1996, fermo restando il carattere palesemente ordinatorio (a carattere sollecitatorio, in assenza di pur implicite previsioni sanzionatorie per il caso di una sua mancata osservanza) del previsto termine di dodici mesi, mentre la concertazione per l’adozione del ripetuto strumento pianificatorio tra Soprintendenza e Comune di Portici poteva pacificamente ritenersi integrare laconsultazione richiesta dall’art. 32, legge n. 47/1985, non richiedendovisi necessariamente un parere distinto ed autonomo dall’altro ma realizzandosi comunque l’intento voluto dal legislatore: una valutazione di compatibilità urbanistica operata dall’autorità preposta alla tutela del vincolo.
Nulla di censurabile può essere riscontrato, d’altra parte, nella prescrizione di generale abusività ed insanabilità delle opere ubicate nel Porto di Granatello (art. 8, comma 3), limitata ad un contesto ben individuato e delimitato, nel quale la valutazione di concreta insanabilità veniva razionalmente desunta dalla natura e dalla consistenza delle opere contrastanti con la destinazione del luogo: lo strumento attuativo di dettaglio previsto dall’art. 23, p.t.p., aveva carattere generale, riguardando tutte le opere condonabili, in quanto “finalizzato ad una valutazione specifica della compatibilità delle opere abusivamente realizzate con il grado di compromissione ambientale della relativa area”, mentre quello (presupponente il precedente) di cui art. 19, p.t.p., aveva carattere specifico, per “valutare la compatibilità delle attività svolte e dei manufatti esistenti…...con le caratteristiche precipue dei siti (ambientali, paesistiche, storiche, archeologiche) e con la natura e vocazione dei singoli porti” (donde un rapporto non dialternatività ma di assoluta complementarietà, per cui, in mancanza del primo, il parere di cui all’art. 32, legge n. 47/1985, ben avrebbe potuto riferirsi alle prescrizioni del secondo, in ossequio al criterio della prevalenza della pianificazione paesistica su quella comunale).
Neppure può condividersi la doglianza di difetto di motivazione circa le osservazioni formulate dall’appellante, a seguito della comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10-bis, legge n. 241/1990, puntualmente e dettagliatamente confutate, pure in rapporto alla prodotta documentazione fotografica: tali rilievi sono sufficienti a sorreggere la legittimità della determinazione impugnata, in quanto soddisfacenti l’esigenza di esternare le ragioni della concreta incompatibilità dell’intervento edilizio realizzato.
IX) La natura consequenziale e vincolata dell’ordinanza di demolizione induce inevitabilmente a respingere, poi, le censure di cui ai motivi aggiunti del 26.3.2008 (ed a quelli ulteriori del 29.4.2008, altresì inammissibili nella parte priva di specifiche doglianze circa gli atti impugnati), in tema di mancato preavviso procedimentale, ex art. 21-octies, legge n. 241/1990, in assenza di elementi da cui desumere che l’invocata partecipazione avrebbe comportato una diversa determinazione finale, come pure in tema di omessa diffida ex art. 35, d.P.R. n. 380/2001, e pretermesso avviso del giorno e dell’ora dell’effettuazione dell’incombente, circostanze smentite dal contenuto del provvedimento impugnato e dal suo carattere monitorio, mentre la censura di omessa acquisizione di autorizzazioni e pareri delle preposte autorità statali da un lato risulta inammissibile - in quanto vòlta a tutela di diritti dominicali demaniali, in difetto di alcuna relativa legittimazione dell’appellante - e dall’altro infondata, avendo il comune l’obbligo di tutelare e sopprimere gli abusi edilizi, anche in riferimento ai beni demaniali marittimi posti nell’ambito comunale.
Conclusivamente, i due appelli riuniti vanno respinti (anche quanto alle inconsistenti e non provate, oltre che improponibili pretese risarcitorie, in rapporto ad atti riscontrati come legittimi), con conferma delle impugnate sentenze, mentre le spese e gli onorari del giudizio di seconda istanza si liquidano come in dispositivo, secondo il consueto criterio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, riunisce i due appelli (r.g.a.n. 3263/2008 e r.g.a.n. 7691/2010) eli respinge entrambi.
Condanna l’appellante soccombente Italo Gorga a rifondere al costituito e vittorioso Comune di Portici (per il 50%) ed alle costituite amministrazioni statali appellate e creditrici solidali (per il 50% dell’importo totale) le spese e gli onorari del secondo grado dei due giudizi riuniti, liquidati in complessivi euro seimila/00 (di cui euro seicento/00 per esborsi), oltre alle spese generali ed ai dovuti accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2012, con l'intervento dei giudici:
Luigi Maruotti, Presidente
Aldo Scola, Consigliere, Estensore
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere



L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE



DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)