Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5 del 4 gennaio 2013.
Urbanistica. Rilascio del titolo abilitativo edilizio in assenza del piano attuativo.

Il titolo abilitativo edilizio può essere oggetto di rilascio anche in assenza del piano attuativo, richiesto dalle norme di piano regolatore, solo quando in sede istruttoria l’amministrazione abbia accertato che l’area edificabile in questione è l’unica a non essere stata ancora edificata e si trova in una zona integralmente interessata da costruzioni e dotata delle opere di urbanizzazione. Si può quindi prescindere dalla lottizzazione convenzionata prescritta dalle norme tecniche di piano solo ove nel comprensorio interessato sussista una situazione di fatto corrispondente a quella derivante dall’attuazione della lottizzazione stessa, ovvero la presenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standard urbanistici minimi prescritti, ossia di una sostanziale inutilità del piano attuativo stesso. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00005/2013REG.PROV.COLL.

N. 02095/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 2095 del 2010, proposto da 
Tulio Lucarelli, in qualità di titolare della ditta omonima, rappresentato e difeso dall’avv. Piero G. Relleva, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, viale Mazzini n. 142, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Comune di Taranto, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Valentino Capece Minutolo, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via dei Pontefici n. 3, come da mandato a margine della comparsa di costituzione di nuovo difensore del 31 luglio 2012;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione terza, n. 568 del 28 gennaio 2010, redatta in forma semplificata.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Taranto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2012 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Piero G. Relleva e Giuseppe Leporace su delega di Valentino Capece Minutolo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 2095 del 2010, Tulio Lucarelli, in qualità di titolare della ditta omonima, propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione terza, n. 568 del 28 gennaio 2010, con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Taranto per l’annullamento del provvedimento dirigenziale n. 157970 del 5.11.09 del Comune intimato, con cui veniva negato il permesso di costruire di cui alla pratica edilizia n. 52/06; di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali, tra cui: il preavviso ex art. 10 bis l. 241/90 in data 20.10.09, n. 149285; la nota del dirigente della Direzione urbanistica ed edilità del Comune di Taranto n. 93751 del 23.6.09; e per la condanna del Comune al risarcimento dei danni.

Dinanzi al giudice di prime cure, la ditta Luccarelli aveva premesso di aver richiesto, con istanza del 30.1.06, il rilascio di un permesso di costruire per la realizzazione di un complesso residenziale, che il Comune, con d.d. del maggio 2008, assentiva, sia pur condizionatamente,in ordine all’intervento in progetto. Successivamente tuttavia, prima del ritiro del permesso rilasciato, l’Amministrazione avviava un procedimento di sua sospensione, poi effettivamente disposta, e infine, dopo il rituale preavviso ex art. 10 bis l. 241/90, respingeva l’istanza della ricorrente.

La ditta Luccarelli, dunque, impugnava la determinazione appena indicata formulando le seguenti censure:

A) Eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità. Contraddittorietà con precedenti atti della p.a.. Violazione e omessa applicazione delle disposizioni contenute nella l. 241/90 ss.mm.ii.. Violazione e omessa applicazione delle disposizioni contenute nel d.p.r. 380/01.

B) Eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità. Contraddittorietà con precedenti atti della p.a.. Eccesso di potere per travisamento dei fatti. Violazione e omessa applicazione dell’art. 20, comma 2, d.p.r. 380/01. Violazione e omessa applicazione delle disposizioni contenute nella l. 241/90 ss.mm.ii..

C) Violazione del principio di tipicità del procedimento e degli atti amministrativi.

Costituitosi il Comune di Taranto, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione alla non esistenza dei presupposti per il rilascio del titolo abilitativo richiesto.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo le proprie censure all’operato amministrativo.

Nel giudizio di appello, si è costituito il Comune di Taranto, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 9 aprile 2010, l’istanza cautelare veniva respinta con ordinanza n. 1551/2010.

Alla pubblica udienza del 23 ottobre 2012, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

2. - Con il primo motivo di diritto, viene dedotta l’erroneità della sentenza per travisamento dei fatti e dei presupposti in fatto e diritto; errore nell’istruttoria e insufficiente istruttoria.

Le ragioni evidenziate si fondano sulla circostanza che l’esistenza di un’adeguata urbanizzazione dell’area era stata acclarata dell’emissione di una scheda tecnica da parte del Comune, nella quale si attestava la preesistenza dei servizi pubblici principali e la sua giacenza in zona urbanizzata. Per tali ragioni, la considerazione operata dal T.A.R. in relazione all’insufficienza di tale presupposto sarebbe in contrasto con gli esiti dell’istruttoria e quindi meritevole di censura.

2.1. - La doglianza va respinta.

Il giudice di prime cure ha correttamente ricordato che, di fronte a norme di piano che impongono l’approvazione di strumenti urbanistici attuativi, è possibile il rilascio di licenze o concessioni edilizie nei casi in cui l’intervento edilizio ricada in zone ormai completamente urbanizzate e dotate di tutti i servizi necessari. Per tale ragione, il titolo abilitativo edilizio può essere oggetto di rilascio anche in assenza del piano attuativo, richiesto dalle norme di piano regolatore, solo quando in sede istruttoria l’amministrazione abbia accertato che l’area edificabile in questione è l’unica a non essere stata ancora edificata e si trova in una zona integralmente interessata da costruzioni e dotata delle opere di urbanizzazione. Si può quindi prescindere dalla lottizzazione convenzionata prescritta dalle norme tecniche di piano solo ove nel comprensorio interessato sussista una situazione di fatto corrispondente a quella derivante dall’attuazione della lottizzazione stessa, ovvero la presenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standard urbanistici minimi prescritti, ossia di una sostanziale inutilità del piano attuativo stesso.

La valutazione dell’esistenza di tale presupposto deve quindi essere oggetto di un’esplicita attività istruttoria, sia nell’ambito procedimentale che in quello processuale.

In questo secondo contesto, il giudice di prime cure ha svolto una fondata disamina del presupposto, evidenziando come nel ricorso non sia data “alcuna prova certa ed inconfutabile dell’effettiva esistenza di quegli elementi che potrebbero escludere la necessità della lottizzazione convenzionata prevista dalle nn.tt.aa., in particolare ove si osservi come l’area in parola abbia una notevolissima estensione, pari a circa 35.000 mq., e l’oggetto del domandato p.d.c. sia la realizzazione di un centro residenziale: in questo contesto, dunque, prescindere dallo strumento esecutivo con riguardo ad una così vasta porzione del territorio comunale, rispetto alla quale già prima facie emerge la necessità di aree a standard e la concreta possibilità di rinvenirle, risulta ipotesi realmente eccezionale, la quale presupporrebbe non una generica affermazione della preesistenza dei servizi pubblici principali, né della circostanza che “l’area ricade in zona urbanizzata”, ma, invece, una compiuta dimostrazione dell’effettivo livello di urbanizzazione dell’area specifica cui l’istanza si riferisce, urbanizzazione tale da rendere, con riguardo ad un così vasto compendio, appunto, superfluo il ricorso ad uno strumento di pianificazione esecutiva, e quindi comprensiva delle necessarie opere di urbanizzazione sia primaria che secondaria.

Tale dimostrazione, appunto, non veniva resa dalla ricorrente”.

L’affermazione del giudice di prime cure è del tutto condivisa dalla Sezione. In disparte il rilievo sulla rilevanza dimensionale e sulla conferenza della destinazione di parte dell’area a standard (come sottolineato in ricorso), non vi è dubbio che la documentazione acquisita agli atti del giudizio, e in particolare la planimetria aerofotogrammetrica depositata allegata agli atti del 27 ottobre 2010, evidenzi l’assoluta inesistenza dei presupposti per considerare il lotto come intercluso. In particolare, non si evince la presenza di opere di urbanizzazione funzionalmente collegate a quelle comunali, come pure è assente una funzione di intrinseco completamento dell’edificazione già avvenuta, atteso che l’area non si inserisce per nulla in un ambito completamente edificato.

La mancanza del presupposto fattuale necessario rende del tutto palese la corretta lettura della vicenda da parte del giudice di prime cure ed impone il rigetto del motivo di doglianza proposto.

3. - Le ragioni sovraesposte, comportando la sostanziale conferma della sentenza di primo grado, determinano ex se il rigetto dell’appello. A soli fini di completezza, va evidenziato come, con i motivi successivi, la parte appellante riporti le ragioni di fondatezza del ricorso proposto in primo grado.

Le argomentazioni sono del tutto infondate e possono essere di seguito brevemente riassunte.

3.1. - Con il motivo di cui al punto B/I.a, si lamenta la mancata considerazione dell’intervenuta decadenza della previsione che impone l’attuazione del piano regolatore tramite apposito piano.

La censura va disattesa, sottolineando come il limite temporale del quinquennio, riguardante l’efficacia delle prescrizioni dei piani regolatori generali nella parte in cui incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all’espropriazione od a vincoli che comportino l’inedificabilità, è valevole unicamente per quei vincoli che producano un effetto sostanzialmente espropriativo, tale da annullare o ridurre notevolmente il valore degli immobili cui si riferiscono. Nel caso in esame, invece, si verte in tema di decadenza del vincolo strumentale, ossia quello che subordina l’edificabilità di un’area all’inserimento della stessa in un programma pluriennale oppure alla formazione di uno strumento esecutivo. In tale circostanza, venendo meno la configurabilità dello schema ablatorio, è esclusa anche la decadenza quinquennale del relativo vincolo.

3.2. - Con il motivo B/I.c (manca il motivo B/I.b) si ripropone la censura già sopra esaminata sulla ritenuta (ma inesistente) adeguata urbanizzazione dell’area.

3.3. - Con il motivo B/II si evidenzia l’illegittimità della seconda ragione del provvedimento gravato, relativa a diversi profili procedimentali e contenutistici dello stesso.

L’elemento è inconferente, poiché il provvedimento gravato si basa su una pluralità di ragioni autonome e autosufficienti, delle quali la prima è stata ritenuta del tutto fondata, rendendo quindi irrilevanti le censure successive.

3.4. - Con il motivo B/III si evidenzia la lesione dell’affidamento creato in capo all’appellante dal primo provvedimento.

La doglianza non può avere ingresso, atteso che, stante la palese inesistenza delle situazioni di urbanizzazione di fatto dell’area, non è dato cogliere su quali basi potrebbe fondarsi una valutazione di buona fede soggettiva e quindi di legittimità dell’affidamento posto dal privato nel primo provvedimento abilitativo, rilasciato in palese distacco dalla realtà fattuale.

4. - L’appello va quindi respinto, con consequenziale impossibilità giuridica dell’esame della proposta istanza risarcitoria, stante la mancanza del presupposto dell’illegittimità dell’azione amministrativa. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Respinge l’appello n. 2095 del 2010;

2. Condanna Tulio Lucarelli, in qualità di titolare della ditta omonima, a rifondere al Comune di Taranto le spese del presente grado di giudizio, che liquida in €. 4.500,00 (euro quattromilacinquecento, di cui euro tremila per onorari di avvocato e euro millecinquecento per spese e diritti) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2012, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:

Paolo Numerico, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore

Fulvio Rocco, Consigliere

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/01/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)