Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5087, del 9 novembre 2015
Urbanistica.Obbligo del Comune di provvedere alla repressione di abusi edilizi realizzati sul terreno confinante

Sussiste l'obbligo del Comune di provvedere sull'istanza di repressione di abusi edilizi realizzati sul terreno confinante, formulatagli dal relativo proprietario, il quale, appunto per tal aspetto che s’invera nel concetto di vicinitas, gode d’una legittimazione differenziata rispetto alla collettività subendo gli effetti (nocivi) immediati e diretti della commissione dell’eventuale illecito edilizio non represso nell’area limitrofa alla sua proprietà, onde egli è titolare d’un interesse legittimo all’esercizio di tali poteri di vigilanza. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 05087/2015REG.PROV.COLL.

N. 00603/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 603/2015 RG, proposto da Cleto Viscito, rappresentato e difeso dagli avvocati Alfredo ed Annabella Messina, con domicilio eletto in Roma, p.za Adriana n. 4 presso l’avv. Angelini, 

contro

il Comune di Nocera Superiore (SA), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Armenante, con domicilio eletto presso la Segreteria di questa Sezione in Roma, p.za Capo di Ferro n. 13 e 

nei confronti di

Antonio Viscito, rappresentato e difeso dagli avvocati Alfonso Esposito e Giovanni Pagano, con domicilio eletto in Roma, via Cosseria n. 2, presso l’avv. Placidi, 

per la riforma

della sentenza del TAR Campania – Salerno, sez. II, n. 2237/2014, resa tra le parti e concernente il silenzio serbato dal Comune intimato sull’istanza del sig. Antonio Viscito per l’adozione di atti di verifica sulla legittimità di opere edilizie;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore alla camera di consiglio dell’8 ottobre 2015 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, gli avvocati Messina e Ionata (per delega di Esposito) e Pagano;

Ritenuto in fatto che, con istanza del 1° marzo 2014, il sig. Antonio Viscito, quale proprietario d’un fabbricato agricolo sito nel territorio comunale di Nocera Superiore (SA), ha invitato e diffidato tal Comune «… all’adozione di opportuno procedimento amministrativo teso alla verificazione… per l’adozione dei provvedimenti del caso…»;

Rilevato al riguardo che, a detta del medesimo sig. A. Viscito, il «… confinante Viscito Cleto… ha realizzato opere edilizie in difformità… (tant’è che) …risulta imputato nel procedimento penale RGNR 247/11 mod. 21T, fissato innanzi al Tribunale… di Nocera Inferiore…, avuto riguardo alla imputazione ascritta… del reato perseguito e punito dall’art. 44 lettera a) DPR 380/2001…», a causa della modifica del prospetto con la realizzazione ed il diverso posizionamento di vani finestra, nonché del mancato rispetto delle distanze minime dai confini;

Rilevato altresì che, stante l’inerzia del Comune, il sig. A. Viscito s’è gravato al TAR Salerno, con il ricorso n. 1860/2014 RG, a seguito del silenzio così serbato, deducendo in diritto la doverosità dell’invocato procedimento, nonché la violazione dell’art. 27, c. 3 del DPR 6 giugno 2001 n. 380 e degli artt. 2 e 3 della l. 7 agosto 1990 n. 241;

Rilevato inoltre che l’adito TAR, con sentenza n. 2237 del 24 dicembre 2014, ha accolto la pretesa così azionata giacché, accanto all’ordinaria potestà d’autotutela discrezionale (immanente al potere amministrativo), esiste pure, come nella specie, una funzione d’autotutela doverosa ed in sostanza vincolata, posta a presidio di determinati interessi pubblici in tema di repressione degli abusi edilizi, donde l’obbligo del Comune di provvedere sull’istanza attorea del 1° luglio 2014 e di concludere il procedimento;

Rilevato pure che appella il sig. C. Viscito, con il ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità di detta sentenza per: A) – l’omessa declaratoria del gravame di primo grado, stante la definitività del titolo edilizio rilasciatogli senza opposizioni fin dal 1990; B) – l’assenza dei presupposti per la legittima formazione del silenzio, stante la lata discrezionalità della P.A. nell’esercizio dell’autotutela; C) – l’assenza comunque del presupposto dell’illecito edilizio, che possa giustificare un intervento repressivo del Comune;

Considerato in diritto che, nel costituirsi in giudizio, il Comune intimato rende nota l’emanazione della nota prot. n. 19109 (n. 27) del 19 agosto 2015, con cui ha respinto l’istanza del sig. C. Viscito per la sanatoria delle già realizzate opere di distribuzione interna al primo piano e di chiusura ed apertura di talune bucature, nonché delle realizzande opere esterne al di lui fabbricato;

Considerato al riguardo che, per un verso, l’eccepita, da parte del Comune stesso, improcedibilità del «… presente rimedio giustiziale… (per esser) …venuta meno qualsiasi supposta inerzia dell’amministrazione comunale…», qualunque cosa voglia dire al più concerne non già la posizione del sig. A. Viscito —giacché non risponde del tutto al contenuto dell’istanza—, bensì il ricorso in epigrafe, elidendo in radice ogni questione sull’attualità almeno d’una parte degli abusi commessi dall’appellante e, dunque, sul terzo gruppo di doglianze in questa sede;

Considerato inoltre che non giova alla tesi del Comune la (ora) dichiarata circostanza, pendente la predetta sanatoria, dell’ impossibilità di disporre ed eseguire misure ripristinatorie verso lo stesso appellante, ché tal inibizione non è sicuramente vera per gli abusi denunciati dal sig. A Viscito e non dedotti in sanatoria e la relativa circostanza non è stata tenuta in conto dal TAR per cui, al più, andava espressamente dedotta ai sensi dell’art. 101, c. 2, c.p.a.;

Considerato altresì che, nel merito, l’appello non ha pregio e va disatteso, con la doverosa premessa che lo specifico oggetto del contendere è l’inerzia procedimentale (silenzio) del Comune intimato sull’istanza del sig. A. Viscito e NON la concreta legittimità dell’attività edilizia dell’appellante, argomento, questo, che il Collegio non può trattare, neppure incidenter tantum, sia per il divieto di cui all’art. 30, c. 2, I per., c.p.a. (il potere amministrativo sul punto o non è stato ancora esercitato o non è nella cognizione del Giudice d’appello), sia perché, quand’anche si volesse entrare nel merito della fondatezza della pretesa azionata con il rito del silenzio, già dal contenuto stesso dell’istanza del 1° luglio 2014 s’evince la permanenza, in capo a detto Comune, della necessità di adempimenti istruttori di esso per l’esatta definizione del procedimento invocato e, dunque, l’inibizione posta al riguardo dal successivo art. 31, c. 3, onde scolora ogni deduzione dell’appellante sulla richiesta dell’ “annullamento” d’alcunché);

Considerato ancora che la dedotta “definitività” del titolo edilizio in capo all’appellante, se è intesa con riferimento al lungo tempo trascorso dal relativo rilascio, di per sé sola non inibisce l’invocata attivazione del procedimento comunale preordinato all’accertamento dell’esistenza, o meno di abusi edilizi, essendo notorio (cfr., p.es., Cons. St., IV, 4 marzo 2014 n. 1016) che, se per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell'abuso ed il protrarsi dell'inerzia della P.A. preposta alla vigilanza si sia ingenerata un certo qual affidamento nel privato, né l’attività di vigilanza, né la repressione dell’abuso sono preclusi, ma quest’ultima soggiace ad un onere di congrua motivazione anche sul pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato;

Considerato pure che, se tal “definitività” si vuol intendere a guisa di decadenza dall’impugnazione del titolo, anche questo dato è inopponibile all’istanza d’attivazione dei poteri di vigilanza edilizia, stante l’evidente diversa qualità degli interessi protetti implicati nell’una vicenda rispetto all’altra, nonché la non sovrapponibilità, né tampoco la coincidenza dell’interesse del privato ad impugnare a quello pubblico connesso ai e garantito dai predetti poteri vincolati di vigilanza, proprio per questo non essendo qui applicabile il principio per cui l’uso strumentale della formazione del silenzio non rimette in termini il privato decaduto dall’azione impugnatoria;

Considerato che erronea s’appalesa tutta la ricostruzione del procedimento di vigilanza edilizia, che l’appellante tenta con le categorie dell’autotutela spontanea —in particolare con riguardo alla natura discrezionale dell’attivazione dei procedimenti amministrativi di secondo grado—;

Considerato infatti che sussiste l'obbligo del Comune di provvedere sull'istanza di repressione di abusi edilizi realizzati sul terreno confinante, formulatagli dal relativo proprietario, il quale, appunto per tal aspetto che s’invera nel concetto di vicinitas, gode d’una legittimazione differenziata rispetto alla collettività subendo gli effetti (nocivi) immediati e diretti della commissione dell’eventuale illecito edilizio non represso nell’area limitrofa alla sua proprietà (arg. ex Cons. St., IV, 29 aprile 2014 n. 2228), onde egli è titolare d’un interesse legittimo all’esercizio di tali poteri di vigilanza e, quindi, può proporre l’azione a seguito del silenzio ai sensi dell’art. 31 c.p.a. (cfr. così Cons. St., IV, 2 febbraio 2011 n. 744; id., VI, 17 gennaio 2014 n. 233), che segue il rito di cui ai successivi artt. 112 e ss.;

Considerato di conseguenza che, come rettamente ha precisato il TAR, il soggetto così legittimato può pretendere l’esercizio di tali poteri vincolati e doverosi (donde l’incomparabilità di tal pretesa alle vicende dell’autotutela spontanea) e la relativa definizione mercé un provvedimento espresso, anche magari esplicitando l'erronea valutazione dei presupposti da parte dell'istante;

Considerato, quindi che il silenzio serbato dalla P.A., come nella specie è accaduto con l’istanza del sig. A. Viscito, integra gli estremi del silenzio rifiuto ed è sindacabile in sede giurisdizionale, grazie appunto alla combinazione della vicinitas con la funzione non discrezionale della vigilanza edilizia, la qual cosa differenzia la fattispecie in esame dalla vicenda in cui un qualunque altro soggetto, non così legittimato, segnali un abuso edilizio alla P.A. stessa, ma proprio per questo non ha titolo per rendere coercibile l’omesso esercizio di tal funzione;

Considerato, infine e quanto alle spese del presente giudizio, che giusti motivi ne suggeriscono la compensazione integrale tra tutte le parti;

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. IV), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 603/2015 RG in epigrafe), in parte lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse e lo respinge per la restante parte.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio dell’8 ottobre 2015, con l'intervento dei sigg. Magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Nicola Russo, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/11/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)