Consiglio di Stato Sez. VI n. 10767 del 7 dicembre 2022
Urbanistica.Natura dei vincoli di destinazione di aree private

La destinazione ad attrezzature ricreative, sportive e a verde pubblico, data dal P.R.G. ad aree di proprietà privata, non comporta l'imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all'interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione effettuata dallo strumento urbanistico. Ciò vale pure per i vincoli di destinazione imposti dal piano regolatore per attrezzature e servizi realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua, in regime di economia di mercato, anche se accompagnati da strumenti di convenzionamento (ad es. parcheggi, impianti sportivi, mercati e strutture commerciali, edifici sanitari, zone artigianali, industriali o residenziali)


Pubblicato il 07/12/2022

N. 10767/2022REG.PROV.COLL.

N. 00335/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 335 del 2018, proposto da
Vivavirgolo s.r.l. (già BBG Trading s.r.l.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Igor Janes, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Bolzano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gudrun Agostini e Alessandra Merini, Bianca Maria Giudiceandrea, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Provincia Autonoma di Bolzano, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;

per la riforma:

della sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione Autonoma di Bolzano n. 00175/2017, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bolzano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2022 il Consigliere Lorenzo Cordi' e lette le conclusioni rassegnate dalle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società Vivavirgolo s.r.l. (in precedenza denominata BBG Trading s.r.l.) propone appello avverso la sentenza n. 175/2017 con la quale il T.R.G.A. – Sezione Autonoma di Bolzano respinge il ricorso proposta dall’odierna appellante al fine di ottenere: i) l’accertamento della natura espropriativa o sostanzialmente espropriativa del vincolo imposto sulle aree di proprietà (pp. ed. 403, 2114/1, 2749, 2750, 2751, 2752, 2753, 402 e pp. ff. 1447/1, 1449/1 e 1449/5, in C.C. Dodiciville); ii) l’annullamento in parte qua della delibera n. 29 del 25.03.2015 del Consiglio comunale di Bolzano (con cui è confermato il piano urbanistico comunale vigente, approvato con deliberazione consiliare n. 46 del 19.04.2005), del parere del 23.03.2015 della Commissione consiliare all’urbanistica del Comune di Bolzano e di ogni “ulteriore atto presupposto, antecedente, infraprocedimentale, connesso e conseguente”.

2. La società appellante è proprietaria di un compendio immobiliare ubicato nell’area del c.d. “Virgolo” e avente un’estensione di circa 17.000 mq. Tale compendio è collocato in un’area la cui destinazione urbanistica originaria di “verde agricolo” è variata in “zona sportiva convenzionata” con la delibera della Giunta provinciale n. 5905 del 18.11.1985. La variante modifica, inoltre, la previsione di cui all’art. 18 delle norme di attuazione del P.U.C. stabilendo che “nelle zone sportive convenzionate (contraddistinte nel piano di zonizzazione con il simbolo “C/V”) il Comune può affidare nell’interesse collettivo ai sensi dell’art. 3 della L.P. 21 novembre 1983, n. 45, la realizzazione e gestione degli impianti ed attrezzature per attività sportive e ricreative ai privati proprietari con delibera di assegnazione dell’area e mediante stipula di convenzione in forma di atto pubblico”. Tale scelta urbanistica ha carattere ricognitivo degli impianti sportivi all’epoca già esistenti (3 campi da tennis, 2 piscine, 1 centro da tennis da tavolo, 1 Club House, 1 magazzino), ed è ribadita (pur con la diversa denominazione della destinazione in “zona per opere ed impianti pubblici - “zone convenzionate (CV)”) dalle successive delibere di rielaborazione delle norme di attuazione del P.U.C., approvate nel 1995 (doc. n. 11 del fascicolo di primo grado di parte appellante) e nel 2000 (doc. n. 12 del fascicolo di primo grado di parte appellante), nonché dalla delibera consiliare n. 46 del 19.04.2005 di conferma del P.U.C. ai sensi dell’art. 18 della L.p. n. 13/1997 (doc. n. 2 del fascicolo di primo grado del Comune).

2.1. Con atto deliberativo n. 29 del 25.03.2015 il Consiglio comunale di Bolzano procede ulteriormente alla formale conferma del P.U.C. ai sensi della previsione di cui all’art. 18 della L.p. n. 13/1997 che, pur attribuendo efficacia a tempo indeterminato alle previsioni del P.U.C., assoggetta le stesse a conferma o revisione decennale, con la precisazione che soltanto la conferma dei vincoli espropriativi è subordinata ad espresso onere di motivazione. L’area di proprietà dell’odierna appellante viene, quindi, disciplinata dalla previsione di cui all’art. 28 delle n.t.a. del P.U.C. che enumera gli impianti sportivi esistenti nella zona del Virgolo, stabilendo che il Comune “può affidare nell’interesse collettivo la realizzazione e gestione degli impianti ed attrezzature per attività sportive e ricreative ai privati proprietari con delibera di assegnazione dell’area e mediante stipula di convenzione in forma di atto pubblico”.

3. L’odierna appellante ricorre al T.R.G.A. – Sezione Autonoma di Bolzano proponendo, in primo luogo, domanda di accertamento della natura espropriativa dei vincoli imposti sulle aree di proprietà, nonché domanda di annullamento della delibera n. 29 del 25.03.2015 (di conferma del piano urbanistico comunale approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 46 del 19.04.2005), nella parte in cui reitera il vincolo espropriativo ribadendo la destinazione urbanistica di “zona per opere ed impianti pubblici” – “zone convenzionate (CV)”, impressa agli immobili oggetto della controversia.

3.1. A sostegno delle domande proposte in primo grado l’odierna appellante articola tre motivi di ricorso.

3.1.1. Con il primo motivo la Società deduce la violazione delle previsioni di cui agli artt. 1, 7 e 18 della L.p. n. 13/1997, all’art. 9 del D.P.R. n. 327/2001, e agli artt. 1 e 3 L. n. 241/1990, nonché l’eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità ed irrazionalità. La Società sostiene la natura espropriativa del vincolo imposto sull’area di proprietà con la riconferma della classificazione urbanistica di “zona per opere ed impianti pubblici” – “zone convenzionate (CV)”. A tal fine, richiama le previsioni di piano che, sia nella parte grafica (relative alla “zona per opere ed impianti pubblici – zone convenzionate CV”), sia nella parte normativa (art. 28 delle n.t.a. in cui si specifica la destinazione ad “impianti ed attività sportive”), escluderebbero ogni possibilità di proficua utilizzazione da parte del privato proprietario, svuotando il diritto dominicale di gran parte del suo contenuto economico. La natura sostanzialmente espropriativa dei vincoli in oggetto troverebbe conferma nel disposto dell’art. 16 della legge urbanistica provinciale, ove si stabilisce che le aree destinate ad opere ed impianti di interesse collettivo e sociale possono essere assegnate ai privati proprietari mediante la stipula di apposita convenzione, la cui inosservanza determina l’acquisizione in capo al Comune dell’impianto assieme all’area su cui lo stesso insiste. Inoltre, la Società deduce il difetto di istruttoria e la carenza di motivazione del provvedimento non tenendosi conto del degrado subito dall’intero compendio negli ultimi trent’anni, in seguito alla dismissione del collegamento funiviario con Bolzano (risalente al 1976); censura, altresì, l’operato del Comune ritenendo che lo stesso ometta di adattare gli strumenti urbanistici ai nuovi fabbisogni e alle mutate caratteristiche che deve presentare l’offerta di strutture sportive e/o ricreative per rispondere a criteri di sostenibilità economica.

3.1.2. Con il secondo motivo la Società deduce la violazione delle previsioni di cui agli artt. 1, 7 e 18 della L.p. n. 13/1997, all’art. 9 del D.P.R. n. 327/2001, e agli artt. 1 e 3 L. n. 241/1990, nonché l’eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità ed irrazionalità. La Società deduce la mancata specificazione delle ragioni della reiterazione del vincolo espropriativo, nonché di quelle che giustificano il persistere dell’interesse pubblico al mantenimento della previgente disciplina urbanistica, dal momento che il provvedimento gravato ricorre ad una formula di mero stile, priva di qualsiasi valutazione istruttoria.

3.1.3. Con il terzo motivo la Società deduce la violazione delle previsioni di cui agli artt. 18 e ss. della L.p. n. 13/1997 e dei principi generali in materia di pianificazione urbanistica, nonché l’eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto istruttorio, illogicità ed irrazionalità. La Società deduce l’illegittimità della riconfermata destinazione urbanistica in quanto il Comune non considera come l’area in questione non sia dotata dell’originaria opera di urbanizzazione (la funivia) e che l’unico accesso al sito attualmente esistente sia inidoneo a consentire il raggiungimento delle strutture da parte degli utenti.

4. Si costituisce nel giudizio di primo grado il Comune di Bolzano eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza delle domande articolate dalla odierna appellante. L’Amministrazione comunale chiede, inoltre, di sospendere il giudizio stante la pendenza di una controversia civile tra le parti in ordine alla determinazione dell’indennizzo dovuto ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. n. 327/2001.

5. Con sentenza n. 175/2017, il T.R.G.A. – Sezione Autonoma di Bolzano, assorbite le eccezioni processuali del Comune e ritenuti insussistenti i presupposti per la sospensione del giudizio, respinge il ricorso osservando che: i) il primo motivo è infondato in quanto laddove lo strumento urbanistico consenta la realizzazione, anche su iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, di impianti di interesse collettivo, non ricorre la natura espropriativa (neppure sostanziale) del relativo vincolo pubblicistico; inoltre, non può farsi derivare detta natura espropriativa dalla previsione di un onere di convenzionamento finalizzato alla gestione degli impianti sportivi, risultando ciò compatibile con l’esercizio del diritto di proprietà privata sull’area in oggetto; ii) il secondo motivo è infondato in quanto, stante l’accertata natura conformativa del vincolo, non è necessaria alcuna specifica motivazione né, in generale, è obbligatoria una conferma e/o reiterazione del tipo di vincolo in questione; iii) il terzo motivo è infondato in quanto finalizzato a censurare l’assenza di positivi interventi di riqualificazione e recupero del compendio in esame e, quindi, estraneo al contenuto del provvedimento impugnato.

6. La società Vivavirgolo s.r.l. impugna la sentenza di primo grado articolando tre motivi.

6.1 Con il primo motivo l’appellante deduce l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ritiene il vincolo conformativo e non espropriativo. Osserva la Società come la realizzazione di impianti sportivi sia attività non remunerativa o, comunque, priva di effettiva rilevanza economica. Per tale tipologia di attività risulta, quindi, necessario l’intervento del potere pubblico non potendo l’iniziativa privata intraprendere in modo proficuo la realizzazione e gestione di tali impianti. Inoltre, la rimuneratività di tali impianti risulta condizionata alla presenza di opere di urbanizzazione che rendano gli stessi fruibili alla collettività e che difettano nel caso di specie. Pertanto, il diritto di proprietà del privato risulterebbe compresso al punto da non poter ritenere i vincoli meramente conformativi ma sostanzialmente espropriativi.

6.2. Con il secondo motivo l’appellante contesta la decisione del T.R.G.A. ritenendo il provvedimento impugnato carente di istruttoria, atteso che l’Amministrazione non verifica la rilevanza economica degli impianti ed il margine di reddito ritraibile in caso di utilizzazione diretta da parte del privato. Osserva, inoltre, come la previsione di cui all’art. 16 della L.p. n. 13/1997 presupponga tali verifiche al fine di consentire un convenzionamento tra parte pubblica e parte privata che, da un lato, realizzi l’interesse pubblico e, dall’altro, consenta al privato di effettuare investimenti remunerativi. Ritiene l’appellante che l’istituto regolato dall’art. 16 della L.p. n. 13/1997 postuli, necessariamente, la natura espropriativa del vincolo.

6.3. Con il terzo motivo l’appellante censura la sentenza di primo grado osservando come la reiterazione del vincolo espropriativo avvenga senza una previa considerazione dello stato dei luoghi e dei costi per realizzare e gestire gli impianti.

7. Si costituisce in giudizio il Comune di Bolzano eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso in appello. In particolare, il Comune deduce l’inammissibilità del ricorso in appello: i) per estraneità dell’area del “Virgolo” dall’oggetto della delibera impugnata che si riferisce alle sole parti del P.U.C. in scadenza; ii) per intervenuta perdita di efficacia delle prescrizioni ritenute espropriative essendo decorso il termine di dieci anni dall’approvazione del P.U.C. del 1985, data alla quale debbono riferirsi le previsioni contestate dall’appellante. Nel merito il Comune deduce l’infondatezza delle censure articolate da parte appellante.

8. In vista dell’udienza pubblica del 17.11.2022 le parti depositano memorie conclusionali insistendo nelle rispettive eccezioni e difese. Il Comune di Bolzano deposita, inoltre, memoria di replica. All’udienza del 17.11.2022 la causa è trattenuta in decisione.

9. Entrando in medias res il Collegio ritiene di poter prescindere dalla disamina e decisione delle eccezioni processuali formulate dall’Amministrazione comunale stante l’infondatezza nel merito dei motivi di ricorso in appello.

10. Tali motivi possono trattarsi congiuntamente in quanto connessi e sono infondati per le ragioni di seguito spiegate.

11. La questione centrale della presente controversia è costituita dalla natura conformativa o sostanzialmente espropriativa della destinazione impressa all’area di proprietà dell’appellante (“zona per opere ed impianti pubblici - zone convenzionate (CV)”).

11.1. Prima di procedere ad una disamina della concreta disciplina urbanistica impressa all’area risulta opportuno tracciare le coordinate generali della tematica all’attenzione del Collegio al fine di declinare al caso di specie i principi espressi dalla giurisprudenza.

11.2. Sul punto, una recente sentenza di questo Consiglio osserva come, “secondo una prima angolazione interpretativa giurisprudenziale, la distinzione tra vincoli conformativi e vincoli espropriativi va operata in relazione agli effetti dell'atto di pianificazione: in tale prospettiva, «la caratteristica del vincolo conformativo è che con esso si provvede ad una zonizzazione dell'intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell'intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche; il vincolo espropriativo è, invece, un vincolo particolare, incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione di un'opera pubblica» (Cons. Stato, sez. IV, n. 6241/2019; cfr. Cass. civ., sez. I, n. 27114/2013; n. 23572/2017; n. 16084/2018; Cons. Stato sez. IV, n. 2995/2015; n. 3684/2016; n. 3190/2019; n. 2677/2019; sez. II, n. 6610/2019)” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 marzo 2022, n. 1940). Secondo “una diversa, ma non alternativa angolazione interpretativa, per stabilire la natura conformativa o espropriativa di un vincolo, occorre verificare se la sua imposizione ammetta, comunque, la realizzazione dell'opera da parte del privato e se, in presenza di tale possibilità, quest’ultimo possa porre l’opera medesima sul mercato e sfruttarla economicamente (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 5582/2015; n. 4022/2016; n. 4748/2017; sez. VI, n. 783/2020; sez. II, n. 6455/2020; TAR Puglia, Lecce, sez. I, n. 1027/2018; TAR Campania, Napoli, sez. VIII, n. 6634/2018): solo in tal caso, infatti, si può affermare che non vi sia uno svuotamento del diritto di proprietà” (v., ancora, Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 marzo 2022, n. 1940). Diversamente, qualora dell'opera realizzata, comunque destinata ad una pubblica utilizzazione, l'unico esclusivo fruitore sia l'ente pubblico, si ha un sostanziale svuotamento del contenuto economico del diritto di proprietà, con relativa configurazione del vincolo a guisa sostanzialmente espropriativa (v., ancora, Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 marzo 2022, n. 1940).

11.3. Inoltre, questo Consiglio evidenzia come, per potersi affermare la natura espropriativa del vincolo, debba concorrere un triplice ordine di presupposti. In particolare: i) il vincolo deve prevedere un’imposizione a titolo particolare relativa a beni determinati, finalizzata alla localizzazione di un’opera di interesse pubblico; ii) la realizzazione dell’opera deve risultare incompatibile con la proprietà privata, richiedendo necessariamente l’espropriazione del bene; iii) dal vincolo deve derivare l’inedificabilità del bene colpito e, quindi, lo svuotamento del contenuto del diritto di proprietà, dal momento che lo stesso non è più utilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale ovvero diminuisce in modo significativo il valore di scambio (Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 marzo 2022, n. 1940).

11.4. Nel caso di specie non ricorrono i presupposti indicati dalla giurisprudenza atteso che: i) il vincolo in questione riguarda in modo omogeneo una pluralità di immobili; ii) la destinazione impressa alla zona è compatibile con la proprietà privata, poiché ne preserva il relativo valore di scambio rappresentato dalla possibilità di sfruttamento economico dell’area; iii) il vincolo non comporta l’inedificabilità assoluta del sito di proprietà della società appellante, e, pertanto, non svuota il contenuto del diritto di proprietà.

11.5. Procedendo alla disamina di dettaglio delle considerazioni sopra esposte si osserva, in primo luogo, come la destinazione sportiva convenzionata sia riferita non solo agli immobili di proprietà dell’appellante ma ad un complesso più ampio, come emerge anche dalla puntuale relazione del consulente tecnico d’ufficio nominato dalla Corte d’Appello di Trento (cfr., documento n. 3 delle produzioni comunali del 27.9.2022, già inserito al n. 17 delle produzioni di primo grado dell’Amministrazione).

11.6. In secondo luogo si osserva come la destinazione di zona consenta certamente lo sfruttamento diretto dell’area. Le norme di attuazione al P.U.C. prevedono per l’area quanto segue: “Nelle zone sportive convenzionate, contraddistinte nel piano di zonizzazione con il simbolo C/V, il Comune, secondo la normativa vigente in materia, può affidare nell’interesse collettivo la realizzazione e gestione degli impianti ed attrezzature per attività sportive e ricreative ai privati proprietari con delibera di assegnazione dell’area e mediante stipula di convenzione in forma di atto pubblico. Zona Virgolo: impianti esistenti (cubatura complessiva 8.950 mc: - 3 campi da tennis- 2 piscine con servizi; - 1 centro tennis da tavolo; - 1 club house; - 1 magazzino”. Con il mutamento di destinazione da “zona verde” a zone per impianti sportivi si passa, come evidenzia correttamente il Giudice di primo grado, da una destinazione connotata da un contenuto “minimo” di valorizzazione economica ad altra, che pur non avendo la potenzialità edificatoria di altre zonizzazioni di carattere residenziale o produttivo/commerciale, garantisce comunque al privato proprietario la possibilità di un uso proficuo del bene, sia pure conformandosi, mediante convenzione, al perseguimento del peculiare interesse pubblico che determina il vincolo. In sostanza, si consente al privato di realizzare, anche su iniziativa privata o promiscua pubblico-privata impianti di interesse collettivo cui la zona è destinata.

11.7. Osserva il Collegio come, anche in relazione alle zone destinate a verde, la giurisprudenza escluda la sussistenza di un vincolo di natura espropriativa, rientrando nell’ambito della normale conformazione della proprietà privata; infatti, “tale destinazione urbanistica è sussumibile tra le ipotesi di qualificazione delle zone territoriali omogenee di cui lo strumento urbanistico primario si compone e, anche se pone preclusione all’edificazione implicando l’esclusione della possibilità di realizzare qualsiasi opera edilizia incidente sulla destinazione a verde, rimane comunque espressione delle funzioni di ripartizione in zone del territorio, senza determinare vincoli tali da escludere potenzialmente il diritto di proprietà nella sua interezza (in questo senso, sez. V, n. 3234 del 2013, cit.; cfr., con riguardo specifico alla destinazione a “verde pubblico” Cons. St., sez. VI, 20 giugno 2012, n. 3571; sez. IV, 13 luglio 2011, n. 4242; sez. IV, 23 dicembre 2010, n. 9372)” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 28 marzo 2022, n. 2239). Del resto, in seguito alla sentenza n. 179/1999 della Corte Costituzionale, si afferma un indirizzo rigoroso e restrittivo in merito all’individuazione dei vincoli espropriativi, nel senso che avrebbero carattere non “espropriativo”, ma solo conformativo, “tutti i vincoli di inedificabilità imposti dal piano regolatore, a qualsivoglia titolo, per ragioni lato sensu ambientali: il vincolo di inedificabilità (c.d. di rispetto) a tutela di una strada esistente; il vincolo di “verde attrezzato”, il vincolo d'inedificabilità per un parco e per una zona agricola di pregio, la destinazione a verde privato (cfr. Cons. St., sez. VI, 19 marzo 2008, n. 1201; ad. plen., 24 maggio 2007, n. 7; Cass. 19 maggio 2006, n. 11848; Cons. Stato, ad. plen., 16 novembre 2005, n. 9; sez. IV, 25 maggio 2005, n. 2718; sez. IV, 15 giugno 2004, n. 4010; sez. IV, 8 giugno 2000, n. 3214)” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 28 marzo 2022, n. 2239).

11.8. Tali considerazioni valgono a fortiori per le aree destinate ad attrezzature sportive. Lo conferma la giurisprudenza della Sezione che ricorda come “la destinazione ad attrezzature ricreative, sportive e a verde pubblico, data dal P.R.G. ad aree di proprietà privata, non comporta l'imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all'interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione effettuata dallo strumento urbanistico (giurisprudenza costante: cfr. per tutte, da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 9 dicembre 2015, n. 5582; Cons. Stato, sez. IV, 28 settembre 2016 n. 4022)” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 gennaio 2020, n. 783). Ciò vale pure per “i vincoli di destinazione imposti dal piano regolatore per attrezzature e servizi realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua, in regime di economia di mercato, anche se accompagnati da strumenti di convenzionamento (ad es. parcheggi, impianti sportivi, mercati e strutture commerciali, edifici sanitari, zone artigianali, industriali o residenziali)” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 29 ottobre 2018, n. 6152, che aggiunge come siano, quindi, “conformativi e al di fuori della schema ablatorio-espropriativo (non comportano indennizzo, non decadono al quinquennio e quindi non sussiste un dovere di ritipizzazione) i vincoli che importano una destinazione (anche di contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, che non comportino necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica, in quanto gli stessi sono attuabili anche dal soggetto privato e senza necessità di ablazione del bene”; cfr., inoltre, Consiglio di Stato, Sez. II, 24 ottobre 2020, n. 6455).

11.9. Nel caso di specie, la destinazione di zona consente uno sfruttamento economico dell’area direttamente da parte del privato; inoltre, rispetto all’originaria destinazione si valorizzano, persino, le facoltà edificatorie del privato che risulta abilitato alla realizzazione di una cubatura pari a 8.950 mc. Lo conferma anche la relazione del c.t.u. versata in atti che evidenzia come la disciplina urbanistica vigente consenta, chiaramente, lo sviluppo e il potenziamento delle strutture ricreative esistenti nonché “l’attivazione anche parziale di altre possibilità di sviluppo sempre a fini ricreativi”.

11.10. Le considerazioni sin qui formulate non sono smentite dalla previsione di cui all’art. 16 della L.p. n. 13/1997 su cui si sofferma parte appellante. La realizzazione e gestione degli impianti è, infatti, attività economicamente rilevante che consente, quindi, lo sfruttamento dell’area. Né tale affermazione è messa in discussione dalla previsione di una convenzione tra la parte privata e quella pubblica. Al contrario, è proprio la convenzione l’alveo all’interno del quale trovano soluzione le problematiche di carattere economico-finanziario evidenziate da parte appellante. Infatti, la disposizione di cui all’art. 16 della L.p. n. 13/1997 (così come l’omologa regola della L.p. n. 9/2018, richiamata dalla difesa del Comune) prevede la possibilità di accordi remunerativi e compensativi che tengano conto, pertanto, dei costi di realizzazione e gestione delle opere anche in considerazione delle difficoltà di accesso alle aree. Pertanto, non soltanto il vincolo impresso dalla pianificazione risulta conformativo ma la stessa normativa consente, per il tramite della convenzione, di remunerare e compensare le attività del privato per lo sviluppo e il potenziamento dell’area. Né, in ultimo, muta la natura conformativa del vincolo la previsione contenuta nell’art. 16 della L.p. n. 13/1997 nella parte in cui si dispone che la convenzione indichi gli obblighi della parte privata e che l’eventuale inadempimento comporti l'acquisizione dell'impianto assieme all'area da parte del Comune. Come evidenziato dal T.R.G.A. si tratta, in primo luogo, di un aspetto patologico del rapporto convenzionale derivante, tra l’altro, dall’inadempimento del privato. Inoltre, è condivisibile quanto osserva il T.R.G.A., secondo cui “anche i vincoli aventi effetti pacificamente conformativi - come quelli dettati in tema di densità edilizia, altezza, distanza tra fabbricati, quantità minime di spazi per attività collettive, verde pubblico, ecc. - possono determinare, in casi di violazioni implicanti abuso, l’acquisizione in capo al Comune dell’area interessata (v. p.e. art. 93 L.P. n. 13/1997 a proposito di lottizzazioni abusive), senza che per ciò siano previsti limiti di durata o indennizzi in caso di loro reiterazione”.

11.11. In ultimo, il Collegio osserva come alcun rilievo per la presente decisione possa assegnarsi alla previsione di cui all’art. 9 della L.r. della Regione Lombardia n. 12/2005, trattandosi, in primo luogo, di disposizione non applicabile nella Provincia di Bolzano. In secondo luogo si osserva come la disciplina racchiusa all’interno dell’art. 9, comma 12, della L.r. della Lombardia non possa neppure costituire un elemento di raffronto per evidenziare la natura espropriativa dei vincoli atteso che quelli contemplati da tale regola sono preordinati alla realizzazione di attrezzature e servizi esclusivamente ad opera della pubblica amministrazione con conseguente impossibilità di iniziativa diretta del privato, diversamente da quanto previsto nella situazione all’attenzione del Collegio.

11.12. In considerazione di quanto esposto devono respingersi le censure di parte appellante fondate sulla dedotta natura espropriativa del vincolo. Di conseguenza, non sono neppure meritevoli di accoglimento le censure di difetto di motivazione nella scelta urbanistica comunale trattandosi di vincoli conformativi e dovendosi escludere, nel caso di specie, la ricorrenza di legittime aspettative in capo alla parte tali da imporre una motivazione puntuale e mirata (cfr., Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 novembre 2022, n. 10108).

11.13. Parimenti infondate sono le censure articolate nell’ultimo motivo di ricorso in appello ove si deduce l’irragionevolezza ed illogicità della decisione urbanistica comunale.

11.14. Osserva il Collegio come, secondo condivisibile giurisprudenza di questo Consiglio, “la pianificazione urbanistica implica valutazioni di opportunità sulla scorta di valutazioni comparative degli interessi pubblici in gioco, che sfuggono al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, a meno che non si dimostrino palesi travisamenti dei fatti, illogicità o irragionevolezze. Tale potere non è limitato solo alla disciplina coordinata dell’edificazione dei suoli ma, per mezzo della disciplina dell'utilizzo delle aree, è finalizzato a realizzare anche sviluppi economici e sociali della comunità locale nel suo complesso con riflessi qualvolta limitativi agli interessi dei singoli proprietari di aree. Quindi le scelte in concreto, effettuate con i detti obiettivi ed interessi pubblici agli stessi immanenti, devono corrispondere agli scopi prefissati nelle linee programmatiche per la gestione urbanistica del territorio” (Consiglio di Stato, sez. I, 29 gennaio 2015, n. 283). Le decisioni urbanistiche compiute dalle autorità preposte alla pianificazione territoriale rappresentano, quindi, scelte di merito che non possono essere sindacate dal Giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate da arbitrarietà od irragionevolezza manifeste ovvero da travisamento dei fatti in ordine alle esigenze che si intendono nel concreto soddisfare. In sostanza, la giurisprudenza consente il controllo giurisdizionale dell’operato dell’Amministrazione avendo riguardo, ex aliis, alla coerenza della disciplina con gli scopi prefissati nelle linee programmatiche per la gestione urbanistica del territorio, alla ragionevolezza e non arbitrarietà delle scelte, e, in ultimo (seppur costituisca, invero, il primum movens di ogni valutazione discrezionale), alla corretta disamina e verifica della situazione di fatto correlata alle esigenze che l’Amministrazione intende perseguire (Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 novembre 2022, n. 10108).

11.15. Nel caso di specie la scelta urbanistica è meramente confermativa delle destinazioni da tempo impresse all’area e tiene conto anche delle strutture già esistenti. Inoltre, risultano dirimenti le considerazioni già svolte sull’idoneità della convenzione prevista dall’art. 16 della L.p. n. 13/1997 a regolare le concrete prospettive di sviluppo e riqualificazione dell’area, tenendo conto sia delle opere di urbanizzazione necessarie che dei miglioramenti delle vie di accesso al sito. La sussistenza di un apposito strumento convenzionale che consenta di realizzare tanto gli interessi pubblici che le esigenze del privato esclude, pertanto, che la scelta urbanistica possa ritenersi ex se illegittima e rende, altresì, superfluo l’approfondimento peritale richiesto dalla parte appellante, non risultando tale accertamento propriamente necessario per la presente controversia ma, in ipotesi, per individuare i contenuti della futura ed eventuale convenzione e, quindi, per questioni estranee al perimetro del giudizio.

12. In definitiva il ricorso in appello deve essere respinto.

13. Le spese di lite del presente grado di giudizio tra parte appellante e il Comune di Bolzano seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Nulla sulle spese tra parte appellante e la Provincia di Bolzano, non costituita in giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna Vivavirgolo s.r.l. a rifondere al Comune di Bolzano le spese di lite del presente grado di giudizio che liquida in euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge. Nulla sulle spese tra parte appellante e la Provincia di Bolzano, non costituita in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2022 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Lorenzo Cordi', Consigliere, Estensore

Thomas Mathà, Consigliere